Perché è così difficile perdonare?

Aperto da Aspirante Filosofo58, 13 Gennaio 2024, 09:30:12 AM

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bobmax

Citazione di: ZenZero il 23 Gennaio 2024, 10:35:50 AMSpesso mi sono trovato a discutere su questo punto, è molto interessante; ti sei mai chiesto chi o cosa è dentro di te a sentire ? Può il nostro sentire essere frutto di un condizionamento ? E quindi può esistere un modo per distinguere un sentire "puro" dell'Essere da un sentire condizionato dall'esterno ? Quando parlo di sentire condizionato, mi riferisco a quei casi in cui non riconosciamo immediatamente tale condizionamento, di cui magari le cause risiedono nell'inconscio.
.... forse è off topic come domanda... magari potrei aprire una nuova discussione a riguardo.

.......

C'è una differenza tra "informazione" e "Conoscenza", anche se nel linguaggio corrente spesso hanno la stessa accezione. Quello che scrivi mi sembra si riferisca all'essere informati di qualcosa.
Che differenza c'è tra Essere e Coscienza ? La facoltà di dire "Io Sono" viene dall'Essere o dalla Coscienza, o da entrambe ?... ammesso che siano due cose differenti ...


Ritengo che in ultima analisi non vi sia nessuno che sente.
Vi è il sentire.
Così come in realtà non vi è nessuno che pensa, ma vi è il pensiero.

Il pensare, il sentire, mi fanno comparire. Io ci sono, in quanto loro effetto.

Perché sia il pensare, sia il sentire, così come ogni cosa del mondo, hanno un'unica origine.
La quale mi genera come epifenomeno.

E questo è l'esserci, cioè l'esistenza.

Da non confondersi con l'Essere.
Che è l'Origine.

Che non ritengo possa essere inteso come Coscienza.
Perché la coscienza è sempre coscienza di qualcosa.
Reale, immaginato, sempre qualcosa è necessario affinché vi sia coscienza.
Anche la coscienza di me stesso, l'autocoscienza, necessita del qualcosa chiamato "io".

Mentre l'Essere non abbisogna di niente, neppure di se stesso.
Per la esistenza, l'Essere coincide con il Nulla.
Perché l'Essere non esiste, l'Essere è.

Ma è proprio il Nulla/Essere l'origine di ogni possibilità.
È il Bene.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

ZenZero

Citazione di: Phil il 23 Gennaio 2024, 12:50:53 PMSpero di non risultare troppo "invadente" sul piano personale, ma se hai scelto di presentarti come ZenZero, ho il sospetto che tu già sappia che non si tratta di "trascendere", ma piuttosto di scendere dalla giostra mondana dei valori e delle interpretazioni, scendere nella propria concentrazione (che non ha intrinsecamente bisogno di valori etici, prima di incontrare il "prossimo"). Per farlo qualcuno ha consigliato "otto scalini" e per chi è sulla giostra risultano in salita, quasi un'ascesa mistica; ma basta farne qualcuno per capire che in realtà sono in discesa: fuori verso la terra, dentro verso la nostra interiorità.
Figurati nessuna invadenza, il mio nome tende ad esaltare le proprietà organolettiche e nutrizionali di un'adorabile radice.. ;)

Cosa è dal tuo punto di vista che impedisce la discesa, e soprattutto per chi decide di voler scendere dalla giostra a frenare, a ostacolare e in certi casi ad arrestare la scelta e di conseguenza la discesa ? E (giusto per rimanere nel topic), a rendere difficile alcune azioni/stati d'essere come il perdono ?

ZenZero

Citazione di: bobmax il 23 Gennaio 2024, 18:20:58 PMRitengo che in ultima analisi non vi sia nessuno che sente.
Vi è il sentire.
Così come in realtà non vi è nessuno che pensa, ma vi è il pensiero.

Il pensare, il sentire, mi fanno comparire. Io ci sono, in quanto loro effetto.

Perché sia il pensare, sia il sentire, così come ogni cosa del mondo, hanno un'unica origine.
La quale mi genera come epifenomeno.

E questo è l'esserci, cioè l'esistenza.

Da non confondersi con l'Essere.
Che è l'Origine.

Che non ritengo possa essere inteso come Coscienza.
Perché la coscienza è sempre coscienza di qualcosa.
Reale, immaginato, sempre qualcosa è necessario affinché vi sia coscienza.
Anche la coscienza di me stesso, l'autocoscienza, necessita del qualcosa chiamato "io".

Mentre l'Essere non abbisogna di niente, neppure di se stesso.
Per la esistenza, l'Essere coincide con il Nulla.
Perché l'Essere non esiste, l'Essere è.

Ma è proprio il Nulla/Essere l'origine di ogni possibilità.
È il Bene.
Anche questo è interessante, anche se credo proprio debba aprire una nuova discussione a riguardo.
Mi soffermerei un attimo su ciò che dici a proposito dell'essere/esistere. Tu dici c'è il sentire, il pensare, che determinano ciò che siamo ( o non siamo, a questo punto) ; da cosa sono determinati questo pensare e sentire ?


Phil

Citazione di: ZenZero il 24 Gennaio 2024, 07:36:45 AMCosa è dal tuo punto di vista che impedisce la discesa, e soprattutto per chi decide di voler scendere dalla giostra a frenare, a ostacolare e in certi casi ad arrestare la scelta e di conseguenza la discesa ? E (giusto per rimanere nel topic), a rendere difficile alcune azioni/stati d'essere come il perdono ?
La giostra gira veloce, non dà tempo (ma lo prende), è piena di suoni e colori e, soprattutto, di gente... la scala con gli otto scalini può essere percorsa solo da una persona alla volta, ossia solo da soli, individualmente.
Nulla vieta, una volta scesi, di risalire sulla giostra, ma con la differente consapevolezza di cosa c'è "sotto".
La difficoltà del perdono, come accennavo, secondo me dipende molto da come siamo, per natura, educazione, esperienze, etc. per alcuni non è affatto difficile, per altri è quasi una violenza al loro modo di essere.

Duc in altum!

Citazione di: Phil il 24 Gennaio 2024, 12:30:12 PMLa difficoltà del perdono, come accennavo, secondo me dipende molto da come siamo, per natura, educazione, esperienze, etc. per alcuni non è affatto difficile, per altri è quasi una violenza al loro modo di essere.
Questo non giustifica, anzi ...giacché se così fosse, perdonare non sarebbe più una scelta.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Phil

Non siamo tutti uguali, né per biologia individuale, né per educazione ricevuta, né per esperienze vissute, etc. e credo questa non sia una mera opinione. Ne consegue che non abbiamo tutti la stessa "distanza" da percorrere per raggiungere la capacità di saper perdonare.
Per me non si tratta quindi di "giustificare" o meno chi non perdona, ma constatare che alcuni hanno più (o meno) tendenza a farlo per motivi (differenze elencate sopra) che non sono di loro scelta.
Il "valore" da dare a scelte che si basano su ciò che non si è scelto, meriterebbe un altro capitolo (che onestamente non trovo molto interessante, come tutti i giudizi di valore sull'operato altrui).

bobmax

Citazione di: ZenZero il 24 Gennaio 2024, 07:41:15 AMAnche questo è interessante, anche se credo proprio debba aprire una nuova discussione a riguardo.
Mi soffermerei un attimo su ciò che dici a proposito dell'essere/esistere. Tu dici c'è il sentire, il pensare, che determinano ciò che siamo ( o non siamo, a questo punto) ; da cosa sono determinati questo pensare e sentire ?



Per provare a risponderti, devo andare alle motivazioni del mio dire.
Come sono giunto alla constatazione di essere il semplice effetto del pensare e sentire?

Un ruolo lo ha senz'altro avuto una evidenza che, quando si impone, sovrasta ogni altra percezione o pensiero. Mi accompagna da sempre.
Seppur di norma latente, ma pronta a riemergere alla consapevolezza in qualsiasi momento.

È l'orrore del Nulla.

Che non ha niente a che fare con lo spirito di sopravvivenza.
Non è orrore della morte, ma della effettiva nullità della esistenza.
È sufficiente non lasciarsi distrarre dal flusso continuo della vita, anche per solo un attimo... e tutto d'improvviso scolora, là dietro traspare il Nulla.

È come se dentro di me già conoscessi la Verità...
E questa Verità non fosse altro che il Nulla.

Questa è, diciamo così la cifra costante.
Sempre esorcizzata, ma mai debellata.

Mi sono spesso chiesto il perché di questo mio sentire...

Finché, anni fa, ho incominciato a ritrovarmi all'inferno.
L'inferno non è nell'aldilà, ma è qui, nel presente, vi posso accedere in ogni momento. È un luogo dell'anima.
Nessun altro mi condanna all'inferno. Se non me stesso, perché così è giusto.

Ed essendo giusto, non ho speranza di uscirne.
Anche se magari vivo ancora la maggior parte del mio tempo come se ne fossi fuori. Ma basta rammentare una mia colpa e subito mi ci ritrovo!

Tuttavia l'inferno non è il Nulla.
Anzi, fa in modo che l'Essere trionfi. Infatti, come osserva Margherita Porete, solo all'inferno (o in paradiso) Dio è certo.

Ma perché merito l'inferno?
Per il male. Il male che è in me, il male che io stesso sono.

Ma cosa è questo male?

Beh, in definitiva ho scoperto che il male altro non è che amore negato.

E così forse ho finalmente un'idea di cosa sia questo Nulla che mi perseguita.

È l'Essere senza amore.
È la possibilità che l'Amore non sia.
Cioè che Dio non sia.

Solo il mio Amore può far sì che Dio sia.
Ma devo rinunciare a tutto.
Persino ad ogni mio pensiero ad ogni altro mio sentire.
Rinunciare a me stesso.
Constatando di essere proprio io quel Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

taurus

#52
Citazione di: bobmax il 24 Gennaio 2024, 18:34:53 PMMargherita Porete,


Margherita Porete ?  L' indomabile quanto impavida religiosa che rifiuto' di ritrarre la sua opera ?

Ma cosa fece mai.. di così terrificante da essere "sacrificata" per conto e in nome del divin-salvatore ??

Infatti _ alla faccia del perdono di questa compassionevole (ed Umana !?!) santa istituzione romana.. fu "arrostita VIVA" nel giugno del 1310 ?

Quanta retorica..... in bocca di questo "venerabile"  clero della croce !


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Pensarbene

il cristianesimo ha un'idea dell'amore che è bene discutere.
I bambini hanno bisogno di essere amati incondizionatamente ,gli adulti no.
Un adulto sano non ha bisogno di padri e di madri, non si porta appresso la sua famiglia del passato( più o meno... sacra) e non  recita.
Questo soprattutto nel sesso  e nell'amore. 
Un adulto sano ignora,rispetta  e ama in base alla sua esperienza e non a dettami altrui.
Questo vale anche per il perdono.
La frase più buona che io posso dire è:
"perdono  per dono" 
Il perdono è un dono  che io faccio a mè stesso scaricando odio,rancore,pensieri e fantasie negative.
Nel contempo è un dono che faccio all'altra persona liberandola indirettamente, che lo sappia o meno, che l'accetti o meno.
Infatti, il perdono è un atto volontario e consapevole che non obbliga l'altro ad accettarlo ma permette a noi stessi di liberarci da un peso opprimente.
Tutto qui.




ZenZero

Citazione di: Phil il 24 Gennaio 2024, 12:30:12 PMLa giostra gira veloce, non dà tempo (ma lo prende), è piena di suoni e colori e, soprattutto, di gente... la scala con gli otto scalini può essere percorsa solo da una persona alla volta, ossia solo da soli, individualmente.
Nulla vieta, una volta scesi, di risalire sulla giostra, ma con la differente consapevolezza di cosa c'è "sotto".
La difficoltà del perdono, come accennavo, secondo me dipende molto da come siamo, per natura, educazione, esperienze, etc. per alcuni non è affatto difficile, per altri è quasi una violenza al loro modo di essere.

Certo sono d'accordo, è evidente che la giostra del mondo ha un potere magnetico attrattivo, il paese dei balocchi...si è man mano strutturata, ed ogni giorno continua a farlo, per esserlo sempre di più. 
Tale attrazione ha un potere su di noi nella misura in cui dentro di noi vi sono "degli atomi" che vibrano in risonanza con le frequenze della giostra.Quegli atomi, si aggregano in base alle nostre forme pensiero/emotive/istintive/sessuali. Finchè tali aggregazioni "vivono" dentro di noi è impossibile lo stato profondo del per-dono ( ossia lo stato di Amore incondizionato), anche lì dove più o meno superficialmente sembra il contrario. 
A Nicodemo fu detto chiaramente, che per poter rinascere è necessario morire, giusto per fare un esempio mainstream, ... A mio avviso l'educazione, le esperienze, le influenze esterne sono come dei contenitori all'interno dei quali gli atomi "meccanici"si strutturano,  ma questi ultimi hanno origini molto più profonde e antiche. 
Molte le scuole che insegnano a "gestire" , "controllare"... almeno apparentemente... queste eggregati psichici interiori,  ma la morte ? Siamo in grado di far morire definitivamente ciò che ci rende schiavi ?

ZenZero

Citazione di: bobmax il 24 Gennaio 2024, 18:34:53 PMPer provare a risponderti, devo andare alle motivazioni del mio dire.
Come sono giunto alla constatazione di essere il semplice effetto del pensare e sentire?

Un ruolo lo ha senz'altro avuto una evidenza che, quando si impone, sovrasta ogni altra percezione o pensiero. Mi accompagna da sempre.
Seppur di norma latente, ma pronta a riemergere alla consapevolezza in qualsiasi momento.

È l'orrore del Nulla.

Che non ha niente a che fare con lo spirito di sopravvivenza.
Non è orrore della morte, ma della effettiva nullità della esistenza.
È sufficiente non lasciarsi distrarre dal flusso continuo della vita, anche per solo un attimo... e tutto d'improvviso scolora, là dietro traspare il Nulla.

È come se dentro di me già conoscessi la Verità...
E questa Verità non fosse altro che il Nulla.

Questa è, diciamo così la cifra costante.
Sempre esorcizzata, ma mai debellata.

Mi sono spesso chiesto il perché di questo mio sentire...

Finché, anni fa, ho incominciato a ritrovarmi all'inferno.
L'inferno non è nell'aldilà, ma è qui, nel presente, vi posso accedere in ogni momento. È un luogo dell'anima.
Nessun altro mi condanna all'inferno. Se non me stesso, perché così è giusto.

Ed essendo giusto, non ho speranza di uscirne.
Anche se magari vivo ancora la maggior parte del mio tempo come se ne fossi fuori. Ma basta rammentare una mia colpa e subito mi ci ritrovo!

Tuttavia l'inferno non è il Nulla.
Anzi, fa in modo che l'Essere trionfi. Infatti, come osserva Margherita Porete, solo all'inferno (o in paradiso) Dio è certo.

Ma perché merito l'inferno?
Per il male. Il male che è in me, il male che io stesso sono.

Ma cosa è questo male?

Beh, in definitiva ho scoperto che il male altro non è che amore negato.

E così forse ho finalmente un'idea di cosa sia questo Nulla che mi perseguita.

È l'Essere senza amore.
È la possibilità che l'Amore non sia.
Cioè che Dio non sia.

Solo il mio Amore può far sì che Dio sia.
Ma devo rinunciare a tutto.
Persino ad ogni mio pensiero ad ogni altro mio sentire.
Rinunciare a me stesso.
Constatando di essere proprio io quel Nulla.
Di base comprendo il tuo discorso, sono assolutamente d'accordo che siamo "noi stessi" a generare il nostro inferno. Ma quando dici che è giusto questo inferno e che non hai speranza di uscirne, perchè ? 
In un punto dici che questo nulla è l'Essere senza Amore, poi concludi che sei proprio tu quel Nulla, quindi asserisci che la nostra Essenza è Nulla senza amore ?
Sono d'accordissimo che per poter Essere Amore dobbiamo rinunciare a noi stessi, anzi a "molti" noi stessi che crediamo di essere. E' vero dobbiamo rinunciare al sentire e pensare di quel "me stesso" in cui siamo identificati, che, ripeto,  crediamo di essere.... ma  che in realtà non siamo !
E' questa molteplicità di "io" che genera inferni, finchè i vari "io" vivono dentro di noi, concordo che sia impossibile uscire dagli inferni che essi stessi generano, sono essi a generare l'illusione di un nulla senza amore. 
Ma se troviamo il modo, la Via,  non solo di rinunciarvi, ma di ucciderli definitivamente, Noi, il nostro Reale Essere non è destinato all'inferno. In assenza del "me stesso" il Nulla diventa Tutto. 
E da una molteplicità si può sperimentare l'Uno, ma solo attraverso la "morte seconda".
Il punto è conoscere il come attuare questo processo, ed essere Veramente disposti ad intraprenderlo. Perchè "noi"siamo tremendamente attaccati all'illusione, così attaccati che rinunciarvi ci dà la sensazione di un salto nel vuoto.
Una volta un Maestro disse che l'essere umano è attaccato alle gioie, alle sensazioni, ai desideri, che il mondo illusorio gli propone... ma più di tutto, è attaccato alla propria sofferenza, la sofferenza è ciò da cui noi facciamo più fatica a distaccarci.

Pensarbene

il roblema si pone quando un essere umano diventa adulto e si rende conto che':
a)i suoi genitori sono delle persone del tutto normali niente affatto ideali.
b) che anche lui lo è
c)che la problematica vissuta in famiglia come in tutte le famglie, non era speciale, ideale o peggiore delle altre 
Se un adulto si rende conto di questo può perdonarsi e perdonare per non averlo capito prima e quindi di averci "litigato" per anni colpevolizzando sè stesso e gli altri.
Tutto qui per quanto riguarda la famiglia.
Nella vita si ha che fare con persone varie ma non familiari,quindi il discorso diventa ancora più facile sempre che si sia risolta  l'infanzia, l'adolescenza  e la famiglia originaria.


bobmax

Citazione di: ZenZero il 29 Gennaio 2024, 06:43:22 AMDi base comprendo il tuo discorso, sono assolutamente d'accordo che siamo "noi stessi" a generare il nostro inferno. Ma quando dici che è giusto questo inferno e che non hai speranza di uscirne, perchè ?
In un punto dici che questo nulla è l'Essere senza Amore, poi concludi che sei proprio tu quel Nulla, quindi asserisci che la nostra Essenza è Nulla senza amore ?
Sono d'accordissimo che per poter Essere Amore dobbiamo rinunciare a noi stessi, anzi a "molti" noi stessi che crediamo di essere. E' vero dobbiamo rinunciare al sentire e pensare di quel "me stesso" in cui siamo identificati, che, ripeto,  crediamo di essere.... ma  che in realtà non siamo !
E' questa molteplicità di "io" che genera inferni, finchè i vari "io" vivono dentro di noi, concordo che sia impossibile uscire dagli inferni che essi stessi generano, sono essi a generare l'illusione di un nulla senza amore.
Ma se troviamo il modo, la Via,  non solo di rinunciarvi, ma di ucciderli definitivamente, Noi, il nostro Reale Essere non è destinato all'inferno. In assenza del "me stesso" il Nulla diventa Tutto.
E da una molteplicità si può sperimentare l'Uno, ma solo attraverso la "morte seconda".
Il punto è conoscere il come attuare questo processo, ed essere Veramente disposti ad intraprenderlo. Perchè "noi"siamo tremendamente attaccati all'illusione, così attaccati che rinunciarvi ci dà la sensazione di un salto nel vuoto.
Una volta un Maestro disse che l'essere umano è attaccato alle gioie, alle sensazioni, ai desideri, che il mondo illusorio gli propone... ma più di tutto, è attaccato alla propria sofferenza, la sofferenza è ciò da cui noi facciamo più fatica a distaccarci.

Per cercare di evitare il più possibile fraintendimenti, vorrei a questo punto chiarire un aspetto, che ritengo sia difficile tener sempre presente, ma che è fondamentale: noi qui cerchiamo di dire ciò che in realtà è inesprimibile, ma dobbiamo comunque provarci.
È la nostra stessa fede nella Verità a pretendere da noi questo slancio nel vuoto.

Perché è indispensabile utilizzare il linguaggio. Ma le parole non possono che riferirsi alla esistenza. Cioè a un che di necessariamente oggettivo, che c'è, è "esserci", è qualcosa.
Mentre ciò di cui vorremmo invece parlare "qualcosa" non lo è. Non c'è perché è.

Perciò si può cercare di forzare il significato di queste benedette indispensabili parole, fino a fare percepire il limite dell'esistente a cui si riferiscono. Ma senza però mai riuscire ad andare davvero oltre...
L'Essere, che sta oltre l'esistenza, non è esprimibile, in quanto non esistente. È Nulla.

Ogni affermazione compiuta è necessariamente  logica, se vuol avere un senso, e il senso è relativo alla esistenza (a che altro mai potrebbe riferirsi se non a "qualcosa"?).
Quindi termini come "nessuna speranza", "per sempre", "nulla" e persino "essere", si riferiscono alla esistenza.

Ma non per questo sono allora illusori, tutt'altro!
La esistenza è reale, è solida, concreta, è tutto quello che c'è.
Non è maliziosa l'esistenza, se lo fosse... allora sì che saremmo perduti definitivamente.
Perciò quei termini sono pregni di significato, sono pesanti, sono "veri". Assolutamente veri, esistenzialmente...

Come per esempio la morte della persona amata. Che sconvolge perché l'amato è perduto per "sempre".
Davvero!
La morte è vera!
L'esistenza è vera!

Ed è proprio questa verità, accettata nella sua assolutezza esistenziale, a condurmi al limite, dove traspare il Nulla... E lì devo resistere, in attesa.
Perché non posso fare altro che attendere, lì, sul bordo dell'abisso.

Fatta questa premessa, vorrei confermare che l'inferno è proprio il luogo senza speranza.
Questa evidenza è una conseguenza della ricerca della Verità. E del fatto che io sono "esistenza".
La ricerca della Verità implica l'inferno. Qui nella esistenza.
Questo è un dato di fatto.

Per la semplice ragione che il male in me, il male che io stesso sono, è vero!
Ed essendo vero male, riconoscendolo io come male indubitabilmente... Merito l'inferno.
Che è per sempre.

E già qui, si può scorgere una frattura nella esistenza...
Il naufragio definitivo mi porta al limite. La dannazione eterna è in realtà una mazzata alla stessa esistenza. Senza però che vi sia altro, oltre alla stessa esistenza.

Ma vi è di più...

Perché sì, ho letto in più autori che questa sofferenza è il destino di chi cerca Dio, cioè la Verità.
Ma qui non vale nessun mal comune mezzo gaudio. Perché gli altri... in fin dei conti, son tutti innocenti!

Siamo di nuovo sul confine.
Che diamine sto dicendo!
Perché gli altri no e io sì?
L'inferno è solo per me?

Sembrerebbe proprio una assurdità.
Come mai l'altro, anche il più malvagio, in fin dei conti non è davvero colpevole, e non merita perciò di andare all'inferno, mentre io sì?

Il motivo è che l'altro un po' lo intravedo, ne percepisco i condizionamenti, i vincoli, insomma la sua totale non libertà.
Mentre io avrei invece potuto fare diversamente, ma non l'ho fatto!

E poiché il male, una volta commesso, è per sempre.
È del tutto inutile che vada cercando una scappatoia, un mezzo per salvarmi.

Ma qui siamo giunti di nuovo al limite.
Perché se l'altro, qualunque altro, è innocente, allora tutto quello che mi circonda è innocente.
Ma se è del tutto innocente... allora non può che essere una diretta manifestazione di Dio.
L'altro è, nella sua essenza, Dio.

Perciò in questo mondo, in questa esistenza, vi sono solo io e... Dio.

E io esisto in quanto figlio unigenito gettato nel mondo. Dove ho smarrito la strada.
Sono il figliol prodigo, che ha lasciato il Padre, lo ha rinnegato. E non merita perciò alcun perdono.

Possiamo fare però un altro passo, sempre sul limite.
Perché se riconosco la realtà dell'altro, che è in essenza Dio, ma pure comunque esistenza, allora anche l'altro è figlio unigenito.

E qui siamo in pieno paradosso!
Perché tu sei figlio unigenito, gettato nel mondo. E il mondo è Dio.
Ci sei solo tu e Dio.

Così come ci sono solo io e Dio.

"Amor che move il sole e l'altre stelle"
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Gyta

(rispondo ad Aspirante Filosofo ma anche agli altri interventi)

Non so.. il termine "perdonare" mi sta stretto.. (termine al quale francamente fuori contesto non ho mai saputo associare alcun significato..) 

Forse la centralità di quell'atto (perdono) è la comprensione..
Comprendere cosa è accaduto, comprendere chi siamo noi e chi è l'altro..
Comprendere che ogni azione è risultato di un percorso..
Se comprendo questo, mi possono anche girare le balle ma non posso far altro che accettare l'ovvietà del reale.. Che non significa condividerla ma prenderne atto.. e agire di conseguenza..

La rabbia, l'odio sono sentimenti di un'accettazione non avvenuta..
La rabbia (tanto più l'odio) è energia pura che ci sollecita alla reazione, al porci contro, al riconoscimento di ciò che - secondo il nostro percorso e il nostro modo di ragionare - è differente da noi. Senza questo riconoscimento sostanziale, quella realtà non riconosciuta diventa nociva alla nostra identità. La rabbia è il conflitto interiore risultante dal non riconoscimento.  Se riconosciamo siamo pronti a combattere laddove pensiamo sia utile porre un'alternativa.
Bisognerebbe mettersi d'accordo su cosa intendiamo con "perdonare".. secondo me è un termine vago..o un modo sbrigativo per dire "sì, va bene, passiamo oltre"..

Ma tutto questo con le guerre non c'entra a mio avviso nulla!
La stragrande maggioranza delle guerre non partono dalla rabbia ma da una elementare seppure ben manipolata sete di potere.. Si uniscono in questo modo tutti i non riconoscimenti individuali in una direzione collettiva verso un male esterno ben manipolato ma diretto semplicemente da un piano razionale di acquisizione di potere.. che a mio avviso è sempre potere economico..

Direi, tornando al tema principale del "perdono" che il difficile, se così vogliamo dire, è comprendere.
La comprensione di chi siamo..

 
"Prima di autodiagnosticarti la depressione o la bassa autostima,
assicurati di non essere circondato da idioti"

Freedom

Citazione di: bobmax il 30 Gennaio 2024, 07:18:45 AMPer cercare di evitare il più possibile fraintendimenti, vorrei a questo punto chiarire un aspetto, che ritengo sia difficile tener sempre presente, ma che è fondamentale: noi qui cerchiamo di dire ciò che in realtà è inesprimibile, ma dobbiamo comunque provarci.
È la nostra stessa fede nella Verità a pretendere da noi questo slancio nel vuoto.

Perché è indispensabile utilizzare il linguaggio. Ma le parole non possono che riferirsi alla esistenza. Cioè a un che di necessariamente oggettivo, che c'è, è "esserci", è qualcosa.
Mentre ciò di cui vorremmo invece parlare "qualcosa" non lo è. Non c'è perché è.

Perciò si può cercare di forzare il significato di queste benedette indispensabili parole, fino a fare percepire il limite dell'esistente a cui si riferiscono. Ma senza però mai riuscire ad andare davvero oltre...
L'Essere, che sta oltre l'esistenza, non è esprimibile, in quanto non esistente. È Nulla.

Ogni affermazione compiuta è necessariamente  logica, se vuol avere un senso, e il senso è relativo alla esistenza (a che altro mai potrebbe riferirsi se non a "qualcosa"?).
Quindi termini come "nessuna speranza", "per sempre", "nulla" e persino "essere", si riferiscono alla esistenza.

Ma non per questo sono allora illusori, tutt'altro!
La esistenza è reale, è solida, concreta, è tutto quello che c'è.
Non è maliziosa l'esistenza, se lo fosse... allora sì che saremmo perduti definitivamente.
Perciò quei termini sono pregni di significato, sono pesanti, sono "veri". Assolutamente veri, esistenzialmente...

Come per esempio la morte della persona amata. Che sconvolge perché l'amato è perduto per "sempre".
Davvero!
La morte è vera!
L'esistenza è vera!

Ed è proprio questa verità, accettata nella sua assolutezza esistenziale, a condurmi al limite, dove traspare il Nulla... E lì devo resistere, in attesa.
Perché non posso fare altro che attendere, lì, sul bordo dell'abisso.

Fatta questa premessa, vorrei confermare che l'inferno è proprio il luogo senza speranza.
Questa evidenza è una conseguenza della ricerca della Verità. E del fatto che io sono "esistenza".
La ricerca della Verità implica l'inferno. Qui nella esistenza.
Questo è un dato di fatto.

Per la semplice ragione che il male in me, il male che io stesso sono, è vero!
Ed essendo vero male, riconoscendolo io come male indubitabilmente... Merito l'inferno.
Che è per sempre.

E già qui, si può scorgere una frattura nella esistenza...
Il naufragio definitivo mi porta al limite. La dannazione eterna è in realtà una mazzata alla stessa esistenza. Senza però che vi sia altro, oltre alla stessa esistenza.

Ma vi è di più...

Perché sì, ho letto in più autori che questa sofferenza è il destino di chi cerca Dio, cioè la Verità.
Ma qui non vale nessun mal comune mezzo gaudio. Perché gli altri... in fin dei conti, son tutti innocenti!

Siamo di nuovo sul confine.
Che diamine sto dicendo!
Perché gli altri no e io sì?
L'inferno è solo per me?

Sembrerebbe proprio una assurdità.
Come mai l'altro, anche il più malvagio, in fin dei conti non è davvero colpevole, e non merita perciò di andare all'inferno, mentre io sì?

Il motivo è che l'altro un po' lo intravedo, ne percepisco i condizionamenti, i vincoli, insomma la sua totale non libertà.
Mentre io avrei invece potuto fare diversamente, ma non l'ho fatto!

E poiché il male, una volta commesso, è per sempre.
È del tutto inutile che vada cercando una scappatoia, un mezzo per salvarmi.

Ma qui siamo giunti di nuovo al limite.
Perché se l'altro, qualunque altro, è innocente, allora tutto quello che mi circonda è innocente.
Ma se è del tutto innocente... allora non può che essere una diretta manifestazione di Dio.
L'altro è, nella sua essenza, Dio.

Perciò in questo mondo, in questa esistenza, vi sono solo io e... Dio.

E io esisto in quanto figlio unigenito gettato nel mondo. Dove ho smarrito la strada.
Sono il figliol prodigo, che ha lasciato il Padre, lo ha rinnegato. E non merita perciò alcun perdono.

Possiamo fare però un altro passo, sempre sul limite.
Perché se riconosco la realtà dell'altro, che è in essenza Dio, ma pure comunque esistenza, allora anche l'altro è figlio unigenito.

E qui siamo in pieno paradosso!
Perché tu sei figlio unigenito, gettato nel mondo. E il mondo è Dio.
Ci sei solo tu e Dio.

Così come ci sono solo io e Dio.

"Amor che move il sole e l'altre stelle"
Non estrapolo nulla poichè il tuo messaggio, credo, va colto nella sua interezza.

Rispondo esclusivamente tuttavia a due concetti che mi hanno suscitato non solo pensieri ma, anche, sentimenti.
Il primo è che anche io, non saprei dirti come e perchè, ho pensato diverse volte all'opzione che, in questo mondo, addirittura in questo Universo, esistiamo solo Dio e io. Qualcosa, non so esattamente cosa, mi fa sospettare che sia così. Però questa ipotesi si scontra con il paradosso che giustamente rilevi tu: e gli altri? Se sono dunque solo io quello vero allora tu chi e cosa sei? La faccenda assume dimensioni rilevanti se, per esempio, dobbiamo decidere chi è quello fasullo tra te e me :D 8)

Come puoi immaginare mi sono fermato davanti a questo paradosso rimandando la sua soluzione a tempi più appropriati. Dopo morto? ;D  Chissà......

La seconda cosa che mi ha colpito è quello che hai espresso sull'inferno. Non credo assolutamente che tu lo meriti più di chicchessia (perchè anche se sei solo in questa dimensione esisteranno altri esseri da qualche parte. Non ti pare?) e comunque non lo ritengo eterno. O meglio lo ritengo eterno ma non eterna la permanenza di qualunque anima in esso. Sarebbe contrario al buon senso. Se Dio esiste ed è buono è impossibile che la permanenza all'inferno sia eterna. Certo è necessario credere che Dio sia buono. E considerando che un pò buoni lo siamo addirittura noialtri, bè mi sembra improbabile che Dio non lo sia. Almeno un pò caspita!  ;) :D

In conclusione comunque mi premeva condividere un concetto credo molto importante, forse decisivo, sull'esistenza umana. Comunque stiano le cose, qualunque sia la Verità della vita e della morte, qualsivoglia sia lo scenario; se uno si comporta con amore e vivendo con impegno e interesse tutti fatti della vita non sbaglia. Almeno così credo e penso.

Un grandissimo abbraccio!
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

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