La "scelta" "di credere o di non credere".

Aperto da Eutidemo, 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM

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Eutidemo

Ciao Pio. :)
Come faccio a provare che "non ho" una gallina invisibile posata sulla testa?
Ovviamente non posso!
Sta a te dimostrare che ce l'ho, in base al principio "Adfirmanti incumbit probatio".
Altrimenti, tutto ciò di cui non si può dimostrare l'inesistenza, dovrebbe necessariamente esistere!
***
Tu ricadi sempre nella solita "petizione di principio"!
Ed infatti, concordo con te che è impossibile provare, in senso logico qualcosa che sovrasta la logica limitata umana; però prima bisogna dimostrare, in qualche modo, che questo qualcosa che sovrasterebbe la logica limitata umana esiste sul serio, altrimenti si cade sempre nel sofisma del serpente che si morde la coda.
***
Cioè è impossibile provare che "non" esista un essere "non umano" (Dio), il quale ha "sentimenti umani" (collera, compassione ecc.); però, questo, equivale a credere in un "cerchio quadrato", perchè nessun ente può "essere" e "non essere" due cose diverse nello stesso tempo.
***
Con una adeguata apertura del cuore/mente, secondo me si può invece plausibilmente credere in un "Dio apofatico", cioè "privo di caratteristiche umane"; ed infatti un "essere divino" non può ragionevolmente presentare delle caratteristiche "psicologiche" che si sono evolute, per "selezione naturale", nelle "scimmie" (e, in particolare, nell'uomo, che, tassonomicamente, è senz'altro una scimmia).
Questo non sarebbe un "mistero", bensì semplicemente un "controsenso"!
***
Comunque, benchè la cosa sia palesemente assurda, è perfettamente comprensibile come l'uomo si sia quasi sempre creato un Dio "a sua immagine e somiglianza", trattandosi della soluzione "antropocentrica"  più confortante e rassicurante:
- prima attribuendogli addirittura "caratteristiche fisiche umane" (come gli dei "antropomorfici" del paganesimo);
- poi, rendendosi conto che la cosa era un po' eccessiva,  limitandosi ad attribuirgli soltanto "caratteristiche psicologiche umane" (come il Dio "antropopatetico" in cui molti alcuni credono).
Il che è però parimenti "insensato"!
***
Io, invece, personalmente credo nell'UNO (o "sè universale"); che si può anche chiamare DIO, ma che ha caratteristiche esclusivamente "spirituali", e di cui non siamo meri "epifenomeni", come le onde lo sono del mare, al quale, prima o poi, dovranno riunirsi.
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D'altronde lo stesso Gesù disse: "Fa' che siano tutti una cosa sola: come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi...così potranno essere perfetti nell'UNITA' (GV 17 21 23).
***
Ovviamente, finchè siamo vivi, essendo noi esseri umani, non possiamo che provare sentimenti umani nella nostra relazione con Dio; ma questo non significa che li abbia anche Dio, nel quale, prima o poi ci trasfonderemo in "Un solo Spirito" (cfr. 1Cor 12,13), perdendo quindi sia la nostra "individualità", sia i nostri terreni "sentimenti umani".
***
Un saluto! :)
***

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 08 Gennaio 2023, 22:38:25 PMPer Duc. Sí, mi riferivo a credere in Dio. In ogni caso "credo" che:
1) sia vero che ognuno di noi si orienta nel mondo credendo in una "visione del mondo" a lui più congeniale.
2) sia altrettanto vero che le visioni del mondo non hanno tutte lo stesso valore etico, indipendentemente dal contenere queste visioni Dio oppure no.
3) l'eticità delle singole visioni del mondo è data dalla ricerca della tutela della dignità del mondo. Ricerca che è possibile fare, qui ed ora, sia da parte dei credenti (in Dio) sia da parte dei non credenti (in Dio).
4) nel momento in cui si pensa che la propria verità sia superiore alle altre, l'eticità decade a competizione o conflitto.

La sequenza ha una logica che condivido, ma sul piano etico vi è contraddizione tra 2 e 4: se non tutte le visioni del mondo hanno pari valore etico (condivido) qualcuna deve essere, con riferimento alla verità, superiore alle altre.

Mi pare una contraddizione superabile solo in modo dialettico, laddove il conflitto (tesi-antitesi) è inevitabile e la sintesi può darsi solo come tolleranza sulla visione generale del mondo e le prassi conseguenti di ciascuno, e condivisione solo di prassi circoscritte all'immanenza, non troppo lesive delle rispettive visioni.

La "dignità del mondo" andrebbe esplicitata meglio. Già è poco chiara e condivisa la "dignità degli umani".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

#62
Non hai tutti i torti Ipazia. Ultimamente sono interessato alle ambivalenze e quindi alle contraddizioni. In realtà mi hanno sempre interessato.
La novità è che ora cerco di trovarci anche dei lati terapeutici oltre a quelli tossici ormai noti (dal concetto di double bind in poi). La soluzione non è molto dissimile da quella che proponi tu e che deriva dalla lettura di Jessica Benjamin sui suoi studi relativi all'intersoggettività. Al centro della sua concezione c'è il riconoscimento dell'altro, che serve a superare la dialettica hegeliana classica, o meglio a completarla. Se l'organizzazione del mondo ha bisogno ancora della struttura gerarchica differenziante, servirà il riconoscimento del servo da parte del padrone, per liberare il mondo dall'oggettificazione dei soggetti e quindi dall'alienazione. Quindi non tanto una forma di tolleranza ma un'approccio diverso all'altro, che "vale" in quanto umano e indipendentemente dalla sua "visione del mondo". Se poi quella visione del mondo è ancora legata al principio dell'alienazione servo/padrone, sarà compito della cultura, della pedagogia e della condivisione dei saperi, cercare di contrastare quel principio. Nel farlo, però, ancora una volta occorre ricordare l'umanità anche del più feroce aguzzino. Altrimenti il rischio è quello già enfatizzato dal mito della Medusa o da Nietzsche: se si guarda troppo il mostro, finisce che anche tu diventi un mostro, che è un po' la storia di tutte le tirranìe di destra e di sinistra, finora sperimentate.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Citazione di: Alberto Knox il 08 Gennaio 2023, 23:46:51 PMHai dato una buona risposta infatti la scienza interpreta la realtà sviluppando teorie e leggi fisiche che le sostengono ma per quanto possano essere supportate da prove sono e rimangono interpretazioni possibili della realtà .
Le ho chiamate semplici perchè per dimostrarle bastano le prove e solo in questo senso posso definirle semplici ma di certo non lo è la ricerca, la sperimentazione e le teorie. Le verità che ho chiamato complesse lo sono nel senso che non può esistere nessuna prova del nostro rapporto con il Divino e di quello che chiamiamo esperienza Spirituale . O queste esperienze o verità interiori vengono alla luce della coscienza oppure non avvengono propio. Non c è , a parer mio, una via teorica sufficente al raggiungimento dell esperienza Spirituale ma è solo col cuore (come dici anche tu quando dici amore) che possiamo tenere unite alcune certezze. Daltrocanto se uno  a queste parole ribatte che non ha alcun bisogno di un rapporto col Divino e che non ha alcun anima Spirituale al quale autoriferirsi , bhè, questa io la chiamo un altra verità . Perchè tutte le testimonianze di vita sono vere quando sono autentiche.

Le verità scientifiche per me non sono semplici perché non sono autosufficienti. Rimandano ad altro.
La loro semplicità è solo apparente, perché in realtà si tratta solo di una facilità di comprensione. Dovuta al non considerare la problematicità dei loro presupposti.

Viceversa le autentiche verità semplici sono molto difficili.
Infatti il semplice richiede di essere affrontato integralmente, senza rimandi ad alcunché.

Non avendo altro a cui riferirsi, la Verità appare come Nulla.
E infatti solo dentro di me la posso cercare.

Di modo che, essendo nulla, non vi possono essere altre "verità".
Perché non vi è nessuna verità assoluta oggettivabile.

Allora non ha importanza se si dichiara di aver avuto esperienze spirituali oppure no.
Ciò che conta è se si è in buonafede oppure no.
Se si ha fede nella Verità (Nulla) oppure no.
Se cioè si vuole essere oppure non essere.

Nel secondo caso, ogni confronto è inutile.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

La negazione della tua buonafede (nulla) costituisce l antitesi della tua tesi e come tale non può essere denigrata, respinta o dichiarata inutile. Al contrario , bisogna dare forza all antitesi ( è troppo facile denigrarla e fare muro) bisogna darle forza e poi andare in profondità ed è li che emerge davvero la tua tesi . Continuo a sostenere che la negazione di una fede nel Divino è un altra verità.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

Citazione di: Alberto Knox il 09 Gennaio 2023, 11:38:21 AMLa negazione della tua buonafede (nulla) costituisce l antitesi della tua tesi e come tale non può essere denigrata, respinta o dichiarata inutile. Al contrario , bisogna dare forza all antitesi ( è troppo facile denigrarla e fare muro) bisogna darle forza e poi andare in profondità ed è li che emerge davvero la tua tesi . Continuo a sostenere che la negazione di una fede nel Divino è un altra verità.

La malafede non è negazione della fede nel Divino.
La malafede è negazione di se stessi. È volontà di non essere!

La comunicazione, qualsiasi comunicazione, si fonda sulla Verità.

Non nel senso di trasferimento di "verità", che sarebbe un assurdo, ma in quanto risveglio, emersione del Vero.

Ma la comunicazione può avvenire solo a patto che vi sia buonafede. Cioè volontà di essere.
Vi è amore per il Vero oppure no?

La tesi e l'antitesi valgono come lotta per il Vero.
L'ateismo si confronta con il teismo. Ma entrambi, se sinceri, sono animati dalla fede nella Verità.
È una lotta d'amore, per il Vero.

Se questo amore manca, non vi è nessuna antitesi. Vi è solo volontà di non essere. E quindi vuoto chiacchiericcio.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Pio

Ma la "malafede" non comporta una consapevolezza che invece è la caratteristica mancante nel processo ? Sappiamo che quasi tutti abbracciano una convinzione per cultura familiare, gruppo sociale, bisogno psicologico di smarcarsi dalle figure genitoriali o altro. Quanti arrivano a credere o non credere sulla base di un cammino personale, anche sofferto? Mi disinteresso della spiritualità perché nel mio ambiente e' sempre stata snobbata o addirittura ridicolizzata? O mi faccio prete perché mia mamma , che amavo  tanto,era una pia devota della Madonna? E' su questa mancanza di autoconsapevolezza che vive la persona umana, al di là della chiacchere di ognuno.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

bobmax

Citazione di: Pio il 09 Gennaio 2023, 13:39:39 PMMa la "malafede" non comporta una consapevolezza che invece è la caratteristica mancante nel processo ? Sappiamo che quasi tutti abbracciano una convinzione per cultura familiare, gruppo sociale, bisogno psicologico di smarcarsi dalle figure genitoriali o altro. Quanti arrivano a credere o non credere sulla base di un cammino personale, anche sofferto? Mi disinteresso della spiritualità perché nel mio ambiente e' sempre stata snobbata o addirittura ridicolizzata? O mi faccio prete perché mia mamma , che amavo  tanto,era una pia devota della Madonna? E' su questa mancanza di autoconsapevolezza che vive la persona umana, al di là della chiacchere di ognuno.

Giusta osservazione!

La malafede implica una volontà consapevole.
Ma se non  vi è consapevolezza... non può neppure esservi malafede.

Tuttavia questa mancanza di consapevolezza è davvero totale, oppure qualcosa si incomincia invece a intuire...?

Cos'è l'uomo se non questo stesso emergere della consapevolezza del bene e del male? Così ben descritto dal mito di Adamo.

Sì degli altri non posso averne certezza, non so quanto siano davvero consapevoli.
Tutta la mia valutazione si basa infatti su me stesso, sul dolore causato dalla crescita della mia consapevolezza.
E di quanto possa perciò essere desiderabile non averla acquisita.

Allora la malafede può benissimo esservi, e deriva dalla volontà di continuare a non essere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Duc in altum!

Citazione di: Jacopus il 08 Gennaio 2023, 22:38:25 PMPer Duc. Sí, mi riferivo a credere in Dio. In ogni caso "credo" che:
1) sia vero che ognuno di noi si orienta nel mondo credendo in una "visione del mondo" a lui più congeniale.
2) sia altrettanto vero che le visioni del mondo non hanno tutte lo stesso valore etico, indipendentemente dal contenere queste visioni Dio oppure no.
3) l'eticità delle singole visioni del mondo è data dalla ricerca della tutela della dignità del mondo. Ricerca che è possibile fare, qui ed ora, sia da parte dei credenti (in Dio) sia da parte dei non credenti (in Dio).
4) nel momento in cui si pensa che la propria verità sia superiore alle altre, l'eticità decade a competizione o conflitto.
1) Certo, ma visione del mondo "congeniale" (provocazione: con l'Io o col Noi?) possibile sempre grazie alla fede inevitabile (da applicare per forza, anche in virtù di ciò:  "Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato" - dal Vangelo di Giovanni ).

2) Se avessero tutte lo stesso valore etico, non ci sarebbe una sola verità (quella sulla quale abbiamo scommesso senza certezza perfetta).

3) Per un cristiano (che ha già incontrato il Signore) non c'è nulla da ricercare nel mondo, men che meno la tutela della sua dignità: "Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia" (dal Vangelo di Giovanni).

4) Lungi da me questa prevaricazione, poiché se la verità è, non necessita difesa, essa va solo testimoniata, nonostante in tanti rispondano (o facciano) come Pilato.


"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2023, 14:27:24 PMCos'è l'uomo se non questo stesso emergere della consapevolezza del bene e del male? Così ben descritto dal mito di Adamo.
L'emergere della consapevolezza del bene e del male, nel mito di Adamo, è solo una conseguenza del famoso peccato delle origini (che ognuno di noi ha contratto ma non commesso).

Il mito di Adamo & Eva ci informa che si può anche adulterare la verità con una bugia, difatti essi non commettono il male, ma credono (applicano la loro fede) a una falsa verità.

Il motivo fondamentale dell'incarnazione di Dio in Gesù non è combattere il male (infatti tutti moriamo), ma testimoniare - una volta per sempre - contro questa menzogna (infatti tutti risuscitiamo).

In soldini: combattere il male non è, automaticamente, accogliere la verità

Dal web:
Malafede: atteggiamento o comportamento rivolto consapevolmente a far supporre o ad accogliere come veri fatti in contrasto con la verità.
...un po' come il mito di Adamo & Eva!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

bobmax

Citazione di: Duc in altum! il 09 Gennaio 2023, 17:59:16 PML'emergere della consapevolezza del bene e del male, nel mito di Adamo, è solo una conseguenza del famoso peccato delle origini (che ognuno di noi ha contratto ma non commesso).

Non si è trattato di un peccato,  è  stato invece un evento meraviglioso!
È infatti iniziato il ritorno a Dio.

Ma poiché questa metamorfosi implica sofferenza, richiede infatti di liberarci da ogni imperfezione,  questo splendido significato è stato invece stravolto.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 09 Gennaio 2023, 09:09:56 AMSe l'organizzazione del mondo ha bisogno ancora della struttura gerarchica differenziante,
Ne ha bisogno o è semplicemente imposta da rapporti di forza nemmeno dialetticamente hegeliani ?

Citazioneservirà il riconoscimento del servo da parte del padrone, per liberare il mondo dall'oggettificazione dei soggetti e quindi dall'alienazione. Quindi non tanto una forma di tolleranza ma un'approccio diverso all'altro, che "vale" in quanto umano e indipendentemente dalla sua "visione del mondo". Se poi quella visione del mondo è ancora legata al principio dell'alienazione servo/padrone, sarà compito della cultura, della pedagogia e della condivisione dei saperi, cercare di contrastare quel principio
Qui siamo nel campo della discussione che riguarda la fede, ma una fede controvento su dati immanenti che ricorda tanto il credo quia absurdum.

CitazioneNel farlo, però, ancora una volta occorre ricordare l'umanità anche del più feroce aguzzino. Altrimenti il rischio è quello già enfatizzato dal mito della Medusa o da Nietzsche: se si guarda troppo il mostro, finisce che anche tu diventi un mostro, che è un po' la storia di tutte le tirranìe di destra e di sinistra, finora sperimentate.
Come in una risposta attribuita a Putin sui tagliagole ISIS: "il mio compito è mandarli al creatore, poi ci penserà Dio a giudicarli." Assomiglia molto alla sentenza del vescovo macellaio di Beziers. Ma l'ISIS era un mostro vero, rispetto ai poveri albigiesi.

L'equazione tirannie di destra=sinistra è totalmente infondata nei mandanti e negli scopi.

Vabbè coreggere la dialettica storica, ma non fino alla resa incondizionata. Il mostro che c'è dall'altra parte è reale e, prese le opportune precauzioni, bisogna guardarlo in faccia, anche attraverso un cannocchiale, in certe circostanze.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Sul tema originale...non penso che l'alternativa sia tra la fede e la fiducia "personale" in quattro anonimi di due millenni orsono, mai come in questo caso l'autore è morto sepolto ed irritrovabile (penso che tutti sappiano che i nomi appiccicati sui vangeli non riferiscono a nessuno), rimane di esso quello che rimane in realtà di tutti gli altri, l'autore come strategia testuale. Allora gli strumenti cominciano a diventare diversi e un po più interessanti. Se ad esempio un autore si prodigasse nel raccontare dialoghi senza testimoni nel deserto, l'idea di trattarlo come un testimone attendibile  comincerebbe a vacillare, perchè evidentemente le libertà che ritiene in grado di potersi prendere non ricadono nella testimonianza diretta. Altrettanto, se cominciasse a raccontare di eventi impossibili e perciò mai accaduti, come il famoso censimento, appunterei sul taccuino che lo stesso si prende delle libertà ancora più interessanti. Se i quattro testi non riuscissero a concordare su un singolo dettaglio dell'evento cruciale della narrativa , la crocifissione, la questione si farebbe ancora più complessa e comincerebbe tutto il discorso sulle fonti. Ma alla fine dei conti quello che tutti questi dati servirebbero, messi insieme, è quello di delimitare il "genere" della storia, dove inizia e finisce la libertà dell'autore, e quanto determinate affermazioni possano in quel contesto essere ritenute attendibili, e quali invece è perfettamente normale che non lo siano per niente. Insomma, tra fede e fiducia tertium datur: studiare. Saluti.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Pio

Se le vicende narrate coincidessero perfettamente sarebbe da dubitare di più. I vangeli sono narrazioni rivolte alle prime comunità. Ogni libro ha caratteristiche diverse perché scritto ad uso di persone diverse da diversi autori. Non sono libri dettati ma, per chi crede, ispirati. Diventano libri sacri in un secondo momento quando si cerca di mettere insieme un canone più omogeneo ad uso anche liturgico. In realtà più si studiano i vangeli e più si viene in un certo senso colpiti  proprio dal fatto che non si è compiutoun lavoro di omogeneizzazione, per eliminare le eventuali contraddizioni. Cosa che sarebbe stata logica per una comunità di FALSARI e di bugiardi.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Alberto Knox

Io non ho alcuna necessità di indagare se le sacre scritture contengono contraddizioni (le contengono) oppure no per scegliere di credere . infatti non è solo la Bibbia il fondamento del mio credo, che dire dei grandiosi sutra Buddisti? Allora di quale verità stiamo parlando? della verità rivelata nei vangeli? e quante religioni professano una verità rivelata? sono almeno 4 , islam, ebraismo, Cristianesimo e veda. Chi di queste 4 ha il potere di dire che la propia confessione sia la verità universale? nessuna.
Personalmente non voglio per la mia vita Spirituale nessuna immolazione Divina , non mi serve capite ?
 È un altra la ragione che mi spinge a credere. 
La motivazione della mia fede è la seguente: io credo in Dio perché ciò mi consente di unire il sentimento del bene e della giustizia dentro di me con il senso del mondo fuori di me. Affermare con la mia mente e con il mio cuore l'esistenza di una dimensione prima e ultima dell'essere che è bene e giustizia (convenzionalmente chiamata Dio) significa per me assegnare il primato ontologico, oltre che assiologico, al sentimento del bene e della giustizia che mi anima, e che vedo animare molti altri esseri umani.  Più in particolare, credere nell'esistenza di Dio per me significa porre l'amore quale respiro dell'essere. L'idea di Dio è il ponte che mi consente di unire il sentimento e l'attesa del bene dentro di me, con il senso ultimo del mondo fuori di me. Per questo, riprendendo un termine della religione romana in seguito fatto proprio dai papi, parlo di Dio come «pontefice», costruttore di ponti: Deus pontifex maximus.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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