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La realtà.

Aperto da iano, 12 Giugno 2022, 03:05:06 AM

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iano

La conoscenza è relativa al soggetto che interagisce con la realtà, quindi non potrà che essere relativa, e la realtà è una necessaria supposta concausa della conoscenza.
La conoscenza è utile, perché ad esempio evita che io cada nei burroni.
Questo fatto viene usato da alcuni per assimilare i "burroni" alla realtà.
Essi in sostanza affermano che per non cadere nei burroni occorre credere alla loro esistenza. Al fatto che essi siano reali.
Al fatto che essi "sono la realtà ".
In questo modo si assimila la conoscenza della realtà alla realtà.
Sarebbe come dire che per mandare un razzo sulla luna occorre credere alla gravità .
Come dire che non è sufficiente conoscere, e quindi applicare la legge di gravità, ma bisogna credere nella gravità, il che palesemente e' falso.
Infatti posso benissimo applicare la legge di gravità senza credere nella gravità.

La gravità non è la realtà.
La legge di gravità è il risultato della mia interazione con la realtà.
E non è dire una cosa o l'altra la stessa cosa.
Secondo Einstein la luna esiste anche quando non la guardiamo.
Questa io credo sia una ragionevole fede, ma rimane una fede.
È certamente utile crederlo, ma non è certamente vero.
Nessun fisico che applichi la teoria quantistica vi crede, ma ciò non impedisce alla teoria di funzionare.
Possiamo quindi evitare di cadere nei burroni anche se non vi crediamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#1
Assimilare la conoscenza della realtà  alla realtà equivale a confondere le cause con gli effetti, e più correttamente si dovrebbe scrivere quindi "conoscenza della realtà ".
"La conoscenza della realtà " non equivale alla realtà, ma alle istruzioni per l'uso della realtà.
Le istruzioni comportano sempre semplificazioni, ma non sono da intendersi come semplificazioni della realtà.
È da intendere che la complicazione delle istruzioni è una variabile indipendente.
Quanto vogliamo complicare la storia dipende da limiti di sostenibilità e di fattibilità.
È un problema pratico.
Per non cadere dentro un burrone non applico la teoria della relatività.
Ma quando le istruzioni per l'uso riguardano la convivenza sociale semplificare troppo può essere devastante., quando si confondono le conoscenze con la realtà.
Se credere che la luna esiste anche quando non la guardo è una innocente quanto utile creduloneria, applicare lo stesso meccanismo agli esseri viventi è il tema di una annunciata tragedia sociale.
In questo caso, per quanto occorra semplificare, la complicazione non è mai abbastanza.

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sapa

Buongiorno iano, mi permetto di eccepire il tuo discorso. La conoscenza della realtà implica un descrizione  della stessa. Per rimanere sul discorso della gravità, Galileo ne descrisse bene la realtà, ovviamente con gli strumenti che possedeva e nell' unico modo, umano, che era possibile. Non è necessario, d'altronde, conoscere nei dettagli la forza di gravità, per percepirne la realtà e le sue conseguenze: anche un animale, davanti a un burrone, si ferma e non vi si getta, a meno non sia, come il mio gatto, talmente sventato da tentare di prendere un insetto che vola anche oltre la balaustra del terrazzo ( ho dovuto, per impedirglielo, applicare delle protezioni allo stesso). Poi, come in altro post, salterà fuori qualcuno a dirmi che non posso avere la certezza di sfracellarmi, se mi butto da un ponte, perchè non ne ho, ancora, fatto esperienza. Ma che la forza che spinge i corpi a cadere sia reale a me sembra lapalissiano. Ne possiamo discutere la descrizione e i parametri, ma non l'esistenza, secondo me. A presto

baylham

Citazione di: iano il 12 Giugno 2022, 03:33:25 AMSe credere che la luna esiste anche quando non la guardo è una innocente quanto utile creduloneria, applicare lo stesso meccanismo agli esseri viventi è il tema di una annunciata tragedia sociale.
In questo caso, per quanto occorra semplificare, la complicazione non è mai abbastanza.

Anche credere che la luna esista solo quando la guardo è una creduloneria.

Non capisco perchè la semplificazione sia una tragedia mentre, suppongo, la complicazione sia una commedia nei rapporti umani. Che la semplificazione sia una tragedia sociale è una semplificazione o una complicazione?

iano

Citazione di: sapa il 12 Giugno 2022, 10:35:34 AMBuongiorno iano, mi permetto di eccepire il tuo discorso. La conoscenza della realtà implica un descrizione  della stessa. Per rimanere sul discorso della gravità, Galileo ne descrisse bene la realtà, ovviamente con gli strumenti che possedeva e nell' unico modo, umano, che era possibile. Non è necessario, d'altronde, conoscere nei dettagli la forza di gravità, per percepirne la realtà e le sue conseguenze: anche un animale, davanti a un burrone, si ferma e non vi si getta, a meno non sia, come il mio gatto, talmente sventato da tentare di prendere un insetto che vola anche oltre la balaustra del terrazzo ( ho dovuto, per impedirglielo, applicare delle protezioni allo stesso). Poi, come in altro post, salterà fuori qualcuno a dirmi che non posso avere la certezza di sfracellarmi, se mi butto da un ponte, perchè non ne ho, ancora, fatto esperienza. Ma che la forza che spinge i corpi a cadere sia reale a me sembra lapalissiano. Ne possiamo discutere la descrizione e i parametri, ma non l'esistenza, secondo me. A presto
Buongiorno Sapa.
Ai fini di questa discussione possiamo assimilare il nostro tipo di conoscenza a quella del gatto. intesa come quella cosa che nasce dalla interazione con la realtà è che la orienta, anche se nel nostro caso come fai ben notare può implicare una "descrizione della realtà".
Ho usato le virgolette perché affermare che noi, seppur in modo approssimato, descriviamo la realtà mi sembra un andare oltre i fatti e i fatti sono che possediamo descrizioni salvavita attraverso le quali interagiamo utilmente con la realtà, e che nascono esse stesse dalla nostra interazione con la realtà.
Non possediamo la realtà nemmeno in modo approssimato, ma sole delle istruzioni sulla realtà.
Questa distinzione può sembrare pretestuosa, ma nasce dal tentativo di risolvere il paradosso della teoria quantistica, che i fisici non considerano una descrizione della realtà, pur applicandola utilmente.
Per essa non esiste un corrispondente percettivo, come per la gravità, e la percezione comunque, essendo un modo di interagire con la realtà, non è da confondere con la realtà.
La gravità io la percepisco, ma ciò non implica che esista.
Sicuramente essa esiste dentro al "racconto della realtà " che fa' Newton.
Tale racconto però non è univoco, e ciò non garantisce quindi l'esistenza della forza di gravità.
Nel racconto di Einstein non vi è alcuna forza, e le sue istruzioni per l'uso della realtà funzionano almeno altrettanto bene, anche se non sono le istruzioni che praticamente usiamo per non cadere nei burroni.
La distinzione che io faccio può apparire pretestuosa, ma ci aiuta ad accettare le istruzioni della teoria quantistica fra i nostri attrezzi attraverso i quali interagiamo con la realtà, espellendo la necessità di credere negli enti che entrano nella descrizione.
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iano

#5
Citazione di: baylham il 12 Giugno 2022, 10:53:48 AMAnche credere che la luna esista solo quando la guardo è una creduloneria.

Non capisco perchè la semplificazione sia una tragedia mentre, suppongo, la complicazione sia una commedia nei rapporti umani. Che la semplificazione sia una tragedia sociale è una semplificazione o una complicazione?

In effetti secondo me hai centrato la questione.
È una creduloneria credere che la luna esiste anche solo quando la guardo.
Diciamo che sia quando la guardo che quando non la guardo, credere che esita è una "ragionevole fede".
Similmente potremmo dire che quando nel descrivere gli esseri viventi usiamo il concetto di razza stiamo assumendo una ragionevole fede, ma il credere che la razza esista anche al di fuori della necessità descrittiva ha avuto anche conseguenze drammatiche nel nostro recente passato, e continua ad averle.
In questo senso intendo che ad esempio il concetto di razza sia una semplificazione da superare.
Una strada è quella di aggiungere complicazione descrittiva, ma col rischio di rendere la descrizione inefficace, rendendola impraticabile.
La vera soluzione è di non credere all'esistenza di nulla che intervenga dentro una descrizione che ha solo intenti pratici. Credervi infatti comporta che si vada oltre gli intenti della descrizione, con possibili risvolti tragici.

In alternativa assumiamo pure "ragionevoli fedi", ma curando che restino nei confini della ragionevolezza.
La realtà stessa è una di queste ragionevoli fedi e la ragione non può applicarsi se non sulle nostre fedi.
Ma se credere nella realtà sembra necessario, su qualunque altra fede si possono fare ragionevoli scelte che non necessitano di essere considerate definitive..
Gli esseri viventi che non volano fanno bene a porre fede nei burroni.
Ma gli esseri viventi che volano non sanno nemmeno cosa siano.
Dunque esistono oppure no?
Esistono finché io lo credo, ma è bene crederci entro ragionevoli limiti.
Vedere la luna è un atto di fede.
Un atto di fede utile quanto innocuo, almeno finché si dimostra essere tale.
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green demetr

Il corpo caduto nel burrone cade, l'uomo si aggrappa allo sperone di qualche roccia.

Il corpo si riduce molto bene alla descrizione, l'uomo la combatte.

Siamo molto d'accordo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

La conoscenza è relativa al soggetto, la realtà no.  Pure lo sforzo dell'atto di fede è minimo di fronte al toccare con le dita e vedere con gli occhi le cicatrici della realtà; e infine, l'intersoggettività riduce di molto gli errori del soggetto, fluidificando il processo di adaequatio rei et intellectus.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#8
Citazione di: Ipazia il 12 Giugno 2022, 16:56:37 PMLa conoscenza è relativa al soggetto, la realtà no.  Pure lo sforzo dell'atto di fede è minimo di fronte al toccare con le dita e vedere con gli occhi le cicatrici della realtà; e infine, l'intersoggettività riduce di molto gli errori del soggetto, fluidificando il processo di adaequatio rei et intellectus.
Forse non riuscirò bene ad argomentare, ma non sono d'accordo su nulla.
Direi che la conoscenza è relativa al soggetto quanto alla necessariamente supposta realtà.
Credo che alla base del poter toccare con dita ci sia un atto di fede, ma qui mi rendo conto di difettare in argomenti.
Contesto invece con convinzione l'uso del termine "errore", secondo me tendenzioso.
Ma ammesso e non concesso che si possa parlare di errori, l'intersoggettivita' ci consente solo di sbagliare insieme.
Nella condivisione sta il potere della scienza.
L'illuminazione del singolo finché rimane tale vale zero, ma ciò di fatto non si verifica mai perché la scienza non progredisce per salti discontinui, anche quando là si descrive come tale.
Voglio dire che l'intersoggettivita' non è un plus, ma la sostanza stessa della scienza.
Essa, se non fosse per il suo percorso più esplicito, non differisce dalla percezione, la quale possiede un senso solo quando è sufficientemente comune.
In questa mancanza di un essenziale comunanza sta il problema che di fatto qui voglio affrontare, relativamente alla teoria quantistica, cercando di rimuovere gli ostacoli che individuo come prettamente filosofici che sembrano ostare.
È un punto non da poco quello che metto sul tavolo, perché pretendo di ripartire dall'ostacolo che pone Einstein, il quale afferma che la luna esiste anche quando non la guardiamo.
Ma se la conoscenza dipende dall'osservatore , o meglio dall'osservazione,l'esistenza possiamo con certezza relegarla solo al momento dell'osservazione.
I fisici pragmaticamente hanno superato l'ostacolo filosofico ignorandolo, ma ciao comporta un indebolimento della scienza in termini di mancata condivisione.
L'unica soluzione a me appare di imitare ciò che per necessità pratica i fisici fanno, ma possibilmente dando alla questione una veste filosofica più elegante, e per far ciò mi pare sia da riconsiderare l'esistenza delle cose, facendo tabula rasa dei precedenti preconcetti.
Sono convinto anch'io che si proceda per tentativi ed errori, i quali però hanno un senso solo quando sono azione collettiva.
Però non mi piace parlare di errori, perché come ho detto è cosa tendenziosa , in quanto presuppone che esista una descrizione della realtà univoca che aspetta solo di essere raggiunta in progressione.
È un punto di vista filosofico radicato, ma anche il principale ostacolo da superare per progredire, laddove per progredire intendo riuscire a continuare a procedere insieme, ma verso nessun obiettivo prefissato, perché non sappiamo come ha fatto a costituirsi una percezione comune e non possiamo quindi pretendere di sapere come farà a costituirsi in futuro una scienza condivisa.
Quello che possiamo curare attraverso i nostri mezzi filosofici è che ciò di cui parliamo sia ancora scienza in futuro, e cioè, per come la vedo io, materia essenzialmente condivisa.

Quello che voglio dire è che il compito della scienza non è diverso da quello della percezione la quale ci fa' vedere a tutti rosso, ma il rosso non esiste se non come percezione.
Certamente esso corrisponde ai preciso range di frequenza, c'è dietro cioè una realtà che certifica la non completa gratuità della percezione , ma non ne certifica però l'univocità, e quindi non garantisce un esistenza che possa prescindere dal contesto osservativo.
Può essere un duro esercizio filosofico, ma sta a noi se vogliamo continuare a prendere il treno della scienza o se vogliamo perderlo.
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Ipazia

La realtà include anche la presa d'atto delle specifiche percettive di ogni specie vivente considerata nella media delle sue facoltà percettive. Un cieco o un daltonico non sono significativi della percettività umana, la quale non include una vista notturna efficiente, benché altre specie ne siano provviste. Il colore assoluto di una radiazione non esiste, è mera forzatura noumenica, mentre il rosso esiste ed è reale nello spettro visivo della biologia umana standard, intersoggettivamente verificabile e modulabile giocando con la lunghezza d'onda della radiazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#10
Non ho capito molto Ipazia, ma se vuoi andare sicura nel buio completo devi dare la mano a un cieco. Un cieco infatti ha molto sviluppata una capacità che tutti possediamo, quella di vedere con le orecchie, così come tutti ascoltiamo con gli occhi.
Quello che voglio dire è che la luna esiste come esiste il rosso, ed esistono per noi tutti , e ciò rende significativa la loro esistenza.
Ma anche i ciechi nel loro piccolo hanno una esistenza significativa che tutti possono condividere tappandosi gli occhi per un tempo neanche troppo lungo.

Ma come facciamo invece a condividere la teoria quantistica?
Questo è il punto.
Cosa ci dobbiamo tappare?
Immagino che dovremmo provare a censurare per un tempo abbastanza lungo le nostre convinzioni filosofiche. In particolare quelle che riguardano l'esistenza.
A un vedente sembra impossibile sopravvivere senza vista.
Ma non è così.
L'unica difficoltà dei non vedenti è di vivere in un mondo costruito dai vedenti.
La difficolta di comprendere la fisica quantistica è che viviamo in un mondo costruito per la fisica classica.
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Ipazia

#11
La teoria quantistica non ha nulla di epistemologicamente diverso dalla fisica classica. Essa afferma, e dimostra sperimentalmente, che la natura i salti li fa e che le grandezze infinitesimali, i mattoni della realtà, sono corpuscolari, così come intuirono millenni fa Democrito e Leucippo. La corpuscolarità interrompe il continuo del reale e comporta il salto.

Nulla di incomprensibile per la mente umana; semmai di matematicamente complesso, man mano che si cerca di formulare la realtà, ma ciò è nella realtà dell'episteme, così come l'abbiamo perseguita fin dagli antichi scienziati filosofi.

Che la filosofia naturale sia complessa è un problema solo per i pigri di mente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

atomista non pentito

Scusate , il "burrone" e' un forte dislivello ( di tot m ... misurabile) fra il punto dove mi trovo e quello dove mi troverei se continuassi a procedere. Lo e' per me , lo e' per l'aquila lo e' per l'amico che fa "base jumping". Non vedo dove sia il "non essere" del burrone solo perché io lo devo evitare , l'aquila lo usa per cacciare , il mio amico per divertirsi e spararsi un po' di adrenalina in circolo.

iano

Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2022, 06:10:46 AMLa teoria quantistica non ha nulla di epistemologicamente diverso dalla fisica classica. Essa afferma, e dimostra sperimentalmente, che la natura i salti li fa e che le grandezze infinitesimali, i mattoni della realtà, sono corpuscolari, così come intuirono millenni fa Democrito e Leucippo. La corpuscolarità interrompe il continuo del reale e comporta il salto.

Nulla di incomprensibile per la mente umana; semmai di matematicamente complesso, man mano che si cerca di formulare la realtà, ma ciò è nella realtà dell'episteme, così come l'abbiamo perseguita fin dagli antichi scienziati filosofi.

Che la filosofia naturale sia complessa è un problema solo per i pigri di mente.
Visioni di natura più o meno continua o discontinua si sono alternate con vario successo e continueranno a farlo secondo me, ma questo non mette in crisi il concetto di esistenza.
Non è neanche una questione di complessità in se', ma di accettabilità per il senso comune, che, quando insoddisfatto , confonde l'inaccettabile col complesso.
Ogni visione, qualunque fosse, di successo, ha sempre influenzato finora il senso comune, il senso di realtà , ma temo abbia smesso di farlo, o forse lo sta facendo in un tempo più lungo del solito. Il senso di realtà è rimasto ai burroni, come esempio di realtà da prendere sul serio, senza stare a teorizzare troppo, se non vogliamo finirci dentro.
Mi sembra che i filosofi in tal senso non stiano facendo il loro mestiere.
Non sembrano essere il fronte avanzato di un senso comune entrato in positivo conflitto.
Non vedo nessun conflitto.
Magari mi sbaglio e tu potresti darmi i link giusti
Io ad esempio non ne trovo traccia nei post di questo forum.
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#14
Citazione di: atomista non pentito il 13 Giugno 2022, 10:58:43 AMScusate , il "burrone" e' un forte dislivello ( di tot m ... misurabile) fra il punto dove mi trovo e quello dove mi troverei se continuassi a procedere. Lo e' per me , lo e' per l'aquila lo e' per l'amico che fa "base jumping". Non vedo dove sia il "non essere" del burrone solo perché io lo devo evitare , l'aquila lo usa per cacciare , il mio amico per divertirsi e spararsi un po' di adrenalina in circolo.
Intendo dire che quello che per noi è un burrone "reale" , tale non è.
Cioè non è realtà, ma una istruzione per l'uso per interagire con la realtà , istruzione che potrebbe essere diversa per noi o per l'aquila, ma che ottiene paragonabile scopo.
Il mio invito è non confondere la realtà con le istruzioni per interagire con essa.
Ciò avviene comprensibilmente quando non abbiamo coscienza del come si sono costituite le nostre istruzioni.
Quando questa coscienza c'è, come nel caso delle "istruzioni quantistiche" , dobbiamo sorprenderci oppure no del non trovare un "burrone quantistico" equivalente a quello classico?
Un burrone talmente evidentemente corrispondente alla realtà da farti chiedere di cosa io stia farneticando .
Ora secondo me le soluzioni sono due, e io ti propongo di fare una scelta fra esse.
1. Non esiste nessun burrone, ne' quantistico, ne' classico, se non come istruzione per interagire con la realtà in contesti alternativo fra loro. Se si accetta questa soluzione il problema dell'accettazione quantistica sparisce. Abbiamo risolto il problema dell'accettazione del burrone quantistico, rifiutando il burrone classico come realtà.
Abbiamo cioè  risolto il problema dell'accettazione affermando che non vi è nulla da accettare.
Vi è solo da calcolare e seguire sufficientemente precise è sufficientemente efficaci istruzioni per l'uso della realtà, una delle quali istruzioni si chiama burrone di sopra o burrone di sotto.
2. Esiste un burrone esattamente al modo in cui lo intendi tu, ma di cui non sembra possibile trovare un corrispondente quantistico, che ci appaia cioè comparabilmente "banale", di una banalità cui non serve aggiungere altro, sorprendendosi, come fai tu, se qualcuno provi a farlo.
In questo caso ci teniamo il burrone classico come banale esempio di realtà, rinunciando a cercare esempi più in linea col progresso della scienza, cristallizzando il nostro senso di realtà, come qualcosa che non derivi da un progresso, ma come qualcosa di fissato per sempre.
Ci teniamo il nostro senso di realtà e lasciamo che la fisica quantistica faccia il suo corso, facendo finta di ignorare del come le nuove visioni scientifiche col tempo abbiano sistematicamente cambiato il nostro senso di realtà.

La novità, a mio modo di vedere, è che questo processo di accomodamemto del senso di realtà alla nuova fisica non sia mai partito veramente .
Non stiamo assolutamente vivendo quel conflitto culturale che ha fin qui accompagnato le nuove visioni della scienza.
Perché? Lo chiedo anche a te.😊
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