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Il perfetto vivente.

Aperto da iano, 17 Ottobre 2023, 00:10:27 AM

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Pio

Dipende ovviamente da che tipo di verità si trova. Se per esempio la verità fosse l'esistenza di un Dio , ci andresti a guadagnare. Se questo dio fosse invece un malvagio, oppure indifferente demiurgo, oppure una non meglio precisata "energia", come va di moda oggigiorno, aumenteresti la conoscenza e consapevolezza,ma non ci guadagneresti. Se fosse invece la completa conoscenza dell'universo, condensata in una formula, aumenteresti a dismisura la conoscenza, ma non ti darebbe un senso. Dipende insomma.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#136
Citazione di: Pio il 18 Novembre 2023, 16:27:25 PMDipende ovviamente da che tipo di verità si trova. Se per esempio la verità fosse l'esistenza di un Dio , ci andresti a guadagnare. Se questo dio fosse invece un malvagio, oppure indifferente demiurgo, oppure una non meglio precisata "energia", come va di moda oggigiorno, aumenteresti la conoscenza e consapevolezza,ma non ci guadagneresti. Se fosse invece la completa conoscenza dell'universo, condensata in una formula, aumenteresti a dismisura la conoscenza, ma non ti darebbe un senso. Dipende insomma.
Questa è una risposta in tema che merita di essere analizzata.

1. La verità è Dio.
Da cosa dedurresti di aver trovato Dio, una volta trovato?
Se non sai dare una risposta a questa domanda, può essere che l'hai già trovato senza saperlo.

2. Se pensi che la verità aumenterà la tua conoscenza fino alla misura completa, allora pensi che la verità può avere la stessa forma dell'attuale conoscenza, che possa cioè essere espressa in linguaggio corrente.
Ma anche qui come farai a sapere quando una data stringa di simboli possa dirsi verità?
Se io credessi nell'esistenza di una verità non la ridurrei a una sequenza di simboli.
Se io fossi un mistico cercherei la verità oltre il linguaggio, e una volta trovata non potrei comunicarla, ma al massimo descrivere il percorso seguito per trovarla.
Questa mi sembra l'unica verità possibile che non ci renderebbe automi, perchè non traducibile in programma per computer.
Ma io non sono un mistico.
Credo che sia importante il percorso in sè, e che quindi non occorra un fine, o una fine del percorso, per cui dò il benvenuto a qualunque cosa incentivi il percorso, ma allo stesso tempo ritengo una diminuzione dell'uomo il dover immaginare una ricompensa finale per mettersi in moto.
Mi piacerebbe che l'uomo, in quanto colui che prova diletto nel far quattro passi per l'universo, trovasse appunto in quel diletto sufficiente motivazione,
nell'irrazionale gioia di vivere, che non si può trovare, ma solo perdere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

Il post 134 di Iano mi induce a fare la seguente riflessione. La verità in un universo dinamico non può mai essere univoca. Anche a livello fisico, le leggi che ci sono sulla terra potrebbero cambiare in ambienti diversi per la presenza di forze diverse (esempio classico: il buco nero). Ciò senza andare a scomodare presenze metafisiche, impossibili da dimostrare se non con la fede. Quindi il così detto "automa" che conosce la verità, la può conoscere solo in un universo statico, come può essere una sua rappresentazione matematica. Resta però la curiosità di comprendere perché abbiamo bisogno di possedere la verità. Da dove nasce questo bisogno di verità, intesa in modo assoluto e non relativistico e transeunte.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#138
Citazione di: Jacopus il 18 Novembre 2023, 17:26:35 PMResta però la curiosità di comprendere perché abbiamo bisogno di possedere la verità. Da dove nasce questo bisogno di verità, intesa in modo assoluto e non relativistico e transeunte.
Questa appunto è la domanda di chi riconosce,  l'utilità di raccontarsi balle nel migliore dei casi, ma che, senza necessariamente voler nulla perdere di quella utilità, vorrebbe, per coerenza intellettuale, smettere di raccontarsele.
Ognuno può tentare la sua risposta a questa domanda, e di fatto, col senno di poi, tutti i miei precedenti post in questo forum sono tentativi di dare questa risposta.
Potrebbe sembrare una pura questione formale, visto che auspico un cambiamento che non cambi nulla.
Ma non si può giurare che cambiando la forma non cambi la sostanza, e considerando la brutta strada che stiamo percorrendo, chi può escludere che la causa non sia stata le balle che ci siamo raccontati, o meglio, la capacità innata, ma non perciò immodificabile, di credere nelle balle che ci raccontiamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Koba II

Iano, in realtà non mi sembra di essere andato fuori tema, comunque l'ipotesi che ponevo la esprimo qui in altro modo. (Ma si tratta appunto di un'ipotesi).
Un sapiente che avesse trovato la verità semplicemente cesserebbe di cercare, di camminare. Si riposerebbe indugiando nella visione di questa verità.
Si distinguerebbe dall'automa solo per lo stato interiore, perché entrambi sarebbero fermi, ma l'automa non conosce la gioia, e tanto meno la bellezza di questo indugiare.
Ma la sua verità non sarebbe comunicabile attraverso il linguaggio della logica, ma attraverso quello simbolico. Il quale per sua natura rimanda ad altro. Il che implica che per comprendere quella verità sarebbe necessario comunque un cammino, dalla metà spezzata del simbolo all'unità. Sei tu che partendo dal frammento che è l'espressione simbolica del testo o del discorso del sapiente devi fare un percorso per cercare di raggiungere l'unità. Quello che lui ti offre in realtà può essere molto più di ciò che dici tu, cioè la rappresentazione del suo cammino. Può essere infatti l'indicazione per la direzione del tuo di cammino. A cui ti senti chiamato per la risonanza mistica che per te hanno quelle sue espressioni letterarie o poetiche. Anche nel caso in cui dal punto di vista del loro significato esplicito si tratti di "balle", come dici tu.

Ipazia

La verità non è il Santo Graal che una volta trovato chiude tutti i discorsi. Ogni verità acquisita epistemicamente pone domande che rimandano ad altre verità  ancora da disvelare.

Individuato l'assassino il giudice è appagato, ma il filosofo no, perché la domanda successiva è: "perché?". E le risposte possono essere più d'una e la ricerca della verità prosegue.

La differenza tra idioti (artificiali e naturali) e liberi pensatori è  che l'idiota si limita ad applicare il regolamento, senza alcun rapporto con la verità, mentre il pensatore libero pone il regolamento in rapporto alle sue motivazioni, il che implica un rapporto con la verità e il suo contenuto etico.

Nelle religioni direi che il dogma tende ad imporsi sul "libero esame", nella ricerca epistemica dovrebbe accadere il contrario, anteponendo il libero esame dei fatti al dogma vigente.

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#141
Citazione di: Koba II il 18 Novembre 2023, 18:49:08 PMIano, in realtà non mi sembra di essere andato fuori tema, comunque l'ipotesi che ponevo la esprimo qui in altro modo. (Ma si tratta appunto di un'ipotesi).
Un sapiente che avesse trovato la verità semplicemente cesserebbe di cercare, di camminare. Si riposerebbe indugiando nella visione di questa verità.
Si distinguerebbe dall'automa solo per lo stato interiore, perché entrambi sarebbero fermi, ma l'automa non conosce la gioia, e tanto meno la bellezza di questo indugiare.
Ma la sua verità non sarebbe comunicabile attraverso il linguaggio della logica, ma attraverso quello simbolico. Il quale per sua natura rimanda ad altro. Il che implica che per comprendere quella verità sarebbe necessario comunque un cammino, dalla metà spezzata del simbolo all'unità. Sei tu che partendo dal frammento che è l'espressione simbolica del testo o del discorso del sapiente devi fare un percorso per cercare di raggiungere l'unità. Quello che lui ti offre in realtà può essere molto più di ciò che dici tu, cioè la rappresentazione del suo cammino. Può essere infatti l'indicazione per la direzione del tuo di cammino. A cui ti senti chiamato per la risonanza mistica che per te hanno quelle sue espressioni letterarie o poetiche. Anche nel caso in cui dal punto di vista del loro significato esplicito si tratti di "balle", come dici tu.
Non ne era un rimprovero, visto che andare fuori tema è il nostro tema preferito. :))
Però senza caricare troppo di significato il termine ''balle'', usato in senso ironico, l'ipotesi che il simbolo sia una mezza verità mi sembra una ''mezza balla'' che mi convince pure, ma solo metà.
Ma fuori dallo scherzo, mi pare che hai sottolineato un punto essenziale, e che cioè quando parliamo di verità avremmo il dovere di non sottintendere quale sia il veicolo della verità di cui parliamo.
Inoltre apri un altro fronte di discussione per nulla banale, di come facciano i simboli a veicolare, ancor prima eventualmente della verità, un significato, perchè fino a prova contraria i significati non una combinazione di simboli, ma giurerei che se i significati potessero specchiarsi lo specchio sarebbe quelle combinazioni di simboli.
Tutto ciò posto che non giurerei di aver parlato di simboli in modo corretto, confondendoli magari coi segni.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Koba II

Ipazia, rispondi allora a questa domanda.
Da ciò che hai scritto in altri post si deduce che tu sia capace di contemplazione, di immersione nella pura immanenza della vita.
Che rapporto c'è tra queste esperienze e la verità?
Sono esperienze non veritiere? Contingenti stati emotivi e basta?

Non diamo per scontato che l'idea moderna di un progresso infinito della conoscenza sia corretta, l'ossessione romantica per il futuro, per il nuovo, per l'azione, per la trasformazione. La riduzione cioè dell'essere a un processo.

Jacopus

Le due esperienze, Koba, non sono necessariamente in contrasto. Possono coesistere e infatti coesistono. Ci si può chiedere il senso del mondo anche in una prospettiva non teista, immergerci nella bellezza di una poesia ma, in un diverso momento applicare la trigonometria per calcolare un volo satellitare. Il moderno, oltre che il mito per il progresso e per il sempre nuovo, ha spezzato molte catene che rendevano la società immobile e castale. È stata inoltre la palestra fondamentale per esercitare la libertà di pensiero. Come ho già detto molte volte, se le idee che si esprimono in questo forum fossero state espresse appena 100 anni fa, per molti di noi si sarebbero aperte le porte della galera. 500 anni fa invece molti di noi sarebbero stati condannati a morte.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2023, 12:46:18 PMCi si può chiedere il senso del mondo anche in una prospettiva non teista
Questo è un tipo particolare di verità, sono infatti verità profonde;
Se una tale persona capirebbe il senso del mondo capirebbe il senso dell essere , il senso di esistere qui ed ora. l'alfa e l'omega dell essere e per estensione di Dio stesso. Ritroverebbe la gioia di vivere, lo vedrebbero correre libero nei campi, arrampicarsi sugli alberi, fare il verso degli uccelli, tuffarsi nel fiume, senza scarpe, senza umiliare il prossimo o venire umiliato .  Qualcuno lo considerebbe anche un pò fuori di testa.
Un altra persona , capendo il senso del mondo e di conseguenza dell esistenza stessa si infilerebbe la canna della pistola in bocca e sparerebbe.
Perchè ci sono due tipi di verità; quelle semplici, il cui contrario è palesemente un assurdo e quelle profonde, il cui contrario, è un altra verità.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Koba II

Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2023, 12:46:18 PMLe due esperienze, Koba, non sono necessariamente in contrasto. Possono coesistere e infatti coesistono. Ci si può chiedere il senso del mondo anche in una prospettiva non teista, immergerci nella bellezza di una poesia ma, in un diverso momento applicare la trigonometria per calcolare un volo satellitare. Il moderno, oltre che il mito per il progresso e per il sempre nuovo, ha spezzato molte catene che rendevano la società immobile e castale. È stata inoltre la palestra fondamentale per esercitare la libertà di pensiero. Come ho già detto molte volte, se le idee che si esprimono in questo forum fossero state espresse appena 100 anni fa, per molti di noi si sarebbero aperte le porte della galera. 500 anni fa invece molti di noi sarebbero stati condannati a morte.

Jacopus, sto chiedendo con precisione e al di là di ogni intenzione polemica quale statuto di verità dare alla contemplazione, dal momento che chi fa esperienze di questo tipo sente in quei momenti uno splendore maggiore dell'esistenza.
Credo che nessuno voglia negare che anche il cultore della scienza moderna sappia sprofondare nella bellezza dell'arte.
Non è questo il punto. Il punto è provare ancora a riflettere un po', alla buona, sul termine filosofico "essere". Non siamo forse più vicini ad esso nella contemplazione, nell'abbandono? E se sì, che senso ha ritenere tale avvicinamento come qualcosa che non ha a che fare con la verità? Perché anche continuando a tenere l'accezione di verità come adaequatio, lasciando perdere le speculazioni di Heidegger, a me sembra che quelle espressioni simboliche della poesia o della mistica che siano realmente capaci di accompagnarci nei pressi di questo stato di cose più luminoso (diciamo così) siano concretamente veritiere. Non autentiche o nobili o educative, che è un modo per escluderle con stile dal piano conoscitivo. Ma veritiere.

Ipazia

Il cuore ha le sue ragioni e la ragione pure. Razionalità ed emotività sono due percorsi veridici, riscontrabili pure in altri mammiferi ed in particolare in quelli con cui abbiamo più dimestichezza avendoli addomesticati. 

Possiamo istruirci da loro, se abbiamo dimenticato i fondamentali dei processi evolutivi. Il suicidio non lo contemplano se non come estrema soluzione a fronte del decadimento naturale.

Si lasciano morire senza particolari strepiti: altra lezione impagabile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#147
Secondo me, ogni essere intelligente cerca la verita' per farsene qualcosa della verita' quale mezzo per risolvere dei problemi pratici o esistenziali e dedurre delle linee di pensiero o di comportamento a partire da qullo che da esso e' ritenuto "vero".

Quindi il sapere "vero" e' quello che e' utile alla ricerca e al conseguimento della felicita', non esiste il sapere "disinteressato", puro, perche' ogni vita misura la "verita' " del suo proprio sapere sulla sua utilita' in funzione dei suoi propri obbiettivi di vita, razionali e coscienti o irrazionali e latenti che siano.

La volonta' di verita' e' volonta' di potenza, mentre la verita' "vera", o "pura", se concepita al di fuori della volonta' di verita', e quindi al di fuori del voler sapere di qualcuno (di esistente) per degli scopi (immanenti) non esiste.

La tecnica rende utili le verita' della scienza, ma altrettanto la buona filosofia non e' sapere lezioso o bulimico, ma sapere finalizzato al saper vivere, al vivere bene, sapere finalizzato al sapore.

Non c'e' alcuna differenza assoluta tra sapere scientifico, tecnico, o mistico, o letterario nel senso che ogni sapere subordina la sua verita' alla felicita' del "sapiente" che lo "possiede".

Anche le verita' che "fanno male", i disincanti, i ragionevoli nichilismi le disillusioni, se, e nella misura in cui, sono "vere" verita', sono necessarie al divenire e al continuo auto superamento della vita in se stessa e verso se stessa, autosuperamento che solo ne costituisce l'unica possibilita' di (dinamica) "permanenza" in un mondo fuggevole e impermanente, quindi, nel lungo tempo, si puo' dire che mutano di segno, esistenziale ed emotivo, e "fanno bene".

A parte il giudizio "sulla" vita che e' l'indicibile, e la tentazione continua del cattivo e inconsistente sapere, conta sempre di piu' il giudizio, locale e localizzato, "nella" e "della" vita; la vita, e intendo la vita collettiva, la vita in quanto "cosa" piu' grande di noi, giudica ogni cosa attivamente mentre noi crediamo univocamente di giudicarla, e impone le sue esigenze che non sono le nostre e non sono quelle della parola o quelle umane, con cui non possiamo che mediare.

La verita' cambia in continuazione (in modo attuale e filosoficamente  attualistico), e la verita', ben lungi dall'essere la figura di un eterno, di una cosa-ultima, di uno stato definitivo del cosmo o di un'unita', e' una negazione strategicamente possibile del lutto, quindi della morte dell'altro, e non della morte, quindi della morte propria.

L'uomo nel desiderare la verita' desidera i molti, e non l'Uno.

Si riconcilia con il suo stesso destino, di uomo. Ma con quello vero.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2023, 15:25:08 PMIl cuore ha le sue ragioni e la ragione pure. Razionalità ed emotività sono due percorsi veridici, riscontrabili pure in altri mammiferi ed in particolare in quelli con cui abbiamo più dimestichezza avendoli addomesticati. 
Non vedi che il ragazzo sta affrontando la questione mediante la via della bellezza? e tu gli parli di cagnolini?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: niko il 19 Novembre 2023, 18:05:24 PMQuindi il sapere "vero" e' quello che e' utile alla ricerca e al conseguimento della felicita', non esiste il sapere "disinteressato", puro, perche' ogni vita misura la "verita' " del suo proprio sapere sulla sua utilita' in funzione dei suoi propri obbiettivi di vita, razionali e coscienti o irrazionali e latenti che siano.

La volonta' di verita' e' volonta' di potenza, mentre la verita' "vera", o "pura", se concepita al di fuori della volonta' di verita', e quindi al di fuori del voler sapere di qualcuno (di esistente) per degli scopi (immanenti) non esiste.






Ma se non esiste, perchè ne parliamo?
Se fino a un certo punto della storia abbiamo creduto esistesse una verità, quanto questa credenza ha influenzato la storia, e come cambierà la storia una volta che avremo smesso di crederci?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''