Il paradosso del "raddoppiamento della sfera"

Aperto da Eutidemo, 25 Febbraio 2023, 12:00:17 PM

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iano

#30
Citazione di: Phil il 26 Febbraio 2023, 14:54:58 PMDa un segmento è possibile prelevare punti in modo da poter "produrre" un secondo segmento di uguale lunghezza? Concettualmente sì (correggetemi se sbaglio), perché i punti di un segmento sono infiniti, quindi possiamo prelevar punti all'infinito e costruire il segmento-doppione, ma nella realtà il segmento bidimensionale nemmeno esiste (così come il punto o l'infinità di rette che lo attraversano).
Questo è un problema interessante in sè ,e non sò se si può fare, ma quello che posso dire con certezza è che, se si potesse fare, e se il segmento di partenza fosse continuo, i due segmenti ottenuti non lo sarebbero, e quindi otterremmo tipi diversi di segmento.
Si porrebbe comunque anche qui un problema di ''scelta''.
Per poter prelevare infiniti punti devo scegliere prima quali prelevare e quali lasciare, ma tale scelta non sarebbe del tutto libera, perchè condizionata dal fatto che devo poter indicare la mia scelta e che non a tutti i punti riesco a dare un nome, e non per il fatto che sono infiniti.
Quindi, non si può fare secondo me, a meno che non si assuma come assioma di poterlo fare, e questo è propriamente l'assioma di scelta di Zermelo, credo.
Laddove invece la scelta si possa indicare (prelevare i punti cui posso dare nome ''numeri naturali'' ad esempio) otterrei segmenti oltre che discontinui di diversa lunghezza, perchè uno mantiene la lunghezza di partenza, e l'altro ha lunghezza zero.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Citazione di: bobmax il 26 Febbraio 2023, 14:47:10 PMEutidemo, nella non misurabilità è implicito l'infinito.
Perché è non misurabile ciò che non ha fine.
Non importa se perché infinitamente grande o infinitamente piccolo.
Il punto, altro non è che infinitamente piccolo.
Ciò che il nichilista matematico non riesce a comprendere è che l'infinito, non importa se grande o piccolo, non esiste.

È interessante inoltre a mio avviso considerare, che niente è mai davvero misurabile.
Cioè pure il finito in realtà non esiste.
Tuttavia, che esista è una premessa necessaria, sebbene non vera.
Dovremmo fermarci lì, assumendo reale il finito sebbene non lo sia.
E invece ci siamo imbarcati nella pretesa di rendere reale persino l'infinito!
Nichilismo.

Anche la "bellezza" non è "misurabile", ma non per questo è "infinita"(quantomeno, non lo è certo la mia);  ed anche se ciò che è "finito" in "realtà" non esiste, tuttavia a livello fenomenico è senz'altro "misurabile".
P.S.
Mi scuso per le troppe virgolette, ma qui ci volevano!


iano

#32
Citazione di: Phil il 26 Febbraio 2023, 14:54:58 PMTrovo che la ragionevole istanza di Eutidemo di poter usare il coltello per l'esperimento matematico tocchi il fulcro della questione: la matematica è solo uno strumento per la comprensione astratta del mondo
Diciamo che i punti di vista fra i matematici sono diversi come è giusto che sia.
La matematica ''del coltello' è certamente ragionevole, ma non perciò è ragionevole dare per scontato che essa sia ''la matematica''.
Ma allora come facciamo intenderci quando parliamo di matematica?
Ognuno deve prima dichiarare la propria appartenenza?
L'importante è capire che il metodo applicato dai matematici per fare matematica è unico, ma dalla sua applicazione derivano diverse discipline matematiche, tutte ugualmente ragionevoli.
Voler fare poi una classifica di merito fra le varie discipline, in base ad esempio alla loro applicabilità è fuorviante secondo me.
Questo potrebbe impedirci ad esempio psicologicamente di trattare l'infinito matematico se non vi è un corrispettivo infinito reale.
Così magari se Newton si fosse fatto condizionare da ciò non avrebbe sviluppato la sua teoria fisica, perchè essa è un applicazione degli infiniti e infinitesimi matematici.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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bobmax

Citazione di: Eutidemo il 26 Febbraio 2023, 16:20:43 PM
Anche la "bellezza" non è "misurabile", ma non per questo è "infinita"(quantomeno, non lo è certo la mia);  ed anche se ciò che è "finito" in "realtà" non esiste, tuttavia a livello fenomenico è senz'altro "misurabile".
P.S.
Mi scuso per le troppe virgolette, ma qui ci volevano!

Ma la misurazione avviene utilizzando ciò che si considera finito.

Ogni misura fonda la sua verità sulla finitezza della unità che utilizza.

Poiché ogni finito sfuma nell'infinito della propria inevitabile indeterminazione, pure la misura è solo una approssimazione.
Niente è mai davvero misurabile.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Bobmax :)
Tutto dipende da cosa intendono Hausdorff-Banach-Tarski per "pezzi non misurabili".
Ed infatti, come avevo osservato nel mio topic iniziale, esistono molti "solidi irregolari", cioè entità non tipiche, come un "sasso" o qualsiasi altro "oggetto privo di una determinata forma geometrica", i quali, pur essendo "oggetti finiti" (che non sfumano minimamente nell'"infinito"), non possiedono nessuna qualità tipica che li renda "misurabili" in modo universale ed oggettivo; ad esempio come si fa per un cubo, elevando alla terza potenza la lunghezza del lato di uno qualsiasi dei quadrati che formano le sue facciate.
Qual è, invece, la formula matematica per "misurare" ciascuna di queste pietre?
***
Però, come ho detto, cosa intendano Hausdorff-Banach-Tarski per "pezzi non misurabili", non è molto chiaro; l'unica cosa certa è che non si tratta di "punti" (che sono davvero "infiniti" in qualsiasi sfera).
***
Un saluto! :)
***

bobmax

Citazione di: Eutidemo il 27 Febbraio 2023, 05:28:02 AMesistono molti "solidi irregolari", cioè entità non tipiche, come un "sasso" o qualsiasi altro "oggetto privo di una determinata forma geometrica", i quali, pur essendo "oggetti finiti" (che non sfumano minimamente nell'"infinito")

Il finito è solo una astrazione, nella realtà niente è mai davvero finito.
Finito e infinito si rimandano l'un l'altro, in un gioco senza fine, ma in se stessi non esistono.

Questa è la realtà.
Poi vi è la astrazione matematica...
Astrazione necessaria ma che non è verità.

Che il finito non esista lo si può constatare provando a misurarlo. Non si potrà mai completare la misura, ma occorrerà sempre fermarsi prima.
L'errore è inevitabile.
Infatti la misura richiederebbe di accedere all'infinito.

Un altra prova della non esistenza del finito è data dal movimento.
Se il finito fosse davvero tale, nulla potrebbe muoversi.

E certo che il tuo sasso esiste!
Ma, appunto, non è finito.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2023, 09:29:50 AMIl finito è solo una astrazione, nella realtà niente è mai davvero finito.
Finito e infinito si rimandano l'un l'altro, in un gioco senza fine, ma in se stessi non esistono.

Questa è la realtà.
Poi vi è la astrazione matematica...
Astrazione necessaria ma che non è verità.

Che il finito non esista lo si può constatare provando a misurarlo. Non si potrà mai completare la misura, ma occorrerà sempre fermarsi prima.
L'errore è inevitabile.
Infatti la misura richiederebbe di accedere all'infinito.

Un altra prova della non esistenza del finito è data dal movimento.
Se il finito fosse davvero tale, nulla potrebbe muoversi.

E certo che il tuo sasso esiste!
Ma, appunto, non è finito.

Sono d'accordo con te che il sasso è solo un illusorio epifenomeno dell'ESSERE infinito; però, sotto il suo aspetto fenomenologico, è senz'altro una entità dai confini ben definiti e delimitati.
Come tutto il resto, d'altronde!

bobmax

Citazione di: Eutidemo il 27 Febbraio 2023, 10:41:39 AMSono d'accordo con te che il sasso è solo un illusorio epifenomeno dell'ESSERE infinito; però, sotto il suo aspetto fenomenologico, è senz'altro una entità dai confini ben definiti e delimitati.
Come tutto il resto, d'altronde!

No, il sasso non ha affatto confini ben definiti e delimitati.

Che li abbia è solo una sua semplificazione.
L'indeterminatezza è intrinseca ovunque.

Non vi è nulla, nessun fenomeno, che sia davvero finito.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#38
Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2023, 11:04:14 AMNo, il sasso non ha affatto confini ben definiti e delimitati.

Che li abbia è solo una sua semplificazione.
L'indeterminatezza è intrinseca ovunque.

Non vi è nulla, nessun fenomeno, che sia davvero finito.
Concordo.
Tuttavia grazie alla matematica possiamo assegnare un confine di comodo in senso funzionale, in base cioè a quale sperimentazione che coinvolge il sasso possiamo fare.E una volta fatto ciò ,seppure il confine viene stabilito in modo convenzionale non vi è alcuna indeterminazione. O forse si?
vediamo di dare una possibile risposta a questo quesito.

L'indeterminazione intrinsecano che chiami in causa è un altra cosa, ed è relativa ai limiti delle misure, e non del misurato. Finché non siamo noi a stabilirlo in modo convenzionale un sasso teoricamente ha gli stessi confini dell'universo.
Possiamo dire quindi che il sasso ha un confine quando lo vediamo, e questo confine è l'insieme dei punti in cui si riflette l'onda elettromagnetica nel range del visibile, e un altro confine quando lo tocchiamo, che è l'insieme dei punti oltre i quali la nostra pelle non và perchè contrastata dalla forza elettrica che , presente nel sasso, a noi si oppone .
il sasso quindi non ha un volume in sè, ma ha il volume che noi decidiamo in modo ragionevole in base alla nostra sperimentazione su esso.
A questo punto, una volta digerita la convenzionalità del confine del sasso, dovremmo aspettarci almeno, che il sasso abbia un volume preciso.
Dipende, perchè qui si aprono due strade.
Si potrebbe dire che ogni figura geometrica abbia una sua misura dimensionale intrinseca, come di solito sei intende, o si potrebbe dire che ce l'ha solo se, almeno in via teorica possiamo fare questa misura.
In altri termini, può sempre saltare fuori il puntiglioso di turno che dice: affermi che abbia una misura, dimostramelo giungendo a quella misura.
Il problema adesso diventa: come si fà a giungere alla misura?
Chi si incarica di dimostrarlo deve dare adesso una definizione di misura, prima di metterla in atto.
Il paradosso in discussione di fatto illustra che il problema della misura in matematica non è banale, e se andate su internet trovate diverse trattazioni che usano tanti di quei simboli strani che di solito respingono i più, quei più di cui noi siamo buoni rappresentanti.
Si capisce da ciò comunque quantomeno che l'indeterminazione della misura fisica  e il problema della misurabilità in matematica sono due cose che non hanno nulla a che spartire fra loro.
Ma una volta che chi si è assunto il compito della dimostrazione di cui sopra, dopo che abbia definito come si faccia a misurare una lunghezza, un volume, o simili, potrebbe accorgersi che non di tutto riuscirà a calcolare la misura, e non nel senso che ciò sia tanto difficoltoso da risultare di fatto impossibile, ma nel senso che non è possibile in base alla definizione di misura che lui ha dato.

Dove è allora il paradosso, per le nostre povere frullate menti che sperano di trovare diletto nell'affrontarlo?
Nel fatto che da un lato diamo per scontato che ogni cosa abbia la sua misura, anche se non la conosciamo, e dall'altro lato c'è qualcuno che ci dice che partendo da una sfera misurabile, e passando per una sua dissezione in parti non misurabili, possa giungersi , ricomponendole a qualcosa di ancora misurabile, ma con diversa misura da quella di  partenza.
Alla fine se da questa discussione dobbiamo imparare qualcosa è che non possiamo dare sempre per scontato cose che di solito non generano problemi, ma che possono generarli.
In matematica le cose non stanno in modo tanto diverso dalla nostra vita di tutti i giorni, nel senso che si accettano compromessi e li si mantengono finché non si decide che creino problemi inaccettabili.
E sembrerà starno, ma l'assioma della scelta di Zermelo ha provocato finora ai matematici più benefici che problemi, per cui, almeno al momento hanno deciso di tenerselo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#39
In conclusione, il credere che ogni cosa abbia una misura intrinseca, nel momento i cui decidessimo di trovare quella misura potremmo avere difficoltà di due tipi, una relativa, nel senso che abbiamo difficoltà nel trovarla, l'altra assoluta, nel senso che non c'è.
Però quel ''non c'è'' è da intendersi relativamente a cosa intendiamo di volta in volta per misura, e che non c'è un modo univoco di intenderla.
Per cui in base a una definizione di misura qualcosa potrebbe avere una misura, e in base a un a un altra non averla.
Se accettiamo l'assioma della scelta la misura è una cosa, se non lo accettiamo è un altra cosa.
Ma sopratutto non si può sindacare né chi lo accetta né chi non lo accetta.
Il paradosso in discussione dovrebbe dissuadere i matematici dall'accettarlo, ma altre motivazioni che noi non conosciamo pesano diversamente sulla loro scelta.
Il consiglio che mi sento di dare è di  non dare un valore alla matematica in base alla sua dimostrata applicabilità.
Per quanto riguarda l'infinitesimo e l'infinito usati da Newton per andare sulla luna, non dovremmo formalizzarci sul fatto che ci appaiono come un ippogrifo, ma sul fatto se quell'ippogrifo ci ha portati sulla luna oppure no.
Non è che l'essere riusciti ad andare sulla luna dimostri che l'ippogrifo esiste,( o quantomeno il problema di esistenza qui si dimostrerà essere fuori luogo), ma dimostra solo che è utile fare uso degli ippogrifi.
Morale della favola: conviene usare il concetto di esistenza con più elasticità di quanto finora abbiamo fatto, perchè è una di quelle cose che ci viene naturale dare per scontate, ma che scontate del tutto non sono mai.
Quello che conta è che qualunque concetto che usiamo ci serva per andare avanti, e quando smette questa funzione può essere ben rivisitato.
Questo può apparirci destabilizzante, ma scordatevi di poter andare avanti senza correre rischi, tanto è vero che quelli che non vogliono correre rischi non hanno altro da proporre che fermarsi, quando non addirittura tornare indietro.
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iano

#40
Citazione di: Eutidemo il 27 Febbraio 2023, 10:41:39 AMSono d'accordo con te che il sasso è solo un illusorio epifenomeno dell'ESSERE infinito; però, sotto il suo aspetto fenomenologico, è senz'altro una entità dai confini ben definiti e delimitati.
Come tutto il resto, d'altronde!
E infatti questo è quello che appunto diamo per scontato, ma che scontato non è.
Perchè anche quando i confini sono ben definiti, e non foss'altro perchè li abbiamo stabiliti arbitrariamente, fila tutto liscio, finché non decidiamo di associare una misura a quei confini.
Sembra starno, ma il paradosso in discussione ci dice proprio questo.
Ci dice che in sostanza se per fare la misura usiamo la matematica del coltello il paradosso sparisce, ma se usiamo altre matematiche il paradosso potrebbe presentarsi.
Quindi Eutidemo, insieme agli autori del paradosso si chiedono perchè mai non dovremmo limitarci ad usare la matematica del coltello?
Credo perchè se lo avessimo fatto non si sarebbero sviluppate branche della matematica che hanno avuto e/o potrebbero avere applicazioni cui diversamente dovremmo rinunciare,dicendoci contenti e beati di limitarci a tagliare e spalmare il nostro burro.  ;D
Nelle varie presentazioni che ho trovato in rete del paradosso non ne ho trovato una che avesse il solo scopo finale di stupire, fine a se stesso, anche se tale potrebbe apparirci quando giocoforza siamo costretti a saltare passaggi per noi incomprensibili, ma lo scopo, attraverso lo stupore generato, di invogliare ad approfondire lo studio della matematica, attraverso il quale si potrà scoprire che tutto ciò che diamo per scontato, ben guardare, scontato non vi è mai.
In altri termini non vi è mai nulla di ovvio, ma semmai c'è la necessità di considerare ovvie certe cose, che di fatto saranno tali fino a prova contraria, come ad esempio quando queste ovvietà conducono a paradossi.
a quel punto non ci resta che mantenere o rifiutare le nostre ovvietà in base alla valutazione soggettiva di quanti problemi ci provochino realmente quei paradossi.
O almeno così mi pare di aver capito che fanno i matematici, per cui quella materia, la matematica, che si favoleggia come perfetta e pura, in effetti presenta ai matematici gli stessi problemi che si presentano noi nella vita di tutti i giorni, la quale richiede sempre compromessi fra i quali dover scegliere.
L'assioma della scelta, in un modo o nell'altro ci riguarda tutti.
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bobmax

Citazione di: iano il 27 Febbraio 2023, 12:11:41 PML'indeterminazione intrinseca che chiami in causa è un altra cosa, ed è relativa ai limiti delle misure, e non del misurato.

Il limite è sia nella misura sia nel misurato.
Perché l'errore è intrinseco nello strumento di misura e pure nell'oggetto misurato.

Infatti è lo stesso concetto di finito ad essere astratto e non corrispondente alla realtà.
La misura, basandosi sul finito, non può che anch'essa essere fallace.

La matematica viene dopo, sia del concetto di finito sia di quello di misura.
E quando la matematica non si rende conto di queste dipendenze... allora si immagina di attualizzare l'infinito!

E così non fa che delirare.
Come il paradosso mostra inequivocabilmente.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#42
Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2023, 13:50:07 PMIl limite è sia nella misura sia nel misurato.
Perché l'errore è intrinseco nello strumento di misura e pure nell'oggetto misurato.

Infatti è lo stesso concetto di finito ad essere astratto e non corrispondente alla realtà.
La misura, basandosi sul finito, non può che anch'essa essere fallace.

La matematica viene dopo, sia del concetto di finito sia di quello di misura,
E quando la matematica non si rende conto di queste dipendenze... allora si immagina di attualizzare l'infinito!

E così non fa che delirare.
Come il paradosso mostra inequivocabilmente.
Il concetto di finito non corrisponde alla realtà, ma si applica alla realtà.
Non credo esistano concetti che corrispondano alla realtà, ma siamo noi che applicandoli glieli facciamo convenzionalmente corrispondere.
Ciò che può fuorviare  è che non sempre abbiamo coscienza della convenzionale corrispondenza, ed eviterei di avventurarmi a dire cosa viene prima e dopo.
Il paradosso non ci dice che il limite è  nel misurato, né nella misura,  come limite dello strumento di misura , ma nella definizione di misura , per cui relativamente a quella definizione le cose risultano avere una misura oppure no.
Il paradosso di una palla che diventa due palle ci ha distratti dai veri paradossi, che sono due, uno simmetrico all'altro:
1.Si può sezionare ciò che ha misura in parti, in numero finito o infinito, che non hanno misura
2.Si possono comporre parti senza misura, in numero finito o infinito, a formare ciò che ha misura.

Inevitabile non convergere su tutto, ma è singolare come leggendo alcuni tuoi post, ti sento come quello più vicino alle mie idee, e leggendone altri come il più distante.
Sul fatto che l'essere non abbia precisi confini convergiamo, ma divergiamo sulle conseguenze filosofiche, che per te sono sempre catastrofiche e per me mai.
Per quanto mi sforzi non riesco a vedere alcun delirio.
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: iano il 27 Febbraio 2023, 14:28:20 PMIl concetto di finito non corrisponde alla realtà, ma si applica alla realtà.
Non credo esistano concetti che corrispondano alla realtà, ma siamo noi che applicandoli glieli facciamo convenzionalmente corrispondere.
Ciò che può fuorviare  è che non sempre abbiamo coscienza della convenzionale corrispondenza, ed eviterei di avventurarmi a dire cosa viene prima e dopo.
Il paradosso non ci dice che il limite è  nel misurato, né nella misura,  come limite dello strumento di misura , ma nella definizione di misura , per cui relativamente a quella definizione le cose risultano avere una misura oppure no.
Il paradosso di una palla che diventa due palle ci ha distratti dai veri paradossi, che sono due, uno simmetrico all'altro:
1.Si può sezionare ciò che ha misura in parti, in numero finito o infinito, che non hanno misura
2.Si possono comporre parti senza misura, in numero finito o infinito, a formare ciò che ha misura.

Inevitabile non convergere su tutto, ma è singolare come leggendo alcuni tuoi post, ti sento come quello più vicino alle mie idee, e leggendone altri come il più distante.
Sul fatto che l'essere non abbia precisi confini convergiamo, ma divergiamo sulle conseguenze filosofiche, che per te sono sempre catastrofiche e per me mai.
Per quanto mi sforzi non riesco a vedere alcun delirio.

Ritengo che tra di noi vi sia una distanza forse incolmabile.
E che ciò non dipenda neppure da idee diverse, ma proprio dal differente approccio alla verità.

Nel senso, che mentre per me è indispensabile la fede nella Verità, nel tuo caso la verità è inessenziale, come tu stesso continuamente affermi.
Questo comporta che io avverta un movimento caotico nelle tue parole.
Uno sparare a casaccio, un sentire non maturato, perché tanto di gioco si tratta. Di modo che "casualmente" alcune affermazioni possono pure coincidere con le mie.
Ma nulla di più.

Infatti il paradosso dimostra l'assurdità dei tuoi punti 1 e 2.
Cioè non li conferma affatto come tu invece vorresti.
Siamo l'un l'altro agli antipodi.

E neppure le mie considerazioni sono catastrofiche, anzi tutt'altro.
Ma evidentemente a te così paiono perché, appunto, dal tuo punto di vista la verità è inessenziale.

A questo punto, a prescindere se si concordi o meno con la mia disamina, direi che tra noi vi è veramente poco da discutere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2023, 16:23:43 PMRitengo che tra di noi vi sia una distanza forse incolmabile.
E che ciò non dipenda neppure da idee diverse, ma proprio dal differente approccio alla verità.

Nel senso, che mentre per me è indispensabile la fede nella Verità, nel tuo caso la verità è inessenziale, come tu stesso continuamente affermi.
Questo comporta che io avverta un movimento caotico nelle tue parole.
Uno sparare a casaccio, un sentire non maturato, perché tanto di gioco si tratta. Di modo che "casualmente" alcune affermazioni possono pure coincidere con le mie.
Ma nulla di più.

Infatti il paradosso dimostra l'assurdità dei tuoi punti 1 e 2.
Cioè non li conferma affatto come tu invece vorresti.
Siamo l'un l'altro agli antipodi.

E neppure le mie considerazioni sono catastrofiche, anzi tutt'altro.
Ma evidentemente a te così paiono perché, appunto, dal tuo punto di vista la verità è inessenziale.

A questo punto, a prescindere se si concordi o meno con la mia disamina, direi che tra noi vi è veramente poco da discutere.
Ok. Con dispiacere prendo atto del tuo desiderio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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