Effetti avversi della Filosofia?

Aperto da Claudia K, 28 Marzo 2023, 13:51:59 PM

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anthonyi

Citazione di: Claudia K il 29 Marzo 2023, 21:07:12 PMAl massimo è un <segno> , non un <sintomo>, giacchè il paziente non ne ha alcuna cortezza e sentore.

Esattamente come avviene per l'iperglicemia nel diabete, causa disfunzionalità pancreatica.

Non essendo diabetologa (e neanche medico) non so neanche dirti se la medicina sia in grado di spiegare l'origine della disfunzione pancreatica. Di certo resta che l'iperglicemia è prova di disfunzionalità e che alla patologia che ne deriva è la medicina a porre rimedio, con terapie farmacologiche.

Non ho mai sentito dire che, se non si spiega l'origine della disfunzione pancreatica, la malattia diabete non sia curabile .
Nè è assolutamente detto che, conoscendone la causa, sarebbe possibile agire su quella, e nè tanto meno ho mai sentito che sia ipotizzabile l'origine psicologica del diabete, ad esempio quale somatizzazione autopunitiva del senso di colpa del diabetico per aver trafugato dolcetti da piccolo. 

Mentre, per retaggi atavici, la nostra cultura continua (abbastanza inspiegabilmente, ad oggi) nella mistica del cervello come "ultra-organo" ... (sebbene in qualunque reparto di neurochirurgia sappiano dirci, dopo aver preso una botta in testa e guardando solo la tac e la localizzazione dell'ematoma se è stato leso il centro della parola, o la memoria, o la vista....).

Non é per nulla qualcosa di mistico, e non c'entrano le funzioni del cervello. Il comportamento é un fatto sociale, e la patologia mentale si caratterizza come disturbo del comportamento. Poi certo il cervello può avere altri tipi di problemi, di tipo più fisiologico, e quelli certo li vedi con la tac. 
Mi sa che comunque abbiamo allargato troppo una questione che oltretutto é opinabile. 
La mia opinione é che nelle patologie mentali il ruolo dell'interazione sociale é fondamentale, tu non sei di questa opinione beh, me ne farò una ragione!  :)

Claudia K


Citazione di: anthonyi il 29 Marzo 2023, 23:26:31 PMIl comportamento é un fatto sociale, e la patologia mentale si caratterizza come disturbo del comportamento. Poi certo il cervello può avere altri tipi di problemi, di tipo più fisiologico, e quelli certo li vedi con la tac. 
Con la tac?  :-[
Con la tac puoi vedere i fatti acuti (ischemie) o neurogenerativi (demenze senili e affini) o gli esiti di eventi traumatici (ematomi da trauma). 
Certamente non vedi la bio-chimica-fisica dell'organismo umano, dalla tac. 
E siccome il cervello vive anche di questa...succede persino che un disintossicante epatico (non per caso, ma per la strettissima interdipendenza fisiologica tra fegato e cervello) riveli così portentosi effetti benefici da essere oggi più usato dagli psichiatri che dagli internisti...
Oggi va molto di moda parlare dell'intestino come "secondo cervello". 
Mentre dei trapiantati di cuore sembra essere stato accertato (da verificare l'attendibilità delle fonti, ma lo appresi seguendo un qualche documentario di fonte affidabile) , sembra essere stato accertato che...il trapiantato di cuore...dopo il trapianto sviluppi alcuni gusti che non erano mai stati suoi, ma che poi si scopre fossero del donante... 
Non mi interessa nè potrei stabilire priorità fra organi, ma forse è il caso di persuadersi che il cervello sia un organo con le sue tante interdipendenze con tutti gli altri organi dello stesso organismo, e che come tale : se da un lato è deputato alla elaborazione del pensiero e alla regolazione del comportamento...dall'altro assolve a tale funzione sia in forza degli stimoli ambientali e sia in forza delle caratteristiche funzionali/iperfunzionali/disfunzionali dell'organismo in cui vive. 

Aneddoto verificabile per alleggerire, proprio in tema di comportamento : il compianto Ugo Gregoretti narrò in un'intervista della sua defatigante epopea alla ricerca di un "ribaltamento comportamentale" che lo faceva sentire matto. 
In breve : si intratteneva spesso a pranzo fuori per lavoro e in compagnia da lui scelta come piacevole, in ristoranti che possiamo supporre ottimi. 
La compagnia si rivelava piacevole come da attese o anche di più. Cibi e bevande si rivelavano di pieno gradimento. 
Ma lui si alzava da quelle tavolate sentendosi intimamente trasfigurato e precisamente vivendosi come insofferente ed iracondo. Essendo consapevole che, almeno a livello cosciente, in quelle tavolate non avesse vissuto nulla che fosse meno che gratificante...cominciò a preoccuparsi e istintivamente la buttò sullo psicologico, evidentemente alla ricerca di quanto di inconscio lui patisse senza averne contezza. 
Sarò breve : cominciò il suo peregrinaggio in tentativo di "analisi", e dato il contesto e l'entourage possiamo ben presumere che abbia potuto rivolgersi a bei nomi. 
Nulla. Stallo totale. Mentre il fenomeno continuava a ripetersi regolarmente e con suo furore aggiuntivo dovuto all'inspiegabilità.
Sai chi gli diede risposta e soluzione al problema ? 
Il suo medico di base. Gli chiese semplicemente e anzitutto di riferire cosa ordinasse e consumasse in questi pranzi. 
Emerse la ricorrenza periodica fissa dei formaggi stagionati, che erano la sua passione. 
Enigma risolto, che di inconscio non aveva nulla di quanto inutimente cercato per luminari della psicoterapia : alcuni enzimi tipici dei formaggi stagionati (dove enzimi è mia traduzione a-tecnica e non saprei meglio precisarla) erano perfettamente idonei ad agire sul suo organismo...alterandone il comportamento contro ogni sua volontà! 
E infatti...bastò eliminare quei formaggi dalla sua dieta (benchè apprezzatissimi) per non avere più di quelle metamorfosi... 

davintro

Citazione di: Socrate78 il 28 Marzo 2023, 20:47:51 PMDel resto, se l'inconscio è appunto INCONSAPEVOLE, come si può pretendere di dire che cosa si trova in esso? Non sarebbe più inconscio, ma diventerebbe conscio! La psicologia stessa, introducendo l'idea che si possa far breccia nell'inconscio, va contro il principio logico di non contraddizione. Si dovrebbe avere invece dire con Wittgenstein che su ciò che per definizione non si può sapere occorre tacere e l'inconscio è proprio una realtà simile.
Su questo punto concordo molto, è un pensiero che ho sempre avuto anch'io. L'uso della categoria dell'inconscio, perlomeno preso nel senso più letterale del termine, condanna la psicologia a cadere nell'infalsificabilità, nell'arbitrarietà logica che deriva dall'attribuire delle proprietà a qualcosa che, proprio per definizione, non può essere conosciuto, perché fuori dai limiti del conscio. Tutto ciò non implica affatto che l'inconscio non esista, che non esistano zone oscure psichiche nelle quali l'autocoscienza non possa penetrare, ma solo che ci si dovrebbe limitare a considerare l'inconscio come un'idea limite regolativa, un pò alla stregua del noumeno kantiano. Sappiamo che c'è una zona d'ombra, l'inconscio, ma possiamo tematizzarla solo in negativo, trattandola per quel che non è, "semplicemente" ciò che sta oltre il piano di consapevolezza della nostra interiorità. Ragion per cui reputo preferibile un modello interpretativo della psiche non rigidamente dualistico dicotomico conscio-inconscio in cui si attribuiscano caratteristiche a entrambe le dimensioni, bensì "stratificato" in cui il discorso psicologico si sviluppi entro diversi livelli di coscienza più o meno luminosa, più o meno oscura, in base a quanto si scenda in profondità e quanto si renda difficile farsi attraversare dai raggi di attenzione e riflessione dell'Io, sempre ancorato in gran parte, per i bisogni pratici e materiali, a orientare l'interesse al mondo esterno e dunque limitato nell'autoconsapevolezza. Quello che la psicanalisi freudiana attribuirebbe all'inconscio, potrebbe in questo modello rientrare pur sempre nell'ambito della coscienza (altrimenti come potrei esserne consapevole?), ma a dei livelli di oscurità e profondità che li rendono più difficilmente (ma mai al punto di un'assoluta impossibilità) attraversabili dalla luce riflessa dell'Io. Insomma, distinguere il piano della coscienza inteso come complesso di contenuti potenzialmente a disposizione della nostra conoscenza da quello più ristretto dell'attenzione e della riflessione esplicita attuale prodotti dell'Io, livello molto più limitato.

daniele22

Se un amico affetto da disagio psichico mi chiedesse consiglio su testi da consultare gli darei un Linus forse, ma proprio se l'avessi lì a portata di mano. Non gli consiglierei alcun testo perché riterrei che abbia probabilmente più bisogno di risposte che di domande, e un testo è fondamentalmente muto. Cioè, parla, ma non può essere interrotto da domande che hanno sicuramente due basi scatenanti: primo la traduzione del pensiero esposto pure se è della stessa lingua del lettore e secondo, domande perché si avrebbe bisogno di una disambiguazione, oppure che riflettono una contrarietà che non può risolversi per certo. Questa mancanza si potrebbe in parte compensare discutendo il testo col terapeuta .... chissà dove arriva il conto, sempre ammesso che il terapeuta sia d'accordo.
Detto ciò non penso che la filosofia produca malanni essendo un campo del sapere umano. Semmai sarà chi la strumentalizza a propri fini, come lo si fa con la scienza del resto, e magari tra questi manipolatori può cascarci pure qualche additato filosofo. Seguendo comunque il filone "più filosofia" bisognerebbe innanzitutto fare un distinguo tra conoscenza della storia della filosofia e atteggiamento filosofico. Sarei quindi propenso a dire che sarebbe quest'ultimo a doversi esprimere assecondando il "più filosofia". Io ho fatto il liceo scientifico e ho molte lacune in storia della filosofia, ma non è che mi sfuggano i problemi filosofici. Dico ... non ci vuole mica molto a farsi un'idea. D'altra parte, l'atteggiamento filosofico non è cosa che si trovi facilmente per strada giacché richiederebbe, a mio giudizio, un senso di distacco dalla mondanità intesa questa come espressione del proprio lavoro/professione e non quindi come espressione di mera socialità. Sarebbe tale distacco, da ascriversi ad una propensione individuale e non certo collettiva, a permettere al filosofo di osservare il mondo come quasi lo vedesse da fuori e a cercare di trovare risposta a quella che riterrei essere la domanda filosofica per eccellenza, cioè ... Chi siamo? E' poi naturale che ognuno che non abbia un atteggiamento filosofico possa avere domande di natura esistenziale diverse che corrispondono a filosofie diverse nella pratica, ma costui dovrà pure rendersi conto che siamo tutti sempre in difetto, filosofo compreso, e questo difetto a rigor di logica si dovrebbe pagare prima o dopo. A chi si paga? A chi possiede meno difetti, ovviamente, e questo assecondando la logica democratica, fermo restando che l'ecumenizzazione si risolve solo rispondendo al "Chi siamo?"
Un saluto

Ipazia

Difficile falsificare l'inconscio senza falsificare i sogni. Possiamo dire che l'interpretazione freudiana non è esaustiva, ma la distinzione tra vita cosciente e onirica non è stata risolta da alcuna diversa teoria. Freud ci ha riflettuto e lavorato sopra.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Claudia K

Citazione di: Ipazia il 31 Marzo 2023, 12:20:36 PMPossiamo dire che l'interpretazione freudiana non è esaustiva, ma la distinzione tra vita cosciente e onirica non è stata risolta da alcuna diversa teoria. Freud ci ha riflettuto e lavorato sopra.
In effetti non è stata "risolta" da nessuna teoria. 
Freud ci ha riflettuto e lavorato sopra, secondo propria visione che - come direbbe Davintro - è tutta collocata nelle immnese praterie  della infalsificabilità.  

Ipazia

Il fenomeno esiste nella sua duplicità, quindi mi aspetto che la scienza dia risposte scientifiche. Altrimenti che (cono)scienza è ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Socrate78

Per quanto riguarda il fatto che la filosofia possa essere deleteria per chi è alle prese con difficoltà psichiche e peggiorare la loro condizione, io rispondo che dipende molto dai filosofi a cui ci si dedica: ad esempio Aristotele ha descritto nell'Etica Nicomachea un modello di virtù basato sull'EQUILIBRIO, in cui ogni virtù si trova su un punto di equilibrio tra due diversi errori, dei quali uno pecca per eccesso e l'altro per difetto. Ad esempio il coraggio deve rifuggire sia l'eccesso della temerarietà (l'essere coraggiosi ma incosciente ed affrontare ogni pericolo senza misurare le conseguenze dei propri atti) che il difetto della viltà. Così per la generosità, bisogna evitare sia l'eccesso della prodigalità (dare troppo) sia l'avarizia. Ora, una visione del genere favorisce od ostacola l'equilibrio psichico? Io direi che leggere l'etica di Aristotele possa essere un ottimo mezzo per correggere personalità disturbate, che peccano appunto per eccesso o difetto (eccesso o assenza di empatia/compassione, di orgoglio, di stima di sé e degli altri, di coraggio, ecc.) e in questo modo la filosofia può essere un valido ausilio alla guarigione psichica. Non solo, anche l'etica degli stoici che si basa sul concetto di imperturbabilità di fronte alle passioni e considera il saggio colui che non dà importanza a tutto ciò che non dipende comunque da lui, può essere un valido mezzo per uscire da situazioni in cui la personalità è fragile, vulnerabile al mondo esterno, come accade nei disturbi d'ansia generalizzati ad esempio, in molte fobie, nel disturbo dipendente di personalità.  Quindi come vedete, il tutto dipende dai filosofi, certo che se un malato psichico dovesse mettersi a meditare Nietzsche dubito anch'io che possa guarire (ma tutto è possibile), ma esistono molti altri autori che al contrario vanno nella direzione di dare chiarezza all'anima e non confusione.

davintro

Citazione di: Ipazia il 31 Marzo 2023, 12:20:36 PMDifficile falsificare l'inconscio senza falsificare i sogni. Possiamo dire che l'interpretazione freudiana non è esaustiva, ma la distinzione tra vita cosciente e onirica non è stata risolta da alcuna diversa teoria. Freud ci ha riflettuto e lavorato sopra.
Perché non considerare i sogni una manifestazione di un livello di coscienza, per quanto più profondo e sfuggente per l'Io riflettente e "razionale"? Dopotutto, se intendiamo fenomenologicamente per coscienza il complesso degli atti di esperienza entro cui diamo un significato a dei contenuti fenomenici, allora il sogno rientra in questo tipo di esperienza. Nei sogni speriamo, abbiamo paura, ragioniamo, c'è un livello di coscienza intenzionale entro cui i contenuti percepiti hanno un senso per noi. Inoltre i sogni possono essere ricordati, e questo non sarebbe possibile se i loro contenuti non restassero una risorsa disponibile per la nostra mente, seppur spesso richiamabili alla memoria con un certo sforzo ed esercizio, invece che considerati in una dimensione separata rispetto alla coscienza. E la stessa interpretazione dei sogni è possibile nella misura in cui la memoria (facoltà della coscienza) li trattiene, cioè interpretiamo qualcosa a condizione che i contenuti rientrino nella coscienza. Non solo i contenuti, ma anche il soggetto interpretante: l'interpretazione è comunque sempre un atteggiamento analitico producibile da un soggetto cosciente. Chi interpreta i sogni non lo fa mentre dorme o è in trance, è vigile e cosciente e i risultati dell'interpretazione rientrano all'interno delle possibilità di una coscienza, dell'uso delle categorie della coscienza. La mia impressione, per quel poco che ho letto di Freud, è che il suo errore sia stato che nel tracciare la dicotomia inconscio-conscio abbia presupposto un'accezione della coscienza troppo ristretta, limitata alla razionalità, a ciò entro cui giudichiamo la realtà per come è (principio di realtà). In questo senso nei sogni, in cui riteniamo reali cose che non lo sono, fuoriuscirebbero dai limiti di coscienza. Ma questa è una definizione di coscienza che forse poteva in parte essere accettabile per un razionalista alla Cartesio, ma già non per un Husserl. Nella fenomenologia la coscienza è ciò che emerge proprio nel momento in cui smetto di pormi il problema di giudicare la realtà nei suoi aspetti di realtà, limitandomi ad avvertire e descrivere i fenomeni per come appaiono, mettendo tra parentesi il giudizio di corrispondenza o non-corrispondenza con la realtà extra-mentale. Allora la coscienza comprenderà tra i suoi vissuti anche atti come ricordi, empatia, percezioni, potenziali allucinazioni, tutto ciò a cui attribuisco un senso indipendentemente dal ritenere reali i loro contenuti. Ed ecco che allora anche i sogni rientreranno a pieno titolo in essa. 

Claudia K

Citazione di: Socrate78 il 31 Marzo 2023, 16:26:21 PMtutto dipende dai filosofi, certo che se un malato psichico dovesse mettersi a meditare Nietzsche dubito anch'io che possa guarire (ma tutto è possibile), ma esistono molti altri autori che al contrario vanno nella direzione di dare chiarezza all'anima e non confusione.
In parte sì, ma anche in parte no. 
I problemi maggiori  li vedo nel fatto che comunque la filosofia ti chiama ad un pensare e iper-pensare in funzione "sistematica", tale per cui se questo avviene sulle basi di una centratura già carente (e poi magari sulla assenza di basi di Storia della Filosofia) il rischio della tangente cerevellotica diventa più che possibile. 

daniele22

Citazione di: davintro il 31 Marzo 2023, 17:36:17 PMPerché non considerare i sogni una manifestazione di un livello di coscienza, per quanto più profondo e sfuggente per l'Io riflettente e "razionale"? Dopotutto, se intendiamo fenomenologicamente per coscienza il complesso degli atti di esperienza entro cui diamo un significato a dei contenuti fenomenici, allora il sogno rientra in questo tipo di esperienza. Nei sogni speriamo, abbiamo paura, ragioniamo, c'è un livello di coscienza intenzionale entro cui i contenuti percepiti hanno un senso per noi. Inoltre i sogni possono essere ricordati, e questo non sarebbe possibile se i loro contenuti non restassero una risorsa disponibile per la nostra mente, seppur spesso richiamabili alla memoria con un certo sforzo ed esercizio, invece che considerati in una dimensione separata rispetto alla coscienza. E la stessa interpretazione dei sogni è possibile nella misura in cui la memoria (facoltà della coscienza) li trattiene, cioè interpretiamo qualcosa a condizione che i contenuti rientrino nella coscienza. Non solo i contenuti, ma anche il soggetto interpretante: l'interpretazione è comunque sempre un atteggiamento analitico producibile da un soggetto cosciente. Chi interpreta i sogni non lo fa mentre dorme o è in trance, è vigile e cosciente e i risultati dell'interpretazione rientrano all'interno delle possibilità di una coscienza, dell'uso delle categorie della coscienza. La mia impressione, per quel poco che ho letto di Freud, è che il suo errore sia stato che nel tracciare la dicotomia inconscio-conscio abbia presupposto un'accezione della coscienza troppo ristretta, limitata alla razionalità, a ciò entro cui giudichiamo la realtà per come è (principio di realtà). In questo senso nei sogni, in cui riteniamo reali cose che non lo sono, fuoriuscirebbero dai limiti di coscienza. Ma questa è una definizione di coscienza che forse poteva in parte essere accettabile per un razionalista alla Cartesio, ma già non per un Husserl. Nella fenomenologia la coscienza è ciò che emerge proprio nel momento in cui smetto di pormi il problema di giudicare la realtà nei suoi aspetti di realtà, limitandomi ad avvertire e descrivere i fenomeni per come appaiono, mettendo tra parentesi il giudizio di corrispondenza o non-corrispondenza con la realtà extra-mentale. Allora la coscienza comprenderà tra i suoi vissuti anche atti come ricordi, empatia, percezioni, potenziali allucinazioni, tutto ciò a cui attribuisco un senso indipendentemente dal ritenere reali i loro contenuti. Ed ecco che allora anche i sogni rientreranno a pieno titolo in essa.
Ciao, premesso che nulla so di psicologia mi trovo il linea col tuo pensiero, a parte qualche descrizione che dai del sogno in particolare del ragionamento. Mi piace pure la posizione filosofica di Husserl per quel poco che di lui conosco. Comunque, quando parli dell'errore che secondo te compie Freud mi chiedo come Freud abbia tracciato questa dicotomia. Nel senso che, partendo dall'impronta genetica come polo dell'inconscio, accadrebbero in successione la gestazione, il parto, e la strutturazione dell'io. In questo intervallo mi vien da dire ingenuamente che vi sarebbe una evidente commistione tra conscio e inconscio. Una curiosità, che tu sappia, secondo la psicologia, o Freud, qual è il metro per definire se un bambino possiede un io completo? Un saluto

davintro

Citazione di: daniele22 il 31 Marzo 2023, 21:07:13 PM
Ciao, premesso che nulla so di psicologia mi trovo il linea col tuo pensiero, a parte qualche descrizione che dai del sogno in particolare del ragionamento. Mi piace pure la posizione filosofica di Husserl per quel poco che di lui conosco. Comunque, quando parli dell'errore che secondo te compie Freud mi chiedo come Freud abbia tracciato questa dicotomia. Nel senso che, partendo dall'impronta genetica come polo dell'inconscio, accadrebbero in successione la gestazione, il parto, e la strutturazione dell'io. In questo intervallo mi vien da dire ingenuamente che vi sarebbe una evidente commistione tra conscio e inconscio. Una curiosità, che tu sappia, secondo la psicologia, o Freud, qual è il metro per definire se un bambino possiede un io completo? Un saluto

Riguardo la psicologia, sarebbe un piano troppo generale per poter dare un giudizio. Su Freud non saprei dire, quel poco che ho letto non riguardava il tema della pedagogia. Mi pare indicasse diverse fasi per lo sviluppo normale del bambino, che corrispondono a diverse localizzazioni corporee del piacere sessuale, dalla fase orale, a quella anale a quella genitale, fino al complesso di edipo per gli uomini e l'invidia del pene per le donne. Non credo che per la psicanalisi freudiana alcun bambino in quanto tale possa mai identificarsi con un "Io completo". La completezza dell'Io passa, questo lo ricordo dall'Introduzione alla Psicanalisi, per la progressiva consapevolezza da parte della psicanalisi dell'inconscio, di modo da allargare sempre di più i confini della coscienza, e sottoporre i "territori" dell'inconscio sotto il controllo dell'Io razionale (ad esempio su questo ci sono sfumature diverse in Jung) ed è evidente che ciò è possibile solo per un individuo in età matura. Si può parlare di normale corso di crescita attraverso varie fasi, ma non di un Io completo per un bambino, quello è un obiettivo alla portata di adulti. Non so quanto sia riuscito a risponderti.

daniele22

Citazione di: davintro il 31 Marzo 2023, 22:48:56 PMRiguardo la psicologia, sarebbe un piano troppo generale per poter dare un giudizio. Su Freud non saprei dire, quel poco che ho letto non riguardava il tema della pedagogia. Mi pare indicasse diverse fasi per lo sviluppo normale del bambino, che corrispondono a diverse localizzazioni corporee del piacere sessuale, dalla fase orale, a quella anale a quella genitale, fino al complesso di edipo per gli uomini e l'invidia del pene per le donne. Non credo che per la psicanalisi freudiana alcun bambino in quanto tale possa mai identificarsi con un "Io completo". La completezza dell'Io passa, questo lo ricordo dall'Introduzione alla Psicanalisi, per la progressiva consapevolezza da parte della psicanalisi dell'inconscio, di modo da allargare sempre di più i confini della coscienza, e sottoporre i "territori" dell'inconscio sotto il controllo dell'Io razionale (ad esempio su questo ci sono sfumature diverse in Jung) ed è evidente che ciò è possibile solo per un individuo in età matura. Si può parlare di normale corso di crescita attraverso varie fasi, ma non di un Io completo per un bambino, quello è un obiettivo alla portata di adulti. Non so quanto sia riuscito a risponderti.
Ciao, ti dirò in verità che io faccio solo delle osservazioni di ordine filosofico in ragione di quel poco o nulla che so di psicologia ... diciamo che so che uno psichiatra è un medico e uno psicologo no. Ti chiedevo quindi di un "io" completo, maturo, ben strutturato, perché secondo me il limite tra l'inconscio e il conscio lo situerei nel periodo in cui il bambino conquista, rendendosi dunque in tal modo "maturo", l'uso completo e abbastanza appropriato della sintassi/morfologia della nostra lingua; il che consisterebbe nel suo punto apicale saper maneggiare verbalmente sia i termini e la sintassi verbale che riguardano la cognizione del tempo umano ... tra un mese, cinque minuti fa, dopodomani e soprattutto l'uso del periodo ipotetico. Tenderei quindi a pensare che dal momento della gestazione, forse da quello della nascita, vi sia un vissuto che si compenetra di conscio ed inconscio con una polarità rappresentata quindi dall' "io" maturo, visto pure, qualora si dovesse ascrivere al linguaggio una notazione particolare in questo senso, che la comunicazione linguistica si attua comunque, anche in assenza di reciproca comprensione, e da parte del neonato pure di consapevolezza del proprio "parlare"; e tutto questo naturalmente fin dal momento della nascita. E il bambino comunque impara pure non sapendo di imparare
Un saluto

Socrate78

Sulla psichiatria e sul suo statuto di scienza si possono anche fare molte osservazioni critiche. Ad esempio sono stati fatti studi clinici con centinaia di volontari a cui è stata somministrata una dieta in cui non compariva l'amminoacido triptofano, da cui viene sintetizzata la serotonina. Questi studi sono stati fatti per verificare o falsificare la teoria secondo cui la depressione dipendeva, come causa, da un deficit di serotonina all'interno del cervello. Ma le centinaia di cavie, nonostante fosse stato loro indotto un drastico calo della serotonina con una dieta ad hoc, non hanno manifestato il minimo sintomo di depressione. Se ne deduce che la teoria secondo cui la depressione è causata da deficit di serotonina è stata FALSIFICATA sperimentalmente, ma non se ne parla a dovere perché questa smentita andrebbe contro gli interessi delle case farmaceutiche che appunto vendono gli antidepressivi che si basano quasi tutti su un meccanismo che incrementa la serotonina nel cervello. Ne consegue anche che i depressi che mostrano beneficio dagli antidepressivi mostrano tali benefici principalmente per un effetto PLACEBO, infatti alla Columbia University sono stati fatti altri studi in cui il medico invece di somministrare l'antidepressivo dava altre pillole (non antidepressive) ai pazienti cavia, come un sedativo, ma i pazienti mostravano miglioramenti dell'umore ugualmente, miglioravano soltanto perché ci credevano, punto. Inoltre gli effetti collaterali di tutti gli psicofarmaci sono gravissimi e paradossali, gli antidepressivi ad esempio causano un peggioramento con rischio suicidio della depressione nel 20% dei soggetti in cura (è tanto), si calcola che i giovani tra i 15 e i 30 anni sottoposti a cura con antidepressivi siano più inclini a compiere atti violenti come aggressioni, stupri, omicidi, ma di questo non si parla, sempre per gli sporchi interessi delle case farmaceutiche, che secondo me in quanto a cinismo non hanno nulla da invidiare a chi si dedica al traffico di armi.  Ormai va di moda che appena ci si sente giù di corda per qualcosa come ad esempio un lutto, lo psichiatra prescrive subito l'antidepressivo come panacea di tutti i mali, e così si diventa dipendenti, schiavi del farmaco e a volte si sta peggio di prima.
Gli antipsicotici (anche se sono purtroppo necessari) hanno pure effetti collaterali molto gravi, causano infatti il rimpicciolimento della massa cerebrale con aumento del rischio di demenza, sindrome Parkinsoniana, discinesia tardiva con tic e movimenti involontari, ipertensione arteriosa, diabete, obesità, aumento del rischio di morte e diminuzione drastica dell'aspettativa di vita. Gli antipsicotici infatti causano quella che viene definita "lobotomia chimica", uno spegnimento chimico delle funzioni cognitive ottenuto con i farmaci e non con la chirurgia. E' scienza questa?

Claudia K

Citazione di: Socrate78 il 01 Aprile 2023, 22:12:01 PME' scienza questa?
Probabilmente dipende anche molto da come ce la raccontiamo (noi a noi stessi). 
Che gli antidepressivi SSRI possano slatentizzare aggressività e istinti suicidi negli adolescenti...è proprio scritto nei rispettivi bugiardini, ad esempio. Quindi non è affato vero che "nessuno lo dice, pur di venderli". 
Tanto quanto gli antipsicotici potranno senza dubbio avere i loro effetti avversi (e come sempre dichiarati), ma certo resta che evitino una bella cifra di morti immediate e da horror, come quelle che molti psicotici - in loro mancanza - infliggerebbero a se stessi o al prossimo. 

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