il limite di IO minore di X

Aperto da Alberto Knox, 18 Agosto 2023, 23:26:47 PM

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Alberto Knox

Io minore di X, e adesso tenterò di esplicitare brevemente questa intuizione. L'intuizione nasce dal constatare che la gran parte delle persone dispone se stesso secondo questa equazione esistenziale, ovvero IO=IO . Ovvere io come punto di partenza e io come punto di arrivo. E non c'è limite in questa prospettiva, perchè tutto quello che l' io intenziona , l'incontri che faccio, le conoscenze che ho, i viaggi , gli affari ecc sono tutte sempre ricondotte all io. E quindi voglio assumere potenza,  voglio assumere potere, voglio assumere piacere ed è tutto all insegna dell io , io=io. Qual'è il limite dunque? secondo la mia filosofia il limite vero, quello cardinale visto che si parla di Spiritualità è quello di giungere a capire che c'è qualcosa di più importante di te. Questo è il vero limite, cioè io mi limito , limito la mia volontà di potenza , limito la mia volontà di essere , limito la mia volontà di piacere perchè? perchè c'è qualcosa di più importante di me. Quindi io minore di X . C'è una X incognita che si può definire in modi diversi , infatti uno può dire io minore di Dio e quindi come ciò che lo limita e ciò verso cui si dedica, un altro può dire la natura, un altro la cultura, o la famiglia , un altro il propio amore ecc.
Se scatta questa dimensione, questa opzione fondamentale hai una vita che vive secondo la logica relazionale, che capisce che la propia vita si compie nella misura in cui si consegna a qualcosa di più grande . Se non scatta questo hai la vita ordinaria dell Egoismo io=io che è alla fine la volontà illimitata di voler ricondurre a sè qualunque cosa ed è una vita naturalmente destinata alla sconfitta perchè non è possibile che tutto il mondo venga sottomesso all io.

Fin qui per quanto concerne il fenomeno umano, ma questo discorso che ho fatto è valido anche per quanto concerne le Religioni di tutto il mondo. Non so se a qualcuno di voi il nome di Raimon Panikkar fa scattare la campanella intuitiva su ciò che sto per dire. Lui era diventato un Sacerdote Cattolico di padre Indù e di madre Catalana, andò in India e studiò i Veda , entrò profondamente nell Induismo, senza mai venir meno al suo essere Sacerdote cattolico, poi si mise a studiare il Buddhismo fino a diventare Buddista tantè che disse "io sono partito Cristiano, sono diventato Induista eho finito per essere Buddista senza mai cessare di essere Cristiano" . Ora uno può dire "che cos'è una macedonia questa?" No , è il futuro risponderebbe Panikkar.
L'unica Religione che può , secondo me, sussistere di fronte alle grandi sfide del Nichilismo, le grandi sifide del post-umanesimo ,è una Religione universale. E le Religioni devono giungere alla consapevolezza che si devono convertire, questo diceva Panikkar. Le Religioni si devono convertire deponendo l'ambizione secondo cui tutto il monto si converta alla propia e assumendo che si devono convertire a qualcosa di più grande . Quel discorso Io=X non vale solo per il singolo, vale anche per le Religioni, se le religioni capiscono che Religione=X laddove la X sta a indicare il bene del mondo, la pace del mondo e io sono al servizio di questo , allora fanno il loro mestiere, se invece è Io=Io e che devo fare che tutto il mondo diventi Cristiano e che ci sia la croce che regni su tutto o la mezza luna che regni su tutto , un altra con un altro simbolo che dice la stessa cosa , fin quando è questo è volontà di potenza, è politica , è POTERE, non è Spiritualità. Concludo con la parabola dell Elefante , è una parabola Buddista e dice che un giorno il Re fece convocare tutti i ciechi a palazzo e messi poi tutti in un cortile fece entrare un Elefante e disse ai ciechi di toccare l'elefante , ognuno lo toccò come poteva, chi un orecchio chi una zampa e chi le zanne. Al fine il Re chiese ai ciechi di dire come era fatto l'elefante e ciuscuno rispone in relazione a ciò che avevano toccato di esso e cominciarono a litigare fra di loro perchè ognuno diceva una cosa diversa dell altro. E il Re rivolgendosi al propio Ministro gli disse "lo vedi? così è di tutti quelli che sono ignoranti rispetto al Darma" dove Darma in questo caso è un sinonimo del Divino. il punto qual'è quindi? il punto è che tutte le Religioni sono vere ( mi riferisco alle grandi tradizioni spirituali , non alla religione degli spaghetti per intenderci) tutte le grandi religioni hanno toccato l elefante ma alcontempo nessuna ha la verità poichè nessuna ha toccato l'elefante nel suo insieme, ha toccato una parte. Capire questo vuol dire avere grandi rispetto per tutte le Religioni , tutte sono vere e se tu segui una religione autenticamente arrivi a toccare anche tu l'elefante , ad avere una reale esperienza della verità , però devi capire che la tua reale esperienza della verità è una esperienza della verità e come tale è falsa! perchè è una parte, non è l'intero e il vero sta nell intero, mentre tu hai solo una parte. Capire questo significa avere grande rispetto per tutti quelli che dicono di aver toccato l'elefante in maniera diversa da te . Se invece ti imponi come i ciechi nel dire che la verità sta nella tua esperienza Spirituale e che la verità sta nella tua Religione e che tutti devono seguire il Cristianesimo..bhè sei come loro, cieco.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#1
Secondo me l'elefante non è la realtà, ma uno dei possibili modi in cui l'individuo o un gruppo di individui la rappresentano, e infiniti sono questi possibili modi, e in particolare l'elefante è il modo in cui se la rappresenta il Re. , in quanto vedente.
Sono questi diversi modi ad entrare in conflitto fra loro, ma nessuno è destinato a vincere in modo definitivo, affermandosi come universale, perchè sono tutti universali, in quanto ogni rappresentazione riguarda l'universo.
I ciechi possono conoscere solo una parte dell'elefante, non perchè sono ciechi, ma perchè quella non è la loro rappresentazione  ma quella del Re, mentre conoscono bene la loro personale rappresentazione, che il Re  a sua volta non potrà conoscere del tutto, in quanto vedente.

Questo Pannikar, che non conosco, sembra essere un saggio, degno di essere un Re, in quanto non cerca di entrare nella rappresentazione degli altri come un elefante, ma  capace di identificarsi con gli altri restando se stesso, non negando l'individualità, ma facendone buon uso.
Annullare il mio io in un X può essere una soluzione momentanea,   purché  sia un annullamento reversibile. Purché si sappia sempre quindi ciò che si fà, in modo da poter sempre disfare ciò che si è fatto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: iano il 19 Agosto 2023, 06:14:38 AMSecondo me l'elefante non è la realtà, ma uno dei possibili modi in cui l'individuo o un gruppo di individui la rappresentano,
è propio quello che ho cercato di spiegare, la realtà non è per noi conoscibile nella sua totalità,ma possiamo avere esperienza reale di una parte di essa. L'esperienza è reale ma dire che da tale esperienza si è giunti a conoscere la verità/ realtà è presunzione. Tutte le religioni monoteistiche sono eslusiviste (se non credi in Gesù non sarai salvato, se non credi a Maometto non sei salvato , se non credi in Brahma non sarai salvo, se non credi in Geova non sarai salvato...) Panikkar non è d accordo con queste impostazioni eslusiviste e promuove una spiritualità universale promuovendo una interrelazione comunicativa fra le varie Religioni, le quali tutte dovranno essere disposte anche a rivedere o abbandonare alcuni aspetti esclusivisti. Panikkar sente che questa è l'epoca dove non è più possibile trincerarsi dietro i propri confini Nazionali , sensi di appartenenza razziali, politica o religiosa e che ogni conquista dell umanità deve essere realmente globale e umana nel senso di aperta e accessibile a tutti. Tale posizione si presenta dunque piuttosto problematica.
Citazione di: iano il 19 Agosto 2023, 06:14:38 AMAnnullare il mio io in un X può essere una soluzione momentanea,   purché  sia un annullamento reversibile. Purché si sappia sempre quindi ciò che si fà, in modo da poter sempre disfare ciò che si è fatto.
Non si può di fatto annullare il propio sè, noi alla fine siamo costituiti dal nostro io, non può mai cadere questa dimensione dell essere.
Non è annullare il mio io, è orientamento del mio io. Tutti noi necessitiamo di un orientamento.


Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#3
Citazione di: Alberto Knox il 19 Agosto 2023, 11:26:27 AMè propio quello che ho cercato di spiegare, la realtà non è per noi conoscibile nella sua totalità,ma possiamo avere esperienza reale di una parte di essa. L'esperienza è reale ma dire che da tale esperienza si è giunti a conoscere la verità/ realtà è presunzione. Tutte le religioni monoteistiche sono eslusiviste (se non credi in Gesù non sarai salvato, se non credi a Maometto non sei salvato , se non credi in Brahma non sarai salvo, se non credi in Geova non sarai salvato...) Panikkar non è d accordo con queste impostazioni eslusiviste e promuove una spiritualità universale promuovendo una interrelazione comunicativa fra le varie Religioni, le quali tutte dovranno essere disposte anche a rivedere o abbandonare alcuni aspetti esclusivisti. Panikkar sente che questa è l'epoca dove non è più possibile trincerarsi dietro i propri confini Nazionali , sensi di appartenenza razziali, politica o religiosa e che ogni conquista dell umanità deve essere realmente globale e umana nel senso di aperta e accessibile a tutti. Tale posizione si presenta dunque piuttosto problematica.Non si può di fatto annullare il propio sè, noi alla fine siamo costituiti dal nostro io, non può mai cadere questa dimensione dell essere.
Non è annullare il mio io, è orientamento del mio io. Tutti noi necessitiamo di un orientamento.



Sposo la soluzione di   Pannikar, ma non credo che noi possediamo una conoscenza parziale della realtà, perchè noi non abbiamo nessuna conoscenza della realtà, ma conosciamo solo ciò che ci permette di interagire con essa, e questa conoscenza è quindi relativa alla interazione con la realtà, e quindi riguarda solo indirettamente la realtà.
Questo dà conto del perchè è saggio porre tutte queste diverse conoscenze, condensate in una religione o in una teoria scientifica o altro, sullo stesso piano a priori, nel senso che tutte sono degne della nostra attenzione.

Noi siamo in grado di riconoscere il fratello a livello locale, per cui si creano le nazioni.
Il problema da risolvere, perchè come ben dici da ciò dipende la nostra sopravvivenza, è come fare a svincolare il senso di fratellanza dalla dipendenza locale, e poi magari da quello di specie.
In tutto questo mio discorso mi rendo conto però che restano fuori molte cose, come fossero non necessarie, come la conoscenza della verità e la pratica della spiritualità. Magari sono cose necessarie, ma io non riesco a percepirle come tali, pur sapendo di cosa si parli perchè ne ho esperienza.
Mi sembrano più cose che riguardano la sola salvezza dell'uomo, cioè ben poca cosa.
Sentire tutti gli uomini fratelli è un passo verso la soluzione, ma temo non basti.
Magari spiritualità è sentirsi parte di un tutto, che non può essere un tornare a vedere ninfe nei fiumi, ma quella è la strada comunque, che è quella di trascendere il proprio io, senza il pericolo di annullarlo, come ben dici.
Si, possiamo chiamarlo un X, al posto del quale ognuno può metterci quel che vuole, ma occorre tener conto che quel che ci mettiamo dentro determina le azioni che vanno oltre l'io, l'agire comune.
In effetti il problema non è tanto fra teorie, religioni diverse, che si scontrano, ma diversi modi di rapportarsi con la realtà che inevitabilmente entrano in conflitto.
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Alberto Knox

#4
Citazione di: iano il 19 Agosto 2023, 11:52:00 AMSposo la soluzione di   Pannikar, ma non credo che noi possediamo una conoscenza parziale della realtà, perchè noi non abbiamo nessuna conoscenza della realtà, ma conosciamo solo ciò che ci permette di interagire con essa, e questa conoscenza è quindi relativa alla interazione con la realtà
Credo che avete molti punti in comune, inserisco qui uno stralcio del materiale che ho studiato riguardo Panikkar dove ho evidenziato dei punti. Vorrei sapere che cosa ne pensi.

Critica della "cosa in sé" e dell'oggettività
La visione del mondo attualmente dominante è ben nota: il mondo è costituito da un insieme di oggetti, ciascuno dei quali è una "cosa in sé", legato a tutto il resto degli esseri in maniera accidentale. Per Panikkar questa posizione, che egli definisce "criptokantismo", è sbagliata. Non esiste nessuna "cosa in sé". Anzi, per chiarirlo ulteriormente: nessuna cosa esiste "in sé". Il padre è padre perché c'è un figlio, ed è tale nella sua relazione con il figlio; se dalla relazione il figlio viene reciso, il padre cessa di essere tale. Che la mente abbia bisogno di questa astrazione (la "cosa in sé") per poter pensare e calcolare è fuori discussione, ma che il risultato del pensiero razionale rifletta fedelmente l'essere è non solo dubbio, proprio per quanto detto anche in precedenza, ma anche contrario all'osservazione: infatti, quelle che osserviamo non sono cose in sé, separate da tutto il resto, oggetti che esistono nel vuoto in piena autosussistenza. Osserviamo invece che esistono uccelli e mari; il che non vuol dire che non potrebbero esistere gli uni senza gli altri, ma solo che – di fatto – non esistono. L'astrazione, cioè la separazione delle cose, è dunque quantomeno arbitraria. Ma il problema non è solo questo: se, infatti, a partire da quanto osserviamo nella nostra esperienza, ci rendiamo conto che nella realtà tutto è connesso a tutto, ovvero che l'essere è caratterizzato da una radicale relatività (o radicale relazionalità), e che non esiste niente di assolutamente trascendente, comprendiamo abbastanza presto che non è possibile recidere i legami che una cosa ha con il resto della realtà senza alterare sia la realtà sia la cosa stessa. Infatti, i legami che relazionano ciascuna cosa ad ogni altra costituiscono anche le cose stesse. Ci si permette qui un ultimo chiarimento, data la centralità dell'argomento in questione e dato che il pensiero moderno, basato sull'identità parmenidea tra pensare ed essere, ha una tradizione più che bimillenaria: nel caso, ad esempio, del dialogo tra le religioni, entrambe le parti reclamano l'accesso ad una certa percezione della realtà. Ciò non implica che ci sia una misteriosa "cosa in se stessa", ma nemmeno che una semplice opinione soggettiva sia tutto ciò che c'è. Implica invece che la mia concezione di una "cosa" appartiene alla realtà e persino alla "cosa" stessa. Ma perché lo stesso sia vero per l'altro è necessario che né la mia visione né l'altra sia la realtà totale.
Dunque, la verità non si dà al termine di un'indagine oggettiva delle cose, ma nella relazione che si instaura fra due poli, ciascuno dei quali, "in sé" non è niente. È possibile osservare quanto detto – e cioè che l'oggettività è un'astrazione, che non esiste se non nel pensiero – in ogni ambito. Panikkar è chiaro al riguardo: «L'oggettività è tale per una soggettività. L'oggettività ha un senso perché c'è la soggettività che la scopre come oggettività e come irriducibile alla soggettività. Qualcosa è oggettivo (faccio qui pura fenomenologia) quando si presenta, a parecchi soggetti, indipendentemente dalle differenze e dalle discrepanze tra i differenti soggetti.  Nell'ambito di una certa cultura l'oggettività può apparire come tale quando la soggettività si è mascherata e ciò accade soltanto quando non esiste problema, quando siamo nello stesso mito.  Il mio sforzo di relativizzare l'oggettività non è per distruggerla ma per dirigere la nostra attenzione al polo di soggettività che la costituisce». Non esistono fatti oggettivi, indipendenti da un'interpretazione degli stessi: essi possono essere visti come oggettivi solo dalla prospettiva del mito dominante, che è il mito dell'oggettività. Non si tratta solo di avere interpretazioni diverse della stessa cosa; questo è ciò che Panikkar chiama criptokantismo: la "stessa" cosa non esiste. Il fatto non è scisso (l'intelletto può operare distinzioni, ma non separazioni) dall'interpretazione. Noi non veniamo a conoscenza dei fatti se non mediante le interpretazioni: non c'è altro modo di esprimerli. Anche quando si immagina di star dando conto "oggettivamente" di un certo fenomeno, magari esprimendolo secondo parametri quantitativi e formule matematiche, in realtà non si sta facendo altro che interpretare quello stesso fenomeno nell'ottica del mito della scienza. Non si può saltare al di là della propria ombra.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#5
Inevitabilmente si parte da un mistero, ''del come l'uno possa manifestarsi come una molteplicità comprensiva dell'osservatore''.
Ma la particolare scomposizione dell'uno non ha che fare con la sua essenza, perchè sennò non potrebbe dirsi uno, ma con la nostra presa di coscienza di esso.
Il mistero rimane sia che possiamo scomporre l'uno in un solo modo ''oggettivo'', sia che siano diversi i modi per farlo.
Se ammettiamo che vi sia un solo modo, riscontrandone di fatto però tanti, questi modi entreranno in conflitto, cercando di stabilire quale sia quello che percorre la giusta strada.
Diversamente ogni modo può essere preso in considerazione, e occorre solo che coloro che vogliono agire insieme si accordino su un modo, interagendo in modo coordinato con la realtà, in relazione al problema contingente da risolvere.
La matematica non descrive la realtà ( e infatti anche chi lo crede ritiene ciò incredibile, in quanto non rileva in ciò alcuna necessità) ma descrive i modi in cui interagiamo con la realtà, e che vi sia una relazione fra gli oggetti fuori dalla quale essi perdono la loro ''oggettività'' deriva dal fatto che essi nascono già relazionati, come divisione arbitraria dell'uno, compresi noi, perchè se anche l'origine degli oggetti è arbitraria, essi sono legati dalla comune origine.
Si parte da un mistero che và accettato, purché di questi misteri non vi sia un inflazione, e per gli altri quindi si curi di spiegarli a partire dal primo.
E' il banale schema delle teorie matematiche, dove si dice che se è vera una cosa allora si dimostra che quell'altra è vera.
Ma nessuna delle due cose è vera in effetti.
La verità quantomeno non sembra essere una necessità ineludibile, anche se non si può negare che il credervi non abbia conseguenze anche positive, ma purtroppo non solo quelle.
Credere di essere nel giusto condividendolo potenzia l'azione del gruppo, nel bene e nel male.
Il problema è che non si possono evitare i contro senza perdere anche i pro.
O almeno finora le cose sono andate così.
Occorrerebbe un salto evoluzionistico per riuscirci.
Non sò cosa intende F.N. per superuomo, ma io il mio superuomo lo vedo così, come colui che rinuncia al credere nella verità senza subirne le conseguenze negative.
Fermorestando che esistono credi silenti in noi, e quelli ce li teniamo, almeno finché non emergono come tali. Ma finché non emergono non possiamo metterli in discussione.
Una volta la fede nella religione non veniva messa in dubbio.
Se oggi viene messa in dubbio vuol dire che qualcosa inizia a emergere.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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bobmax

Non è questione di minore o maggiore, bensì di essere o non essere.
Perché non è la quantità il discrimine, ma la Verità.

E non vi è più o meno Verità.
Ma solo il Vero, il Buono, il Giusto.
E... la loro negazione.

Perciò l'io non è minore di qualcosa. L'io semplicemente non è!

Ed è proprio la percezione della inconsistenza dell'io individuale a fondare la spiritualità. A prescindere da qualsiasi religione o filosofia in cui possa manifestarsi.

Difatti ognuno non vede una parte della Verità, perché ciò è impossibile. In quanto la parte, qualsiasi parte, è una negazione. Mentre Dio, la Verità è negazione della negazione.

Perciò ciò che si vede è un rimando, una allusione, all'elefante tutto intero!
Che poi è l'invito ad imboccare la strada del giorno.
Dove muore l'illusione dell'io.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 19 Agosto 2023, 14:24:18 PMDiversamente ogni modo può essere preso in considerazione, e occorre solo che coloro che vogliono agire insieme si accordino su un modo, interagendo in modo coordinato con la realtà, in relazione al problema contingente da risolvere.
mi sembra che questo sia il modo della scienza , ed è per questo che la scienza con i suoi diversi campi specifici, biologia , chimica , fisica ecc va avanti, procede, cammina, perchè c'è uniformità e se guardiamo da 50 /100 anni a questa parte possiamo vedere i progressi fatti . Mentre invece la filosofia e le religioni rimango a girarare intorno al punto di partenza , guarda Bob max, ancora stiamo a discutere se l'io  è o l'io non è o l'essere è o l'essere non è. E mentre noi giriamo sul punto di partenza la scienza và, cammina, evolve, scopre , arriva agli obbiettivi. Perchè? perchè c'è omogeneità nel metodo , c'è una sorta di uniformità benchè non manchino aspre dispute nei vari campi di disciplina, ma poi si arriva alla conclusione, le dispute si spengono quando un dato di fatto viene dimostrato teoricamente e impiricamente. Noi non possiamo dimostrare un cazzo. L'io sembra condannato a giocare coi propi pensieri filosofici e teologici nel rispondere a se stesso di fronte il grande mistero e ognuno dice la sua facendosi una bel castello di carta. Ma non deve essere presa come una cosa negativa perchè in talo modo il pensiero si muove, considera , cambia idea, e costruisce e implementa, lascia, abbandona, si evolve.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 19 Agosto 2023, 17:34:33 PMmi sembra che questo sia il modo della scienza , ed è per questo che la scienza con i suoi diversi campi specifici, biologia , chimica , fisica ecc va avanti, procede, cammina, perchè c'è uniformità e se guardiamo da 50 /100 anni a questa parte possiamo vedere i progressi fatti . Mentre invece la filosofia e le religioni rimango a girarare intorno al punto di partenza , guarda Bob max, ancora stiamo a discutere se l'io  è o l'io non è o l'essere è o l'essere non è. E mentre noi giriamo sul punto di partenza la scienza và, cammina, evolve, scopre , arriva agli obbiettivi. Perchè? perchè c'è omogeneità nel metodo , c'è una sorta di uniformità benchè non manchino aspre dispute nei vari campi di disciplina, ma poi si arriva alla conclusione, le dispute si spengono quando un dato di fatto viene dimostrato teoricamente e impiricamente. Noi non possiamo dimostrare un cazzo. L'io sembra condannato a giocare coi propi pensieri filosofici e teologici nel rispondere a se stesso di fronte il grande mistero e ognuno dice la sua facendosi una bel castello di carta. Ma non deve essere presa come una cosa negativa perchè in talo modo il pensiero si muove, considera , cambia idea, e costruisce e implementa, lascia, abbandona, si evolve.
L'uniformità di comportamento è stata appannaggio delle chiese e in parte ancora lo è. Non cadrei nella tentazione di mettere la chiesa contro la scienza.   
Noi creiamo nuove parole, nuove relazioni, che configurano nuovi possibili mondi, di cui poi la scienza si appropria per descrivere i nuovi fatti.
Il pensiero, concordo con te, và esercitato come un muscolo, per tirare fuori quella saggezza accumulata e nascosta in noi, ancor più che nei testi antichi, che si limitano a testimoniare quella ricchezza.
C'è qualcosa in noi che ci spinge e che non conosciamo, per cui non è da sottovalutare l'esigenza di spiritualità e ogni altra profonda pulsione.
L'amore per il pensiero non è un meta, ma un fatto.
Dovremmo fidarci di più di noi stessi. Dovremmo praticare di più la provocazione, ma verso noi stessi più che altro.
Individuare ciò che ci appare ovvio, ciò di cui non occorre dire, provando a dire invece qualcosa, mettendo in dubbio ogni oggettività che in qualche modo è legata intimamente a noi più che alla realtà, per andare oltre noi stessi, perchè questa è la legge della vita, e noi siamo vita.
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Alberto Knox

Citazione di: iano il 19 Agosto 2023, 19:27:16 PML'uniformità di comportamento è stata appannaggio delle chiese e in parte ancora lo è. Non cadrei nella tentazione di mettere la chiesa contro la scienza.   
Non di comportamento ma di metodo. La Chiesa senza dubbio ha i suoi metodi ma ad esempio si è rotta con il protestantesimo e le varie concezioni diverse del Cristianianesimo , sono diverse visioni del mondo, modi di diversi di concepire Dio, l anima , lo Spirito. La scienza no, la scienza è multidisciplinare ma ciò che uniforma tutte queste discipline è un metodo condiviso e accettato da tutta la comunità scientifica, non solo una parte come invece accade con la Religione. Stessa cosa la vedo per le correnti diverse della filosofia, non c'è omogeneità , non c'è uniformità . Ed è un bene che sia così, se ciò non fosse, se tutto il pensiero fosse omologato da un unico metodo e tutti avremmo la stessa visione del mondo non saremmo diversi dall intelligenza artificiale , degli automi cellulari direi. Invece la libertà del pensiero, comeintelligenza naturale, ci impone di trovare noi il sentiero e magari sulla via troviamo compagni di cammino che han preso il nostro stesso sentiero , altre volte vediamo gli altri sentieri dove altri camminano e noi valutiamo, consideriamo, cambiamo idea , torniamo , lasciamo. è questo il lavoro interiore. Se non ci fosse il lavoro interiore sarebbe tutto piatto, uniforme, stazionario.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Nulla esiste in sé. È esperienza diffusa e onnipresente che nulla si dia in sé, ma sempre insieme ad altro, in qualche relazione. Le relazioni preesistono ontologicamente alle cose: qualunque cosa nasca, per ciò stesso viene al mondo. Nulla nasce o esiste in vacuo. Le relazioni danno forma all'essere. Non c'è essere al di fuori delle relazioni[
Panikkar.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

Non c'è esistenza al di fuori delle relazioni.
Perché l'esistenza è la stessa relazione.
Ma l'esistenza non è l'Essere. Lo annuncia soltanto.

L'Essere è ciò che rende possibile la esistenza, ne è il fondamento. E in quanto fondamento non esiste.
Non esistendo, l'Essere coincide con il Nulla.

Essere = Nulla

La certezza dell'Essere non deriva perciò da alcun ragionamento logico. Perché la logica considera solo l'esistente, la relazione.

La certezza dell'Essere la fornisce invece l'amore.
Basta ricercare per davvero l'amato.

Chi, cosa amo?

Ecco l'Essere!
Ecco il Nulla!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Freedom

Citazione di: Alberto Knox il 18 Agosto 2023, 23:26:47 PMLui era diventato un Sacerdote Cattolico di padre Indù e di madre Catalana, andò in India e studiò i Veda , entrò profondamente nell Induismo, senza mai venir meno al suo essere Sacerdote cattolico, poi si mise a studiare il Buddhismo fino a diventare Buddista tantè che disse "io sono partito Cristiano, sono diventato Induista eho finito per essere Buddista senza mai cessare di essere Cristiano" . Ora uno può dire "che cos'è una macedonia questa?" No , è il futuro risponderebbe Panikkar.
L'unica Religione che può , secondo me, sussistere di fronte alle grandi sfide del Nichilismo, le grandi sifide del post-umanesimo ,è una Religione universale. E le Religioni devono giungere alla consapevolezza che si devono convertire, questo diceva Panikkar. Le Religioni si devono convertire deponendo l'ambizione secondo cui tutto il monto si converta alla propia e assumendo che si devono convertire a qualcosa di più grande .
Dice il Signore: "Da come vi amerete l'un l'altro vedranno che siete miei discepoli".
Non riesco ad immaginare qualcosa di più universale, di più inclusivo.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Freedom

Citazione di: bobmax il 19 Agosto 2023, 15:15:39 PML'io semplicemente non è!

Ed è proprio la percezione della inconsistenza dell'io individuale a fondare la spiritualità. A prescindere da qualsiasi religione o filosofia in cui possa manifestarsi.
Io avverto qualcosa, dentro di me, che è uguale a quando ero bambino. Un modo di osservare, un dialogo interiore, un non so che che è sempre uguale a se stesso. Non ha a che fare con le miei idee, coi miei sentimenti, con le mie emozioni, con la mia storia.

Non so come definire questo qualcosa, a me sembrerebbe corretto chiamarlo io. Non è così?
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Alberto Knox

Citazione di: Freedom il 21 Agosto 2023, 11:48:20 AMDice il Signore: "Da come vi amerete l'un l'altro vedranno che siete miei discepoli".
Non riesco ad immaginare qualcosa di più universale, di più inclusivo.
è questa l'unica e vera universalità, ed è l'unica speranza che possa davvero salvare.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.