Che cosa avremmo dovuto aspettarci col senno di poi?

Aperto da iano, 13 Febbraio 2024, 12:39:47 PM

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Ipazia

Il senno di poi serve ad aggiustare, rifondandola, l'etica/morale, che sono la stessa se si vogliono evitare corto circuiti logici. A che altro dovrebbe servire il senno di poi ? La ricerca nella scienza naturale non prevede un senno di poi, ma un senno di prima, che si perfeziona in corso d'opera. Per questo è riservata a pochi che vi si dedicano con passione e onestà intellettuale ed etico/morale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Koba II

Citazione di: iano il 22 Febbraio 2024, 20:31:33 PMNon hai torto, ma io la racconto in un altro modo questa storia.
Io credo che senza metafisica non vi sia comprensione della fisica.
In particolare non vi è evidenza delle cose, cioè la comprensione immediata delle cose, anche se immediata propriamente non è, in quanto appunto è mediata dalla metafisica. la metafisica è un iceberg del quale noi balbettiamo solo ciò che confusamente emerge alla nostra coscienza., di modo che percepiamo qualcosa di cui non sappiamo dire, e non potendo dire non possiamo criticare.
La critica alla metafisica difficilmente può intaccare quindi la sua parte sommersa, se ciò può darti un pò di ottimismo.
Questo è il motivo per cui anche quando sgamiamo la natura illusiva di certe apparenti evidenze, ciò non intacca la loro natura di immediatezza, perchè la parte sommersa della metafisica non viene intaccata da una consapevolezza residuale.

La metafisica è la fonte della nostra comprensione, e funziona come tale finché non viene compresa, e può venire compresa solo se una nuova metafisica la sostituisce, a partire da essa.
Abbiamo esempi di ciò col senno di poi?
Chi conosce a fondo la storia della filosofia potrebbe provare a rispondere.
Io ne dubito, perchè associo la costruzione metafisica ai tempi evolutivi.
Anche se mai dire mai, viste le accelerazioni evolutive che viviamo.
Però non è da credere che assisteremo ad una evoluzione che seppellisce dentro di noi i cambiamenti evolutivi facendone carne della nostra carne, senza bisogno che ne siamo consapevoli.
Le nuove tecnologie resteranno fuori di noi, prestandosi in tal modo più che mai alle critiche, e l'unico modo per legarle a noi è un uso massiccio, mai sperimentato, di coscienza.
Non è un compito facile e facile è cadere invece nel pessimismo.
Uno sguardo a volo d'uccello, o di drone, sulla storia dell'uomo dovrebbe però rilevarci, che a parte i dettagli, non c'è niente di nuovo.
Basterebbe usare il senno di poi senza farsi prendere dall'emotività.
Non credo che stiamo vivendo tempi speciali, nonostante tutto, per quanto gli uomini tendano a dare un posto centrale al tempo che vivono.

La tua nozione di metafisica, come di ciò che sta sopra la fisica e che ci permette di comprenderla, è talmente generica da coincidere con la conoscenza. Noi costruiamo immagini, concetti, modelli esplicativi per capire la natura: questa è conoscenza, conoscenza per sua natura astratta, generale, non vedo perché definirla metafisica, confondendola con ciò che storicamente è stata la metafisica, cioè dottrina dell'essere vero, di ciò che è principio, causa, fondamento della realtà.
Il fatto che una nozione come "materia" sia presa come naturale, scontata, come se non fosse problematica, come se non avesse una storia, indica un errore di natura epistemologica, ovvero tradisce un realismo inconsapevole, la convinzione cioè che quel concetto è tanto appropriato alla realtà che descrive da essere quasi tutt'uno con essa, e non rappresentazione astratta.
Ma ciò che fa la metafisica è altro e ha delle ripercussioni etiche importanti. La metafisica copre le "irregolarità" del reale, l'irrazionale e l'orrore, lo fa tramite spiegazioni dall'alto, onnicomprensive, etc.
D'altra parte, scrivevo nel post precedente, anche il pensiero debole, postmoderno, può finire per dimenticarsi del compito di critica del pensiero filosofico quando, disdegnando discorsi organici, se ne sta tranquillo nel suo cantuccio a osservare, con distacco fenomenologico, qualche porcheria pop.

La prima lezione di filosofia dovrebbe essere un tour tra carceri, ospedali, mattatoi.

Phil

Citazione di: Koba II il 22 Febbraio 2024, 10:46:19 AMtutto sommato il negativo è tale solo se confrontato con un positivo solo immaginato.
Mi pare inevitabile: la critica del reale è tale solo alla luce di un'ideale (per dirla in rima). Il punto nevralgico è di contestualizzare tale ideale: si critica il reale alla luce di un ideale assoluto, di una Verità, etc. o perlopiù all'ombra di desideri, interessi, ideologie, etc.? Una volta chiarita questa impostazione, le critiche non sono affatto inibite o appiattite in un grigio "una vale l'altra", proprio come rilevare la compresenza problematica di orizzonti etici differenti non significa che scelgo di seguirne uno, ma in fondo potrei anche seguirne un altro con la stessa "spontaneità" (non siamo "tabule rase" o AI). Si tratta di capire su cosa è basata una determinata posizione filosofica e poi magari (non è obbligatorio) decostruirla, che non significa affatto banalizzarla, così come smontare un giocattolo non significa renderlo uguale agli altri, anzi aiuta a capire quali sono le sue differenze strutturali, anche le più nascoste.
Facendo un esempio concreto: se ho un approccio pessimista, che mi porta a fare determinate critiche della realtà che mi circonda, posso comunque indagare perché ho un approccio pessimista. Da non confondere con quale è la mia lettura pessimista del mondo: non è l'assenza di giustizia o di bellezza in terra a rendermi pessimista, ciò è solo come il mio pessimismo, una volta "applicato", mi fa giudicare la realtà, non è il fondamento del mio pessimismo (ovviamente uso la prima persona solo a scopo esemplificativo). La risposta al perché è su un altro livello fenomenologico, "prima" dell'applicazione del pessimismo.
Citazione di: Koba II il 22 Febbraio 2024, 10:46:19 AMIl pessimismo è una prospettiva in fondo errata, basata solo sulle aspettative impossibili della metafisica? È una tonalità emotiva causata dal solo disincanto?
Più che dal disincanto, il pessimismo è causato dalla frustrazione del capire l'inattuabilità di un ideale; il disincanto di per sé porta un'attitudine più pragmatica e non ha una "emotività negativa" essendo una forma di "comprensione positiva", una "chiarificazione" (se lo si percepisce come turbamento è solo perché c'è ancora della residua frustrazione del fallimento).

Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:08:27 AMil pensiero debole, postmoderno, può finire per dimenticarsi del compito di critica del pensiero filosofico quando, disdegnando discorsi organici, se ne sta tranquillo nel suo cantuccio a osservare, con distacco fenomenologico, qualche porcheria pop.
Qui mi sembra ci sia un fraintendimento di fondo: il pensiero postmoderno è essenzialmente critica, anzi quasi non ha senso se non letto come critica al pensiero moderno, metafisico, etc. non ha per oggetto «qualche porcheria pop», almeno se si va al sodo della sua teoretica, spesso di non facile fruizione proprio perché è divergente rispetto alle forme tradizionali, moderne. La mancanza di organicità da "sistemone omniesplicativo" è funzionale tanto alla dimensione critica quanto alla (tentata) aderenza alla suddetta impermanenza, fluidità, etc.
Sebbene attecchisca comunque in forme più o meno consapevoli (spesso anche fra i suoi ignari detrattori), la resistenza che si fa a "digerirlo" è sintomatica di quanto il disincanto non sia esperienza agevole e, visto dall'esterno, può sembrare davvero "la notte in cui tutte le vacche sono nere" (tuttavia, se non si ha paura del buio, si può verificare che non tutte le vacche sono ugualmente nere).
Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:08:27 AMLa prima lezione di filosofia dovrebbe essere un tour tra carceri, ospedali, mattatoi.
Questa, ad esempio, è una proposta squisitamente postmoderna.

Pio

#78
È utile pervenire ad un disincanto verso la realtà è la bolla di illusioni che forma la nostra vita è le nostre credenze. Il decostruire dovrebbe portare a questo. Quello che si nota è però la sterilità di questo processo. Posso cioè decostruire, per esempio, il mito del potere e della forza che da sempre avvinghia l'essere umano. Posso disporre davanti a me tutti i "mattoni" che lo compongono: l'avidità, la paura, il sadismo, ecc. Fatto questo però riprendo tutto come se il processo di decostruzione fosse stato solo un gioco intellettuale. Voglio dire, verificato il continuo  e sostanziale ripetersi dei fenomeni umani : i mattoni sono più forti del disincanto. Il disincanto svanisce di fronte ai mattoni che formano le illusioni. Perché sono le illusioni il tessuto della nostra realtà e nemmeno la consapevolezza che può darci una decostruzione delle stesse, ci libera dal loro potere. Ma è una Verità già intuita da Shakespeare: "Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni".
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Phil

Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 12:23:19 PMIl disincanto svanisce di fronte ai mattoni che formano le illusioni. Perché sono le illusioni il tessuto della nostra realtà e nemmeno la consapevolezza che può darci una decostruzione delle stesse, ci libera dal loro potere.
Riprendendo la tua metafora direi che maneggiare mattoni non è come maneggiare un muro, così come per rompere un muro bisogna iniziare a rompere mattoni, oppure per restaurare un muro è necessario disporre dei mattoni giusti, etc. comunque, senza lasciarci fuorviare dalle metafore, non sottovaluterei il ruolo pragmatico del disincanto e della decostruzione.
Per fare alcuni esempi banali e lampanti: se hai decostruito il concetto di dio, nessuno può spingerti a muovere una piuma (o uccidere qualcuno) in "nome di dio" o perché «Dio lo vuole»; se hai una visione disincantata della politica, sarai diffidente quando qualcuno ti proporrà programmi elettorali "troppo belli per essere attuabili" o quando qualcuno propone di "esportare la democrazia" a sue spese; se hai decostruito con disincanto i proclami di chi si presenta come soluzione di tutti i tuoi problemi e angosce, ti sarai già evitato ulteriori problemi e angosce; etc.
Ciò ovviamente non sminuisce affatto le considerazioni sul "gioco di società" o sulla "natura umana" che ci caratterizza sin dalla notte dei tempi; tuttavia, stando anche solo agli esempi precedenti, non concluderei che decostruzione e disincanto siano solo uno sterile "gioco intellettuale"; o almeno, non sempre e non per tutti.
Il disincanto, per me, non significa appiattire tutto in valori indifferenziati, ma nemmeno credere che possano essere totalmente rivoluzionate la natura e la società umana; per decostruire questi due estremi "incantati" serve... disincanto.

iano

#80
Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:08:27 AMLa tua nozione di metafisica, come di ciò che sta sopra la fisica e che ci permette di comprenderla, è talmente generica da coincidere con la conoscenza. Noi costruiamo immagini, concetti, modelli esplicativi per capire la natura: questa è conoscenza, conoscenza per sua natura astratta, generale, non vedo perché definirla metafisica, confondendola con ciò che storicamente è stata la metafisica, cioè dottrina dell'essere vero, di ciò che è principio, causa, fondamento della realtà.
Il fatto che una nozione come "materia" sia presa come naturale, scontata, come se non fosse problematica, come se non avesse una storia, indica un errore di natura epistemologica, ovvero tradisce un realismo inconsapevole, la convinzione cioè che quel concetto è tanto appropriato alla realtà che descrive da essere quasi tutt'uno con essa, e non rappresentazione astratta.

Secondo me il realismo non può che essere inconsapevole.
I modelli esplicativi della fisica, temo proprio in quanto ne abbiamo consapevolezza, non produrranno mai un nuovo realismo, sopratutto perchè non riescono ad intaccare il nostro senso attuale del reale, rinnovandolo. Non possiamo smantellare ciò che non sappiamo come è stato edificato.
Continueremo quindi a convivere con un senso del reale e una conoscenza della fisica che faranno sempre più a pugni.
Il senso del reale equivale all'idea del paradiso terrestre, che infatti non può essere immaginato diversamente che come una versione corretta e modificata della realtà come la viviamo in questo mondo.
La conoscenza è il motivo, il peccato, per cui siamo fuori dal paradiso, anche se in effetti non ne siamo proprio fuori, finché non perdiamo del tutto il senso di realtà.
Il seno di realtà infatti non è strettamente necessario come dimostrano i fisici quantistici, capaci di interagire con una realtà che pure non comprendono.
Tuttavia credo che ci porteremo dietro il vecchio senso di realtà, facendolo convivere con le conoscenze sempre più in contrasto con esso.
Questa convivenza potrà essere contraddittoria ma non perciò impossibile o priva di utilità, perchè se vediamo il senso di realtà come una protofisica, troviamo contraddizioni anche in teorie fisiche che non perciò non riusciamo  a far convivere utilmente.
Un teoria fisica unificata fino prova contraria è solo utile, ma non necessaria, e credo che in modo non dichiarato sia il tentativo di recuperare un nuovo senso di realtà, in quanto la realtà è unica.
Questa visione però non fà i conti con l'influenza che lo sperimentatore introduce nei mondi che costruisce, e se non c'è un solo modo consapevole di porsi di fronte alla realtà, di interagire con essa, dovremmo aspettarci che questi mondi possano essere fra loro in collisone, o meglio a girare uno attorno all'altro in un equilibrio non necessariamente problematico di fatto.
L'unico problema è nella delusione delle nostre aspettative.

Il fatto di vivere in mondi fra loro contraddittori è oggi un problema della filosofia, non della fisica, e se i fisici vanno in cerca della teoria-mondo unica è perchè sono uomini, e quindi pure filosofi, e anzi secondo me fra i migliori.

In sostanza non è vero che dobbiamo conoscere la realtà per potervi interagire, perchè è dalla interazione con la realtà che deriva la conoscenza, e dalla conoscenza semmai un modo rinnovato di interagivi.
Il senso di realtà è nato dall'aver assimilato la conoscenza della realtà alla realtà.
Questa assimilazione andrebbe continuamente rinnovata quindi, al crescere della consapevolezza, ma è proprio questa consapevolezza che impedirà l'assimilazione.
la consapevolezza che non può essere confusa la realtà con una sua descrizione.
La realtà sarà fatta anche di parole, ma non coincide con le parole, e nella misura in cui sembra coincidervi non è verità, in quanto ciò che è fatti di parole può essere sempre smentito.
Se c'è una verità non e fatta di parole, e in genere non è conoscibile, perchè ciò che è conoscibile può essere sempre criticato e smentito.
Il potere della parola è stato sovrastimato, perchè noi ci sovrastimiamo.
Il filosofo dovrebbe ridimensionarsi ad artigiano del logos.
L'unica percezione diretta che abbiamo della realtà ha nome Dio, ciò che in teoria non potrebbe neanche essere nominato, perchè dargli un nome significa degradarlo.
Ma se abbiamo la percezione di Dio, ciò significa che percepiamo comunque ciò che sta dietro a tutto ciò cui possiamo avere accesso diretto.
Dio in effetti è un ipotesi necessaria quanto lo è la realtà, e per me in particolare sono la stessa cosa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#81
In altre parole, perchè più che scrivere parole non possiamo, ;)
Ciò che chiamiamo realtà non è la realtà, ma un mondo che nasce dalla nostra interazione con la realtà.
Siamo ben scusati di aver fatto questa confusione, perchè è come aver letto un giallo in cui dalla prima pagina era chiaro chi fosse l'assassino.
Nelle pagine di mezzo poi sembrava che gli indizi fossero ancora tutti contro di lui.
Ma nell'ultima pagina, quella che ancora stiamo leggendo,  iniziamo a sospsettare che l'assassino non era quello, e abbiamo invece adesso buoni indizi per sospettare che il vero assassino non verrà mai trovato.
Si potrà essere delusi dal fatto di non conoscere l'assassino, ma alla fine dovremmo ammettere di aver letto un giallo magistralmente architettato.
Cosa dovremmo imparare da questa lettura col senno di poi?
Dovremmo imparare come si scrivono i gialli, o come si costruiscono mondi in modo consapevole, continuando comunque vivere in un mondo che non abbiamo costruito consapevolmente, ma che in qualche modo è stato edificato.
Costruire un mondo in se non è una novità, la novità è costruirlo in modo consapevole, ma dovremo rinunciare al senso di realtà, ma al massimo a un suo surrogato immaginario che dura il tempo di un videogioco, dentro una realtà virtuale.
E' dentro una realtà virtuale che abbiamo appunto sempre vissuto, ma solo oggi iniziamo a sospettarlo.
Però alla fine, anche se è così, non vedo dov'è il dramma, o meglio, se vuoi, inizio a farci l'abitudine, e l'abitudine è ciò che tramuta  la più grande meraviglia nella normalità.
Quella normalità che ci appare appena apriamo gli occhi, come se ciò fosse ovvio, e non il risultato di una lunga evoluzione ancora in corso che sembra però trovarsi di fronte ad una svolta epocale, e questa è la vera novità...
...l'anno vecchio è passato e un nuovo anno arriverà.

La fisica strettamente è esperienza di realtà, ma la teoria fisica che và oltre quell'esperienza, è già metafisica. compreso il mondo in cui crediamo di vivere, scambiabile con la realtà solo nella misura in cui non abbiamo consapevolezza della sua costruzione.
Fisica e metafisica sono più strettamente intrecciate di quanto non si voglia credere.
però scordiamoci da ora in poi il senso di realtà, tenendoci caro quello vecchio, per quanto sempre più in contrasto con le teorie fisiche, contrasto che avremmo dovuto aspettarci col senno di poi.
Il limite della filosofia, almeno nei limiti della mia ignoranza e di ciò che osservo dentro questo forum, è di essere ancora intrappolata in un vecchio mondo, ancora strettamente legata al senso di realtà.
E questo è un peccato perchè i nuovi mondi che nascono hanno bisogno della metafisica come i mattoni della calce per stare insieme. 

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 13:48:42 PMRiprendendo la tua metafora direi che maneggiare mattoni non è come maneggiare un muro, così come per rompere un muro bisogna iniziare a rompere mattoni, oppure per restaurare un muro è necessario disporre dei mattoni giusti, etc. comunque, senza lasciarci fuorviare dalle metafore, non sottovaluterei il ruolo pragmatico del disincanto e della decostruzione.
Per fare alcuni esempi banali e lampanti: se hai decostruito il concetto di dio, nessuno può spingerti a muovere una piuma (o uccidere qualcuno) in "nome di dio" o perché «Dio lo vuole»; se hai una visione disincantata della politica, sarai diffidente quando qualcuno ti proporrà programmi elettorali "troppo belli per essere attuabili" o quando qualcuno propone di "esportare la democrazia" a sue spese; se hai decostruito con disincanto i proclami di chi si presenta come soluzione di tutti i tuoi problemi e angosce, ti sarai già evitato ulteriori problemi e angosce; etc.
Ciò ovviamente non sminuisce affatto le considerazioni sul "gioco di società" o sulla "natura umana" che ci caratterizza sin dalla notte dei tempi; tuttavia, stando anche solo agli esempi precedenti, non concluderei che decostruzione e disincanto siano solo uno sterile "gioco intellettuale"; o almeno, non sempre e non per tutti.
Il disincanto, per me, non significa appiattire tutto in valori indifferenziati, ma nemmeno credere che possano essere totalmente rivoluzionate la natura e la società umana; per decostruire questi due estremi "incantati" serve... disincanto.
Ma siccome siamo costruiti dalle illusioni, temo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto 😘 scusate il gioco di parole. In realtà magari nego a me stesso che decostruisco perché provo odio o avversione verso quel concetto. Naturalmente non ammettero' facilmente che è un'altra illusione che mi muove:magari è l'idea che sbarazzandomi di quel particolare concetto vivrò in un mondo migliore, più giusto, più libero ecc. Un' altra illusione, più nascosta, appare e mi muove.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

bobmax

Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 15:19:07 PMMa siccome siamo costruiti dalle illusioni, temo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto 😘 scusate il gioco di parole. In realtà magari nego a me stesso che decostruisco perché provo odio o avversione verso quel concetto. Naturalmente non ammettero' facilmente che è un'altra illusione che mi muove:magari è l'idea che sbarazzandomi di quel particolare concetto vivrò in un mondo migliore, più giusto, più libero ecc. Un' altra illusione, più nascosta, appare e mi muove.


Infatti non è il disincanto la soluzione.
Che è soltanto un malcelato cinismo.

Occorre invece proprio l'incanto!

Cioè ricercare il puro incanto.
Senza mai accontentarsi di ciò che non soddisfa del tutto, che non è ancora proprio il vero incanto.
E avanzare, incantati per la meraviglia.

Seguendo il nostro amore per il Vero.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 15:19:07 PMtemo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto
Nella citazione ho messo in grassetto due parole che tracciano un tipico travisamento del disincanto e della decostruzione: non sono un «prodotto» o un «sistema», ma sono anzi un processo e un metodo (basta metterle in pratica per constatarlo).
Per questo ricordavo a Koba la radice critica del disincanto: se pensiamo che esso sia fatto di valori, confondiamo il come con il cosa (e il perché). Pensa al disincanto e alla decostruzione come a un setaccio: se non ci metti dentro qualcosa, non "produce" nulla. A differenza di prospettive autonome ed autoreferenziali, si ha "disincanto da x" e "decostruzione di x"; senza la x, disincanto e decostruzione non dicono nulla e non possono essere una prospettiva sul mondo, perché, come tutti i metodi e i processi critici, vivono della loro applicazione ad altro da loro.
Anche quando si tratta di parlarne in generale, come avrai notato, il modo migliore è fare esempi (anche se i miei sono stati decisamente scialbi), ma bisogna comunque guardarsi dal confondere il risultato del disincanto con un punto di arrivo, pronto per essere considerato definitivo e "sacro". Nulla vieta che se il "disincanto da x" produce y, si possa (non è detto sia facile, né sia possibile farlo a comando) praticare un successivo "disincanto da y".
(Si potrebbe anche modificare il metodo stesso del disincanto, con una sorta di meta-disincanto, ma non complichiamo troppo il discorso.)

Pio

Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 16:31:02 PMNella citazione ho messo in grassetto due parole che tracciano un tipico travisamento del disincanto e della decostruzione: non sono un «prodotto» o un «sistema», ma sono anzi un processo e un metodo (basta metterle in pratica per constatarlo).
Per questo ricordavo a Koba la radice critica del disincanto: se pensiamo che esso sia fatto di valori, confondiamo il come con il cosa (e il perché). Pensa al disincanto e alla decostruzione come a un setaccio: se non ci metti dentro qualcosa, non "produce" nulla. A differenza di prospettive autonome ed autoreferenziali, si ha "disincanto da x" e "decostruzione di x"; senza la x, disincanto e decostruzione non dicono nulla e non possono essere una prospettiva sul mondo, perché, come tutti i metodi e i processi critici, vivono della loro applicazione ad altro da loro.
Anche quando si tratta di parlarne in generale, come avrai notato, il modo migliore è fare esempi (anche se i miei sono stati decisamente scialbi), ma bisogna comunque guardarsi dal confondere il risultato del disincanto con un punto di arrivo, pronto per essere considerato definitivo e "sacro". Nulla vieta che se il "disincanto da x" produce y, si possa (non è detto sia facile, né sia possibile farlo a comando) praticare un successivo "disincanto da y".
(Si potrebbe anche modificare il metodo stesso del disincanto, con una sorta di meta-disincanto, ma non complichiamo troppo il discorso.)
Ok, avevo capito in parte quello che intendevi. Ma la mia considerazione era: per giungere a cosa? Se non serve a nulla, perché la decostruzione non può che richiamarne altra in un processo "a ritroso", che alla fine deve fissare punti che possono essere indimostrabili (cioè assunti indebitamente come veri. Decostruisco la casa è trovo mattoni. Ma i mattoni sono "veri")?
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Pio

Citazione di: bobmax il 23 Febbraio 2024, 15:46:18 PMInfatti non è il disincanto la soluzione.
Che è soltanto un malcelato cinismo.

Occorre invece proprio l'incanto!

Cioè ricercare il puro incanto.
Senza mai accontentarsi di ciò che non soddisfa del tutto, che non è ancora proprio il vero incanto.
E avanzare, incantati per la meraviglia.

Seguendo il nostro amore per il Vero.
Trovo anch'io che il disincanto nasconda il cinismo. È un pericolo reale. Almeno lo considero tale, ma so che molti nel mondo attuale si fanno un vanto di essere "disincantati". Buon pro gli faccia. Forse è anche la reazione al fallimento di molti ideali politici o religiosi. Cioè delusione. Serpeggia in tutti. Quindi mettiamoci la corazza del disincanto. Magari non si soffre più.(ma non ci credo molto). In realtà sono anch'io disincantato verso le cose del mondo, mentre mi incanto ancora per qualcosa che non so dire.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#87
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 15:19:07 PMMa siccome siamo costruiti dalle illusioni, temo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto 😘 scusate il gioco di parole. In realtà magari nego a me stesso che decostruisco perché provo odio o avversione verso quel concetto. Naturalmente non ammettero' facilmente che è un'altra illusione che mi muove:magari è l'idea che sbarazzandomi di quel particolare concetto vivrò in un mondo migliore, più giusto, più libero ecc. Un' altra illusione, più nascosta, appare e mi muove.

Credo anch'io che il disincanto sia molto praticato oggi, ma credo anche che questa pratica non possa che portare al pessimismo se il risultato non è una rivalutazione della illusione, se cioè il risultato non è un ribaltamento dell'opinione negativa  che finora ne abbiamo avuto.
Se il disincanto ci ha portato ad escludere che attraverso i sogni potessimo prevedere il futuro, dovremmo però concludere che ci porta a conoscere il nostro presente, quel che siamo, un accumulo di illusioni, appunto.
Se però poi rifiutiamo questa conoscenza, se la respingiamo perchè non ci piace, allora non ci resta che il pessimismo.
Non possiamo più opporre l'illusione alla realtà, perchè la realtà in se è inaccessibile.
Inaccessibile ma non inesperibile, e il risultato di questa esperienza è un illusione, ma è una illusione vitale, è letteralmente il mondo in cui viviamo e senza il quale non possiamo vivere.
Giunti a queste conclusioni, rifiutare l'illusione oggi significa rinunciare al mondo, rinunciare alla vita.
Può anche essere che questa minestra che ci siamo serviti da soli non ci piaccia, però bisogna anche considerare che il gusto non è un assoluto, ma un prodotto dell'abitudine.
Scoprire che ciò che abbiamo creduto essere reale sia una illusione, una costruzione, potrebbe farci sfuggire quanto  meravigliosa sia questa costruzione, impedendoci di prendere norma da essa.
In particolare, stante l'opinione che abbiamo storicamente negativa dell'illusione, potrebbe sfuggirci che per quanto  relativa, l'illusione in cui viviamo non è per nulla arbitraria.
Forse noi ci sentiremo adesso sperduti, come se avessimo perso il contatto diretto con la realtà, di non avere più i piedi per terra, ma l'illusione in cui viviamo i piedi per terra li ha invece ben piantati, cioè non è un arbitrio che nasce dal nulla.
Semplicemente in quanto relativa non è espressione unica possibile della realtà.
Altre espressioni sono possibili e noi le possiamo creare, e anzi lo abbiamo già fatto.
La lezione che ne dovremmo trarre è che la consapevolezza di ciò che facciamo non è necessaria al fare, e anzi spesso viene dopo, e quando viene rinnova i nostro fare, ma più nei modi che nella sostanza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

Citazione di: iano il 23 Febbraio 2024, 17:45:11 PMCredo che il disincanto sia molto praticato oggi, ma credo anche che questa pratica non possa che portare al pessimismo se il risultato non è una rivalutazione della illusione, se cioè il risultato non è un ribaltamento dell'opinione negativa  che finora ne abbiamo avuto.
Se il disincanto ci ha portato ad escludere che attraverso i sogni potessimo prevedere il futuro, dovremmo però concludere che ci porta a conoscere il nostro presente, quel che siamo, un accumulo di illusioni, appunto.
Se però poi rifiutiamo questa conoscenza, se la respingiamo perchè non ci piace, allora non ci resta che il pessimismo.
Non possiamo più opporre l'illusione alla realtà, perchè la realtà in se è inaccessibile.
Inaccessibile ma non inesperibile, e il risultato dell'esperienza di realtà è un illusione, ma è una illusione vitale, è letteralmente il mondo in cui viviamo e senza il quale non possiamo vivere.
Giunti a queste conclusioni, rifiutare l'illusione oggi significa rinunciare al mondo, rinunciare alla vita.
Può anche essere che questa minestra che ci siamo serviti da soli non ci piaccia, però bisogna anche considerare che il gusto non è un assoluto, ma un prodotto dell'abitudine.
Penso anche che non bisogna dimenticare che siamo natura e cultura. E come scrivi giustamente alcune illusioni sono necessarie per sopravvivere. Io le chiamerei allora delle super-illusioni😀. Poi non è detto che dalle illusioni nascano necessariamente cose negative. Dall'ideale illusorio che abbiamo tutti diritto alla libertà è finito che è stata abolita la schiavitù, che era basata su altre illusioni, ecc. Nemmeno il più saggio conosce tutti gli esiti dice Gandalf .
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

bobmax

Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 17:43:37 PMTrovo anch'io che il disincanto nasconda il cinismo. È un pericolo reale. Almeno lo considero tale, ma so che molti nel mondo attuale si fanno un vanto di essere "disincantati". Buon pro gli faccia. Forse è anche la reazione al fallimento di molti ideali politici o religiosi. Cioè delusione. Serpeggia in tutti. Quindi mettiamoci la corazza del disincanto. Magari non si soffre più.(ma non ci credo molto). In realtà sono anch'io disincantato verso le cose del mondo, mentre mi incanto ancora per qualcosa che non so dire.

Sì, un malessere che si esprime anche nella negazione della Verità.

Senza renderci conto che la disillusione è necessaria, ma solo per andare più avanti.

Invece, ah... Babbo Natale non esiste!
Mi hanno ingannato!
Non vi è alcuna Verità!!! :'(

Ci si ferma laddove bisognerebbe invece ripartire con ancor più determinazione.

Manca la fede in se stessi.

Che poi è fede nella Verità, essendo la Verità lo stesso Essere.

E noi siamo Essere...
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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