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Realtà e Verità

Aperto da bobmax, 24 Gennaio 2023, 14:22:22 PM

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green demetr

Citazione di: daniele22 il 21 Ottobre 2023, 21:28:43 PM
Non sostengo che il divenire sia l'assoluto, intendendolo solo come un postulato, un punto di partenza arbitrario; proprio così come il buddismo dice che esiste la sofferenza io dico che esiste il fenomeno. Nel caso in esame, "vero è il fenomeno" intende significare che la percezione mentale dell'azione è ciò che permette alla ragione di funzionare. Quello che inoltre mi induce a postularlo a guisa di pietra angolare dell'apprendere, del conoscere, deriva pure dal fatto che ad altri senzienti accadrebbe di ritenerlo vero, il fenomeno appunto, magari non rendendosene conto.  Ben fondato sarebbe pertanto il mio stare coi piedi per terra. Altrettanto ben fondata non sarebbe invece l'idea dell'essere, e infatti tu lo eguagli al nulla, salvo poi dire che, diversamente, esiste un essere assoluto che prescinde dall'essere e dal divenire e che anch'esso evidentemente non esiste. Un bel guazzabuglio. Comunque, non può essere allo stesso tempo che il divenire neghi l'essere e l'essere neghi il divenire. Nel senso che uno dei due nega solo di riflesso verso una pretesa dell'altro. A negare, invece, può essere solo uno dei due e a deciderlo sarebbe la successione temporale con cui si sono presentate in vita l'idea del divenire e quella dell'essere. E come già detto, dato che pure altri senzienti si attengono al fenomeno e il fenomeno rimanda all'idea del divenire, mi sembra che il divenire corrisponda all'idea più antica, e ben piantata quindi coi piedi per terra. Un saluto

Ciao Daniele, naturalmente Hegel parte proprio da queste tue considerazioni.
Ti rimando al mio vecchio 3d.
E di fatto possiamo dirci entrambi razionalisti.
Ecco la struttura letteraria di Hegel è in realtà fatta a matrioske, una volta infatti accettato il razionalismo temporale del prima e dopo rispetto ad una alterità umana, senziente etc Sorgono nuovi problemi.

E cioè che questo umano senziente, con i piedi ben attaccati al terreno, siamo veramente noi?
Infatti è innegabile il divenire. Eppure è lo stesso divenire che manda all'aria la conquista temporale.
E' evidente come dici anche tu, che è solo al momento fin tanto che non cambia, che noi possiao dirci tali, cioè senzienti, se cambia dobbiamo cambiare il nostro senziente (in realtà è la correzione indicata da Iano, penso non farai fatica ad accettarla).
Ma di fatto il nostro percepire noi stessi è fuori dal tempo e dallo spazio.
Come dimostra ampiamente la nostra fantasia.
Possiamo dunque dire di essere il senziente che cambia fuori dal tempo e dallo spazio, o invece in noi è radicato un potere razionale superiore al tempo e allo spazio? e su questo che si interrogano bluemax, damiano etc..
In fin dei conti la domanda è sempre la stessa chi siamo noi?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 22 Ottobre 2023, 08:41:06 AMNon ha senso neppure contrapporre l'istante all'eterno.

L'essere umano, inteso nella sua unità psicofisica autocosciente, permane dalla nascita alla morte, un manufatto, dalla produzione al consumo o distruzione, l'universo, da un ipotetico bigbang ad una probabile fine.

Con gradi diversi di certezza possiamo definire la permanenza dei ta panta come il loro essere coincidente con l'esistere, così come la nostra episteme è in grado di stabilire nel suo stato dell'arte.

Con buona pace di tutti gli assoluti, Verità inclusa. E di secoli di postulazione metafisica su un flogisto rivelatosi aprioristicamente fallace. Resta la letteratura, spesso di ottima fattura, per un godimento estetico. E, filosoficamente, una riflessione sulla insuperabile maieutica dell'errare. In tutta la sua semantica.
Con te Ipazia non si possono percorrere le vie dell'essere, perchè sai già che sono aporetiche a fare i buoni, e per fare i cinici, usate per piallare ben bene il pensiero.

Eppure neppure tu puoi fuggire dalla tematica del divenire.
Infatti se ogni cosa diviene, in cosa consiste l'umano?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: bobmax il 22 Ottobre 2023, 15:57:25 PMSì, il divenire è la "verità" per antonomasia: tutto diviene.
Tuttavia, se vogliamo tenere i piedi per terra, dovremmo chiarire bene cosa significhi divenire.
Divenire non significa forse "cambiamento"?
Ma il cambiamento non necessita forse sempre di un qualcosa che, permanendo, lo permetta?

Il mio corpo diviene continuamente.
Ma questo suo divenire consiste nel movimento di componenti che di per sé stessi restano identici, cioè non divengono.

Il divenire è possibile perché vi è qualcosa che non diviene.
Magari diverrà in futuro, ma non in questo caso.
E quando pure anch'esso diverrà, lo potrà fare solo perché qualcos'altro, non divenendo, lo permette.

Quindi intendendo con "essere" ciò che non diviene, questo essere è necessario per lo stesso divenire.

Diverso è l'Essere, che prescinde da ogni permanere o divenire. Questo Essere coincide con il Nulla.

Tutto questo ragionamento seguendo un percorso logico.

Ma vi è un modo ben più profondo per mettere in discussione la "verità" del divenire.
Che procede meditando sul nostro amore.
Affrontando spassionatamente l'effettiva realtà del nostro oggetto d'amore.

Chi, cosa amo veramente?
Cos'è che permane, cosa è l'essere dell'oggetto del mio amore?
Non è forse l'amato mai identico a se stesso?

Potrò allora iniziare sospettare che il mio amore è rivolto in realtà al Nulla.
E quel Nulla è l'autentico Essere, è l'Uno.
Non ho capito perchè l'amato è sempre diverso da se stesso.
E' invece l'esatto opposto, per cui infatti l'amore è pura idealizzazione.

Una volta capita l'accezione morale al concetto ontologico dell'ESSERE che per non diventare l'ESSERE teocratico deve diventare NULLA.
Direi di cominciare a intendere meglio questo amore per questa unità (impossibile).

E visto che si parla d'amore:
Uno dei problemi gravi miei personali, è che ho perso l'amore per la conoscenza, faccio fatica a leggere, e alla fine vado su Meta.

Eppure una volta non ero così, alle medie, o quando leggevo in adolescenza Kafka e Dostoevskj, provavo un sommo piacere. Perchè conoscevo quelle regioni dell'imponderabile, della realtà estesa (altro che internet).

In cosa consiste a livello ontologico morale, questa perdizione che ormai ha inghiottito un'era intera.

Penso che sia tutto collegato, Marx leggeva i moralisti inglesi, voglio dire, dobbiamo fare uno sforzo per uscire da questo terrificante piovra del Male.

Perchè è ovvio che in una realtà che si percepisce frammentata poi l'individuo diventa frammentato.
Perdendo l'anima, perdendo la sua fantasia e la sua volontà di attingere a sè stessa.
Senza fantasia non ci sarebbe nemmeno il concetto matematico, che è reale.
Attingere a se stessi infatti non vuol dire solo attingere agli unicorni (e io amo Harry Potter), o agli incubi di ipaziana memoria, ma anche e sopratutto ad oggetti reali.
La fantasia nei reami dell'oltremondano percetto, ha scovato questi enti.
E sono enti. Di questo non vi è dubbio.
La filosofia usa termini troppo difficili, bisogna anche saper dire cose complesse, con linguaggio semplice, affinchè sia educativo.
Educare, essere educati, e sopratutto essere educabili (il grande insegnamento platonico).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: daniele22 il 22 Ottobre 2023, 19:19:14 PM
Mi sembra di essermi già speso, comunque la permanenza non è mancanza di moto nel tempo, dato che il moto temporale viene realizzato da un osservatore che rileva nel tempo la presenza di moto e permanenza. La personalità,  ad esempio te la porti immutata o quasi durante tutta la vita, forse con intensità diverse. Comunque, dato che riconosco in parte le ragioni dell'essere ti propongo uno stralcio di pensiero che già postai il 22 dicembre scorso:
"L'essere è fatto della stessa sostanza del divenire, solo che l'essere non si mostra e il divenire è invece percepibile (dal corpo-mente). Se è vero che tutto quel che la nostra mente può realizzare può farlo solo se ciò che realizza riesce ad inquadrarlo in qualche misura nel divenire, questo significa pure implicitamente che la mente ha realizzato l'esistenza di una causa che sarebbe quella che l'oggetto realizzato produce nei confronti nostri e/o di altre cose. Allora, visto che "l'essere" è comunque un oggetto mentale (una parola, un sintagma, un qualcosa di cui si può parlare anche a vanvera) e quindi per forza di cose realizzato dalla nostra mente, questo significherà per quanto detto prima che la nostra mente, o forse la prima mente che lo espresse in forma di parola, tale mente appunto avrebbe colto in qualche misura il suo divenire. Allora, quale sarebbe 'sto benedetto divenire dell'essere? Il divenire dell'essere sta nel considerarlo come la sua possibilità di percepire una causa e, assimilandone l'effetto, in successione temporale produrre vari effetti che a loro volta, nel proseguire del divenire diverranno altre cause. Questo marchio invisibile, che si potrebbe chiamare il logos dell'essere, è lo stesso marchio che sta in ciascuna cosa, noi stessi compresi, che è percepibile dalla mente tramite i sensi nel suo divenire, e che noi enti umani esterniamo tramite il nostro logos umano: il verbo, la parola, il discorso"
Sarebbe cioè chiaro, almeno a me, che la permanenza, la pausa, sta in quella assimilazione della potenziale causa. Visto che tale pensiero lo ripropongo come buono osservo pure che ad oggi rimane permanente. Un saluto

Ciao scusa se mi intrometto, nel post precedente a cui ti avevo risposto, ti avevo chiesto se accettavi però la "correzione" proposta da Iano.
Perchè è fondamentale per capire se per te l'io è il frutto della dimensione causale-temporale, oppure può essere altro.
Naturalmente come già detto è chiaro che l'io è questa dimensione causale, il punto è che secondo me è anche altro, per cui amo Hegel.
Infatti Hegel distingue la dimensione temporale causale come quella dell'io che lui chiama "soggetto", rispetto a quella dell'io che invece è fuori del tempo e dello spazio e di cui forse Bobmax ha sentore o conoscenza, che appunto Hegel chiama tutt'uno Io (ti dico in termini generali perchè il tedesco non lo so).
Naturalmente ci si puà fermare ipazianamente a questa dimensione del soggetto e farla diventare Io tout court. No problem  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: daniele22 il 23 Ottobre 2023, 19:50:51 PM
Ti dirò che per quel che riguarda il (mio?) pensiero non voglio negare l'esistenza dell'assoluto qui in terra; essendo anarchico ben allenato, secondo me tanto vale per l'anarchia quanto vale per l'assoluto: rappresentano un'utopia, ovvero il luogo dove cessa, o se vuoi dove viene superata la problematica posta in essere nel chiedersi cosa sia vero o cosa sia falso. Il luogo dove per segrete vie cessa infine il desiderio della domanda rivolta al tempo, sia essa volta alla verità da certificare, oppure volta a stabilire la giustezza o no del nostro agire. In relazione all'anarchia va considerato il fatto che se segui la via dell'amore puoi trovarti pure davanti a uno che ama violentare le persone ... della serie lo lasciamo fare o no?
Entrando nel merito del dialogo penso che l'io sia una costruzione inconsapevole costretta, non un'illusione. Costretta dal linguaggio, dalla lingua. In due parole, noi pensiamo di essere attivi, ma saremmo invece attivi partendo da una passività di fondo, da un subire il mondo. In questo senso in post precedenti, fraintendendomi forse, hai detto che la lingua riflette la nostra mancanza di verità. Intendevo dire che la lingua riflette la sua mancanza di verità, non la nostra, anche se per affermarla ricorriamo alla menzogna, cosa più che giustificabile almeno fino ad un certo punto. Questo pensare di essere attivi ci sarebbe indotto da quel velo di maya rappresentato dalla lingua stessa, ma in che modo? Ti ho sentito affermare in altri interventi, con Green mi sembra, che noi saremmo tutti innocenti. E hai perfettamente ragione. Se è vero il fenomeno e potenzialmente fallaci le sue spiegazioni, la lingua ci avrebbe ingannati alla grande facendoci credere che la via giusta a svelare gli insorti grandi dilemmi umani fosse l'indagine sul cosa vi fosse là fuori, sull'altro da te. E come non sarebbe potuto accadere? Sembrava facile, la via più semplice, guarda poi quanti bei gingilli tecnologici che saltano fuori, ed eccoci qua ... no coment ... È proprio il caso di dire che finora abbiamo guardato il dito invece che guardare la luna. A parte il fatto che la luna spiega quel che può spiegare ... tra le altre, non sai mai chi sei, si pensa solo di saperlo ... sarebbe ovvio che la luna è dentro di te, ipse dixit l'oracolo di Delfi da tutti osannato, da pochi praticato. E lì dentro alla luna nel pozzo troverai, come dici tu, il campo minato, l'abisso, meglio il campo minato va là, rende più l'idea ... sembra quasi un giallo fiction filosofico ah ah ah aah! E l'oracolo dice pure che quest'atto di conoscenza interiore sarebbe liberatorio, ci farebbe conoscere il pensiero degli dei ... È lecito affermare che la materia oscura muove il mondo per mezzo dell'implicata materia chiara? Non si può ammettere pubblicamente l'esistenza e la potenzialità di azione di ciò che reca dentro di se l'individuo e che non è misurabile dall'osservatore? In tal senso vi sarebbero delle componenti concrete, discrete,  a formare il campo minato.
"Per ogni ora passata in campo, E non ti sporchi neanche la maglietta, Ci vuol sudore e un minimo di cuore, Se non vuoi lo zero a zero" canta Ligabue in "Quando tocca a te". Siccome l'individuo sta perdendo uno a zero sarebbe opportuno almeno pareggiare. Poi si vede. Un saluto

Vedo la tua posizione molto vicina a quella di Ipazia. Come già detto no problem, e anzi come giustamente dici tu almeno pareggiamo...vedo che anche a te vien da ridere.
Certo BlueMax ha parlato però correttamente di Campo Minato. Mi pare sopra da qualche parte ho parlato del Dio che diventa DIO-TEOCRATE.

Ma d'altronde l'amore della sapienza, quello antico, quello che ha reso quella civiltà superiore, era tale proprio perchè spaziava nei campi minati. E da che mi risulta anche solo leggendo (Eutifrone e Apologia) Platone è stato un sommo bonificatore.

Mi è stato consigliato di leggerlo, perchè Platone è il nemico giurato di questa società. A me sono bastati i 2 dialoghi di cui sopra, per capire di come la stessa scuola lo abbia completamente sovvertito.  ??? Inconcepibile, e inamissibile. Ma questa è la modernità. Avanti coi prossimi incubi della ragione. Tanto a me viene da ridere, se non me ne stessero capitando tra capo e collo così tante, che non ho nemmeno le forze per reagire a questo orrore. Leggere bisogna! Saluti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

daniele22

Tutto sul personale. A me mi vien molto spesso da ridere ... Ciao Greeeeen! ... si, sono un razionalista col culo in pista che si comporta senza molto pensare ... tendenza alla spontaneità ... Pensando col senno di poi, durante la mia vita ho sempre cercato inconsciamente il gesto che sconfigge la ragione,  e il godimento che provavo dopo un eventuale successo era più che soddisfacente. Per cosa credi che mi sia manifestato filo russo? Primo perché mi è antipatico il mondo in cui vivo, poi perché mi sono antipatici gli inglesi, perché mi piace la cultura russa senza mai essere stato in Russia e da ultimo perché pensavo che i russi portassero avanti il mio pensiero. Per inciso comunque, a favore della causa palestinese lo sono da sempre,  e fatalità anche lì c'entrano o c'entrarono di fatto gli inglesi. In merito ai russi, ferma restando la mia antipatia nei confronti del mio mondo, fortuna volle che sia intervenuto inVerno, il quale non so se prendendomi in giro mi ha ridotto a meno temerarie considerazioni sul pensar dei russi. Comunque sia, tanto per parlar personalmente di tali soddisfazioni ... parliamo di me appunto ... nell'intreccio tra il legale e l'illegale, un amico molto versato alle vie illegali un giorno si complimentò con me dicendomi che ero stato completamente matto, ma proprio matto, e che lui non avrebbe avuto il coraggio di osare tanto. Tra l'altro, la sua linea di pensiero era che le cose fatte alla cazzo di cane fossero quelle che venivano meglio. Alta scuola! Per quel che riguarda iano e Ipazia, Ipazia la lascio stare, la percepisco come l'enigma della sfinge ... insomma non capisco molto la sua lingua, a parte quando, con molta precisione devo dire, spiattella le evidenze del sogno della ragione. Iano l'ho un po' trascurato, ma mi ha detto pure bravo a onor del vero, penso che ci assomigliamo. Attendo nel frattempo Bobmax, l'uomo che non si rende conto del valore del portafoglio ... tanto che forse per risolvere la faccenda ha pensato di inneggiare al comunismo come ideale di giustizia, peraltro subito stroncato con semplice efficacia da anthonyi. Debbo dire che Bobmax in quel frangente mi ha sorpreso. Un saluto

Ipazia

Citazione di: green demetr il 23 Ottobre 2023, 22:59:18 PMCon te Ipazia non si possono percorrere le vie dell'essere, perchè sai già che sono aporetiche a fare i buoni, e per fare i cinici, usate per piallare ben bene il pensiero.

Sono aporetiche col senno di poi, ma feconde fin dalla sentenza di Parmenide, ragionando sul "non essere che non è", con animo ed occhio limpidi.

CitazioneEppure neppure tu puoi fuggire dalla tematica del divenire.
Infatti se ogni cosa diviene, in cosa consiste l'umano?

Bella domanda che dovrebbe costituire il nucleo di un luogo denominato "Riflessioni". Ho già risposto in vari modi, ma l'importanza della questione merita di essere ribadita e chiarificata. Partendo dall'essere in carne ed ossa, l'essere umano, che permane nel suo divenire autocosciente dalla nascita alla morte. Il cui destino comune genera la categoria filosofica, etica piuttosto che metafisica, dell'umano che si concretizza socialmente, e si imprime spiritualmente, nell'umanesimo.

Buttandola in letteratura, l'umano è la somma di tanti figli senza padre, al massimo una madre, che va dalla matrigna leopardiana alla inesorabile nicciana, comunque assai poco pietosa.

La pietà ce la deve mettere l'essere umano, diventando quello che si è, direbbe FN: un accidente evolutivo cui solo la compassione inscritta nella carne dei senza padre, piuttosto che nella loro metafisica, può offrire una via di redenzione e salvezza. Nel divenire evolutivo di cui, come essere umano, individuale e collettivo, è capace.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

@daniele22

Spero che questo nostro dialogo abbia in qualche modo arricchito entrambi.
Vorrei, a questo punto, fare una considerazione sulle effettive possibilità di un ulteriore approfondimento.

Sono infatti emersi aspetti, che a mio avviso mostrano un solco che rende difficile andare oltre ad una comunicazione che non sia superficiale.

Pur credendo nella buona fede, riscontro infatti una incompatibilità di posizioni di base.

Come per esempio qui di seguito:

- Lo stupro manifestazione di amore.
(Amore?)

- Mettere mano al portafoglio per la difficoltà sbarcare il lunario.
(Se metto mano al portafoglio, non ho difficoltà a sbarcare il lunario. La difficoltà è quando mettere mano al portafoglio è inutile)

- L'io costruito dal linguaggio.
(Come potrà ciò che è, e solo è, strumento per esprimere qualcos'altro creare qualcosa?)

- La attualità dell'ideale comunista stroncato con semplice efficacia.
(Ideale stroncato da che? Di cosa stiamo parlando?)

- Sorpreso del mio proporre l'ideale comunista.
(Probabilmente vi sono idee ben diverse su cosa sia l'ideale comunista, o addirittura su cosa sia un ideale)

- Posizione anarchica
(Se è così facile stroncare l'ideale comunista, allora quello anarchico?
Sono stato anarchico in adolescenza.
Credevo persino in Bakunin!  Ora non più, mi considero comunque ancora piuttosto anarchico, ma come libertà del cuore)

- Son tutti innocenti
(Ma allora occorre dire pure qualcosa sul libero arbitrio e sull'io. Se no...)

Va beh, grazie per la chiacchierata.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

CitazioneBella domanda che dovrebbe costituire il nucleo di un luogo denominato "Riflessioni". Ho già risposto in vari modi, ma l'importanza della questione merita di essere ribadita e chiarificata. Partendo dall'essere in carne ed ossa, l'essere umano, che permane nel suo divenire autocosciente dalla nascita alla morte. Il cui destino comune genera la categoria filosofica, etica piuttosto che metafisica, dell'umano che si concretizza socialmente, e si imprime spiritualmente, nell'umanesimo.

Buttandola in letteratura, l'umano è la somma di tanti figli senza padre, al massimo una madre, che va dalla matrigna leopardiana alla inesorabile nicciana, comunque assai poco pietosa.

La pietà ce la deve mettere l'essere umano, diventando quello che si è, direbbe FN: un accidente evolutivo cui solo la compassione inscritta nella carne dei senza padre, piuttosto che nella loro metafisica, può offrire una via di redenzione e salvezza. Nel divenire evolutivo di cui, come essere umano, individuale e collettivo, è capace.
Condivido quasi tutto. Forse non sarei così tranchant nei confronti della natura. La natura fa quello che può con quello che ha. Non è matrigna e neppure malvagia. Ha creato una specie che può essere malvagia, ma non c'era una intenzionalità in questo senso. Si sono verificate alcune coincidenze contemporaneamente, uso delle mani, posizione eretta, visione tridimensionale, socialità, sviluppo del cervello, che hanno reso possibile interazioni uniche in natura, compresa la malvagità immotivata e la bontà immotivata. Aspettiamo di vedere cosa combineranno le prossime specie senzienti di questo angolo di universo, con le quali inevitabilmente condivideremo un po' di struttura genetica. La vita è un grande cespuglio ingarbugliato e collegato in ogni sua parte (continuo? Discontinuo?).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

green demetr

Citazione di: Ipazia il 24 Ottobre 2023, 11:13:19 AMSono aporetiche col senno di poi, ma feconde fin dalla sentenza di Parmenide, ragionando sul "non essere che non è", con animo ed occhio limpidi.

Bella domanda che dovrebbe costituire il nucleo di un luogo denominato "Riflessioni". Ho già risposto in vari modi, ma l'importanza della questione merita di essere ribadita e chiarificata. Partendo dall'essere in carne ed ossa, l'essere umano, che permane nel suo divenire autocosciente dalla nascita alla morte. Il cui destino comune genera la categoria filosofica, etica piuttosto che metafisica, dell'umano che si concretizza socialmente, e si imprime spiritualmente, nell'umanesimo.

Buttandola in letteratura, l'umano è la somma di tanti figli senza padre, al massimo una madre, che va dalla matrigna leopardiana alla inesorabile nicciana, comunque assai poco pietosa.

La pietà ce la deve mettere l'essere umano, diventando quello che si è, direbbe FN: un accidente evolutivo cui solo la compassione inscritta nella carne dei senza padre, piuttosto che nella loro metafisica, può offrire una via di redenzione e salvezza. Nel divenire evolutivo di cui, come essere umano, individuale e collettivo, è capace.

Divenire evolutistico lo lascerei dire ad Harari che frattanto è sbarcato in Italia, con la sua ideologia che puzza di zolfo lontano un miglio (non ne dubitavo).
Io parlerei visto che vogliamo guardare oltre il conservatorismo, di progressismo.
Ma ormai siamo arrivati col cervello liquefatto.
Non capisco cosa c'entri la politica, evidentemente le esalazioni mefitiche della palude della ragione nella sezione politica hanno raggiunto anche queste zone.
Bizzarro.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Divenire "evolutivo" darwinistico senza giudizi di valore e direzioni a priori. Per quanto, nel continuo sociale, il filosofo si scopre animale politico e scrive Repubbliche con grande impegno. Ma sempre a posteriori. 
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Non c'è nessun solco Bobmax, perdona i miei toni ironici e canzonatori, ma se non faccio così dovrei lasciare il forum ... Comunque Ipazia dice che la pietà ce la deve mettere l'individuo, e sottoscrivo, ma sarebbe giusto dargli un incentivo. Gli è infatti che molti non ci sentono proprio. Perché non ci sentono proprio? Perché nella nostra civiltà a matrice giudaica la ragione, la razionalità, è dominante a torto. E possiede il capitale in virtù dell'esercizio di cotal ragione. Ordunque, è altrettanto evidente, almeno a noi due, che la pietà non alberghi in questo nostro mondo. Aggiungici pure che io vi accuso di esser tolemaici denunciando ripetutamente il grave fallo della ragione che non si vuol considerare. Succede così pertanto che dovresti dare a quelli che "non ci sentono proprio" una ragione altissima-me-mente razionale al fine che costoro possano considerare, forse in un giorno piovoso, tale ragione, magari gli cade il foglietto dal tavolo ... e che poi ... e che poi detta ragione li costringa pure, dopo presa visione del foglietto e forse anche un po' loro malgrado, a decidersi di esercitare infine la pietà ... Ti renderai ben conto che si parla delle classiche possibilità che concede al prigioniero il principe Rastislav quando si sveglia male ... memento audere semper però ... Dovranno giocare non più a tressette!, bensì a tressette a chi fa meno, altresí detto ciapinò. Dovranno premiare i debiti. Alta finanza! Stop. Rivalutazione della ragione. La ragione ci ha tirato dentro ai guai e la ragione dovrà tirarci fuori dai guai ... ci vuol sudore, un minimo di cuore, c'è chi corre e chi fa correre ... fede, coraggio, altruismo e fantasia.
Entrando nel merito specifico:
- L'idea dell'anarchia me la sono formata e ben educata pure riflettendo soprattutto sui miei comportamenti trasgressivi. Non ho testi di riferimento se non in termini di personaggi romanzeschi anche realmente esistiti. Il trattato del ribelle del noto nazista mi ha vagamente affascinato, ma nemmeno a metà l'ho chiuso. Comunque, anarchico ci resto, anche se nel mio ambiente sono fin troppo democratico, e se vi fosse una democrazia degna di tale nome potrei pure sostenerla anche col voto.
- Stupro come forma di amore? C'è gente molto particolare in giro, molta da mettere in conto ad una ragione già equivoca di suo e molta altra affetta da forme acute in cui verrebbe esaltato questo equivoco di fondo. Come dici tu è la fede a fare la differenza, la fede nella propria verità. E fino ad oggi, tutto sommato, questa è riuscita a tenere in piedi la baracca. Per la tua domanda la mia era un'iperbole non proprio iperbolica per dire che è diffuso anche un esagerato amore verso se stessi. Fede va bene, amore è un pochino ambiguo.
- Valore del portafoglio: essendo il mio e non solo il mio un'incognita tendente più a zero che ad infinito, ti assicuro che più ci si avvicina allo zero più tanti buoni propositi vanno dove sai ben possano andare. Su questo non ci piove.
- Comunismo: a dire il vero ho parlato di comunismo come ideale di giustizia, e questo è quello che sostenevi nel tema. E la critica di anthonyi esordiva proprio criticando tale ideale di giustizia. In ogni caso, quale ideale di giustizia potrà mai essere garantito da uno stato che pretenda di governare gli individui? Esiste la mediazione e per fortuna che almeno sulla carta è ancora così.
- Libero arbitrio: se parliamo di libero arbitrio puro, quando fai una scelta sei fregato in partenza. In senso religioso non penso che ci si allontani di molto, però penso che si possa prendere tempo, si possa cioè dissipare la carica di violenza che ineluttabilmente a volte coglie l'essere umano. Questi dovrebbe lavorare sul proprio contenimento.
- l'io e il linguaggio: non ho capito bene quello che intendi. Io appoggio in parte quello che chiamano il determinismo linguistico, ma lo estenderei ad un determinismo del comportamento, il quale fonderebbe la lingua nella sua struttura che regola i tempi verbali e contestualmente influenzerebbe il pensiero tramite l'uso dei sostantivi che fungono da appiglio al pensiero. A mio vedere cioè il sostantivo nasce come sostantivo verbale. L'io, pronome, sarebbe secondo me successivo in termini evolutivi. Mi sembra comunque che i bambini lo apprendano prima di avere ben chiara la struttura del tempo, segno dei tempi, segno dell'insegnamento dei genitori. Un saluto

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