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Arte e denari

Aperto da doxa, 10 Settembre 2023, 18:44:33 PM

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bobmax

Lo immaginavo Doxa.
Ma rimane un aspetto che non riesco proprio a cogliere:

L'arte che ci azzecca?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

doxa

Bob, il topic è titolato "Arte e denaro".

Le immagini che ho postato sono  di noti artisti e collegate al denaro oppure a oggetti d'oro. 

Sono le tue domande non inerenti, sono off topic. In questo caso sono io che rivolgo la stessa domanda a te: 

CitazioneL'arte che ci azzecca?

Un bel saluto   ::)   O:-)   ;D

bobmax

Eh, no, caro Doxa, sono proprio in topic.
Come si fa a proporre tutte queste opere d'arte, per poi privilegiare il denaro al bene?

Può davvero esservi il bello, senza che rimandi al buono?
È davvero bello ciò che non è ricerca di espressione del buono?

Non è una questione di lana caprina.
È invece una questione altamente dirimente.
La storia è piena di cultori dell'arte senza che vi intravedessero il bene.
Ma ciò che apprezzavano era davvero arte? Oppure era la semplice perfezione di dettagli, di stili, di capacità dell'artista, la soddisfazione di credersi appartenenti ad una cerchia eletta di competenti?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

doxa

Ho capito Bob. Sei ancorato a Platone.

Nel "Timeo"  questo filosofo greco evidenzia l'ambizione della cultura greca a definire l'ideale di bellezza:
 
"Tutto ciò che è buono è bello, e non senza misura è la bellezza",   

sintetizzato nell'ideale del "Kalòs kài agathòs": la bellezza unita al bene,   racchiusi nel concetto di "kalokagathia": per Platone è un ideale aristocratico che distingue il sapiente dalla massa incolta.

Sono passati circa 2.500 anni... E' necessario aggiornarsi  ;D




doxa

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In un precedente post ho collocato la foto di  un dipinto realizzato dal "caravaggista" francese Vouet.

In questo propongo  proprio Caravaggio, con la  necessaria "prefazione"...

L'apostolo ed evangelista Matteo, prima di essere un seguace del Nazareno era un "publicanus", dedito a "dare a Cesare quel che è di Cesare" con la riscossione di imposte e tasse tramite i suoi "bravi" di tipo manzoniano.

L'esoso esattore Matteo, nato a Cafarnao,  nella Galilea, vinceva le pubbliche gare di appalto per la riscossione dei tributi dai sudditi per conto dello Stato: l'impero romano.

Egli pagava in anticipo all'erario quanto dovuto dal popolo,  poi si rifaceva sui contribuenti. Spesso i pubblicani traevano arbitrariamente vantaggio dall'indeterminatezza con cui venivano stabilite le tasse.

I sacerdoti, per rispettare il primo comandamento del Decalogo vietavano  agli Ebrei di maneggiare le monete romane  con l'immagine dell'imperatore,  e accusavano i pubblicani di essere peccatori.

Nel Nuovo Testamento i pubblicani sono citati varie volte. 

Oltre all'apostolo Matteo  è citato anche Zaccheo, pubblicano di Gerico, incontrato e convertito da Gesù.

Da aggiungere la famosa parabola di Gesù dedicata a "il fariseo e il pubblicano", raccontata dall'evangelista Luca (18, 10 – 14):

"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.

Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: 'O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo'.

Il pubblicano, invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: 'O Dio, abbi pietà di me peccatore'.

Io vi dico: 'questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato'
". 

Ed ancora,  a Cafarnao Gesù passò vicino al pubblicano Levi e gli disse: "Seguimi" (Marco 2, 14). Egli, alzandosi, lo seguì; poi  organizzò un banchetto a cui invitò, oltre a Gesù, molti pubblicani e altri pubblici peccatori.

Il riferimento a un esattore di imposte a Cafarnao, di nome Levi, compare anche nel Vangelo di Luca (5, 27). Lo stesso episodio è nel Vangelo di Matteo (9, 9), però il pubblicano viene chiamato Matteo; Levi e Matteo vengono generalmente ritenuti la stessa persona. Gesù lo scelse come membro del gruppo dei dodici apostoli e come tale appare nelle tre liste che hanno tramandato i tre vangeli sinottici: Matteo 10,3; Marco 3,18; Luca 6,15.
Il suo nome appare anche negli Atti degli Apostoli (1, 13), dove si menzionano gli apostoli che costituiscono la timorosa comunità sopravvissuta alla morte di Gesù. 

Il nome Matteo vuol dire "dono di Dio". Alcuni studiosi  suppongono che abbia cambiato il nome come una forma tipica dell'epoca, per indicare il cambiamento di vita, analogamente a Simone, poi Pietro.

Comunque  quasi tutti gli studiosi sono convinti che l'apostolo non fu il redattore  del Vangelo di Matteo a lui attribuito. Furono vari autori.

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doxa

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A Roma, nei pressi di piazza Navona,  c'è la chiesa  di San Luigi dei Francesi, dedicata al re Luigi IX di Francia.
 

Facciata della chiesa
 
Il 12 agosto 1518  il cardinale Giulio de' Medici (futuro papa Clemente VII) pose la prima pietra  di questa chiesa alla presenza dell'allora papa Leone X.
 
L'edificio e la facciata sono il risultato del lavoro congiunto di due famosi architetti: Giacomo della Porta e Domenico Fontana.
 
Il sostegno finanziario del cardinale francese Mathieu Cointerel, dell'italiana Caterina de' Medici,  regina consorte del re di Francia Enrico II, poi del re Enrico III, permise il completamento della chiesa, consacrata l'8 ottobre 1589.
La decorazione interna fu completata  nel 1764.
 

interno della chiesa.
 
Nella quinta ed ultima cappella della navata sinistra, denominata Cappella Contarelli (dal cognome italianizzato del cardinale francese Mathieu Cointerel) ci sono tre capolavori di Caravaggio: "Martirio di San Matteo", "San Matteo e l'angelo", e "Vocazione di San Matteo".


Veduta della Cappella Contarelli. Alle pareti i tre dipinti del Caravaggio, 1599 – 1600.

Dei tre grandi quadri solo il dipinto titolato "vocazione di San Matteo" è coerente con il titolo del topic, infatti si vedono delle monete, alludono all'attività di Matteo come pubblicano.
 
segue

doxa

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Caravaggio, Vocazione di San Matteo, olio su tela, 1599 – 1600, Cappella Contarelli, chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma.

Il dipinto è realizzato su due piani paralleli, quello più alto, occupato solo dalla finestra, quello in basso raffigura il momento in cui Gesù indica  Matteo, seduto ad un tavolo con un gruppo di persone.


Il fascio di luce proveniente dall'alto, sulla destra (simbolicamente è la luce di Dio), rende visibili le persone;  solo alcune volgono lo sguardo verso Gesù e Pietro.

In questo dipinto l'artista rappresenta il momento in cui Gesù  chiama  Matteo.

"In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: 'Seguimi'. Ed egli si alzò e lo seguì" (Mt 9, 9).

Michelangelo Merisi, invece,  ambientò l'episodio all'interno di un una taverna (osteria).

Sulla sinistra, cinque uomini vestiti con abiti del XVII secolo sono seduti attorno al tavolo, uno di loro conta il denaro.
Sul tavolo ci sono le monete, un quaderno per la contabilità, il calamo con il porta inchiostro; il sacchetto porta monete  è di Matteo ?

Sulla destra, in piedi, Gesù e Pietro. Indossano abiti coerenti con la loro epoca.

L'anziano Pietro è  rappresentato di spalle.  Nella versione originale San Pietro non era raffigurato. Caravaggio l'ha aggiunto successivamente.

Una sottile aureola è sopra il capo di Gesù, che con  il dito indice della mano destra indica un uomo.

Da notare: il gesto di Gesù con la mano è uguale a quello di Dio nella "Creazione di Adamo", realizzato in affresco nel 1511 da Michelangelo Buonarroti nella volta della Cappella Sistina, che Caravaggio vide.




L'uomo con la folta barba, stupito, guarda verso Gesù,  come per chiedergli: "dici a me ?". Ma con il dito indice della mano sinistra indica chi gli è vicino: l'uomo in piedi inchinato verso di lui che con la mano destra sta poggiando le monete sul tavolo ?  Oppure il ragazzo, che ha la mano destra vicino a quella dell'anziano ? 
Al gesto  della mano di Gesù si aggiunge il dito indice della mano destra di Pietro, come per voler dire all'uomo barbuto: "Sì, proprio te!".



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doxa

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Sotto il braccio destro del ragazzo  si vede la  sua mano sinistra che stringe il sacchetto per i denari.
 


C'è somiglianza tra l'uomo barbuto e il San Matteo raffigurato negli altri due quadri di Caravaggio nella Cappella Contarelli.  
 
fine

doxa

#23
Rimango nell'ambito degli esattori tributari con il dipinto del pittore  belga  Quentin  Metsys,  nato a Lovanio nel 1466 e morto ad Anversa nel 1530.


Quentin Metsys,  Gli esattori, olio su legno, 1520, Liechtenstein Museum: pinacoteca di Vienna.

La composizione mostra due appaltatori della riscossione dei tributi, seduti a un tavolo coperto da una tovaglia verde.

L'esattore sulla sinistra ha  il  copricapo rosso e gli occhiali. Tra le dita  della mano destra ha il calamo, per scrivere  sul libro contabile, davanti al quale si vedono due monili con perle. Alcune monete le ha nella mano sinistra,  molte altre sono sul tavolo. Vicino al libro "mastro" c'è il calamaio.

L'uomo a fianco, con il copricapo nero e il labbro inferiore prominente,  ha il braccio destro poggiato sulla spalla del collega, con il dito indice indica il libro contabile. Notare il suo sguardo, sembra voler dire: "qui nulla sfugge, è tutto scritto". Nella mano sinistra ha una borsa di pelle. 
La scena può far  pensare al libro  "Le avventure di Pinocchio", in particolare a "il gatto e la volpe", che vivono di espedienti ed inganni.

Dietro i due personaggi c'è  in alto una mensola, sulla quale si vedono fogli di carta ma anche  oggetti simbolici:  una forbice appesa che allude alla precarietà della vita; un portacandela sulla destra, ma il cero è spento: può far riferimento alla mancanza di luce spirituale nei due personaggi, però la porta aperta indica la possibilità di salvezza per i due "peccatori", così venivano considerati.

Sulla mensola ci sono anche due finte rose, simbolo di amore, ma possono anche  significare il  segreto.

Da tener presente che in alcuni suoi dipinti Massys nasconde nei dettagli dei riferimenti alla filosofia aristotelica ed epicurea.

Jean

Citazione di: doxa il 29 Ottobre 2023, 15:20:13 PMRimango nell'ambito degli esattori tributari con il dipinto del pittore  belga  Quentin  Massys,  nato a Lovanio nel 1466 e morto ad Anversa nel 1530.

Quentin  Massys,  Gli esattori, olio su legno, 1520, Liechtenstein Museum: pinacoteca di Vienna.
La composizione mostra due appaltatori della riscossione dei tributi, seduti a un tavolo coperto da una tovaglia verde.
L'esattore sulla sinistra ha  il  copricapo rosso e gli occhiali. Tra le dita  della mano destra ha il calamo, per scrivere  sul libro contabile, davanti al quale si vedono due monili con perle. Alcune monete le ha nella mano sinistra,  molte altre sono sul tavolo. Vicino al libro "mastro" c'è il calamaio.
L'uomo a fianco, con il copricapo nero e il labbro inferiore prominente,  ha il braccio destro poggiato sulla spalla del collega, con il dito indice indica il libro contabile. Notare il suo sguardo, sembra voler dire: "qui nulla sfugge, è tutto scritto". Nella mano sinistra ha una borsa di pelle. 
La scena può far  pensare al libro  "Le avventure di Pinocchio", in particolare a "il gatto e la volpe", che vivono di espedienti ed inganni.
Dietro i due personaggi c'è  in alto una mensola, sulla quale si vedono fogli di carta ma anche  oggetti simbolici:  una forbice appesa che allude alla precarietà della vita; un portacandela sulla destra, ma il cero è spento: può far riferimento alla mancanza di luce spirituale nei due personaggi, però la porta aperta indica la possibilità di salvezza per i due "peccatori", così venivano considerati.
Sulla mensola ci sono anche due finte rose, simbolo di amore, ma possono anche  significare il  segreto.
Da tener presente che in alcuni suoi dipinti Massys nasconde nei dettagli dei riferimenti alla filosofia aristotelica ed epicurea.

Di quest'opera dica chi voglia,
l'aspetto, il particolare
che vieppiù l'interesse piglia
e la parola può svelare.

J4Y

doxa

Buongiorno Jean. Oggi per "colazione" ti offro un artista parmense  ;D


Parmigianino, ritratto di Gian Galeazzo Sanvitale, olio su tavola, 1524, Museo di Capodimonte, Napoli

Il biondo ventottenne conte di Fontanellato (prov. di Parma) è raffigurato con inquadratura a tre quarti, verso sinistra, ideale per mostrare il soggetto in modo completo,  senza perdere i dettagli del viso. I suoi occhi guardano verso l'osservatore.  Ha la barba e i baffi  ben curati.

E' seduto su una  sedia del tipo "Savonarola": è una sedia pieghevole in legno


sedia Savonarola, aperta e chiusa.

Gian Galeazzo Indossa una giubba nera, secondo la moda del tempo, da cui escono due maniche di stoffa rossa decorate e si vedono i polsini ricamati della camicia.

Sulla falda del cappello  è applicata una piuma ed un cammeo;  nel bordo della falda o ala ci sono tagli e perline.


Guardando l'immagine:


sulla sinistra del  condottiero si vedono poggiate sul tavolo la corazza e la mazza ferrata,  simboli evocativi della sua indole guerriera.

A fianco del muro di fondo, sulla destra, c'è un'apertura che permette di vedere un albero frondoso.

In primo piano, sul bracciolo destro della sedia il conte posa  sia l'avanbraccio (sul quale è poggiata l'elsa della spada decorata con la conchiglia bivalve, simbolo della famiglia)  sia la mano, con la quale regge un guanto  e nel contempo mostra nel dito mignolo un anello d'oro con pietra preziosa.

Sul bracciolo a sinistra il nobile posa il gomito. Con la mano guantata mostra all'osservatore una medaglia bronzea sulla quale sono impressi due numeri: il 7 e il 2. In chiave alchemico-astrologica il 72 rappresenta un numero ermetico che simboleggia la comunità nella molteplicità.



dettaglio

E' noto che il  Parmigianino fu un alchimista, perciò  spesso nei suoi dipinti  ci sono  simboli alchemici. 

"Parmigianino" è un appellativo, perché nacque a Parma ed era di esile corporatura. Morì in giovane età: si chiamava Girolamo Mazzola (1503 – 1540).

Il conte Gian Galeazzo Sanvitale (1496 – 1550) nel 1516 sposò  la nobile Paola Gonzaga, dalla quale ebbe  sei figli maschi e tre femmine.

Abitavano nella rocca di Fontanellato. Con loro,  divenne un  centro di intensa attività culturale, frequentata da artisti, filosofi e poeti.

doxa

#26
Nel post n 23 ho commesso un errore, all'inizio del testo, nella prima riga, poi nella didascalia della foto:  il cognome del pittore è Metsys e non Massys !



 
Quentin Massys, Il cambiavalute e sua moglie, olio su tavola, 1514, Museo del Louvre, Parigi

In questo dipinto ci sono cinque persone. Riuscite a vederle ?

Vi arrendete ?

Phil

Oltre alle due principali, ce n'è un'altra raffigurata nel libro e due minuscole nello sfondo all'estrema destra; anche un'altra nello specchio, suppongo quindi quella nel libro non conti.

doxa

Bravo Phil. La tua risposta è esatta  ;D


Quentin Metsys, Il cambiavalute con la moglie, olio su tavola, 1514, Museo del Louvre, Parigi

Il titolo originale del dipinto è in lingua francese: "Prêteur et sa femme". Fa capire che l'uomo più che un cambiavalute è uno che presta denaro, forse ad usura.

I colori degli oggetti e delle figure sono esaltati dalla luce che entra dalla finestra centrale.

Come già detto nel post precedente nella scena ci sono cinque persone anziché due:  
  
il cambiavalute e sua moglie;

altri due individui che dialogano sono visibili  all'esterno della finestra che s'intravede sopra la spalla della donna. Uno dei due ha il cappello in testa;

In primo piano,  sul tavolo c'è il piccolo e rotondo specchio convesso che riflette l'immagine di una terza persona presente nel locale, vicino la finestra. E'  visibile  la parte superiore del corpo: il collo e la testa, con copricapo rosso.



Dalla finestra si vede l'esterno:  un albero e un'altra finestra  sovrastata dal cornicione con coronamento a triangoli.
 
Il cambiavalute è ritratto mentre lavora. La moglie sfoglia un libro di preghiere. Nella pagina è visibile la figura della Madonna con Gesù bambino. La donna  si ferma per osservare  il compagno  nella sua attività.

Notare le dita della mano sinistra dell'uomo: sembrano gli artigli di un rapace.



Sul banco, oltre alle monete ci sono  alcuni anelli inseriti in un fuso, sul piccolo panno blu un gruppo di perle  vicino al vaso di cristallo ornato,  alcuni strumenti per esaminare le monete.
 
Sulla parete di fondo due  mensole  con sopra alcuni oggetti:  un piatto d'argento lavorato a sbalzo,  sfere di vetro appese ad un filo,  un'arancia, un porta candela d'argento,  una piccola bottiglia di vetro a forma di ampolla, un libro (forse per la contabilità), alcune lettere.  

doxa

La "Mezzana" è il titolo di un dipinto realizzato  dal pittore olandese Johannes (= Jan) van der Vermeer (1632 – 1675).



Jean Vermeer, la Mezzana, olio su tela, 1656, Gemäldegalerie di Dresda



dettaglio della mano dell'uomo sul seno della donna.

L'ambiente è un'osteria. Nella composizione ci sono quattro persone.

Le tre figure in piedi indossano abiti che allontanano da loro il pensiero  che siano povere.

In primo piano, seduta vicino ad un tavolo coperto da una pesante tovaglia multicolore, c'è  la  giovane donna, non brutta,  indossa una giacca di colore giallo e il copricapo bianco: le tonalità contribuiscono a dare luce alla scena, dominata dal nero e dal rosso degli abiti degli altre tre personaggi.

La ragazza si guadagna da vivere  prostituendosi. Dietro di lei l'uomo con la giacca rossa e il cappello piumato le tocca il seno con la mano sinistra e con la mano destra le porge il denaro, che lei accoglie  nella sua mano col cenno di un sorriso di compiacimento.  Nell'altra mano la fanciulla tiene un bicchiere con la bevanda, forse contenuta nella brocca strigilata.

L'uomo in piedi  sulla sinistra con la bianca gorgiera è un musicista. Ha poggiato la sua giacca nera sulla tovaglia del tavolo. Nella mano sinistra sorregge un bicchiere con il vino, con la destra tiene il manico  del suo strumento musicale a corda.

Al suo fianco la donna con l'abito nero e il copricapo nero (nel nostro tempo fa pensare ad una musulmana con l'abito tradizionale): è la mezzana, la procuratrice dell'incontro, l'intermediatrice degli incontri sessuali. E' piegata in avanti ed  assiste compiaciuta alla scena.

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