L'evoluzionismo e la fede religiosa sono compatibili?

Aperto da Socrate78, 07 Luglio 2023, 13:43:24 PM

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Jacopus

CitazioneNon tutte le verità dipendono da dimostrazioni.
Sono abbastanza d'accordo. Per me è ad esempio vera la necessità della reciprocità. Una verità "etica" che non può essere dimostrata. In campo scientifico però una verità (che è sempre approssimativa e contingente) è sempre collegata con un processo dimostrativo, altrimenti torniamo nel campo etico. La scienza (forse) non è un'etica, anche se ha condizionato molte etiche moderne, comprese quelle religiose (nesso fra protestantesimo e pensiero scientifico, ad esempio).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#46
Citazione di: Jacopus il 16 Luglio 2023, 19:52:21 PMLa scienza (forse) non è un'etica, anche se ha condizionato molte etiche moderne, comprese quelle religiose (nesso fra protestantesimo e pensiero scientifico, ad esempio).
Se l'etica ha origine nella natura, come sostiene Ipazia, e io sono d'accordo, non è però un origine diretta, ma mediata dalle nostre cosmologie, dove per cosmologia intendo l'idea che ci siamo fatti della natura, sia che la deriviamo dalla scienza, da una fede o altro.
Perchè si sviluppi un etica non è importante la fonte, ma la condivisione della fonte.
Penso che Darwin abbia innescato la nascita di una nuova etica che però non è giunta ancora a compimento.
In sostanza l'etica equivale a chiedersi: ''Come dobbiamo comportarci in base a ciò che sappiamo della natura, nella misura in cui condividiamo queste conoscenze?''
Qualcosa si muove, ma molto lentamente, immagino perchè la costruzione di un etica, anche nei tempi frenetici che viviamo, sia un processo intrinsecamente lento.
Le prime conseguenze che possiamo osservare sono l'animalismo, il ''vegeterianesimo'', il ''veganismo'', e tendenze simili, ma non inquadrate ancora in una visione coerente.

Se guardiamo la religione e l'evoluzionismo come cosmologie, non sono compatibili, perchè le cosmologie si escludono a vicenda.
Ma si può avere l'impressione che siano compatibili perchè convivono e convivono perchè le conseguenze etiche dell'evoluzionismo no sono state ancora portate alle estreme conseguenze..
Noi qui dovremmo cercare di immaginare quale etica compiuta possa derivare dall'evoluzionismo, ma credo che non abbiamo abbastanza coraggio per farlo, perchè anche se non c'è più l'inquisizione, rimane però una forma di autocensura.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

Se l'evoluzione è un processo di adattamento, un'etica fondata su di esso, dovrebbe portare a prediligere il PIÙ ADATTO/ADATTATO. È (senza accento) chi stabilisce chi è il più adatto? Il collegio dei saggi superadattati predecadenza psicofisica (perché poi diventerebbero i meno adatti)? È(senza accento) che farne dei meno adatti? Trastulli per i più adattati ?
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Ipazia

Citazione di: iano il 17 Luglio 2023, 02:40:19 AMSe l'etica ha origine nella natura, come sostiene Ipazia, e io sono d'accordo, non è però un origine diretta, ma mediata dalle nostre cosmologie, dove per cosmologia intendo l'idea che ci siamo fatti della natura, sia che la deriviamo dalla scienza, da una fede o altro.

Io derivo ethos da physis, indirettamente non per via cosmologica ma per via physica. Ovvero la presa d'atto della condizione del vivente a prescindere dalla cosmologia che l'ha originata. Ovvero:

CitazionePerchè si sviluppi un etica non è importante la fonte, ma la condivisione della fonte.


CitazionePenso che Darwin abbia innescato la nascita di una nuova etica che però non è giunta ancora a compimento.
In sostanza l'etica equivale a chiedersi: "Come dobbiamo comportarci in base a ciò che sappiamo della natura, nella misura in cui condividiamo queste conoscenze?"

Cerchiamo di salvare la pelle e goderci la vita per quel che dura (Epicuro e simili)

CitazioneQualcosa si muove, ma molto lentamente, immagino perchè la costruzione di un etica, anche nei tempi frenetici che viviamo, sia un processo intrinsecamente lento.
Le prime conseguenze che possiamo osservare sono l'animalismo, il ''vegeterianesimo'', il ''veganismo'', e tendenze simili, ma non inquadrate ancora in una visione coerente.

E nemmeno autonoma, ma assai eterodiretta dal Capitale verso la sua consueta mangiatoia.

CitazioneSe guardiamo la religione e l'evoluzionismo come cosmologie, non sono compatibili, perchè le cosmologie si escludono a vicenda.

Questo è vero, ma non sono le cosmologie a determinare l'etica. Al massimo vengono addomesticate per giustificare etiche mooolto di parte.

CitazioneMa si può avere l'impressione che siano compatibili perchè convivono e convivono perchè le conseguenze etiche dell'evoluzionismo no sono state ancora portate alle estreme conseguenze.

E' vero, ma non esente da pericoli...

CitazioneNoi qui dovremmo cercare di immaginare quale etica compiuta possa derivare dall'evoluzionismo, ma credo che non abbiamo abbastanza coraggio per farlo, perchè anche se non c'è più l'inquisizione, rimane però una forma di autocensura.

... di darwinismo sociale in versione aumentata transumanistica. Roba da rimpiangere la religione, le cui censure e angherie erano più facilmente aggirabili degli inumani grandi fratelli della contemporaneità.

L'evoluzionismo non produce alcuna etica umanamente accettabile. Dobbiamo cercare altrove, tra i paletti stretti dell'evoluzione, affinando le tecniche di conduzione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#49
Citazione di: Ipazia il 17 Luglio 2023, 23:35:13 PML'evoluzionismo non produce alcuna etica umanamente accettabile. Dobbiamo cercare altrove, tra i paletti stretti dell'evoluzione, affinando le tecniche di conduzione.
Dovrebbe essere un etica umana, ma non più incentrata sull'uomo, quindi incompatibile con ogni religione attuale.
Più che inaccettabile è inconfessabile, ma di fatto la si mette già in pratica, perchè non basta far finta di non sapere per scongiurare le conseguenze di quel che sappiamo.
Quel che sappiamo  , o quel che crediamo di sapere, magari scorrettamente, intendo per cosmologia
Non riesco più a immaginare una salvezza per l'uomo indipendente dalla salvezza della  vita sul pianeta, e tutto ciò non è  compatibile con una salvezza dell'uomo nell'al di là.
Non è che voglia mettere in discussione la fede, ma è arrivato il momento di porre la nostra fede su altro, prima che sia troppo tardi.
La capacità di credere resta, ed è fondamentale, ma ciò in cui si crede può cambiare.
Sentire ancora disquisire se solo l'uomo, o pure gli animali, abbiano un anima, è stucchevole e scoraggiante.
In quanto animale, da tutto  ciò mi sento offeso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

È impossibile avere un:etica condivisa. Ognuno di noi ha la propria visione del mondo . Visioni spesso agli antipodi una dall'altra e generalmente determinate dalle proprie passioni, anche intellettuali, e dai propri desideri. Sarebbe già un miracolo arrivare ad accettarci nella diversità. Cosa non facile perché ciò che ci è caro, e che determina in larga misura la nostra visione etica delle cose, viene "urtato" dalle visioni opposte e insorge dentro di noi, anche solo esteticamente, con quella voce Interiore che sembra dirci:"Che fai? Non mi difendi? Non ho nessun valore veramente per te, allora?". In questo dialogo interiore, tra aperture e chiusure, ambedue necessarie per non essere una banderuola al vento, e però per non diventare intransigente, prende forma la nostra morale personale, spesso diversa persino da quella dei nostri stessi familiari.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Ipazia

#51
Lascerei all'individualismo borghese l'idea dell'impossibilità di etiche condivise. La civilizzazione umana procede fin dal suo inizio sulla base di etiche condivise, finite poi nei codici giuridici, alla cui base stanno principi fondamentali sempre ricorrenti, che poi sono quelli delle tavole mosaiche per i comandamenti "immanenti".

L'obiezione è che ci sono eccezioni e frequenti derive imponenti, ma poi sempre lì si ritorna, e non è una fatto etico casuale.

L'errore più frequente è chiamare etica la non-etica. La differenza è facilmente verificabile: il non etico non vorrebbe fosse imposta, sulla sua persona, i suoi principi non-etici. Invece l'etico, sì.

Altro errore è confondere l'etica col gusto, mischiando il sacro col profano. L'etica ha un carattere imperativo e la sua trasgressione arreca gravi danni alla comunità, il gusto personale, no. Il confine tra i due è mobile ed una comunità è tanto più libera e felice quanto più restringe l'ambito etico ai valori esistenziali fondamentali (vita, salute, alimentazione, istruzione, uguaglianza, lavoro, ...) e lascia al libero gusto tutto il resto, (estetica, mitologie, visioni del mondo,...) finchè rimane nella dimensione del libero pensiero e della pratica individuale non prescrittiva.

Pensare un'etica non umana mi pare un ossimoro. Al massimo possiamo puntare ad un'etica non antropocentrica, ma gli animali non umani mostrano di infischiarsene allegramente dei diritti umani e quindi, da animali, siamo legittimati a fare altrettanto nei confronti loro, con un po' di etica in più (noblesse oblige) e tante paturnie in meno.

Rimane comunque fisso, e condiviso con ogni vivente, il fondamento etico naturale sul quale, questo sì, abbiamo molto da (re)imparare da altre forme viventi, ripulendo il mondo da tanta non-etica di orrenda fattura umana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#52
Citazione di: Ipazia il 18 Luglio 2023, 16:45:59 PMPensare un'etica non umana mi pare un ossimoro.
Equivale a modificare la nostra percezione di umanità, perchè  è da questa percezione comunque che si parte.
Non parlo però di una modifica da fare a tavolino, ma di prendere atto della propria percezione quando si modifica.
Non si può sopprimere fra i viventi il gioco delle parti, ma queste parti non sono definite una volta per tutte nel grande libro sacro.
Bisogna avere il coraggio di prendere atto della percezione della parti nel suo naturale modificarsi.
Chiediamoci cosa determina le parti e quindi la nostra percezione di esse.
Fermarsi alla morfologia, come ci ha insegnato Linneo, anche nella forma rafforzata proposta da Darwin per dirimere i contendenti, e financo alla certificazione odierna di un DNA identitario, è limitante.
Ciò che conta non è solo la forma più o meno codificata, visto che questa non è immutabile, ma la comunicazione fra individui, anch'essa mutevole, cioè la condivisione di un linguaggio allargando le maglie della definizione di linguaggio.
Più conosco gli uomini, dicono alcuni che pure si attengono al libro sacro, più apprezzo gli animali, e questo significa che in qualche modo che gli sfugge sono riusciti a comunicare con loro. Lo stesso fà quello che inveisce contro gli extra parte, quando fà eccezione per quello che è suo vicino di casa, perchè quello è veramente bravo, a dimostrazione che tutti quelli con cui riusciamo ad entrare in comunicazione, facendoli uscire dal pregiudizio, li sentiamo come nostra parte.
E' un modo contorto di dire che la loro percezione non è codificata una volta per tutte nel libro sacro, ma senza poterlo dire in modo diretto.
Questo sì che è un ossimoro.

A mia volta direi che, più conosco le conseguenze di possedere un anima, più desidero non possederla.
Se la vicinava innesca la comunicazione con ridefinizione delle parti, l'anima esclude a priori la comunicazione relegandoci  in un mondo a parte, nell'al di là, mentre questo và allegramente come và.
San Francesco parlava agli animali, e gli animali da sempre comunicano con noi.
Le lucertole nel mio giardino mi scrutano  senza pregiudizio e si fanno un idea di me al momento, entrando in contatto, e poi decidono cosa fare, là per là, se saremo loro parte oppure no.

Quando due esseri viventi si incontrano non si può mai sapere come andrà a finire, perchè è una storia non scritta ancora da nessuna parte.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Ipazia

L'uscita dall'antropocentrismo è la saggia presa d'atto della sovranità di physis, del nicciano spirito della terra. Il punto d'approdo di questa nuova consapevolezza è pur sempre umano, ma non troppo, al punto di impedire il dolce naufragar in questo mare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#54
Citazione di: Ipazia il 21 Luglio 2023, 07:10:25 AML'uscita dall'antropocentrismo è la saggia presa d'atto della sovranità di physis, del nicciano spirito della terra. Il punto d'approdo di questa nuova consapevolezza è pur sempre umano, ma non troppo, al punto di impedire il dolce naufragar in questo mare.
Essere antropocentrici è scontato, ma il come esserlo invece no.
Il centro si sposta evolvendosi.
Può convivere questo decentramento con la fisiologica esigenza di fissarlo?
In qualche modo l'ha sempre fatto, ma la scrittura ha complicato le cose, divenendo essa stessa il nuovo idolo.
Si crede alla scrittura in quanto tale, come fino a ieri si diceva ''l'hanno detto alla tv''.
La tecnologia, prima ancora che la scienza, informa  la stessa religione, quindi qualcosa di più di una convivenza, un matrimonio, e qualcosa di meno, perchè a un certo punto si separano, essendo che le tecnologie  diventano obsolete col tempo.
La gente legge sempre meno. I libri scendono dal piedistallo dell'idolatria, ma non vedo nuovi idoli salire.
I nuovi media più che suggerire una nuova religione promuovono un inflazione di nuovi profeti al momento.
Temo una religione diversa per ogni parrocchia.
La babele delle religioni.
La globalizzazione della comunicazione paradossalmente favorisce la creazione di isole di comunicazione, dalle quali puoi escludere chi non ti garba a priori, precludendoti la possibilità di incontrarlo senza volere, come può succedere nelle metropoli quando sconfini nel quartiere ''malfamato''.
Questo mancato incontro fà non poca differenza.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pensarbene

.parlando di psicologia della filosofia...io penso che l'idea di falsificazione di Popper sia invidia metodologica In molti casi le prove a favore sono più che sufficienti,quindi,una teoria basata sulle prove a favore genera,come dire,una invidia in chi non ha prove a favore sufficienti per la propria ipotesi o teoria.
Un quadro ben riuscito e uno così così non possono competere a meno che,l'autore del quadro così così non cerchi di dimostrare che,anche l'altro....insomma....
Io sono dell'idea che il contropelo non sia mai utile e in ogni caso!


davintro

Penso che evoluzionismo e religione possano essere incompatibili solo nella misura in cui i testi sacri vengono interpretati in modo ottusamente letterale (il primo esempio che viene in mente è la Genesi, ma ovviamente il discorso si può allargare a innumerevoli passi). Non a caso la diatriba creazionismo-evoluzionismo è un problema tipicamente anglosassone, americano, in una società dove proliferano gruppi protestanti che rifiutano ogni interpretazione metaforica o allegorica della Bibbia, interpretazione invece giustamente riconosciuta dalla Chiesa Cattolica, che invece riconosce l'evoluzionismo come dottrina non incompatibile col Magistero. Il richiamo all'interpretazione allegorica potrebbe apparire ad alcuni come un goffo ripiego in cui credenze smentite dai fatti della scienza cercano di salvarsi in calcio d'angolo rinunciando alla pretesa di tramandare in modo diretto ed esplicito fatti oggettivi nei loro scritti di riferimento. Personalmente la vedo all'opposto, il riconoscimento della metafora e dell'allegoria restituisce alla religione la sua originaria autenticità, quella di una dimensione che, proprio perché richiama al riconoscimento di una spiritualità trascendente ed eccedente rispetto alla materia, non potrebbe, in coerenza con ciò, affermare che il significato delle idee espresse nei testi (spirito) sia qualcosa di totalmente comprensibile a partire dalla semplice e meccanica lettura dei segni fisici in cui sono espresse (materia). Ciò implicherebbe  il rendere lo spirito, il significato, adeguato e commisurato alla materia, i segni fisici, cadendo in una posizione immanentista e materialista del tutto contraddittoria rispetto a ogni forma di religiosità. La metafora, l'allegoria restituisce il senso di un'ambiguità, di un ostacolo interpretativo conseguente invece allo scarto, all'irriducibilità del messaggio spirituale rispetto al linguaggio materiale, cioè preserva l'idea della trascendenza dello spirito sulla materia, aspetto fondante la religione, e dunque si pone come modello interpretativo del tutto coerente e conseguente con essa.

Solo, la Chiesa raccomanda di mantenere il riconoscimento della verità dell'evoluzionismo come riferito agli aspetti materiali ed esteriori della realtà, senza impattare su quello profondo e metafisico. Ciò non ha niente a che fare con un atteggiamento antiscientifico che pretenderebbe di imporre alla scienza dei limiti dall'esterno, al contrario è un richiamo al limite che è del tutto attinente alla scienza nella sua metodologia che, muovendo sempre a partire dall'esperienza dei sensi, relativi alla realtà materiale, non potrebbe in alcun modo pretendere di interferire col mondo metafisico per entrare in contraddizione con le posizioni che ad esso fanno riferimento, senza spezzare il legame con la sua base epistemica, i sensi. L'evoluzione mi parla di una serie di passaggi, di adattamenti che le diverse forme di vita hanno dovuto affrontare per realizzarsi progressivamente fino al punto con cui oggi le conosciamo, e ciò non ha nulla di incompatibile con l'idea che ogni anello della catena evoluzionistica non fosse già da sempre, sin dall'inizio dei tempi, pensato e progettato da una Mente divina che pensa e progetta al di sopra dei tempi e degli spazi. Se si parla di "caso", qualunque scienza seria, cosciente dei suoi limiti epistemici, non potrà che ammetterlo come nome per indicare ciò che sfugge, provvisoriamente o meno, al complesso attuale delle sue conoscenze (sempre formulabili all'interno di rapporti di causa-effetto), ma non certo alla negazione di una causalità di stampo metafisico. Questa negazione presupporrebbe la capacità di elevarsi al di sopra dei limiti della contingenza spazio-temporale per assolutizzarla e affermare che al di fuori del complesso di cause scientificamente riconoscibili non c'è nulla, cosa del tutto al di fuori dei limiti metodologici della scienza stessa, che per assolutizzare il proprio ambito di riferimento, lo spazio-tempo, dovrebbe porsi al di fuori del proprio approccio empirico. Qualunque principio causale la scienza riconosca come origine del movimento dell'evoluzione sarà sempre qualcosa la cui azione sarà inserita in un tempo e spazio determinato, senza che si potrà mai escludere l'ipotesi di un'altra causa antecedente in un tempo più remoto e in uno spazio ulteriore, essendo tempo e spazio entità numerabili, ed i numeri potenzialmente infiniti, senza poter interrompere in modo certo e definitivo il regresso all'infinito nell'individuazione delle cause. 

Ipazia

È comunque un modo di salvarsi in corner, lanciando la palla fuori dal campo dell'ontologia, dove la religione ha imperversato per millenni, verso il cielo delle ipotesi indimostrabili e infalsificabili.

Alla scienza bastano i suoi testi senza riferimento ai numi, cosa possibile solo a partire da un passato recente.

Sul regno dell'infalsificabile la scienza non ha nulla ha dire ed è opportuno che si astenga dalle uscite dal suo vaso.

La compatibilità sta quindi nella non invasione del campo altrui, nel rispetto del dualismo dei "saperi". 

Scegliendo ciascuno la mistura che gli è più congegnale nella sua pratica esistenziale, senza eteroimposizioni totalitarie.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Pensarbene

#58
perché la materia dovrebbe "evolvere"?
Si vede che le specie hanno una inspiegabile volontà di vivere!
A differenza della specie umana che sembra avere una altrettanto inspiegabile volontà di morire
In ogni caso la vita ha in sè una volontà di vivere comunque e dovunque,una volontà  trascendente,ostinata,cocciuta e determinata a vincere la morte.
Questo per le specie naturali,l',uomo ha perso ciò e cerca di compensarlo con la cultura e la tecnologia : i risultati poi parlano da soli.

 

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