La "scelta" "di credere o di non credere".

Aperto da Eutidemo, 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM

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anthonyi

Citazione di: Jacopus il 22 Gennaio 2023, 17:59:14 PMIl discorso è partito solo dalla tua proposta di far studiare le credenze religiose a qualche evoluzionista ( il che potrebbe anche essere accaduto: vedi alla voce Frans der Waal : il bonobo e l'ateo, cortina editore.)
Guarda che si tratta di un problema molto serio, c'era il libro di vallortigara, "nati per credere" mi sembra fosse il titolo, che presentava al riguardo una sua tesi evoluzionistica, anche se a me non mi convinceva.
Riuscire a spiegare la ragione biologica Dell'esistenza della religione nella cultura umana dovrebbe essere il punto di partenza di chi voglia sostenere il non essere ontologico del mondo spirituale. 

niko

A me sembra, senza offesa per nessuno, che la religione diffonda principalmente il servilismo e il "buon senso" di non rompere troppo le scatole ai potenti, quindi mi sembra anche che essa, in un mondo duro e REALE, stabilizzato dalle innovazioni (agricole, statuali e in generale abitative) del neolitico, dove gli schiavi e in generale i sottoposti che osavano ribellarsi all'ordine costituito tendenzialmente morivano -ammazzati- sia stata cosa MOLTO adattiva.

Dio non e' a sua volta religioso, come nessun uomo abbastanza potente e prepotente da poter fondare presso il suo gruppo umano di riferimento un'etica, o una legge, non e' a sua volta legalista, o etico.

Come non lo e' il leviatano hobbesiano. Che incarna solo l'illusione di trasformare un'interazione contrastata umana a somma zero, in un'interazione libera umana a somma positiva.

Possiamo vincere tutti, se ci identifichiamo nel vincitore.

Ben lungi dall'essere una provocazione, la mia vuole essere una posizione modernamente materialistica, che insieme al primato della materia, affermi anche il primato dell'INTERPERSONALE, di quello che succede tra due o piu' persone in carne ed ossa, non solo sull'intrapsichico, sul dialogo interiore, ma anche sullo spirituale in genere.

L'uomo, e la sua educazione condizionate.

Non ti ribellare al potente, vuol dire non ti ribellare a te stesso.

Ottieni una vita sicura in uno sfondo di leggi e prassi umane date per scontate.

Ogni schiavo e' padrone del proprio corpo.

Io, senza pretendere di stare simpatico (intellettualmente s'intende  :)  ) a nessun umanista o spiritualusta, penso la coscienza come contropartita per la sottomissione ai potenti, agli emergenti nella competizione interumana.

La paga di Giuda, e il prolungamento virtuale delle gerarchie reali, che rende penultimi gli ultimi, mentalizzando gli ultimi come se essi, nel corso del processo stesso di civilizzazione, fossero divenuti i fatidici "fantasmi nella macchina", ed evocandone magicamente gli umani corpi, disciplinati -e quindi disponibili al controllo, al platonico pilotaggio- come nuovi ultimi.

L'ambiente disciplinare umano e' un ambiente dove i corpi sono i servi dei servi, e lo sono perche' le menti e le volonta', sono serve.

La coscienza, l'orgoglio dell'uomo che lo distingue dalle bestie, una volta disvelata e deideologizzata e' solo il ragionier Fantozzi, e' solo l'eterna condizione di intermedio che ne fonda la gerarchia.

Il potere che non eserciti sugli altri, per rinuncia o per paura, e' potere che eserciti sul tuo corpo.

Primato dell'affermazione sulla negazione.

Nesso tra morale sevile e volonta' di potenza.

Alla luce del quale io leggo la religione, e non solo quella.

Voler essere sovrani sull'altro, in carne ed ossa, e' piu' su sublime, che voler essere sovrani sulla morte e sulla natura.

Svincolarsi dalla sovranita' dell'altro e' piu' sublime, che svincolarsi dalla sovranita' della morte e della natura.

Le favole belle, come quelle dell'immortalita' in forma religiosa, il paradiso eccetera, appagano anzie ataviche di fronte all'assurdo della condizione sociale umana e della violenza interumana, molto piu' di quanto appaghino anzie di fronte alla morte e ai pericoli naturali.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Citazione di: Kobayashi il 22 Gennaio 2023, 15:55:14 PMAttenzione a non semplificare.
Ci sono tre momenti distinti:
1) l'origine della fede (la conversione): evento senz'altro esistenziale più che attinente la conoscenza;
2) la decisione di dare seguito o di non dare seguito all'evento conversione;
3) il fatto inevitabile di dover dare conto a se stessi sulla credibilità, ragionevolezza e sensatezza di ciò in cui si crede.

Il credente, anche se alimenta la propria religiosità tramite prassi, non può mai evitare di interrogarsi su di essa.
Il terzo momento è quello "fatale" dell'agnosticismo: nel momento in cui il credente sente come «inevitabile il dover dar conto a se stesso» (non a Dio) della credibilità della propria fede, l'ha già persa... (e magari temporeggia perché non se la sente di elaborare il solito lutto di cui sopra). Se ci si erge a giudici della fede, con anche solo la possibilità di ritenerla indegna di essere creduta (o, come accade sempre più spesso, la si personalizza con postille, asterischi ed interpretazioni personali) allora la fede religiosa non è più tale, ma diventa fede senza religione, o al massimo fede con religione "fatta in casa" (liberamente ispirata a quelle storiche).
Niente di nuovo dai tempi del medioevo: se la fede cerca appoggio fuori da sé, come già detto, sceglie di entrare in un campo minato dove non ha nulla da guadagnare in termini di credibilità. Basterebbe solo aver fede e godere dei suoi effetti positivi (in fondo, come diceva qualcuno «per la fede non c'è rimedio e non c'è ragione...»); se non se ne è capaci, per spirito critico o altro, il tentativo di compromesso teorico è spesso ancor più "debole" e fallace del dogmatismo da cui parte, perché non ne ha né la storia, da strumentalizzare ad hoc, né maggiore plausibilità empirica, non potendosi basare su rivelazioni o (pre)supposti eventi di contatto fra terra e Cielo.

Sulla quantità di atei nel mondo, lo trovo un dato piuttosto irrilevante, soprattutto se letto storicamente. Quali sono i criteri per interpretarlo? Che "la maggioranza ha ragione", come all'epoca in cui la maggioranza credeva in assurdità? Ovviamente no. Se gli atei fossero il 99% degli umani, ciò scalfirebbe di un solo capello (a proposito di rasoi) l'infalsificabilità dell'esistenza di Dio? Ovviamente no. E se diecimila anni fa, gli uomini forse erano tutti atei o al massimo animisti o panpsichisti, poi sono diventati tutti religiosi ed ora forse stanno tornando atei e "quantisticamente animisti", significa qualcosa in termini biologico-evolutivi? Probabilmente no; tuttavia sul rapporto fra fede ed evoluzione, basta rivolgersi anche superficialmente all'antropologia culturale, alla psicologia, etc. che hanno già dato risposte chiare e collaudate: la paura di morire è innata nell'uomo, come l'avversione per la perdita, il bisogno gruppale di essere guidato (v. anche ricerca di "senso"), il voler trovare una spiegazione a ciò che lo stupisce, il cercare riscatto (o più selvaggiamente vendetta) sociale e non (come segnalato da Niko), etc. su questa radice istintuale e neuro-biologica, secondo me (e magari sbaglio), si basa lo sviluppo della storia della fede, elevata alla capacità di astrazione tipicamente umana e alla potenza di tradizioni, culti e culture sedimentate nei secoli.

anthonyi

Citazione di: Phil il 22 Gennaio 2023, 21:07:33 PM; tuttavia sul rapporto fra fede ed evoluzione, basta rivolgersi anche superficialmente all'antropologia culturale, alla psicologia, etc. che hanno già dato risposte chiare e collaudate: la paura di morire è innata nell'uomo, come l'avversione per la perdita, il bisogno gruppale di essere guidato (v. anche ricerca di "senso"), 
L'idea di una fede consolatoria rispetto alle sofferenze non é una risposta esplicativa in senso evoluzionistico. Tutti noi abbiamo meccanismi di senso che ci producono dolore, e che hanno senso evoluzionistico proprio in questo perché ci impediscono di compiere movimenti per noi dannosi, anche la paura di morire ha lo stesso senso evoluzionistico, mentre il "credere" di non morire, o di continuare a vivere dopo la morte non ne ha alcuno e contrasta con la paura di morire che invece senso evoluzionistico ne ha. 

Phil

Direi di non idolatrare troppo nemmeno l'evoluzionismo, soprattutto sovraccaricandolo di senso e finalismo (quasi fosse un "progetto divino"). La fede come consolazione ha senso "evoluzionisticamente" tanto quanto ce l'ha lo sviluppo della medicina: l'uomo cerca per sua natura di non soffrire e avendo una psiche oltre che un corpo, cerca di lenire anche quel tipo di sofferenze. Avendo paura istintiva della morte ed essendo dotato di capacità concettuali-astrattive, è inevitabile che prima o poi, qualcuno, da qualche parte, "sconfigga" la paura della morte teorizzando un "aldilà", esorcizzando l'apparente irrimediabilità del decesso. Prima di essere ingranaggio di evoluzionismo millenario, l'uomo è uomo individualmente.

Pio

#215
Citazione di: Phil il 22 Gennaio 2023, 21:07:33 PMIl terzo momento è quello "fatale" dell'agnosticismo: nel momento in cui il credente sente come «inevitabile il dover dar conto a se stesso» (non a Dio) della credibilità della propria fede, l'ha già persa... (e magari temporeggia perché non se la sente di elaborare il solito lutto di cui sopra). Se ci si erge a giudici della fede, con anche solo la possibilità di ritenerla indegna di essere creduta (o, come accade sempre più spesso, la si personalizza con postille, asterischi ed interpretazioni personali) allora la fede religiosa non è più tale, ma diventa fede senza religione, o al massimo fede con religione "fatta in casa" (liberamente ispirata a quelle storiche).
Niente di nuovo dai tempi del medioevo: se la fede cerca appoggio fuori da sé, come già detto, sceglie di entrare in un campo minato dove non ha nulla da guadagnare in termini di credibilità. Basterebbe solo aver fede e godere dei suoi effetti positivi (in fondo, come diceva qualcuno «per la fede non c'è rimedio e non c'è ragione...»); se non se ne è capaci, per spirito critico o altro, il tentativo di compromesso teorico è spesso ancor più "debole" e fallace del dogmatismo da cui parte, perché non ne ha né la storia, da strumentalizzare ad hoc, né maggiore plausibilità empirica, non potendosi basare su rivelazioni o (pre)supposti eventi di contatto fra terra e Cielo.

Sulla quantità di atei nel mondo, lo trovo un dato piuttosto irrilevante, soprattutto se letto storicamente. Quali sono i criteri per interpretarlo? Che "la maggioranza ha ragione", come all'epoca in cui la maggioranza credeva in assurdità? Ovviamente no. Se gli atei fossero il 99% degli umani, ciò scalfirebbe di un solo capello (a proposito di rasoi) l'infalsificabilità dell'esistenza di Dio? Ovviamente no. E se diecimila anni fa, gli uomini forse erano tutti atei o al massimo animisti o panpsichisti, poi sono diventati tutti religiosi ed ora forse stanno tornando atei e "quantisticamente animisti", significa qualcosa in termini biologico-evolutivi? Probabilmente no; tuttavia sul rapporto fra fede ed evoluzione, basta rivolgersi anche superficialmente all'antropologia culturale, alla psicologia, etc. che hanno già dato risposte chiare e collaudate: la paura di morire è innata nell'uomo, come l'avversione per la perdita, il bisogno gruppale di essere guidato (v. anche ricerca di "senso"), il voler trovare una spiegazione a ciò che lo stupisce, il cercare riscatto (o più selvaggiamente vendetta) sociale e non (come segnalato da Niko), etc. su questa radice istintuale e neuro-biologica, secondo me (e magari sbaglio), si basa lo sviluppo della storia della fede, elevata alla capacità di astrazione tipicamente umana e alla potenza di tradizioni, culti e culture sedimentate nei secoli.
È magari sbagli anche tu... :)) Troppe certezze hai caro Phil. Quasi un dogmatismo laico fatto di ipotesi è teorie considerate CERTAMENTE vere. Non capisco perché dà così tanto fastidio che il credente sia anche lui una persona in ricerca, con i suoi dubbi e le sue fragilità umane.  Certo giova ridurlo a una specie di macchietta, ma non è questa la realtà della fede, caso mai della superstizione. Penso che non sia  opportuno scadere in una specie di avversione ideologica verso il credente perché porrebbe fine inevitabilmente al dialogo.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Jacopus

CitazioneL'idea di una fede consolatoria rispetto alle sofferenze non é una risposta esplicativa in senso evoluzionistico. Tutti noi abbiamo meccanismi di senso che ci producono dolore, e che hanno senso evoluzionistico proprio in questo perché ci impediscono di compiere movimenti per noi dannosi, anche la paura di morire ha lo stesso senso evoluzionistico, mentre il "credere" di non morire, o di continuare a vivere dopo la morte non ne ha alcuno e contrasta con la paura di morire che invece senso evoluzionistico ne ha. 
Io penso che abbia invece un grande valore in termini di sopravvivenza della specie. Infatti una volta asserita la "differenza" ultraterrena dell'uomo diventa legittimo sfruttare il pianeta Terra in tutte le sue componenti e questo è un vantaggio, quando bisogna giustificare la propria posizione dominante nel mondo. Ma la ricerca di storie, di miti, di fedi che raccontano le nostre origini è la conseguenza della stessa evoluzione culturale dell'uomo, che pur avendo delle basi biologiche, si è poi dilatata in spazi che non sono più biologici. Le religioni, come i miti, hanno bisogno almeno di una lingua orale, una lingua che metterà in moto ulteriori processi mentali, alla base dei quali, oltre all'impulso di vivere, vi sono altre esigenze fondamentali dell'uomo: il senso di giustizia, la cooperazione, la ricerca di una armonia fra uomini e fra uomini e natura, la speranza, tutte esigenze a cui assolvono le religioni o le mitologie.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: Pio il 22 Gennaio 2023, 22:11:47 PMÈ magari sbagli anche tu... :)) Troppe certezze hai caro Phil. Quasi un dogmatismo laico fatto di ipotesi è teorie considerate CERTAMENTE vere. Non capisco perché dà così tanto fastidio che il credente sia anche lui una persona in ricerca, con i suoi dubbi e le sue fragilità umane.  Certo giova ridurlo a una specie di macchietta, ma non è questa la realtà della fede, caso mai della superstizione. Penso che non sia  opportuno scadere in una specie di avversione ideologica verso il credente perché porrebbe fine inevitabilmente al dialogo.
Su quelli che Duc ha definito «misteri ontologici umani» non credo di avere certezze (quali?) e dogmi (quali?), tantomeno "verità assolute" (eventualmente, quali?), ma ho comunque le mie spicciole opinioni (tutte quelle che hai letto qui), trovando alcuni temi piuttosto interessanti e volendoci spendere qualche attimo di riflessione condivisa.
Sono invece certo che l'uomo abbia istintiva paura della morte (generalizzo, ma il margine di errore è comunque piuttosto basso, direi), così come sono certo che alcune dinamiche psicologiche, basate sull'osservazione e appositi studi, contengano una buona quota di affidabilità (certo, anche qui ci saranno le eccezioni, ma se parliamo dell'uomo in generale è bene mantenere le proporzioni).
Lungi da me, come già sottolineato, ridurre il credente a "macchietta"; inoltre, constatare la debolezza logica di un ragionamento o i modesti esiti di una "teoresi casalinga", sono appunto solo constatazioni, sempre aperte a contro-argomentazioni e, perché no, falsificazioni (fermo restando che di fronte a chi ha fede, ripeto, non reclamo né dimostrazioni né argomentazioni impeccabili e non certo perché non rispetti quelle che tu chiami "fragilità umane"). A volte l'"avversione ideologica" la diamo per scontata solo perché capiamo che qualcuno è di un'altra parrocchia e, anche qui, la psicologia avrebbe qualcosa da dire (ma non io e spero che, dopo tutto quello che ho scritto, si possa almeno intuire...).

iano

#218
Citazione di: anthonyi il 22 Gennaio 2023, 20:11:51 PMGuarda che si tratta di un problema molto serio, c'era il libro di vallortigara, "nati per credere" mi sembra fosse il titolo, che presentava al riguardo una sua tesi evoluzionistica, anche se a me non mi convinceva.
Riuscire a spiegare la ragione biologica Dell'esistenza della religione nella cultura umana dovrebbe essere il punto di partenza di chi voglia sostenere il non essere ontologico del mondo spirituale.
Ma secondo me se ci limitiamo a parlare solo di scelta di fede e scelta di ipotesi scientifiche, vi è un terzo escluso che però sarebbe meglio includere: l'evidenza, che siccome non sembra derivare da una scelta, a differenza delle prime due non è trattabile, mentre fede religiosa e ipotesi scientifiche sono sempre ritrattabili, essendo però partiti una da un Dio ''cui non si poteva non credere'' e l'altra da evidenze che non si potevano non condividere.
Quindi comunque sembra esserci stata una evoluzione parallela fra scienza e religione, il cui denominatore comune potrebbe essere l'evoluzione della coscienza.
Così in un crescendo di coscienza siamo passati dalla fase inconscia, dove se vi è una fede non si può trattare perchè non sappiamo di averla, alla fase dell'evidenza in cui siamo coscienti di qualcosa che non si può non condividere, quindi alla fase in cui vi è qualcosa a cui non si può non credere, per arrivare alla fase in cui la fede è una scelta, e poi...vedremo come la storia proseguirà, dato che l'evoluzione non si arresta, anche se io una previsione ce l'avrei.
Manca infatti all'appello in campo scientifico quella disinvoltura, quella mancanza d'impaccio, che dovrebbe derivare allo scienziato dalla piena coscienza che le ipotesi da porre alla base di una teoria sono ''veramente'' una scelta libera.
Adesso è come se ci trovassimo ancora nella fase del ''qui lo dico e qui lo nego''.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

È un passo importante questo tuo finale di post perché in effetti, almeno in Occidente, si sta passando da una fede come cultura dominante (non si può non credere)a una fede non più manifestazione di potere, ma fede minoritaria che viene SCELTA. E sarà inevitabilmente sempre più così. Si è partiti dalle catacombe e si finirà per tornarci, almeno culturalmente. E sarà un bene per la fede. Bisogna recuperare autenticità e semplicità. Naturalmente i Diocleziano dei nostri tempi  ne gioiranno.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Ipazia

#220
Citazione di: iano il 23 Gennaio 2023, 00:37:40 AMManca infatti all'appello in campo scientifico quella disinvoltura, quella mancanza d'impaccio, che dovrebbe derivare allo scienziato dalla piena coscienza che le ipotesi da porre alla base di una teoria sono ''veramente'' una scelta libera.
Adesso è come se ci trovassimo ancora nella fase del ''qui lo dico e qui lo nego''.

Il 'qui lo dico e qui lo nego' è scienza, dubbio metodologico. Tutto il resto è dogma e non è auspicabile il ritorno ad una libertà totalitaria che impone i suoi dogmi per legge, come ad esempio la covidemia. Ovvero, un ritorno dalla scienza alla religione. Lo scientismo ci prova continuamente dal suo mondo dietro il mondo di Davos.

@jacopus

Non confonderei in maniera troppo disinvolta l'evoluzione naturale (cosmologia) con l'evoluzione storico culturale della nostra specie (antropologia). È una sovrapposizione (la fantomatica "natura umana") su cui il teismo va a nozze, ma toglie rigore alla discussione sul "credere". Mi pare che tale distinzione Phil l'abbia abbondantemente argomentata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Phil il 22 Gennaio 2023, 21:53:35 PMDirei di non idolatrare troppo nemmeno l'evoluzionismo, soprattutto sovraccaricandolo di senso e finalismo (quasi fosse un "progetto divino"). La fede come consolazione ha senso "evoluzionisticamente" tanto quanto ce l'ha lo sviluppo della medicina: l'uomo cerca per sua natura di non soffrire e avendo una psiche oltre che un corpo, cerca di lenire anche quel tipo di sofferenze. Avendo paura istintiva della morte ed essendo dotato di capacità concettuali-astrattive, è inevitabile che prima o poi, qualcuno, da qualche parte, "sconfigga" la paura della morte teorizzando un "aldilà", esorcizzando l'apparente irrimediabilità del decesso. Prima di essere ingranaggio di evoluzionismo millenario, l'uomo è uomo individualmente.
Il riferimento all'evoluzionismo non era originariamente mio, ma di ipazia, che pretendeva con esso di affermare la irrazionalità del credere. Io mi sono limitato a controbattere con argomenti razionali, e certamente non finalistici perché l'unico senso dell'evoluzionismo é la sopravvivenza della specie, ed é un senso razionale.
La medicina interviene sulla salute delle persone, e mediamente migliora la vita. 
Ora se anche la fede ha effetti analoghi questo vuol dire che tanto irrazionale non é, ma se questo é dovuto ad effetti naturali della fede stessa, per cui avremmo una sorta di eterogenesi dei fini, sarebbe importante scoprire questi effetti naturali. 

Ipazia

Riprendo il riferimento di iano all' "evidenza" poi dirottato verso riflessioni meno "evidenti". Il sapere scientifico si basa sull'evidenza. Lo scienziato non può inventarsi liberamente la realtà, ma deve sottostare all'evidenza dei fatti (la $cienza è ontologicamente altra cosa).

Partendo dall'evidenza risulta che alcuni fatti sono riproducibili, altri no: nascita e morte lo sono, la fede nei numi, no. La differenza tra sapere e credere inizia qui.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 23 Gennaio 2023, 07:04:13 AMNon confonderei in maniera troppo disinvolta l'evoluzione naturale (cosmologia) con l'evoluzione storico culturale della nostra specie (antropologia). È una sovrapposizione (la fantomatica "natura umana") su cui il teismo va a nozze,

Peccato che sia la realtà a fare questa confusione, l'uomo é sia essere biologico in evoluzione, sia protagonista della storia e della cultura. Che poi questa "confusione" possa essere a favore del teismo é bello per me sentirlo dire da una persona che si dichiara atea, continui a portare acqua al mio mulino, grazie ipazia. 

Ipazia

Attenzione che la metafora del cibo celeste ha un corrispettivo reale nel nutrirsi di ideologia, il cui olezzo è assai meno celestiale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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