L'uomo appartiene al regno degli animali?

Aperto da Jacopus, 28 Dicembre 2022, 19:50:05 PM

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Eutidemo

Citazione di: daniele22 il 29 Dicembre 2022, 10:58:32 AMCiao Eutidemo, immagino dunque che tu volessi dire che c'è qualche dubbio che un diamante sia un minerale e non un animale, così come c'è qualche dubbio che un uomo sia un animale e non un minerale. Se così fosse, concordo, anche se qui si entra veramente in campi di ricerca scientifica a noi senz'altro ignoti, o almeno ignoti a me. Un saluto
La mia era solo un'iperbole di carattere paradossale ("ex absurdo"). Un saluto :)

Eutidemo

Citazione di: baylham il 30 Dicembre 2022, 11:47:11 AML'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.

A me pare  che riuscire a prevedere solo l'immediato futuro,  o riuscire a prevedere il lontano futuro, sia una differenza di carattere meramente "quantitativo", e non certo "qualitativo".
Altrimenti molti nostri politici non apparterrebbero alla specie umana! ;D
Un saluto! :)

niko

#32
Citazione di: Phil il 30 Dicembre 2022, 11:30:25 AMPerché un animale non potrebbe mai capire, ad esempio, la fame di denaro di un uomo che ha comunque la pancia piena e una tana? Perché l'animale non può capire il gusto, squisitamente umano, di trastullarsi con la tecnica, fatta di giocattoli costosi e di esperienze edonistiche. Ritornando all'inizio: qual è l'utilità/finalità della ricchezza, del potere, dell'avidità, del giocare la lotteria, dell'essere contenti di avere un buon conto in banca? Solo la prospettiva futura di basilari cibo e tana? Solitamente no, siamo onesti; se così fosse non saremmo umani/edonisti



Ha quasi cometamente ragione, se non fosse per il fatto che l'uomo, l'uomo esistente nell'era capitalista almeno, se resta realmente senza un centesimo (indigente intendo, e non semplicemente povero) rischia davvero la vita e la pelle sua e a volte anche dei suoi cari. A differenza degli animali non ha a disposizione mezzi naturali e fisici, e neanche storico-sociali di natura non capitalistica, che gli permettano di sopravvivere al di fuori della relazione interumana (feticistica) mediata dal denaro.

Se prede gli ultimi spicci, perde in aspettativa di vita e in potenziale successo riproduttivo se figli non ne ha ancora avuti (va a dormire in macchina o  a fare il barbone, come tanti "invisibili" italiani e non) quindi non tanto il denaro in se', ma la l'ombra e la minaccia della sua assenza suscita a buone ragioni anche nell'uomo sano di mente terrori animali, nel senso di atavici, e si deve obbedire a determinati comandi sociali, e familistico/familiari, sotto la minaccia concreta e reale dell' ASSENZA del denaro.

Come del resto in generale e' terrorizzante l'essere esclusi dal branco per un animale che puo' sopravvivere solo in branco.

La nostra "bella" forma di inclusione in un branco che permetta la sopravvivenza e' il denaro. E naturalmente non riconosciamo il diritto universale di tutti alla sopravvivenza, quindi non riconosciamo il diritto universale di tutti al denaro.

C'e' sempre gente in buon numero che viene eliminata piu' o meno visibilmente o piu' o meno lentamente per dinamiche interne ed equilibri di potere di branco.

Il trastullarsi con il sogno -lucido e ludico, come sogno- che il denaro dia l'onnipotenza o la felicita', in conclusione, e' una compensazione assolutamente irreale di una minaccia reale, ovvero che la mancanza e la perdita non voluta di somme importanti di denaro, quasi sempre, nell'inudibile contesto sociale e "di branco" umano a cui tutti gli uomini sono incatenati, da' come conseguenza la mancanza di potenza, e l'infelicita'.

Come nella lezione di Marx, proletarizzazione e' eliminazione di tutte le forme di autoproduzione (agraria, artigianale e in generale comunitaria e solidale) affinche' la possibilità di sopravvivenza di un individuo qualsiasi si polarizzi sulla dicotomia tra l'essere borghese o l'essere proletario di tale individuo, insomma affinche' la sopravvivenza e l'inclusione come possibilita' genericamente umana si focalizzi sull'esistenza e sul possesso del denaro in se'.

E se c'e' un processo storico che a tutti o quasi gli uomini viventi e pensanti al giorno d'oggi in ogni parte del mondo appaia "compiuto", o "irreversibile", e' proprio questo.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

Citazione di: baylham il 30 Dicembre 2022, 11:47:11 AML'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.

Ma se la differenza è quanto lontano prevedono, allora la differenza è quantitativa.
Pardon, aveva già risposto Eutidemo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: baylham il 30 Dicembre 2022, 11:47:11 AML'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.

Oserei di più: gli animali vivono nel presente, gli umani si dannano la vita e l'anima pensando al futuro.

Questo rende i viventi non teleolopatici decisamente più felici degli umani anche per quanto riguarda la sfera edonistica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

@niko

L'animale estetico (l'uomo) è prima di tutto sempre animale, con i suoi bisogni primari inderogabili; la differenza rispetto altri animali emerge, come dicevo, dopo che sono stati soddisfatti i bisogni primari.
La naturale sopraffazione fisica, basata sulla violenza diretta, ha pian piano lasciato il posto, in gran parte del globo, alla sopraffazione economica, confermando quanto la sopraffazione sia connaturata all'uomo (sapiens, faber, economicus, etc. non sembra fare molta differenza), o forse suggerendo che tale sopraffazione sia connaturata quasi più all'habitat della nostra specie che all'abitante, risultando un'istanza di organizzazione e selezione piuttosto trasversale a tempi e luoghi. 
Come accennato altrove, l'«etica del pavimento e della scarpa» (sto constatando, non esaltando) ha favorito il successo sociale basato su doti sempre meno fisiche (sportivi e buttafuori a parte) creando "spirali" economiche basate anche sul superfluo edonismo di qualcuno (lusso) che fornisce il necessario a qualcun altro (stipendio), in una dinamica che in natura credo non abbia paragoni. Il denaro come simulacro di un valore, di un potenziale indefinito (nel senso che può tradursi in cibo o in capricci) è ciò che meglio rappresenta l'alienazione umana dalle dinamiche naturali e, come giustamente osservi, il suo scopo primario resta indubbiamente quello di soddisfare bisogni primari, tuttavia che possa anche essere impiegato per edonismi contingenti è, secondo me, la vera cesura radicale rispetto all'animalità, che pare non contemplare nemmeno la possibilità di tale contingenza (almeno finché non vedremo uno scoiattolo barattare una delle sue tante ghiande con una foglia, perché la trova bella).

Alberto Knox

#36
L uomo pare anche essere l unico essere vivente in grado di modificare l ambiente a seconda delle propie esigenze ma non è stato in grado (e i fatti lo dimostrano) di mantenere un rapporto equilibrato al cambiamento reciproco con l ambiente. Il modificarsi dell ambiente infatti ha modificato l uomo stesso. HA modificato l etica, la ragione, il modo di comunicare e con internet siamo diventati un villaggio globale ,in quanto ha permesso l accomulazione e la trasmissione di un sapere comune oltre alla comunicazione immediate a grandi distanze. Tutto questo, e altro, ha favorito un accelarazione dell evoluzione socio/culturale ma le modalità innate di azione e di reazione istintuali non possono essere state in grado di seguire l evoluzione accelerata storico/culturale (in quanto organiche e quindi più lente) e rimangono ancora legate a quello che l ambiente (la natura)non modificato  aveva dato all uomo come al resto degli animali. Di conseguenza le due evoluzioni (organiche e sicio/culturali) non sono perfettamente simcronizzate con le condizioni di civiltà in cui l uomo è venuto a trovarsi ad opera delle sue attività mentali.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Non si può certo dire che l uomo sia cattivo sin dall infanzia, ma non è neppure abbastanza buono per corrispondere alle esigenze della socetà umana colta e civile che egli stesso ha creato. E , a differenza dell animale selvatico , l uomo civilizzato non può più affidarsi ciecamente a quanto gli suggeriscono gli istinti.
Visto che la discussione è improntata nel trovare le differenze fra uomini e animali , questa è senz altro una da tener sempre a mente.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Citazione di: Phil il 30 Dicembre 2022, 19:17:50 PM@niko
La naturale sopraffazione fisica, basata sulla violenza diretta, ha pian piano lasciato il posto, in gran parte del globo, alla sopraffazione economica, confermando quanto la sopraffazione sia connaturata all'uomo (sapiens, faber, economicus, etc. non sembra fare molta differenza), o forse suggerendo che tale sopraffazione sia connaturata quasi più all'habitat della nostra specie che all'abitante, risultando un'istanza di organizzazione e selezione piuttosto trasversale a tempi e luoghi.

Petitio principii. Dal riscontro fenomenologico alla causalità senza una analisi approfondita delle circostanze storiche, salvo un accenno rattoppante ad un habitat generico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2023, 09:20:37 AMPetitio principii. Dal riscontro fenomenologico alla causalità senza una analisi approfondita delle circostanze storiche, salvo un accenno rattoppante ad un habitat generico.
La petitio principii è una fallacia e, in quanto tale, riguarda un'argomentazione o un tentativo di dimostrazione; non ha senso se invocata su una descrizione. L'analisi della causalità del fenomeno non intacca la validità del riscontro fenomenologico. 
Esplicitando la descrizione: alla sopraffazione fisica è seguita (o meglio, si è aggiunta) quella economica; l'uomo tende a sopraffare e a gerarchizzare/discriminare, su scala planetaria, sia prima che dopo il capitalismo. Lo fa contro la sua natura, da millenni e pur cambiando forma di sopraffazione? Questa è una tesi (controfattuale già in partenza) che richiederebbe eventualmente argomentazioni e dimostrazioni.
Restando sempre sul piano della descrizione: la combinazione scarsità/necessità di risorse (e/o di denaro) spinge alla sopraffazione, più o meno violenta, più o meno economica, più o meno legalizzata. Non mancano certamente le eccezioni, ma anche la casistica, su larga scala (l'habitat di riferimento non è «generico», bensì globale), credo descriva senza troppi dubbi il differente peso statistico fra possesso e condivisione, competizione e collaborazione, etc.
Non c'è "toppa", non c'è inganno (né fallacia): questa è la descrizione "etologica" di ciò che accade da sempre fra gli uomini sulla terra; ci sono poi i cieli delle divinità e delle utopie e lì si entra nel campo minato delle fallacie e/o dell'infalsificabilità (quindi preferisco restarne fuori).

Ipazia

Se l'unica soluzione all'accesso alle risorse è la ferocia imperialistica, abbiamo toppato tutto. Ovviamente per i follower del Capitale la natura umana può essere declinata solo così.  E laddove non funziona così, c'è sempre un "democrazia" da esportare con le bombe e la corruzione. Riconfermando il paradigma e la petitio principii.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

D'accordo con Ipazia. L'homo homini lupus è un'ideologia disconfermata dalla storia, dall'etologia e più recentemente dalle neuroscienze. A parte il fatto che i lupi sono animali socievoli ed hanno delle regole ben precise per non diventare inutilmente feroci. A parte questo, sapiens è l'essere vivente più neuroplastico che ci sia sulla terra. Lo puoi addestrare alla ferocia oppure alla bontà, fatti salvi i bisogni primari, ovviamente, ma talvolta neppure quelli, considerando gli atti di eroismo e di martirio di cui la storia è piena. Che sapiens possa essere terribile lo sappiamo ma sappiamo anche che può essere meraviglioso. È la narrazione tossica del capitalismo a farci credere che siamo "l'un contro l'altro armati".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Come sempre, descrivere non comporta affatto giudicare (in positivo o negativo); tuttavia, un giudizio, per essere saldo e fondato, ha bisogno di basarsi su una descrizione. La descrizione che ci propone la storia (che non conosce petitio principii ma fatti, interpretabili ma non ad libitum), in attesa di proporzionate smentite storiografiche (non ideologiche), mi sembra priva di dubbi: da sempre e ovunque, l'uomo si organizza in modo piramidale e gerarchico, con chi sta sopra intento a sopra-ffare chi sta sotto; ripeto: non più tanto con la violenza fisica, ma piuttosto con la sovra-posizione economica o sociale (magari persino con un pizzico di compassione, ma in concreto non è prassi consueta "retrocedere" per solidarietà con il basso, al limite gli si scarica il proprio superfluo perché "a Natale siamo tutti più buoni"). La sopraffazione non comporta l'ingenuo annientamento di chi sta sotto, poiché egli è necessario a chi sta sopra, ma una decisa e palese discriminazione in termini di potere, di possibilità, di godimento delle risorse, etc.
Possiamo appellarci all'empatia, alle onlus, ai beau geste, all'istinto materno, etc. ma la storia dell'uomo, fino a prova contraria, testimonia inequivocabilmente che la sua natura (con buona pace di minoranze ed eccezioni), all'atto pratico, resta quella verticalizzante della sopraffazione: la geopolitica, l'economia, la sociologia, etc. non ci raccontano altro, pur con tutti gli ammorbidimenti diplomatici e le "rimozioni" della contemporaneità (e anche la nostra vita personale, per quel che vale, suppongo sia facilmente incasellabile, non a caso, fra "qualcuno sopra" e "qualcuno sotto").

Jacopus

Ammesso che la storia ci proponga il quadro da te delineato, Phil, le indagini più recenti in campo neuroscientifico ci dicono che questa "tracotanza" dell'uomo è il risultato di una storia culturale dell'umanità e non un tratto per così dire genetico/biologico dell'uomo. In questo modo è possibile pensare ad un diverso tipo di società. Se invece si conclude pensando che sapiens sia geneticamente sopraffattore, allora non resta altro che rassegnarsi alla logica che Manzoni cita nell'Adelchi, ovvero che nel mondo non resta che fare violenza o subirla.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: Jacopus il 06 Gennaio 2023, 18:58:16 PMle indagini più recenti in campo neuroscientifico ci dicono che questa "tracotanza" dell'uomo è il risultato di una storia culturale dell'umanità e non un tratto per così dire genetico/biologico dell'uomo. In questo modo è possibile pensare ad un diverso tipo di società.
Concordo che non sia una questione di mera genetica; nel passo già citato da Ipazia avevo infatti osservato che le forme di sopraffazione sono mutate «confermando quanto la sopraffazione sia connaturata all'uomo (sapiens, faber, economicus, etc. non sembra fare molta differenza), o forse suggerendo che tale sopraffazione sia connaturata quasi più all'habitat della nostra specie che all'abitante, risultando un'istanza di organizzazione e selezione piuttosto trasversale a tempi e luoghi».
Pensare ad un diverso tipo di società è certamente possibile, ma credo abbia tanto più senso quanto più sia ancorato alla descrizione della società attuale; se l'uomo ha il "potenziale neurologico" per essere altro, non può essere insignificante il fatto che non riesca mai ad esserlo più di tanto: vuoi per motivi ambientali, vuoi per tradizioni culturali, dalla tribù più sperduta ed "anacronistica" alla metropoli più democratica e tecnologica, il denominatore comune è sempre la divisione verticale dei ruoli e dei poteri, con conseguente divisione "di diritto" delle risorse e delle possibilità sociali. Sintomatico (e ancora descrittivo) è che le varie direzioni politiche del "mondo evoluto", non si siano dimostrate capaci di emanciparsi dalla sopraffazione, tenendo ancora ben imbrigliato quel quasi messianico "potenziale di poter essere altro".
Inoltre, la spontaneità con cui è spuntata anche la "sopraffazione 2.0" dei vari "ing" (mobbing, stalking, bullying, shaming, etc.) conferma l'ennesima mutazione di forma (per quanto insignificante, in questa sua forma, a livello globale) di un processo relazionale a quanto pare radicato, se non nella genetica, in una certa socialità piuttosto "triggering" (considerando come tale "tendenza a sottomettere" non sia quello che viene propugnato a scuola, eppure riesce comunque ad emergere, come elaborazione di un disagio o altro, e quantomeno come un meccanismo che pare ritrovare una risonanza in pulsanti "inclinazioni limbiche").

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