Le due vie della filosofia occidentale

Aperto da Jacopus, 06 Dicembre 2023, 08:40:36 AM

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Jacopus

Probabile che abbia già toccato l'argomento ma volevo tornarci in modo più sistematico. La storia della filosofia occidentale può essere ridotta a due grandi vie, che talvolta si intersecano ma che spesso divergono e si allontanano. Potremmo anche chiamarle via dell'Uno e via del Molteplice. La prima è la via del re-filosofo platonico, che conosce la verità sapenziale e la impartisce in senso gerarchico, presupponendo una casta di esperti che conoscendo, oggettifica il mondo. La seconda è la via del "riconoscere del non conoscere", che può approdare a verità sempre provvisorie e organicamente sempre sottoponibili a critica e al vaglio dei partecipanti. È la via socratica, quella stessa ammirata e raccontata dallo stesso Platone. E qui già si manifesta una prima sorpresa. Colui che si contrappone a Socrate così profondamente è stato il suo primo discepolo.
Il proseguo della storia della filosofia può essere letto attraverso queste due lenti, l'uno e il molteplice. Quello che mi chiedo è se, nel XXI secolo sia possibile pensare una teoria filosofia che sia in grado di integrare queste due vie, costituendo così un nuovo inizio.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

I tempi sono maturi, le tifoserie metafisiche, meno.

Forse i poeti: "cercare l'alba dentro l'imbrunire..."

ma pure:

"Ich leben mein Leben in wachsenden Ringen..."
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2023, 08:40:36 AMProbabile che abbia già toccato l'argomento ma volevo tornarci in modo più sistematico. La storia della filosofia occidentale può essere ridotta a due grandi vie, che talvolta si intersecano ma che spesso divergono e si allontanano. Potremmo anche chiamarle via dell'Uno e via del Molteplice. La prima è la via del re-filosofo platonico, che conosce la verità sapenziale e la impartisce in senso gerarchico, presupponendo una casta di esperti che conoscendo, oggettifica il mondo. La seconda è la via del "riconoscere del non conoscere", che può approdare a verità sempre provvisorie e organicamente sempre sottoponibili a critica e al vaglio dei partecipanti. È la via socratica, quella stessa ammirata e raccontata dallo stesso Platone. E qui già si manifesta una prima sorpresa. Colui che si contrappone a Socrate così profondamente è stato il suo primo discepolo.
Il proseguo della storia della filosofia può essere letto attraverso queste due lenti, l'uno e il molteplice. Quello che mi chiedo è se, nel XXI secolo sia possibile pensare una teoria filosofia che sia in grado di integrare queste due vie, costituendo così un nuovo inizio.
Data la condivisione della premessa direi che la sintesi dovrebbe attuarsi, in senso filosofico, continuando a fare quello che si è sempre fatto,  con in mente però l'eventuale prospettiva di una radicale riconversione economica, ivi compresa una nuova concezione della giustizia 

PhyroSphera

#3
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2023, 08:40:36 AMProbabile che abbia già toccato l'argomento ma volevo tornarci in modo più sistematico. La storia della filosofia occidentale può essere ridotta a due grandi vie, che talvolta si intersecano ma che spesso divergono e si allontanano. Potremmo anche chiamarle via dell'Uno e via del Molteplice. La prima è la via del re-filosofo platonico, che conosce la verità sapenziale e la impartisce in senso gerarchico, presupponendo una casta di esperti che conoscendo, oggettifica il mondo. La seconda è la via del "riconoscere del non conoscere", che può approdare a verità sempre provvisorie e organicamente sempre sottoponibili a critica e al vaglio dei partecipanti. È la via socratica, quella stessa ammirata e raccontata dallo stesso Platone. E qui già si manifesta una prima sorpresa. Colui che si contrappone a Socrate così profondamente è stato il suo primo discepolo.
Il proseguo della storia della filosofia può essere letto attraverso queste due lenti, l'uno e il molteplice. Quello che mi chiedo è se, nel XXI secolo sia possibile pensare una teoria filosofia che sia in grado di integrare queste due vie, costituendo così un nuovo inizio.

La tua tesi la trovo pertinente in ordine ai rapporti della religione con la filosofia.
Sì può riconoscere il forte antagonismo tra politeismo e monoteismo in Oriente al tempo degli ebrei ma poi nello stesso Impero Romano ed anche in Occidente. C'è  pure la storia cristiana, secondo alcuni improntata a una integrazione del politeismo nel monoteismo, ma ciò avvenne solo a livello culturale: il cristianesimo resta una religione monoteista, sebbene non sia foriero di una vera e propria separazione come invece l'ebraismo. Vi fu poi la nascita e diffusione dell'Islam, la cui teologia rifiuta il linguaggio politeista presente nella dottrina cristiana della Trinità... Tornando indietro nel tempo, si osserva che il platonismo dell'ebreo Filone rappresentava una apertura, che culminerà nella dottrina della Cabala, secondo cui tutto è pieno di dèi: ma il pensiero ebraico resta in regime di separazione dal mondo degli dèi anche quando li annovera senza pregiudizio. Difatti giungendo fin quasi ai nostri giorni, ci imbattiamo nella figura di Levinas, che distingueva assolutisticamente tra totalità e infinito, entrando in dissidio con le concezioni panteistiche, base del politeismo, e mettendo al bando l'ontologia, cui origini in Parmenide, il cui pensiero non fa da ostacolo al paganesimo. Ancora, nel Medio Evo, la affermazione del musulmano Averroè della unicità dell'Intelletto rappresenta bene la differenza religiosa nella stessa filosofia. La disputa in realtà non finì proprio del tutto: nella Modernità gli illuministi francesi rivalutarono Maometto e Islam abolendo il veto tomista, che dal Medio Evo giunge fino a noi ma non più tanto attivo data la critica serrata cui sottoposto (anche da Kant). A riaprire del tutto le battaglie antiche su unità e molteplicità fu Nietzsche, che volle considerare superiore il pensiero politeista; ma la filosofia di Nietzsche riattualizzava soltanto. Ciononostante fu gravida di conseguenze per il futuro non solo religioso. Mentre dal neoplatonismo si può dire nata la psicologia archetipale (Hillman), che mostra la nostra anima fondamentalmente pervasa dai miti — sebbene questo non sia tutto nella nostra psiche religiosa — invece è ricollegabile a Nietzsche la proclamazione in epoca postmoderna della "fine del Pensiero Unico"; ma dopo che si era definita la superiorità della sfera irrazionale su quella razionale, dunque rivalutando la funzione del sentimento: già Kant indicando il Sublime ne inoltrava, Schopenhauer e soprattutto Kierkegaard fecero il resto e Nietzsche stesso ribadiva (in un certo senso, contraddittoriamente, ma la sua pura attività filosofica in fondo era retorica). La terribile disputa tra filosofi pagani e teologi cristiani in epoca antica si era risolta con una assunzione della filosofia fatta dai pagani nel cristianesimo stesso, viceversa Nietzsche criticando Strauss ma utilizzandone gli schemi intellettuali li metteva a disposizione dei pagani e non è un caso che il neopaganesimo (si pensi alla Wicca) abbia incluso proprio l'Uno, non solo la enade, nelle proprie stesse dottrine...
Non c'è molto cui venirne a capo con la sola filosofia, ma una osservazione può essere utile: vi sono filosofi che criticano l'uso della reductio ad unum: il metodo di rappresentare nel concetto la varietà dei fenomeni. Non si tratta di negare ma di affermare la limitazione che questa pratica comporta. Altri invece fanno notare che essa opportunamente attuata può essere uno strumento formidabile... E questa discussione però trova un senso solo se ci si rapporta all'assolutezza cui è specificamente improntata la religione!

Mauro Pastore

Ipazia

#4
Citazione di: PhyroSphera il 06 Dicembre 2023, 15:07:34 PM... E questa discussione però trova un senso solo se ci si rapporta all'assolutezza cui è specificamente improntata la religione!

Certamente; la quale per sua natura tende all'UNO, anche quando è politeista: Zeus, terza generazione di figli parrici e deicidi. Perchè l'UNO funziona così. L'Uno platonico si incarna nel tiranno-filosofo, specie umana che empiricamente potè constatare non esiste. Arrivando alla deprimente conclusione che anche l'Uno cosmico, il Sole, era gravido di pericoli e tutto sommato la caverna lo era meno.

La filosofia greca è attirata dalla verità e allo stesso tempo la teme, lasciando a Sileno il verdetto inappellabile. A metterci la pezza giusta furono gli epicurei che oltrepassarono di netto la questione occupandosi dei molti piuttosto che dell'ineffabile Uno e Bene collegato, realizzando la convinzione marxiana che "l'uomo si pone (ragionevolmente) solo i problemi che è in grado di risolvere" e se li pone nel momento in cui ha gli strumenti materiali e intellettuali per affrontarli e risolverli.

Al contrario, l'agguerrita consorteria dell'Uno, dopo la sintesi del neoplatonico Plotino, trovò l'autostrada attraverso il cristianesimo e l'ancella filosofia seguì a ruota fino alla debacle illuministica. Finiti i tempi dell'UNO, vincit, regnat, imperat, iniziò, o meglio, tornò in auge, l'UNO zenoniano del gioco di carte tra i differenti piani del reale, confutando semanticamente ciò che è ontologico e fondando in tale operazione un'ontologia immaginaria fondata sulla negazione, o svilimento, del reale, non più disponibile ai magheggi filosofico-religiosi. Attingendo pure al pensiero orientale, adattato alle necessità della boccheggiante filosofia occidentale dell'UNO.

Favorito in ciò dalle pecche che la filosofia "democratico-borghese" dei molti manifestava per strada lungo la via delle "magnifiche e progressive sorti".

Tra due debacle metafisiche l'unico modo per risollevare le sorti della filosofia è rimboccarsi le maniche e cercare nuovi fondamenti, fondabili sul panta rei, rendendo onore di permanenza all'impermanenza nel momento e luogo in cui permane. Senza, socraticamente, trucchi e inganni.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

PhyroSphera

Citazione di: Ipazia il 06 Dicembre 2023, 16:52:56 PMCertamente; la quale per sua natura tende all'UNO, anche quando è politeista: Zeus, terza generazione di figli parrici e deicidi. Perchè l'UNO funziona così. L'Uno platonico si incarna nel tiranno-filosofo, specie umana che empiricamente potè constatare non esiste. Arrivando alla deprimente conclusione che anche l'Uno cosmico, il Sole, era gravido di pericoli e tutto sommato la caverna lo era meno.

La filosofia greca è attirata dalla verità e allo stesso tempo la teme, lasciando a Sileno il verdetto inappellabile. A metterci la pezza giusta furono gli epicurei che oltrepassarono di netto la questione occupandosi dei molti piuttosto che dell'ineffabile Uno e Bene collegato, realizzando la convinzione marxiana che "l'uomo si pone (ragionevolmente) solo i problemi che è in grado di risolvere" e se li pone nel momento in cui ha gli strumenti materiali e intellettuali per affrontarli e risolverli.

Al contrario, l'agguerrita consorteria dell'Uno, dopo la sintesi del neoplatonico Plotino, trovò l'autostrada attraverso il cristianesimo e l'ancella filosofia seguì a ruota fino alla debacle illuministica. Finiti i tempi dell'UNO, vincit, regnat, imperat, iniziò, o meglio, tornò in auge, l'UNO zenoniano del gioco di carte tra i differenti piani del reale, confutando semanticamente ciò che è ontologico e fondando in tale operazione un'ontologia immaginaria fondata sulla negazione, o svilimento, del reale, non più disponibile ai magheggi filosofico-religiosi. Attingendo pure al pensiero orientale, adattato alle necessità della boccheggiante filosofia occidentale dell'UNO.

Favorito in ciò dalle pecche che la filosofia "democratico-borghese" dei molti manifestava per strada lungo la via delle "magnifiche e progressive sorti".

Tra due debacle metafisiche l'unico modo per risollevare le sorti della filosofia è rimboccarsi le maniche e cercare nuovi fondamenti, fondabili sul panta rei, rendendo onore di permanenza all'impermanenza nel momento e luogo in cui permane. Senza, socraticamente, trucchi e inganni.
La tua via è in realtà una via del disimpegno, una rinuncia che non ha nulla di saggio, fino al punto da portare alla antifilosofia, datoché senza un briciolo di saggezza non si può dare vera filosofia. Tu vuoi condurre oltre le alternative possibili. Marx aveva fatto lo stesso per odio verso la cultura occidentale, voi altri non siete diversi. Attualmente la sinistra vede del Settentrione del mondo solo le mancanze, lo vuol fare 'accoppare' dalle moltitudini meridionali come un tempo i comunisti sognavano le moltitudini cinesi distruggere la società americana; e la vostra ostinata volontà di designificare non ha vere ragioni, è mossa o manovrata dalla volontà di annientare... Nel caso specifico tu negando la pertinenza della alternativa uno/molti per la filosofia neghi pensiero orientale e occidentale ma lo fai nel Settentrione e quindi sei ostile alla esistenza di una base culturale e filosofica qui, nei luoghi del Settentrione del mondo... Il vostro umanitarismo è sempre stato questo, odio travestito da generosità, e dato che il dissidio Nord-Sud è moderato dalla esistenza del Villaggio Globale, quasi tutti voi siete "no global", scambiando il globalismo per mondialismo. Se non riuscirete nelle vostre imposture, rimarrà da noi la filosofia, resterà una vera politica globale, e voi a furia di fare i bastian contrari verrete sgamati dai barboni anche fuori dal periodo natalizio, quando non ci sono regali per chi emarginato e abbandonato.

Mauro Pastore

iano

#6
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2023, 08:40:36 AMIl proseguo della storia della filosofia può essere letto attraverso queste due lenti, l'uno e il molteplice. Quello che mi chiedo è se, nel XXI secolo sia possibile pensare una teoria filosofia che sia in grado di integrare queste due vie, costituendo così un nuovo inizio.
Mi pare che la strada l'abbia tracciata Darwin, laddove la vita, è una, ma intrinsecamente legata alle sue forme, molteplici e mutevoli, dove ogni forma vale uno. Se in natura vige ed è vincente la democrazia, ne segue che sia un bene che le società si organizzino secondo questa natura.
Ciò perchè è arbitrario considerare specie costituite da diversi individui, in quanto ogni individuo, di qualunque specie, è una forma di vita irripetibile e a parte, posto che l'epigenetica , scavalcando la genetica, garantisce ancor più  ciò, non esistendo due vissuti identici.
La nuova filosofia non può che essere un elogio della diversità.
L'organizzazione sociale più che relativa a una specie nel senso tradizionale, è relativa alla capacità di comunicare, ed è in questa comunicazioni che i diversi si ricompongono.
Le due opposte tendenze ad essere uno e molti sono solo posizioni di un unico soggetto dinamico sottoposto ad una forza elastica, per cui uno e molti sono a loro volta espressioni diverse di un unica dinamica vitale.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Per ora vedo solo le "moltitudini settentrionali" accoppare "moltitudini meridionali" che reagiscono giustamente incazzate anche in maniera barbara. L'unica saggezza dell'occidente maturo è quella delle cannoniere e della supremazia capitalistica. Argomento del tutto estraneo ad una teoretica filosofica che cerchi la sintesi tra fondamenti e impermanenza. Quanto all'Assoluto: riposi in pace. O anche in guerra, poichè per lui non fa alcuna differenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#8
Citazione di: Ipazia il 06 Dicembre 2023, 18:53:57 PMPer ora vedo solo le "moltitudini settentrionali" accoppare "moltitudini meridionali" che reagiscono giustamente incazzate anche in maniera barbara. L'unica saggezza dell'occidente maturo è quella delle cannoniere e della supremazia capitalistica. Argomento del tutto estraneo ad una teoretica filosofica che cerchi la sintesi tra fondamenti e impermanenza. Quanto all'Assoluto: riposi in pace. O anche in guerra, poichè per lui non fa alcuna differenza.
Forse tutti gli elementi naturali, coscienza compresa, sono soggetti ad un effetto molla , se l'unica soluzione che riusciamo a trovare per quello che vediamo, quando si giunge all'apice del movimento elastico, detto orrore, è smettere di guardare, tornando , invertendo il moto, allo stato impropriamente detto naturale.
Agire, ed osservarsi agire al contempo, rimane una potenziale contraddizione che può rivelarsi insostenibile.
Credo sia questo il problema da risolvere.
Agire ed al contempo osservarsi agire in modo sostenibile.
La scommessa propriamente è quella di non vivere per abitudine. 
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: iano il 06 Dicembre 2023, 19:13:58 PMForse tutti gli elementi naturali, coscienza compresa, sono soggetti ad un effetto molla , se l'unica soluzione che riusciamo a trovare per quello che vediamo, quando si giunge all'apice del movimento elastico, detto orrore, è smettere di guardare, tornando , invertendo il moto, allo stato impropriamente detto naturale.
Agire, ed osservarsi agire al contempo, rimane una potenziale contraddizione che può rivelarsi insostenibile.
Credo sia questo il problema da risolvere.
Agire ed al contempo osservarsi agire in modo sostenibile.
La scommessa propriamente è quella di non vivere per abitudine. 
Talvolta l'orrore ha una sua molla specifica che permette di rovesciare il tavolo. L'evoluzione antropologica funziona (farraginosamente) così.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2023, 08:40:36 AMProbabile che abbia già toccato l'argomento ma volevo tornarci in modo più sistematico. La storia della filosofia occidentale può essere ridotta a due grandi vie, che talvolta si intersecano ma che spesso divergono e si allontanano. Potremmo anche chiamarle via dell'Uno e via del Molteplice. La prima è la via del re-filosofo platonico, che conosce la verità sapenziale e la impartisce in senso gerarchico, presupponendo una casta di esperti che conoscendo, oggettifica il mondo. La seconda è la via del "riconoscere del non conoscere", che può approdare a verità sempre provvisorie e organicamente sempre sottoponibili a critica e al vaglio dei partecipanti. È la via socratica, quella stessa ammirata e raccontata dallo stesso Platone. E qui già si manifesta una prima sorpresa. Colui che si contrappone a Socrate così profondamente è stato il suo primo discepolo.
Il proseguo della storia della filosofia può essere letto attraverso queste due lenti, l'uno e il molteplice. Quello che mi chiedo è se, nel XXI secolo sia possibile pensare una teoria filosofia che sia in grado di integrare queste due vie, costituendo così un nuovo inizio.
Interessante Iacopus.

Ma Socrate non esiste, è Platone stesso che dice queste due cose.
E la via che le unisce è proprio quella Platonica.
Vedi sono quelle cose, che anche io ho sempre ignorato, ero chiuso da catene non viste.
Dai che tra poco apro discussione su Platone, almeno poi torneremo su questo argomento, seguendo il massimo maestro.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: PhyroSphera il 06 Dicembre 2023, 15:07:34 PMLa tua tesi la trovo pertinente in ordine ai rapporti della religione con la filosofia.
Sì può riconoscere il forte antagonismo tra politeismo e monoteismo in Oriente al tempo degli ebrei ma poi nello stesso Impero Romano ed anche in Occidente. C'è  pure la storia cristiana, secondo alcuni improntata a una integrazione del politeismo nel monoteismo, ma ciò avvenne solo a livello culturale: il cristianesimo resta una religione monoteista, sebbene non sia foriero di una vera e propria separazione come invece l'ebraismo. Vi fu poi la nascita e diffusione dell'Islam, la cui teologia rifiuta il linguaggio politeista presente nella dottrina cristiana della Trinità... Tornando indietro nel tempo, si osserva che il platonismo dell'ebreo Filone rappresentava una apertura, che culminerà nella dottrina della Cabala, secondo cui tutto è pieno di dèi: ma il pensiero ebraico resta in regime di separazione dal mondo degli dèi anche quando li annovera senza pregiudizio. Difatti giungendo fin quasi ai nostri giorni, ci imbattiamo nella figura di Levinas, che distingueva assolutisticamente tra totalità e infinito, entrando in dissidio con le concezioni panteistiche, base del politeismo, e mettendo al bando l'ontologia, cui origini in Parmenide, il cui pensiero non fa da ostacolo al paganesimo. Ancora, nel Medio Evo, la affermazione del musulmano Averroè della unicità dell'Intelletto rappresenta bene la differenza religiosa nella stessa filosofia. La disputa in realtà non finì proprio del tutto: nella Modernità gli illuministi francesi rivalutarono Maometto e Islam abolendo il veto tomista, che dal Medio Evo giunge fino a noi ma non più tanto attivo data la critica serrata cui sottoposto (anche da Kant). A riaprire del tutto le battaglie antiche su unità e molteplicità fu Nietzsche, che volle considerare superiore il pensiero politeista; ma la filosofia di Nietzsche riattualizzava soltanto. Ciononostante fu gravida di conseguenze per il futuro non solo religioso. Mentre dal neoplatonismo si può dire nata la psicologia archetipale (Hillman), che mostra la nostra anima fondamentalmente pervasa dai miti — sebbene questo non sia tutto nella nostra psiche religiosa — invece è ricollegabile a Nietzsche la proclamazione in epoca postmoderna della "fine del Pensiero Unico"; ma dopo che si era definita la superiorità della sfera irrazionale su quella razionale, dunque rivalutando la funzione del sentimento: già Kant indicando il Sublime ne inoltrava, Schopenhauer e soprattutto Kierkegaard fecero il resto e Nietzsche stesso ribadiva (in un certo senso, contraddittoriamente, ma la sua pura attività filosofica in fondo era retorica). La terribile disputa tra filosofi pagani e teologi cristiani in epoca antica si era risolta con una assunzione della filosofia fatta dai pagani nel cristianesimo stesso, viceversa Nietzsche criticando Strauss ma utilizzandone gli schemi intellettuali li metteva a disposizione dei pagani e non è un caso che il neopaganesimo (si pensi alla Wicca) abbia incluso proprio l'Uno, non solo la enade, nelle proprie stesse dottrine...
Non c'è molto cui venirne a capo con la sola filosofia, ma una osservazione può essere utile: vi sono filosofi che criticano l'uso della reductio ad unum: il metodo di rappresentare nel concetto la varietà dei fenomeni. Non si tratta di negare ma di affermare la limitazione che questa pratica comporta. Altri invece fanno notare che essa opportunamente attuata può essere uno strumento formidabile... E questa discussione però trova un senso solo se ci si rapporta all'assolutezza cui è specificamente improntata la religione!

Mauro Pastore

Le funzioni archetipiche sono ridotte agli Dei.
Platone non nega affatto gli Dei, ma introduce con chiarezza inusitata la centralità della moralità.
Questo pensiero è una rielaborazione del pensiero ebraico, ne sono convinto, e già ne vedo in nuce l'evidenza.

Dire che esiste un solo Dio, è tipico di chi vuole dire agli altri cosa fare.
Beh Nietzche ha già scritto pagine sublimi, rimando al maestro.

La domanda che volevo farti Maurizio, è come mai tutte le grandi scuole psicologiche di pensiero, non hanno mai detto chiaro e tondo, che Platone è l'unico maestro.
Una domanda che mi inquieta e non poco.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

#12
Platone e' sorto perche' Socrate e' stato ammazzato...

Platone, in fondo, e' solo il fantasma di Socrate che ritorna:

* armato della scrittura,

* armato della consapevolezza della nacessita' di unire la "forza" alla "sapienza".

* armato di un livello iniziatico nel comunicare in grado di definire una cerchia di discepoli ben precisa.

Ritorna, armato di queste tre "armi", di questi tre nuovi elementi, che sembrano essere propri del fantasma e non della persona originale, per non essere mai piu' sconfitto, per non essere mai piu' ammazzato. Volonta' di potenza della filosofia. Che e' volonta' di verita'. Ovvero il gallo, che tutti noi dobbiamo ad Asclepio. Ovvero l'impossibilita', di sostenere pubblicamente valori antitragici e antivitali. Ovvero il movente, dell'intera comunita' degli assassini. Ovvero il motivo, per cui Socrate e' stato ammazzato.

In superfice, questo fantasma critica le opinioni degli atomisti e critica la scrittura, in profondita', trae le estreme conseguenze di un modo di pensare definitivamente alfabetico. Migliore omaggio a Leucippo e Democrito in realta', non avrebbe mai potuto fare. La (nuova) scrittura, proprio perche' fallisce nell'essere imitazione della vita, e del dialogo, e dell'oralita', si libera di ogni epigrafia e di ogni continuita' con la precedente umana traccia: riesce, nell'essere imitazione della parola. Atopica, acronica e inopportuna e' questa nuova scrittura deterritorializzata, proprio come lo e' il personaggio di Socrate. Una scrittura, una nuova modalita' compositiva e posizionale, che non e' piu' scritta, sul mondo, ma e' essa stessa, il mondo.

Io, Platone, sono la verita'...

In superfice, questo fantasma critica il pensiero culturalmente egemone di Esiodo e Omero, in profondita, rende astratto, e dunque universale, un pensiero della decadenza che valuta il passato migliore del presente, e la memoria, luogo di vita,  migliore del futuro, luogo di morte. Si sta preparando a rendere l'epica una metafisica, a renderla esportabile.

Il tradimento, del discepolo Platone, non e' verso il maestro Socrate, e' verso il razionalismo dei preplatonici/presocratici. Quello che si va preparando e' una sorta di mistica della ragione, in cui la ragione non accompagna la vita, ma la sostituisce. Non divide, le parti del mondo per distinguerle e nominarle, ma divide il soggetto, il vivente, dal mondo.

Socrate, il morto innocente, il capro espiatorio, poteva rivivere solo nelle "ragioni", per modo di dire, dei suoi assassini, che sono nient'altro che (il gallo ad Asclepio...) le ragioni della forza; solo accogliendole, parzialmente, e rovesciandole. In un certo senso: proiettandole, rendendole esplicite. C'e' sempre, qualcuno che vuole completare con la forza un discorso iniziato solo per amore. Per questo, il Socrate platonico e' un Socrate che alcuni hanno potuto definire come un Socrate potenziato, gerarchico, inquietante.

Anziche' farne un martire, anziche' negarne la morte, Platone, il suo discepolo che tanto lo ha amato, ha preferito prendere atto che il suo proggetto, il proggetto civile e civico di Socrate, in quanto proggetto politico, e' fallito, davanti alla morte, per la mancanza della forza. Della tecnica, dell'organizzazione e della forza.

Che le due cose, negazione folle della morte, e proggetto di continuazione di quello che fu (solo) amorevole persuasione con la forza, si potessero conciliare, e pure fin troppo bene, poteva venire in mente solo a San Paolo. Che il suo maestro, putativo, probabilmente non altrettanto lo amava. O almeno, non altrettanto lo amava nella sua verita'.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Platone è il tarsiota dell'antichità.  Infinitamente più colto e raffinato, ma sempre tarsiota resta, e altrettanto misogino.

La differenza del greco è che il suo modello si immola alla legge umana, il modello del tarsiota riconosce solo la legge divina.

Entrambi non hanno le spalle metafisiche e politiche sufficientemente larghe per parlare in prima persona e devono appoggiarsi a due modelli che non hanno lasciato uno straccio di scritto, adattandoli alle loro limitate volontà di potenza.

Epigoni camuffati da maestri, hanno seminato più gramigna che grano, intrecciando i loro destini in un percorso filosofico che merita l'archivio nell'iperuranio dei sogni generanti mostri.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

PhyroSphera

#14
Citazione di: green demetr il 07 Dicembre 2023, 00:01:54 AMLe funzioni archetipiche sono ridotte agli Dei.
Platone non nega affatto gli Dei, ma introduce con chiarezza inusitata la centralità della moralità.
Questo pensiero è una rielaborazione del pensiero ebraico, ne sono convinto, e già ne vedo in nuce l'evidenza.

Dire che esiste un solo Dio, è tipico di chi vuole dire agli altri cosa fare.
Beh Nietzche ha già scritto pagine sublimi, rimando al maestro.

La domanda che volevo farti Maurizio, è come mai tutte le grandi scuole psicologiche di pensiero, non hanno mai detto chiaro e tondo, che Platone è l'unico maestro.
Una domanda che mi inquieta e non poco.



Il debito che la psicologia ha nei confronti di Platone è stato affermato da James Hillman, esponente principale della psicologia archetipale.
Secondo alcuni la psicologia quale specifica disciplina di pensiero nacque nella Riforma protestante, distinguendo alcuni riformatori un arbitrio da intendersi in senso teologico da un altro da intendersi in senso psicologico, libero. Perciò è stato detto che il luterano Melantone fu il primo psicologo occidentale. Ma filosoficamente alla base della nostra psicologia può essere posta la distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa.
Molti erroneamente pensano a Sigmund Freud come il vero primo grande psicologo, ma questo non è vero neppure per la psicologia scientifica. Freud da neurologo aveva fatto lavoro interdisciplinare, usando una ottica psicoanalitica che resterebbe insufficiente senza essere inquadrata con una rigorosa psicologia, cosa che realizzò Carl Gustav Jung. L'opera psicoanalitica di Freud non è indipendente e la psicoanalisi come metodo rigoroso non fu formulata da Freud; per essa fu determinante l'attività di Sabina Spielrein (lo dimostrò il junghiano Aldo Carotenuto in un suo studio). Nel rifiutare l'operato di Jung, Freud si poneva contro le proprie stesse ricerche, definibili però solo di confine... E molti fingono che sia stata la neurologia a creare la scienza psicologica, la quale sarebbe studio minore e non indipendente, tentando essi anche di considerare la psicoanalisi altro da un metodo psicologico... La scienza psicologica non nasceva neppure con Jung, esisteva già da prima. Studio fondamentale fu quello sul parallelismo psicofisico, condotto da Wilhelm Wundt. Si badi che non significa questo che esiste solo il corpo. La scienza psicologica nacque indagando l'analogia della mente con il corpo ma proprio studiando la mente, invece molti pensano che si tratti solo di uno studio non autonomo.
Fin qui tutto chiaro, però va citato di nuovo Hillman, che con la sua "Re-visione della psicologia" ne offrì una alternativa fondazione scientifica. Può essere considerata una via parallela che ricomincia daccapo iniziando dalla valutazione dei miti.
La scienza di Hillman, postjunghiano, restava perlopiù ferma a questo, mentre altri studi scientifici junghiani — cito "Studi sull'Ombra" di Mario Trevi e Augusto Romano, dove tra l'altro si troverebbe qualcosa sull'argomento — vi convergevano e descrivevano funzioni simboliche indipendenti dai miti, basate non su linguaggio metaforico ma allegorico, sicché si può dire che se la nostra immaginazione è politeista, essa contiene pure un unico significato ulteriore; oltre cioè che la semplice psiche, dominata dalla molteplicità, lo psichico, che è complesso ma contraddistinto da una certa monotonia.
È vero che la psicologia della religione rispetto alla antropologia della religione è meno adatta a studiare il monoteismo; eppure i pochi risultati raggiungibili sono più profondi.
Tornando alla tua domanda: davvero Platone è l'unico maestro? Io non direi.

Mauro Pastore

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