La "scelta" "di credere o di non credere".

Aperto da Eutidemo, 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM

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Eutidemo

Ciao Freedom. :)
Secondo me, "credere" o "non credere" in Dio, non rientra minimamente nel "libero arbitrio", perchè non dipende dalla nostra volontà; semmai dipende dalla nostra volontà "sforzarci" di credere in Lui, ma i "risultati" dei nostri sforzi non dipendono da noi!
***
Dopo tale "sforzo volontario", che è il solo a dipendere dal nostro  "libero arbitrio", infatti, il risultato può essere:
- che finiamo veramente per "credere" in Dio;
- che "crediamo" soltanto di "credere" in Dio (per mera autosuggestione);
- che ci convinciamo che Dio non esiste.
***
Quanto all'"intuizione":
- a volte può essere davvero "genuina";
- a volte, invece, può essere soltanto "autosuggestione".
***
Ma è molto difficile essere onesti con se stessi, in quanto "si è istintivamente indotti a credere quello che si vuole credere", poichè lo troviamo più confortante.
***
Ma naturalmente questa è solo la mia opinione.
***
Un saluto! :)
***

Kobayashi

Gran parte di questa discussione risente del pregiudizio materialista, sia dei non credenti che dei credenti.
Ma volendo seguire l'insegnamento del Vangelo di Giovanni: Dio è spirito, non un ente.
Quindi possiamo andare avanti con i soliti esercizi logici di stile illuminista che mostrano a quali conclusioni ridicole si giunge prendendo alla lettera la concezione tradizionale-popolare di Dio, oppure, una volta tanto, usare veramente il cervello e sforzarci di capire che cosa possa voler dire che Dio è spirito (questa è una raccomandazione che faccio innanzitutto a me stesso).

L'oracolo di Delfi nella sua versione estesa dice "Conosci te stesso e conoscerai te stesso e Dio".

Quindi forse non si tratta di credere o non credere in qualcosa di assurdo, ma di accettare la sfida dell'oracolo e provare a conoscersi. E capire quindi, come avevano capito i greci, che noi non siamo questo ammasso di tendenze psicologiche che producono solo dolore e rimpianti e attaccamento ad una vita di idiozie. E che liberati da queste macerie forse potremmo iniziare a capire cosa siamo e cos'è Dio.

atomista non pentito

Meno male che Dio non e' un ente , gia' c'e' un caos qui da noi fra uisp . csain , csen ,csi , acli  ecc ecc . Puo' essere onni........tutto e quindi fare cio' che vuole o volle o vorra'. Mi augurerei in ogni caso che lo facesse ad una spanna dal mio sedere.

Eutidemo

Ciao Kobayashi. :)
L'oracolo di Delfi è stato recepito anche da Sant'Agostino, laddove scrive: "Noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat veritas!" ("De vera religione", XXXIX, 72).
E la "Veritas" è senz'altro Dio, comunque lo si voglia intendere e concepire!
Un saluto! :)

bobmax

Citazione di: Kobayashi il 16 Gennaio 2023, 09:09:19 AMGran parte di questa discussione risente del pregiudizio materialista, sia dei non credenti che dei credenti.
Ma volendo seguire l'insegnamento del Vangelo di Giovanni: Dio è spirito, non un ente.
Quindi possiamo andare avanti con i soliti esercizi logici di stile illuminista che mostrano a quali conclusioni ridicole si giunge prendendo alla lettera la concezione tradizionale-popolare di Dio, oppure, una volta tanto, usare veramente il cervello e sforzarci di capire che cosa possa voler dire che Dio è spirito (questa è una raccomandazione che faccio innanzitutto a me stesso).

L'oracolo di Delfi nella sua versione estesa dice "Conosci te stesso e conoscerai te stesso e Dio".

Quindi forse non si tratta di credere o non credere in qualcosa di assurdo, ma di accettare la sfida dell'oracolo e provare a conoscersi. E capire quindi, come avevano capito i greci, che noi non siamo questo ammasso di tendenze psicologiche che producono solo dolore e rimpianti e attaccamento ad una vita di idiozie. E che liberati da queste macerie forse potremmo iniziare a capire cosa siamo e cos'è Dio.

Sono del tutto d'accordo.

Dovremmo però chiederci come mai è così difficile questa ricerca di noi stessi.
Perché rimaniamo nel vuoto chiacchiericcio materialista e non prendiamo il toro per le corna?

Secondo la mia esperienza, ciò non avviene perché la ricerca della Verità implica grande sofferenza.

Perché della Verità si tratta quando cerchiamo noi stessi. E infatti possiamo sia indagare nel nostro intimo, sia inoltrarci nel mondo. Ciò che conta è la nostra fede nella Verità.

La ricerca può seguire sostanzialmente due differenti strade, entrambe lastricate dal dolore, in quanto hanno la medesima meta: la Verità.

Una strada è quella razionale. Che consiste nel giungere al limite del comprensibile e lì resistere.
Ci ritroviamo così davanti l'abisso del Nulla. Perché il nostro rassicurante esserci, con tutto quello a cui siamo attaccati, incomincia a vacillare...
Ci ritroviamo perduti.

L'altra strada è quella etica.
Cioè porci la questione del male.
Il male che è nel mondo e che è in noi, il male che noi stessi siamo!
Scavando perciò in noi stessi per svelare ogni ipocrisia, ogni bugia che ci siamo raccontati.
Questa ricerca può avere solo un esito: l'inferno.

Perciò le due strade portano entrambe alla perdizione.
Ma è il prezzo della Verità.

Allora, forse, potremo finalmente conoscere chi siamo davvero.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

atomista non pentito

bobmax : Perché rimaniamo nel vuoto chiacchiericcio materialista e non prendiamo il toro per le corna?

Immagino per il semplice fatto che noi siamo materia ( circondati , bombardati , condotti , sfamati ecc ecc ecc da materia) e non possiamo essere cio' che non siamo o non essere cio' che siamo.  Filosofeggiamento tarocco , me ne rendo conto , ma non piu' di tutti gli interventi precedenti ( Eutidemo a parte)

Ipazia

Citazione di: bobmax il 16 Gennaio 2023, 11:11:55 AMSono del tutto d'accordo.

Dovremmo però chiederci come mai è così difficile questa ricerca di noi stessi.
Perché rimaniamo nel vuoto chiacchiericcio materialista e non prendiamo il toro per le corna?...

Perché il toro da prendere per le corna da 5000 anni è il chiacchericcio teista. Un minotauro che ti divora dentro un labirinto di chiacchere. Dedalo insegnò gia all'epoca che si può uscire con le ali della ragione. Perigliose esse stesse per spiriti inesperti come Icaro. Quindi, attenzione: l'uscita dal labirinto, e dalla caverna, non è una passeggiata e richiede molto senso di responsabilità e acume intellettuale. E coraggio di assumere le responsabilità.

Gnothi seauton significa che l'unico nume a cui puoi chiedere aiuto e soccorso è te stesso.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

@Kobayashi

La "visione" di Dio come puro spirito è ancor più problematica di quella del Dio delle scritture, a cui appartiene comunque anche Giovanni, con annessi problemi esegetici e veritativi. Se Dio è "spirito" (che a ben vedere significa tutto e ni-ente), ma diffidiamo di quando tale spirito ha parlato o si è rivelato (semmai lo abbia fatto, a questo punto), dando direttive sul bene e sul male, allora come "trattare" tale  eventuale Dio-Spirito, annidato silenziosamente nella nostra interiorità, che non ha detto nulla e di cui nulla si possa dire? Ciò, come già osservato, ne compromette persino l'esistenza: se l'unico indizio al riguardo è che qualcuno un giorno ha affermato «Dio è spirito» o «conoscerai Dio», usando Dio quasi come nome comune, senza referente, sappiamo davvero cosa stiamo cercando? Siamo sicuri che l'oracolo di Delfi e Giovanni (o Agostino) parlassero dello stesso Dio-Spirito? Se sì (avversità filologiche a parte), in base a cosa? Loro lo hanno poi trovato nella loro interiorità e hanno concluso che non fosse minimamente comunicabile/descrivibile? 
Mettere un dio "da qualche parte" è una leggerezza che molte religioni si sono ben guardate dal commettere: per questo nessuno crede più negli dei dell'Olimpo, pochi credono in quelli del "Cielo", ma molti in quelli che non sono da nessuna parte. Certo, si può sempre imputare il mancato rinvenimento all'incapacità del cercatore, ma se tutti i cercatori risultano incapaci, o quelli che lo trovano lo descrivono sempre come quello che "gioca in casa", la credibilità del posizionamento interiore, a mio avviso, ne risente non poco.
Questo dio per tutti e per nessuno, di cui non si sa nulla e che non fa sapere nulla di sé (perché è spirito che non comunica), sembra quasi più una creazione della mente di quel soggetto che altri soggetti invitano all'introspezione (e ha ancor più senso, allora, affermare che conoscendo se stessi si conoscerà anche dio...). A mio giudizio, si tratta del fantomatico (e un po' posticcio, onestamente) "dio dei filosofi renitenti" come denominatore comune (interreligioso quindi post-religioso, se si considera attentamente cosa sia una religione), sfrondato di tutte le caratteristiche che lo rendono connotabile, fino a ridurlo a concetto aleatorio, oggetto chimerico di silenzio e di ricerca senza chiari indizi (un po' come quella di Diogene "il cinico" che andava per la città cercando, con la sua lanterna, «l'uomo»...).
Sia l'uomo della strada che il filosofo si trovano di fronte le famigerate domande kantiane (cosa posso conoscere? cosa devo fare? in cosa posso sperare? cos'è l'uomo?) e tale dio-spirito sembra aggiungerne una quinta: come rapportarsi al dio-spirito? Qualcuno reciderebbe tale aggiunta con una netta "rasoiata ochkamistica", ritenendo più opportuno, al limite, congetturare spiriti dei defunti o divinità che, forse, si sono almeno rivelate "in qualche modo" (per chi ci crede).

Alberto Knox

Citazione di: Eutidemo il 16 Gennaio 2023, 10:55:08 AM
Ciao Kobayashi. :)
L'oracolo di Delfi è stato recepito anche da Sant'Agostino, laddove scrive: "Noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat veritas!" ("De vera religione", XXXIX, 72).
E la "Veritas" è senz'altro Dio, comunque lo si voglia intendere e concepire!
Un saluto! :)

La citazione richiama all interiorità . La puoi chiamare coscienza , la puoi chiamare l essere nascosto nel cuore come scrive Giovanni nel vangelo , la puoi chiamare l isola del sè come diceva il Buddha . Chiamatela come volete ma è la dimensione interiore a cui si rivolge Sant Agostino . Cosa dico quando affermo di sentire Dio , cos è sento la sua voce ? No , cosa siamo noi senza quel sentimento vitale di sentirci al cospetto del mistero della natura, della vita e della morte. È un mistero che non si risolve , è piuttosto un mistero da cui ci si vuole far risolvere. Tutto il risolvibile sono enigmi (come quelli che fai tu a volte) ma c è un mistero che non è un enigma ed è vivo e reale ed è paragonabile a Dio o a un suo equivalente. Chi sono io per essere complice di un tale mistero, qual è , la mia natura? Qual è la natura della natura?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Eutidemo

Ciao Knox. :)
Hai ragione!
Lo puoi chiamare:
- l'"Essere" nascosto nel cuore di ogni uomo come scrive Giovanni nel suo Vangelo, cioè, l'unico necessario comun denominatore ontologico di tutti coloro che "sono";
- l'"isola del Sè" come diceva il Buddha;
- o meglio ancora il "Sè universale" come dice il Vedanta, di cui tutti i nostri "io" individuali non sono altro che mere transeunti manifestazioni (così come le onde lo sono del mare).
***
Un saluto! :)
***

daniele22

Citazione di: bobmax il 16 Gennaio 2023, 11:11:55 AMDovremmo però chiederci come mai è così difficile questa ricerca di noi stessi.
Perché rimaniamo nel vuoto chiacchiericcio materialista e non prendiamo il toro per le corna?

Secondo la mia esperienza, ciò non avviene perché la ricerca della Verità implica grande sofferenza.

Perché della Verità si tratta quando cerchiamo noi stessi. E infatti possiamo sia indagare nel nostro intimo, sia inoltrarci nel mondo. Ciò che conta è la nostra fede nella Verità.

La ricerca può seguire sostanzialmente due differenti strade, entrambe lastricate dal dolore, in quanto hanno la medesima meta: la Verità.

Una strada è quella razionale. Che consiste nel giungere al limite del comprensibile e lì resistere.
Ci ritroviamo così davanti l'abisso del Nulla. Perché il nostro rassicurante esserci, con tutto quello a cui siamo attaccati, incomincia a vacillare...
Ci ritroviamo perduti.

L'altra strada è quella etica.
Cioè porci la questione del male.
Il male che è nel mondo e che è in noi, il male che noi stessi siamo!
Scavando perciò in noi stessi per svelare ogni ipocrisia, ogni bugia che ci siamo raccontati.
Questa ricerca può avere solo un esito: l'inferno.

Perciò le due strade portano entrambe alla perdizione.
Ma è il prezzo della Verità.

Allora, forse, potremo finalmente conoscere chi siamo davvero.


Ciao Bob ... da tempo ho percepito che ti muovi sulla stessa onda del mio pensiero. Certo, c'è qualche piccola differenza, ma non sostanziale. Io della tua esperienza conosco nulla, a parte quel che mi dicesti durante un dialogo l'anno scorso. Perché non prendiamo il toro per le corna? La mia esperienza mi racconta invece che io l'ho ben preso per le corna, ma non ho sofferto più di quel che una persona qualsiasi possa soffrire. E' evidente quindi che proveniamo da esperienze di se stessi diverse. Quel che non capisco è perché entrambe le strade porterebbero alla perdizione. E' vero che la via razionale ti porta davanti all'abisso, ma l'abisso è stretto anche se sembra largo. Hai mai guardato? La verità poi sai benissimo che quando l'hai scoperta è già volata da qualche altra parte ... e lasciala che voli, forse la rincorreremo ancora 

Kobayashi

@Phil

Mettiamo da parte le preoccupazioni esegetiche.
La versione riportata dell'oracolo di Delfi sembra esprimere una tradizione antica che è poi stata assorbita dal cristianesimo poiché nel cristianesimo il tema fondamentale è l'incarnazione, l'incontro tra l'uomo e Dio.

Nel suo sviluppo questa tradizione dice:
1) Dio non è un oggetto; dunque di esso non si può avere conoscenza così come si conosce qualcosa del mondo; se la religione lo fa diventare tale è perché si fa carico delle debolezze psicologiche degli uomini;
2) cercare Dio non significa cercare di conoscerlo, ma incarnarlo, ritrovarlo in se', diventare come Lui;
3) il fondo dell'interiorità dell'uomo liberato è uguale a Dio; sono la stessa cosa e nello stesso tempo non sono ne l'uno ne l'altro; io e Dio esistono solo nell'opposizione della vita alienata; attraverso il distacco nell'interiorità si genera pace e questa pace, questa vita beata, purificata, è la dimensione dell'incontro tra l'umano e il divino; non è l'umano in devozione di fronte al Dio onnipotente della religione; non è il divino perfetto che regna nei cieli.

Quindi no, la nozione di Dio come Spirito non è ancora più problematica della rappresentazione tradizionale. Anzi permette, e ha permesso, lo sviluppo di un'esperienza religiosa realmente non alienante.

bobmax

Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2023, 18:07:21 PM
Ciao Bob ... da tempo ho percepito che ti muovi sulla stessa onda del mio pensiero. Certo, c'è qualche piccola differenza, ma non sostanziale. Io della tua esperienza conosco nulla, a parte quel che mi dicesti durante un dialogo l'anno scorso. Perché non prendiamo il toro per le corna? La mia esperienza mi racconta invece che io l'ho ben preso per le corna, ma non ho sofferto più di quel che una persona qualsiasi possa soffrire. E' evidente quindi che proveniamo da esperienze di se stessi diverse. Quel che non capisco è perché entrambe le strade porterebbero alla perdizione. E' vero che la via razionale ti porta davanti all'abisso, ma l'abisso è stretto anche se sembra largo. Hai mai guardato? La verità poi sai benissimo che quando l'hai scoperta è già volata da qualche altra parte ... e lasciala che voli, forse la rincorreremo ancora 

Non posso che rispettare la tua posizione.

Ho tuttavia l'impressione che la tua sia una fase, diciamo così, relativistica.

Il relativismo è un momento necessario.
Ma non può durare indefinitamente. Perché poi ne consegue il nostro vivere.

E allora la "verità" finisce di svolazzare. Se non in teoria, certamente nella vita pratica.
Allora, vivendo, o c'è l'assoluto (comunque inconoscibile) oppure il cinismo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Citazione di: Kobayashi il 17 Gennaio 2023, 10:47:10 AMDio non è un oggetto; dunque di esso non si può avere conoscenza così come si conosce qualcosa del mondo; [...]
cercare Dio non significa cercare di conoscerlo, ma incarnarlo, ritrovarlo in se', diventare come Lui [...]
il fondo dell'interiorità dell'uomo liberato è uguale a Dio; sono la stessa cosa e nello stesso tempo non sono ne l'uno ne l'altro;
[...] non è l'umano in devozione di fronte al Dio onnipotente della religione; non è il divino perfetto che regna nei cieli.
Ho estratto i passi in cui la questione del divino si rivela più problematica di quanto lo sia nella religione standard: tale discorso sul dio interiore è, come puoi notare dalla citazione, basato sulla ricorrenza della negazione e sull'infondatezza dell'affermazione. In questo sta la problematicità di tale "spiritualità negativa": non dà appigli né per la riflessione, né per un'esperienza orientata ("orientarsi all'interiorità", così in generale, non significa nulla).
Quindi chiedo: in concreto, nell'esperienza spirituale individuale, che significa "diventare come Dio", "trovare Dio dentro di sé", etc.? Proposte sicuramente suggestive e poetiche, ma nella pratica di tale spiritualità, in cosa consistono? Qual è la «esperienza religiosa realmente non alienante»(cit.) di cui parli?
La pacificazione interiore non ha affatto bisogno di "sconfinare" nel divino, come ben insegnano ad oriente. Come faccio dunque a sapere che sono in rapporto con Dio magari quando prego liberamente, e non quando medito sul vuoto, e non quando ho un rapporto sessuale (v. tantra), e non quando sogno (creando mondi), e non quando ho uno scatto d'ira, etc.? Se tutti questi sono rapporti con Dio, allora tale dio è una "proiezione ridondante" di me stesso, poiché sono tutti palesemente elementi individuali che mi dimostrano umano (non un dio). Ne conseguirebbe che tale divinità-spirito è mera proiezione della mia autoconsapevolezza, proiezione che è immanente alla mia mente e per nulla "ontologicamente divina".
Mi sorge dunque il sospetto che siamo noi epigoni del cristianesimo e delle varie teologie che "sentiamo il bisogno" di infilare un dio sempre e comunque nella spiritualità, anche a costo di spogliarlo della sua tradizione, della sua identità "rivelata" ed incatenarlo in apofatismi e teologie negative; rendendolo, così facendo, più problematico in quanto ancor più indefinibile e, in ultima analisi, ancor più assente, del Dio che forse si è "fatto vivo" (in tutti i sensi).
E se provassimo a leggere il consiglio dell'oracolo di Delfi laicamente, come consapevole implosione del divino nell'interiorità umana, con Dio che si annulla nell'uomo e non viceversa? Ne risulterebbe un uomo terreno, senza dei, ma con un'interiorità da decifrare senza fronzoli mitologici (sarebbe, secondo me, molto meno "ridondante" e "proiettivo", nonché,  tornado al rasoio gnoseologico, più "a pelo corto").

Pio

#134
Un Dio come lo prospetti  tu non dà alcuna speranza. Perché sarebbe un dio a misura di uomo e la misura dell' uomo è DISPERANTE.  O tu ravvisi qualche speranza nell'uomo che non puzzi di autoconsolatorio e autoassolutorio? Dio non si incontra nell'interiorità ma nel POVERO e nel bisognoso. Ha un volto che ti interroga e ti chiede sempre qualcosa. È un dio FASTIDIOSO. Se non provi disagio davanti al povero non stai cercando DIO, ma te stesso. È tempo perso: non ti troverai. Incontrare Dio presuppone l'incontro tra due povertà: il povero, volto di Cristo, di fronte a te e la tua povertà d'amore. L'incapacità di amare il povero è l'incapacità di amare e riconoscere il volto di Cristo.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

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