I motivi per non credere in una religione

Aperto da Jacopus, 04 Febbraio 2023, 15:03:39 PM

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Alexander

#15
Buona sera a tutti

Penso che la difficoltà a credere sia legata alla presenza del dolore nell'esistenza umana, di più se è un dolore definito come innocente. E' questa la lama che taglia la nostra anima e su cui stiamo in equilibrio incerti o cadiamo. Nessuno perde la fede in Dio perché un chierico pederasta insidia i giovani seminaristi o collegiali, ma la può tranquillamente perdere di fronte al dolore senza speranza di un bimbo, per esempio. Il dramma della sofferenza, la teodicea, porta sempre alla ricerca e al confrontarsi interiormente con l'idea che ci siamo fatti di Dio. Se è il caso di passare cioè ad una fede meno superficiale o allontanarsi e rifiutarla. Anche il rifiuto però, a meno di essere persone insensibili, fredde o superficiali non placa il cuore. Cercare l'oppio del piacere, per dimenticare la sofferenza, propria o altrui , dura il tempo di una giovinezza e di una buona salute, che prima o poi se ne va. E il dramma dell'esistenza è sempre là, senza risposta

P.S. Bisogna poi considerare che le religioni sono molto diverse fra loro: diverse premesse, diverso humus culturale, diverse finalità, ecc. Ci sono molti punti d'incontro ma anche grosse difficoltà ad equipararle, come la storia dell'ecumenismo insegna.

Jacopus

Buonasera a te Alexander. Tocchi un punto importante. La divinità è forse stata la risposta per dare un senso di giustizia e di armonia alla vita umana, a homo sapiens, che da qualche decina di migliaia di anni ha iniziato a farsi delle domande riflessive che prima della "cacciata" non poteva farsi. Il senso morale e di giustizia è innato in tutti i mammiferi ed anche negli uccelli, ma nei mammiferi è chiarissimo ed è ancora più chiaro nei primati. Sono ormai a disposizione in tutte le varie piattaforme social molti esempi di questo tipo. Ciò perché abbiamo sviluppato stati affettivi ed emotivi che ci collegano l'un l'altro e tendiamo a dare importanza all'equità.
Tornando al tema, Primo Levi dichiarava che dopo Auschwitz non era più possibile credere in Dio, proprio per l'enormità della ingiustizia inflitta. Ciò non fece di Primo Levi un delinquente, smentendo così il motto di Dostoevskij secondo il quale "senza Dio tutto è permesso". Ma oltre al bisogno di credere in Dio, le comunità religiose sono anche e soprattutto altro, sono appunto "comunità". Durkheim imputava proprio al decadimento delle tradizioni religiose nella Francia di un secolo e mezzo fa, l'anomia, la freddezza e la solitudine delle società moderne. A molte persone religiose riconosco questo spirito di comunità e sono rimasti solo loro, poiché l'alternativa altrettanto comunitaria della sinistra si è liquefatta sulle spiagge di Capalbio. Queste persone le considero dei sinceri operatori di bene che si riconoscono però in una logica malsana, ovvero quella delle opere buone fatte per una ricompensa ultraterrena. Ma come dice Bob, il bene è ricompensa in sè. Il mondo potrebbe essere diverso se ci riconoscessimo come comunità, senza per questo dover sottostare ad una autorità tirannica, sia essa mondana o ultramondana?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Claudia K

Citazione di: Jacopus il 04 Febbraio 2023, 23:11:42 PMil bene è ricompensa in sè. Il mondo potrebbe essere diverso se ci riconoscessimo come comunità, senza per questo dover sottostare ad una autorità tirannica, sia essa mondana o ultramondana?
E (chiedo) ci possono essere dubbi su questo? 

niko

#18
Ma pensare che fare il "bene" soddisfi i bisogni di autoaffermazione, riproduzione, edonismo ed empatia tanto della specie quanto dell'individuo no?

Come, del resto, fare tante altre e meno nobili cose e attivita'?

Io non vedo in giro tutti questi automi gelidi che fanno il bene perche' il bene e' ricompensa a se stesso, perche' Dio e' l'Uno e altri teologismi e misticismi vari; io vedo invece uomini, individui in carne ed ossa che, quando a mio giudizio fanno il bene, -il gesto altruistico, il dono gratuito di se' eccetera- ne' ricavano comunque un piacere, piu' o meno fisico, emotivo o sublimato che sia.

Anzi, faccio di piu' che vederlo: lo sperimento nel mio caso, e penso che valga per gli altri.

Quandio provo empatia, che secondo me e' alla base del bene, sento il dolore dell'altro e voglio toglierlo.

Punto e basta, togliere quel dolore, che sento nell'altro, lo toglie a me, quindi e' nel mio interesse e nel mio piacere in senso piu' o meno lato toglierlo. Non ho bisogno di atteggiarmi a disinteressato o santo.

Si fa il bene per empatia e dal farlo se ne ricava un piacere, e proprio l'empatia porta a quel minimo di fiducia per cui si puo' ragionevolmente pensare che anche gli altri viventi, un certe fortunate e fortunose situazioni, faranno il bene per ricavarne un piacere. E magari, in certe fortunatissime, situazioni, proprio il nostro, di bene.

E questo nesso tra bene, piacere, empatia, e questa percezione del nesso tra bene e piacere anche negli altri grazie all'empatia stessa e' un altro argomento fondamentale che io posso portare contro le religioni tradizionali e la loro etica: laddove conosco, non ho bisogno di credere.

La COMUNE e' la realta' a
originaria e innegabile dei desideri e degli intetessi umani spontaneamente e da sempre non in conflitto e anzi realizzabili solo cooperativamente, non un sacrificio da porre sull'altare della pelosa parola: "COMUNITA' ".

Una volta meditato profondamente il significato del male morale, del crimine, della colpa eccetera, e' possibile ricondurlo alla realta' piu' comprensiva e generale del dolore e della sofferenza.

Il male nel senso di male morale, (e quindi il delitto, l'offesa all'altro, la trasgressione che costa sudore e tremore prima o dopo l'aver trasgredito...) e' un "sottotipo" del "tipo" piu' vasto dell'umana, e non solo, sofferenza in generale, non e' una realtà a sé.

Il male e' male perche' fa male. Prima o poi si paga. Si paga con la colpa, con la vergogna, con la vendetta, con la paura, con l'usura e la solitudine che conseguono al potere, ma si paga. Non esistono malvagi felici. Cosi' come non esiste libero arbitrio.

E una volta contemplato sfociare il relativamente piccolo fiume del male morale nel grande mare dell'umana sofferenza, il contrario del male -il cosiddetto bene- e' sempre e solo il contrario della sofferenza: la gioia, la felicita' e il piacere.

Che non sono l'oppio per fuggire il male, ma la giusta, e cioe' immanente risposta ad esso.

Bene e male sono solo due ingannevoli  parole ma in fondo e' solo la distanza infinita di una mediazione che ci allontana.

Uomini che hanno lo stesso OGGETTO del desiderio sono in guerra, uomini che hanno lo stesso DESIDERIO sono in pace.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Kobayashi

Una ragione di allontanamento dalla Chiesa è la rappresentazione della fede come insieme di posizioni dottrinarie. Un'accentuazione dell'elemento teorico-dottrinario che si è consolidato nel corso del confronto con l'illuminismo, e che ha iniziato a sfumare solo con il Vaticano II.
È chiaro che essere credente non significa solo acconsentire ad una serie di posizioni teoriche, ma abbracciare un certo modo di vivere radicalmente diverso da quello cui il mondo ci costringe ad assumere.

Su Auschwitz dico questo: dopo di esso non è che non si può più credere in Dio; non si può più credere ad una certa rappresentazione di Dio, cui, per la verità, ben pochi anche prima credevano, ovvero un Dio onnipotente che interviene nella storia umana con atti di forza.
La storia di Gesù mi sembra chiara: incarnazione di Dio comunque soggetta alla violenza e alla morte. Che tuttavia nella risurrezione mostra che il divino, anche se più fragile di quanto ci si immaginava, non può essere del tutto cancellato dall'uomo, e continuerà a intrecciarsi con la sua storia richiamandolo a se'.
E paradossalmente proprio nell'esperienza del male, intendo il male originato dall'uomo, si può sentire questo richiamo, perché il male è sempre accompagnato dalla menzogna, ad Auschwitz fin dal cancello di entrata, per cui non si passa solo attraverso la sofferenza ma anche attraverso la falsificazione, la menzogna, che rimandano inevitabilmente al loro contrario, la verità dell'uomo.

baylham

Perché le religioni sono patetici, ridicoli monumenti di sapienza costruiti sull'ignoranza.

Ci sono problemi esistenziali, filosofici, irrisolvibili, che non hanno strutturalmente, logicamente soluzione, misteri appunto. Basta ammettere onestamente la propria ignoranza come fece Socrate, piuttosto che rendersi ridicoli. Platone invece è il filosofo adatto per i religiosi, soprattutto col suo mito della caverna.

Ipazia

#21
Citazione di: Kobayashi il 05 Febbraio 2023, 10:52:45 AMSu Auschwitz dico questo: dopo di esso non è che non si può più credere in Dio; non si può più credere ad una certa rappresentazione di Dio, cui, per la verità, ben pochi anche prima credevano, ovvero un Dio onnipotente che interviene nella storia umana con atti di forza.
La storia di Gesù mi sembra chiara: incarnazione di Dio comunque soggetta alla violenza e alla morte. Che tuttavia nella risurrezione mostra che il divino, anche se più fragile di quanto ci si immaginava, non può essere del tutto cancellato dall'uomo, e continuerà a intrecciarsi con la sua storia richiamandolo a se'.

Le vicende di Cristo le ha convertite in religione Paolo. E fu un capolavoro, perchè trasformare un crocefisso in un dio, anzi nel figlio del dio unico, denominato Dio, è un miracolo antropologico che non era riuscito a nessuno prima di lui (anche se ricalca qualcosa di Dioniso, uno tra tanti) e fece inorridire gli ortodossi dell'ebraismo, che aspettavano un condottiero di nome Messia.

Del resto a cosa servono i numi se non a farci vincere la guerra contro i nemici, la cattiva sorte e la morte ?

Con Costantino verrà pure il momento del dio vincente degli eserciti - in hoc signo vinces - passaggio necessario per la definitiva consacrazione storica. Ma intanto il doppio binario era stato tracciato: un dio dei perdenti e dei vincenti, degli schiavi e dei padroni, buono per tutte le stagioni e tutte le classi sociali, modulando la novella secondo la bisogna. Chapeau.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Non credo in Dio perchè non ho mai registrato intellettualmente qualcosa che potesse suggerire una -provenienza, ispirazione etc..etc- da parte di qualcosa di sovrumano, qualsiasi cosa sia venuto a contatto riguardo Dio, non mi ha mai convinto di avere una radice trascendentale, ma anzi, è spesso talmente umana troppo umana da essere ridicola nel suo voler apparire altrimenti, senso del ridicolo che abbiamo nel tempo dimenticato per via dell'assuefazione, ma che non impedisce di apprezzare il valore di certe idee o azioni nella storia e nel presente riguardo una determinata tradizione spirituale.

Purtuttavia, anche se mi accorgessi dell'esistenza di Dio, probabilmente non aderirei comunque ad una religione, riconosco il valore sociale e culturale di una religione, ma non quello spirituale, penso che non esistano "percorsi collettivi" per l'anima, così come non esistono sedute psichiatriche di massa, se esistono, devono sfruttare gigantesche e raffazzonate smussature di ogni particolarità di concetto per adeguarsi ad un minimo comun denominatore, preferisco raccogliere ciò che trovo lungo la strada da solo, senza limitazioni sociali e ritualistiche.

Non ritengo validi gli argomenti "utilitaristici" riguardo alla religione,"argomenti flebo", ogni giorno c'è una religione nuova che rompe l'uovo e prova a sopravvivere, ogni giorno mille ne muoiono, alcune lasciano dei pezzi, altre vengono assimilate, altre dannate.. è un panorama pieno di vitalità, un continuo ribollire, l'attività religiosa umana non è limitata alle cinque grandi del periodo assiale, la minaccia Doestojeskiana del mondo senza Dio è un ricatto intellettuale senza fondamento, la morale continuerà a plasmarsi e riformarsi finchè l'uomo avrà vita, scartando il male  e tenendo il bene, e io sono molto curioso riguardo cosa mostra il presente e ci riserva il futuro, anche se riconosco il valore del passato per meglio capirlo. In questo senso credo sicuramente in più di una religione, ma mai in senso spirituale, solo culturale.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

atomista non pentito

Semplicemente perché cio' che "favoleggiano" le religioni contrasta con quanto sperimentiamo continuamente. Questo e' il motivo per non credere , lo stesso motivo per cui dopo una certa eta' non si crede piu' a gesu' bambino o al fatto che il lupo si sia mangiato la nonna attendendo cappuccetto rosso. Evidentemente chi ci crede ha un'altra percezione del tutto. ( non dico che sia sbagliata dico diversa , intendendo diversa dalla mia)

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