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Sò di non sapere.

Aperto da iano, 04 Agosto 2023, 10:29:01 AM

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iano

L'affermazione, legata a Socrate, come può interpretarsi, e cosa intendeva esattamente Socrate?
Sembra una frase ad effetto, il cui scopo è costringerti a pensare, a non dare mai nulla per scontato, perchè a rigore è una frase paradossale, che contiene in sè la sua negazione.
Infatti se sò di non sapere, qualcosa sò di sapere.
Io lo interpreto come un invito a superare le ovvietà, anche se per ricadere in nuove ovvietà. quindi un invito a non fermarsi alla prima ovvietà, un invito a proseguire nel percorso umano, a non credere mai di essere arrivati.

Fuori dall'intento provocatorio può interpretarsi come se il sapere sia qualcosa da collezionare, un album delle figurine da riempire, cosa che ho provato a fare da bambino, senza mai riuscirci, e ancora mi chiedo cosa mi spingesse a farlo.
Sò di non sapere perchè lo facessi.
Credo che ciò che non sappiamo veramente è ciò che ci spinge ad agire, e nella misura in cui veniamo a saperlo questa è vera conoscenza secondo me, mai fine a se stessa.
Il sapere nasce dall'azione, dall'esperire la realtà, e non può condurre a qualcosa di natura diversa da quella da cui è nata, effetto e causa dell'agire.
E' l'azione che và oltre il rapporto diretto fra cause ed effetti materiali, in quanto intermediata dalla conoscenza, a qualificarci come esseri viventi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Il saggio sa di non sapere quello che non sa, e di sapere quello che sa. Sapendo che il suo sapere è sempre sub iudice e avendo chiari i limiti entro i quali il suo sapere  sa.

La provocazione di Socrate era contro la supponenza della dogmatica metafisica e, come accada sovente nel beffardo destino delle cose umane, ha dato origine alla metafisica più dogmatica, il platonismo, coi suoi risvolti gnoseologici, etici e religiosi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

sapere di non sapere è il primo gradino per inziare a conoscere .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

"So di non sapere" è la consapevolezza del limite insuperabile, insito in ogni sapere.

Ma non nel senso che non si può sapere mai tutto di qualcosa...
È consapevolezza di non sapere proprio nulla!

Perché il limite non è semplicemente il confine tra ciò che si conosce e ciò che ancora non si conosce.
No, il limite che mi fa dire: "So di non sapere" è limite metafisico!
È percezione del Nulla che sta dietro ogni cosa.

Ed è proprio quel Nulla che può sconfiggere il nichilismo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#4
Citazione di: bobmax il 04 Agosto 2023, 13:47:41 PM"So di non sapere" è la consapevolezza del limite insuperabile, insito in ogni sapere.

Ma non nel senso che non si può sapere mai tutto di qualcosa...
È consapevolezza di non sapere proprio nulla!

Perché il limite non è semplicemente il confine tra ciò che si conosce e ciò che ancora non si conosce.
No, il limite che mi fa dire: "So di non sapere" è limite metafisico!
È percezione del Nulla che sta dietro ogni cosa.

Ed è proprio quel Nulla che può sconfiggere il nichilismo.
Quindi, ''Sò di non sapere nulla'', che essendo frase che non evoca un limite, allora non  parlerei di limiti, per non creare confusione.
Ma siccome è indubitabile che qualcosa sappiamo, come dice Ipazia saggiamente, allora ''Sò di non sapere nulla'' equivale a dire che il carattere della conoscenza non è quello che normalmente si intende, come di processo che porta al limite alla verità, per cui conoscerei un verità incompleta.
Se tu intendi che, pur sapendo qualcosa, se concordi con Ipazia, non sai però nulla veramente della realtà, concordo con te.
Credere di saper qualcosa della realtà sembra più un atto di fede, perchè spiegare cosa significhi conoscere qualcosa della realtà non credo sia facile, per non dire possibile.
Tuttavia questa conoscenza, che non è incompleta, seppur si possa sempre accrescere, che non è limitata,  non potendosi  disegnargli attorno un confine che non venga superato prima che il disegno venga completato, influenza la realtà per il tramite del conoscente.
Il punto è che ''sapere come interagire con la realtà'' non equivale a conoscerla.
Il mio sapere, in quanto conoscenza della realtà, equivale dunque a nulla.
Il mio sapere come fare a interagire con la realtà non si può dire che equivalga però a nulla, perchè rappresenta tutto il mio mondo attuale, che però è cosa ben distinta dalla realtà.
Ma se io ho fede di poter conoscere la realtà non posso fare a meno di identificare quel mondo, ancorché continuamente ridisegnabile,  con la realtà, salvo dover poi constatare sistematicamente a posteriori che dietro quel mondo ''non c'è nulla'', nessuna realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: iano il 05 Agosto 2023, 20:20:04 PMQuindi, ''Sò di non sapere nulla'', che essendo frase che non evoca un limite, allora non  parlerei di limiti, per non creare confusione.
Ma siccome è indubitabile che qualcosa sappiamo, come dice Ipazia saggiamente, allora ''Sò di non sapere nulla'' equivale a dire che il carattere della conoscenza non è quello che normalmente si intende, come di processo che porta al limite alla verità, per cui conoscerei un verità incompleta.
Se tu intendi che, pur sapendo qualcosa, se concordi con Ipazia, non sai però nulla veramente della realtà, concordo con te.

Non concordo con Ipazia, perché il non sapere non riguarda la non conoscenza del mondo.
Non è consapevolezza della impossibilità di conoscerlo davvero.

So di non sapere è constatazione metafisica!
Che ti colpisce come una mazzata, nel momento in cui avverti il limite.
Non importa se il limite che avverti è davvero insuperabile o se un domani sarà invece superato. Ciò che importa è l'effetto su di te!
Che ti ritrovi d'improvviso sul bordo dell'abisso, lì lì per caderci dentro.

Il pensiero razionale questo non lo può nemmeno concepire.
È infatti esperienza esistenziale per eccellenza.

Dove è in forse la realtà, cioè il cosmo, e tu stesso. Tutto può dissolversi in ogni istante.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#6
Citazione di: bobmax il 05 Agosto 2023, 21:44:15 PMNon concordo con Ipazia, perché il non sapere non riguarda la non conoscenza del mondo.
Non è consapevolezza della impossibilità di conoscerlo davvero.

So di non sapere è constatazione metafisica!
Che ti colpisce come una mazzata, nel momento in cui avverti il limite.
Non importa se il limite che avverti è davvero insuperabile o se un domani sarà invece superato. Ciò che importa è l'effetto su di te!
Che ti ritrovi d'improvviso sul bordo dell'abisso, lì lì per caderci dentro.

Il pensiero razionale questo non lo può nemmeno concepire.
È infatti esperienza esistenziale per eccellenza.

Dove è in forse la realtà, cioè il cosmo, e tu stesso. Tutto può dissolversi in ogni istante.
Lo direi in modo più banale, che ciò che chiamiamo fisica, intesa in termini di teorie fisiche, in effetti è metafisica.
Fisica sono solo i fatti dai quali induciamo le teorie, e non si può dimostrare che l'induzione sia univoca a partire dai fatti, anche perchè se lo fosse potremmo delegare fare fisica alle macchine, anche se mai dire mai.

Sarà pure una esperienza esistenziale abissale la prima volta che ci cadi dentro, ma poi dovrebbe diventare l'ovvio quotidiano.
Però l'esperienza di trovarsi sull'orlo dell'abisso bisogna farla prima, e molti ritengono di non doverla fare, perchè magari non è strettamente necessario, e in parte hanno anche ragione.
Sono quelli che sparano  a ripetizione tutti i dilemmi esistenziali, ma senza avere la vera intenzione di rispondervi, perchè evidentemente quello che si sparano li gratifica in sè, e altro non vogliono che continuare a ripetere questa esperienza.
Loro vogliono continuare a meravigliarsi del loro mondo, contemplandolo, e non chiedono altro.
Non vogliono che gli si rompa il giocattolo, forse perchè temono che dietro il loro mondo non ve ne sia sempre un altro, pronto a prenderne il posto.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

È assodato che Platone usa Socrate per farsi promotore di un sapere iniziatico, metafisico, da illuminati, superando aristocraticamente la presunzione del popolino di sapere.

Platone-Socrate prende atto che i villici qualcosa sanno della loro attività,  ma il sapere a cui lui mira è un sapere superiore, metafisico, universale, e bolla di ignoranza ogni altro sapere.

A questo gioco Ipazia non ci sta, e rivendica la legittimità di ogni forma di sapere e non soltanto del fantomatico sapere metafisico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: iano il 05 Agosto 2023, 21:59:44 PMLo direi in modo più banale, che ciò che chiamiamo fisica, intesa in termini di teorie fisiche, in effetti è metafisica.
Fisica sono solo i fatti dai quali induciamo le teorie, e non si può dimostrare che l'induzione sia univoca a partire dai fatti, anche perchè se lo fosse potremmo delegare fare fisica alle macchine, anche se mai dire mai.

Sarà pure una esperienza esistenziale abissale la prima volta che ci cadi dentro, ma poi dovrebbe diventare l'ovvio quotidiano.

L'esperienza abissale è la patafisica eterodiretta che insozza la ricerca e occulta il dato induttivo fino a rendere impossibile il lavoro delle macchine a causa dei bias e magheggi dei programmatori.

 La più grossa difficoltà della ricerca è ripulire i dati dal letame a libro paga di chi la vuole dirottare verso interessi economici che nulla hanno a che spartire con la verità scientifica, per quanto circoscritta e limitata essa sia.

Ormai i mercanti sono ovunque e il dato induttivo, anche più banale, è sventrato dai loro coltelli da macellai del sapere.

Queste sono le tragiche vicende del sapere. Altro che metafisica !





pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#9
Citazione di: Ipazia il 05 Agosto 2023, 22:04:34 PMÈ assodato che Platone usa Socrate per farsi promotore di un sapere iniziatico, metafisico, da illuminati, superando aristocraticamente la presunzione del popolino di sapere.

Platone-Socrate prende atto che i villici qualcosa sanno della loro attività,  ma il sapere a cui lui mira è un sapere superiore, metafisico, universale, e bolla di ignoranza ogni altro sapere.

A questo gioco Ipazia non ci sta, e rivendica la legittimità di ogni forma di sapere e non soltanto del fantomatico sapere metafisico.
Come l'hai detto bene!
Il primo passo è confessarsi.
Confesso dunque che del sapere superiore io sono affetto, per lungo contagio culturale.
E' come quando il pesce prende coscienza dell'acqua in cui nuota.
Dunque col senno di poi non resta che chiedersi cosa ha spinto Platone a giocare quel gioco, a cui anche Iano non ci sta più, seppur consapevole che questo significa ficcarsi in un altro gioco, perchè  si può cambiare e si deve cambiare gioco, ma non si può smettere di giocare.
Credo che neanche Platone saprebbe rispondere, e neanche noi, ficcandoci in un nuovo gioco, sapremmo dire perchè proprio quel gioco lì.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#10
Citazione di: Ipazia il 05 Agosto 2023, 22:19:54 PML'esperienza abissale è la patafisica eterodiretta che insozza la ricerca e occulta il dato induttivo fino a rendere impossibile il lavoro delle macchine a causa dei bias e magheggi dei programmatori.

 La più grossa difficoltà della ricerca è ripulire i dati dal letame a libro paga di chi la vuole dirottare verso interessi economici che nulla hanno a che spartire con la verità scientifica, per quanto circoscritta e limitata essa sia.

Ormai i mercanti sono ovunque e il dato induttivo, anche più banale, è sventrato dai loro coltelli da macellai del sapere.

Queste sono le tragiche vicende del sapere. Altro che metafisica !






L'esperienza abissale, cui si arriva facendo slalom fra i magheggi, è quando ti poni sull'orlo del tuo mondo, e devi fare il grande salto, per abbandonarlo, ponendo fede che l'abisso è solo apparente, e c'è un mondo nuovo su cui si poggerà il tuo piede.
Difficile scegliere di fare il passo, e il rischio è di restare lì, a contemplare l'abisso, se una nuova fede non ti viene in soccorso.
Quando tutte le terre sono state esplorate, non ci resta che cambiare mondo, se esploratori siamo.
Un nuovo mondo che insiste sullo stesso luogo.
 Quel luogo è la realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Chi ritiene che l'abisso possa essere colmato, non ha idea di cosa si tratti.

Eviterei comunque di disprezzarlo. Perché è lì, aspetta solo il momento propizio per finalmente mostrarsi.

E la cosa peggiore possa capitare nella vita, è proprio il non incontrarlo mai.
Una vita sprecata nella dissomiglianza.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

#12
"Oh, questi Greci: loro sì che sapevano vivere! Per far ciò, occorre rimanere saldamente ancorati alla superficie, alla ruga, alla pelle; adorare l'apparenza; credere alle forme, ai suoni, alle parole, a tutto l'Olimpo dell'apparenza! Questi Greci erano superficiali per profondità!".

Quali greci ? Quelli ossessionati dall'abisso o quelli che ci sapevano navigare in superficie ?

In rete si trova altro su questa etica-estetica della superficie che vale la pena di percorrere e capire.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Ed è sempre la percezione dell'abisso, seppur inconsapevole, la spinta a inoltrarsi nel mondo.

Costruire, inventare, immaginare, non sono passatempi, ma azioni concrete lungo il sentiero della notte. Che si percorre a causa dell'abisso.

Se invece non se ne ha per nulla percezione, allora prevale il chiacchiericcio inconcludente.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#14
Citazione di: Ipazia il 06 Agosto 2023, 07:14:03 AM"Oh, questi Greci: loro sì che sapevano vivere! Per far ciò, occorre rimanere saldamente ancorati alla superficie, alla ruga, alla pelle; adorare l'apparenza; credere alle forme, ai suoni, alle parole, a tutto l'Olimpo dell'apparenza!
Non è difficile credere in ciò che noi stessi abbiamo creato, e tanto più ci crediamo quanto più inconsapevoli siamo di esserne gli artefici , apparendoci un mondo  indipendente da noi, quindi oggettivo, ma verso il quale al tempo stesso proviamo una sospetta intimità
Questo quindi non equivale a restare alla superficie della realtà, ma a creare un mondo a parte dotato di superficie, mentre la realtà non ne ha, e solo in questo senso allora  ''superficiale''.
Confondendo quindi il mondo, nel senso come abbiamo inteso, con la realtà, si può comprendere come il mondo ci appaia fatto di superfici matematiche, senza che ciò sia da noi atteso, restando perciò inspiegabile.

E' un mondo fatto di interpretazioni di tutti i segnali che la realtà ci manda, una tipologia delle quali interpretazioni sono superfici, sempre ridisegnatili, e il riuscire a ritrattarle può essere cruciale per la sopravvivenza.
Allo stesso tempo è cruciale per la sopravvivenza trattare il mondo come fosse la realtà, solidificando ''l'apparenza''.
Queste due necessità possono quindi entrare in conflitto nei momenti di transizione tra un mondo e l'altro quando nasce la necessità di traslocare.

I Greci restano ancorati a una superficie che loro stessi hanno creato, senza saperlo, e di queste creazioni sono stati maestri.
Noi saremo degni eredi se a quelle costruzioni aggiungeremo la consapevolezza, senza subirne le inconvenienti conseguenze, perchè il mondo è un castello di carte vitale per noi, ma la consapevolezza che lo sia potrebbe distruggerlo, e non a caso questa consapevolezza fà capolino nei momenti di crisi, quando è arrivato il momento di riprogettarlo, di sostituire nuove metafiche a vecchie, credendo di essere ogni volta San Michele che uccide il drago , facendo di necessità, virtuosa eroica impresa.

Povero l'eroe nel suo affannarsi...e povero anche il drago. :))
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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