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Cosa vuol dire Logos?

Aperto da Alberto Knox, 12 Marzo 2022, 00:58:59 AM

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Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 19:41:09 PMQuelle nobili istituzioni culturali che sono i dizionari si occupano di dare ad ogni parola il significato corrente e, i più accurati, pure il passato nell'uso.

I referenti materiali sono più condivisibili di quelli concettuali e questo non è un mistero, ma significa la funzione esatta della parola (logos). Se dico "gatto", tutti gli italofoni con un livello culturale basico capiscono di cosa si tratta e questa evidenza dimostra il successo della comunicazione. E pure della rappresentazione semantica, al netto di ogni nebbia metafisica.

Se dico "anima" la faccenda si complica, perché si passa dal materico al concettuale, laddove la meta-fisica imperversa, e i significati variano secondo gli orizzonti ideologici di riferimento. I quali vanno esplicitati al fine di evitare l'insuccesso della comunicazione.

Arkè è l'origine di un processo, naturale o storico. Che gli antichi sapienti abbiano posto il linguaggio all'origine dell'avventura evolutiva della nostra specie mi trova concorde. Certo, anche la tecnica. Ma una tecnica incomunicabile nasce già morta, non ha futuro. Ovvero non ha il suo necessario tempo evolutivo.









i dizionari si occuapano di esprimere il significato della parola ma non approfondiscono il significato antico da cui la parola deriva, non si occupano della ricerca etimologica della parola. Ed è per questo che confondi archè come principio inteso come inizio di un processo, ciò che ha dato il via. Non è così, l'archè di cui parlavano gli antichi si rferiva al principio costitutivo come fondamento permanente . Mentre per il materialista tale causa formale o legge cosmica ha dato inizio all'evoluzione cosmica fino ad arrivare alla coscienza per gli antichi essa era il principio di tale evoluzione. Un principio che è in essere all evoluzione, che permane come fondamento. L'aarchè veniva nominato per indicare un principio costitutivo fondamentale , non il principio di un processo

Per quanto riguarda il linguaggio esso funziona .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Gli antichi davano senz'altro un significato metafisico e mitico all'archè e al logos. Ma perché chiamarlo "logos" e non "xyz" ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#17
Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 17:13:15 PM
Citazione di: niko il 13 Marzo 2022, 12:31:46 PMQuello che supera l'analitica delle lettere e dei simboli e' l'espressivita' stessa delle lettere e dei simboli: la scrittura non rappresenta la parola, non e' riducibile al mero compito di rappresentare la parola, ma vive di vita propria. Quantomeno come epi-grafia e calli-grafia, come traccia, come possibilita' di modificare il mondo che abbia valenza nel pre-nascita e nel post-morte.

Certamente, ma rimanendo all'interno della triade semantica referente-significato-significante. Non esiste un significante grafico in assenza di un referente reale o concettuale. Nella letteratura e, soprattutto poesia, si intrecciano significati inediti veicolati dal segno ortografico, ma rimangono confinati nella sfera del simbolico, mentre la realtà mantiene la barra semantica.

CitazioneDel resto, pur essendo storicamente falsi e falsificati tutti i nessi general-generici tra passaggio di una (qualsiasi) comunita' umana alla  "fase della scrittura" in generale e filosofia occidentale, non e' ancora falsificato ne' falsificabile il nesso, (pesante come un macigno, se non lo si affronta) tra passaggio di una specifica comunita' umana a una forma di scrittura pienamente  alfabetica e filosofia occidentale

La raffinatezza di una lingua e dei suoi simboli indubbiamente stimola lo sviluppo intellettale e la speculazione filosofica. Il "verba volant, scripta manent" non può essere sottovalutato, ma nemmeno sopravvalutato oltre la sua natura di espediente tecnico di registrazione.

CitazioneIl discorso unitario non è possibile in un mondo infinitamente diveniente, e ogni discorso si riduce alla combinatoria di due o piu' elementi semplici ricorrenti con cui noi stessi parlanti cerchiamo di agire la riduzione della complessita', quantomeno perche' quello che abita l'uno e' il molteplice, e la non esaustivita' di un discorso rimanda direttamente alla sua non unitarieta'.

L'unità del logos implica pure la temporizzazione sintattica.

CitazioneIn altre parole, tu ci stai dentro, nel grande libro della natura, e per di piu' in una posizione non privilegiata, come se fossi una parola di quel libro, non lo leggi da fuori, la tua posizione ti condiziona, sia nel rapporto possibile che potrai eventualmente instaurare con le altre parole, della cui prossimita' e lontananza sostanzialmente  non decidi tu, sia nel rapporto con lo sfondo del libro.
Quindi, o assumi un linguaggio che partecipi IMMEDIATAMENTE della complessita' posizionale ed epigrafica del linguaggio stesso, come quello della scrittura, e in particolare della scrittura alfabetica, o non progredisci, quantomeno non in senso filosofico, nella comprensione, perche' la vita non e' una parola, non inizia e non finisce col silenzio...

Indubbiamente il Logos necessita di espedienti tecnici per operare.

CitazioneTanto che la prima funzione della parola parlata, e' quella espressiva, (insomma il dire della vita, e non dell'essenza o dell'esistenza) che sopravanza il compito di imitare  le cose, proprio come anche  la parola scritta, se guardata senza pregiudizi, sopravanza il compito di imitare le parole.

Originariamente non c'e'niente da imitare, perche' quello che si vuole cogliere con la parola e' l'iniziare continuo del tempo, un iniziare di fatto, la cui risposta, riflessiva e  "riflessa", puo' essere solo convenzionale e fondativa.

Più che di espressione e imitazione mi pare che il Logos abbia a che fare con la comunicazione.

CitazioneNon e' il mondo antropologico, che inizia col logos; ma il "patire" (come traduzione impropria di pathos) la vita e l'esserne effetto, la continua novita' per cui anche parole semanticamente identiche si relazionato alla loro posizione e si distinguono tra di loro per spazio e per il tempo, un qualcosa che potrebbe valere anche per la vita di tutti gli animali, se gli animali parlassero.

Originariamente non c'e' mimesi della parola o della cosa, c'e' il pathos della vita, perche' il tempo INIZIA sempre, o quantomeno sembra, iniziare sempre.

Il pathos della vita non mi pare una specificità antropologica assoluta. Anche gli animali a noi più prossimi mostrano di avere un loro pathos della vita.

Hai ragione ad evidenziare che il Logos, così come emerge naturalmente nel verso animale, non è ancora completamente fondamento specifico della condizione antropologica e necessita di una trascrizione grafica che lo fissi nel tempo, ma questa nasce fin da subito correlata biunivocamente al linguaggio.


Ai fini di un discorso sul logos, non conta tanto la scrittura come strumento di registrazione, altrimenti, con ogni probabilita' , gli egizi e i babilonesi sarebbero stati storicamente i primi filosofi, nel senso occidentale del termine, e invece non lo sono stati, sono rimasti nell'ambito del mito e della religione, come molte altre grandi civilta' scriventi precedenti ai Greci.

Bisogna entrare nell'ordine di idee che, quello che conta, qui, e' specificamente la combinatoria delle lettere, infatti abbiamo, nella lingua greca, il primo linguaggio completamente alfabetico, emancipato da ogni forma di ideograficita', sillabicita' e tradizione non scritta della vocalizzazione, e, pochi decenni dopo, presso gli utilizzatori di quel primo linguaggio compiutamente e modernamente alfabetico, la nascita della filosofia: e' un dato su cui vale la pena riflettere...

la prassi umana relativamente nuova del combinare degli elementi insignificanti  e puramente fonetici per ottenere un insieme di parole e un linguaggio, deve aver aperto possibilita' nuove nella mente umana.

E la dinamica antropologica a questo sottostante non e' solo poetico-calligrafica,  ma anche di memoria e oblio dei modi culturalmente codificati e "solidamente" esistenti di interpretare gli ideogrammi e i sillabogrammi che, dopo alterne vicende e fluttuazioni nel grande mediterraneo, si erano trasformati in lettere pur rimanendo spesso graficamente identici alla loro "vecchia" versione, insomma si usava in modo nuovo un insieme di segni il cui significato "vecchio", diverso dalla lettera e trascendente la lettera, era quasi completamente perduto o in via di perdersi.

E questo determinava un gioco, appunto, di memoria e di oblio in cui la forzatura della lingua al compito di rappresentare la parola era, anche, qualcosa di molto pratico e reale, e legato alla sostituzione delle culture e delle tradizioni umane le une con le altre, e non solo un gioco idilliaco in cui ogni "poeta" comunica quello che vuole e che singolarmente sente e crea con la sua personale "calligrafia" che singolarmente "si inventa", anzi, al contrario, il gioco della calligrafia come strumento espressivo "personale", accenna all'atto e all'umano desiderio di sopperire all'oblio di un'interpretazione tradizionale perduta di ogni singolo segno, nel nuovo sistema incorporato e  utilizzato.

Ridurre la complessita' alla combinatoria di un numero predefinito di forme semplici, posizionalmente significative e a grado variabile di complessita', e' chiaramente la strategia filosofica esplicativa del mondo degli atomisti (la metafora degli atomi come lettere, attribuita a Leucippo) ma anche di ogni pensatore post-parmenideo che abbia proposto la combinazione variabile di elementi eterni e incorruttibili per spiegare il mondo, quindi quantomeno Anassagora ed Empedocle, e lo stesso Platone, e' debitore di una concezione della combinatoria delle forme per spiegare il reale, forme che appunto come le lettete, sono sempre disponibili (disponibili in ogni senso, sia di omnitemporalita' di una disposizione che non esaurisce il "disposto" e la possibilita' del suo ripetersi, che di un significato solo relazionale ed eteroriferito del "disposto") per spiegare il reale.

E, in tutto questo, non c'e' la prassi in generale dello scrivere per registrare, ma dello scrivere utilizzando l'alfabeto, un movimento che piaccia o non piaccia, NON e' un movimento della combinatoria dei significanti, ma un movimento della combinatoria degli
in-significanti, delle pure fonazioni, al fine di ottenere i significanti come forma gia' dall'origine composita e secondaria.

E' forse qui che la tecnica utilizzata cambia la mente, e puo' iniziare una nuova riflessione su legge e natura, su natura della misura, su coscienza e conoscenza: l'astrazione propriamente filosofica, l'atopia del filosofo, il Socrate senza luogo e senza tempo e il Diogene nella botte, e' forse solo il
contro-movimento che consegue alla perdita di tutto l'antico corredo archeo-logico ed
epi-grafico che permetteva di interpretare la scrittura, e la prassi stessa dello scrivere, in modo standardizzato e topico; e piu' il linguaggio si fa' scrittura, piu' il linguaggio anche si fa' atopico, si fa' astrazione esso stesso.

Tu mi obbietti che il Logos non e' ne' imitazione ne' espressione, ma comunicazione, io sto appunto cercando di dire che un logos animico "comunicante" e' anche, necessariamente un logos animico perturbante,  e "alienante", che ci restituisce la dimensione tragica dello "stare" nel tempo, anzi, del non poterci proprio stare, quantomeno non unitariamente, perche', come dice continuamente qualcuno qui ( bobmax...) la necessita' di comunicare con noi stessi, fa segno all'inesistenza dell'io:

se io devo comunicare per pensare, chi sono io?

Il logos Eracliteo e' nichilista nella misura in cui affermando l'ubiquita' del divenire, nega al vivente un tempo sufficiente per entificarsi e per esistere (stessa cosa il nascere e il perire...).

E' l'almeno due in cui il tempo ci divide proprio imponendoci il comunicare come unica forma possibile e necessaria per il nostro stesso "essere" , e facendoci ascoltare questa comunicazione con la voce non tacitabile del pensiero, del nostro, pensiero; pensiero che e' certamente  un comunicare tra gli uomini, ma anche tra le dimensioni diversamente accessibili e manipolabili del tempo in ogni singolo uomo, come voce del passato, del presente e del futuro.

Quindi il logos e' certamente movimento dal soggettivo all'intersoggettivo, e' fuga dall'opinione e ricerca della verita', ma e'  anche movimento  dall'intersoggettivo al soggettivo, pathos della vita che comunica con se stessa, necessita' (perturbante)  di trovare l'intersoggettivo gia' in noi, perche' e' gia' in noi, che piu' di una "voce" sta "parlando", e piu' di una voce sta parlando, proprio essendo impossibile l' Uno nel tempo, l'Uno come simultaneita'.

Il discorso e' il dis-corso di un tempo che e' percettibile soli perche' , e in quanto, non scorre uniformemente,  quindi e' dialogo, interiore e intersoggettivo, ma anche approccio visivo e tattile con una scrittura, con un corso difforme la cui difformita' noi stessi significhiamo.








Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 20:35:10 PMGli antichi davano senz'altro un significato metafisico e mitico all'archè e al logos. Ma perché chiamarlo "logos" e non "xyz" ?
significato filosofico Ipazia, non metafisico ne tanto meno mitico. Per Plotino , Parmedine . Platone , Cusano ed infine Hegel parlavano dell Archè come principio generatore, elemento fondamentale, legge cosmica , indicavano con archè quel principio generativo e costitutivo e lo indicavano precisamente nell uno di Plotino come il principio indicante la radice unitaria della totalità. Perchè dall uno si è passati a logos ? bhè innanzitutto logos ha come radice le lettere lg da cui legare, rilegare, legislativo e deriva dalla parola leghein (legare) fare una fascina di legni. questo indicava in origine. Logos non è solo una parola , è attiva, è dinamica ed è precisamente quel legare, mettere insieme, correlare, mettere in comunicazione, mettere in relazione.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

E non m fermo, il legame-relazione è la legge costitutiva della vita . la Scienza ci insegna che le cose che vediamo attorno a noi ,siano esse animate o inanimate , risultano consistere solo in quanto associazione di elementi . E così Max Plank , uno dei padri della fisica quantistica scrive: E così a seguito delle mie ricerche sull atomo vi dico: la materia in sè non esiste . Ogni materia nasce e consiste solo mediante una forza , quella che porta le particelle a vibrare e che le tiene insieme come il più minuscolo sistema solare" . la materia...in sè...non..esiste.
Se però la materia viene all esistenza come di fatto accade. è perchè è iil risulatato di un legame che la tiene insieme , perchè viene di fatto legata. Ecco perchè insisto sul significato di logos come relazione. logos è una logica costitutiva ed anche una legge . Tale legge in fisica quantistica viene individuata  nell unione di particella- materia detta fermione e la particella mediatrice della forza forte detta bosone. è interessante notare che questa logica relazionale venne già individuata nella grande filosofia classica , in particolare dallo stoicismo , mediante l'intuizione del lògos . Lògos da cui logica. Dalla filosofia Greca passo al cristianesimo dove gioca un ruolo altrettanto centrale "en archè en o Lògos". Il logòs o legame relazionale esprime dunque la grande legge che porta all esistenza i fenomeni in quanto relazioni ordinate , la legge che tiene insieme i minuscoli costituenti della materia (sia essi onde o particelle) facendo emergere dalla loro unione livelli di essere sempre più complessi e organizzati. Ognuno d noi esiste grazie a tale legge relazionale, ed pè quindi del tutto normale che gli esseri umani, da sempre, abbiano voluto relazionare se stessi alla logica complessiva del mondo, abbiano cioè, avuto da sempre una religione . il cui  sostantivo religio deriva a sua volta dalla radice "lg" religione , significa legame.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#20
Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 19:41:09 PMQuelle nobili istituzioni culturali che sono i dizionari si occupano di dare ad ogni parola il significato corrente e, i più accurati, pure il passato nell'uso.

I referenti materiali sono più condivisibili di quelli concettuali e questo non è un mistero, ma significa la funzione esatta della parola (logos). Se dico "gatto", tutti gli italofoni con un livello culturale basico capiscono di cosa si tratta e questa evidenza dimostra il successo della comunicazione. E pure della rappresentazione semantica, al netto di ogni nebbia metafisica.

Se dico "anima" la faccenda si complica, perché si passa dal materico al concettuale, laddove la meta-fisica imperversa, e i significati variano secondo gli orizzonti ideologici di riferimento. I quali vanno esplicitati al fine di evitare l'insuccesso della comunicazione.

Arkè è l'origine di un processo, naturale o storico. Che gli antichi sapienti abbiano posto il linguaggio all'origine dell'avventura evolutiva della nostra specie mi trova concorde. Certo, anche la tecnica. Ma una tecnica incomunicabile nasce già morta, non ha futuro. Ovvero non ha il suo necessario tempo evolutivo.









Si, però quando io dico 'gatto', o più in genere 'animale' la comunicazione consiste nel richiamare una esperienza pregressa  condivisa, e già codificata dentro un vocabolario. Se io non possiedo quella esperienza precisa, il vocabolario mi aiuta mettendo in relazione l'esperienza 'gatto' con esperienze simili che me la possono  richiamare, e se non me la richiamano, il vocabolario resta per me lettera morta.
Non è questione di riferimenti materiali piuttosto che concettuali, ma di condividere esperienze che dopo perciò possono essere formalizzate, ad esempio dentro un vocabolario.
Ciò che caratterizza il simbolo, il verbo, prima ancora dell'aver un significato, è la sua pubblicità e la sua diffondibilità e quindi il poter essere condiviso in se' prima, e poi eventualmente come etichetta di riferimento apposta a qualcos'altro in modo convenzionale.
La materia è una esperienza condivisa ''consolidatasi'' nel tempo, della cui condivisione si è persa memoria, mentre della nascita del concetto di anima possiamo congetturare ancora la nascita in termini di storia recente relativamente documentabile, con una storia quindi ancora in divenire, meno 'consolidata'.
Se siamo umanità, e facciamo presto a capirci, è perché condividiamo una storia comune più o meno ''consolidata''.
La conoscenza ha un senso quando diventa condivisione che ci permette di agire insieme come un solo individuo, e in ciò consiste il vero potere della scienza, alla cui base è bene precisare non stanno propriamente i fatti, come si dice per amor di semplicità, ma la loro ripetibilità, e quindi la possibilità di condividerli.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#21
Il logos è solo uno strumento di condivisione.
Quando impropriamente lo esaltiamo oltre il dovuto, affascinati dai simboli, ricadiamo nel pensiero magico. a dimostrazione che esso non ci ha mai del tutto abbandonati.
Come si dovrebbe sennò interpretare la convinzione di poter trovare la teoria del tutto, la quale non sarebbe altro che una sequenza finita di simboli a cui la realtà dovrebbe obbedire?
Ma quella sequenza ha un senso solo se ha un corrispondente operativo, e non possiamo mettere su un piatto della bilancia la nostra operatività limitata sulla realtà, e sull'altro l'intera realtà nella sua ''verità''.
Non basta pronunciare una presunta verità, perché la realtà si prostri ai nostri piedi.
Il logos come principio è l'inizio di una nuova storia, quella documentabile, ma non l'inizio della storia in assoluto, e forse ciò che chiamiamo arche è ciò che ci trasciniamo della vecchia storia, di impronunciabile , perché in quella storia  il logos ancora non c'era, e siccome quella storia non è documentata è come se non fosse mai stata, e che l'arche non abbia una nascita.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

La filosofia è costituita su metafisiche che a lungo andare si rivelano essere mitologie. L'Uno, la cosa in sé,  l'iperuranio, il mondo dietro il mondo,...e pure il logos e la sua archè. 

Tornando al logos-linguaggio, mi convince poco la riduzione del sapere all'analitica alfabetica, e altrettanto alla sintetica numerologica (l'Uno relazionale). Sono più propensa a credere che la diffusione del pensiero greco sia dovuta a fattori quali le falangi dell'allievo di Aristotele e, successivamente, alle legioni di un impero  che, pur avendo una scrittura alfabetica, non ha certo brillato in produzione filosofica originale.

La Cina lo ha fatto, pur avendo una scrittura ideografica. Insomma la tesi di iano è altamente controversa. Il pensiero umano si nutre di analisi e sintesi e i due tipi di scrittura esemplificano il duplice approccio al logos.

Relazionandosi tra loro e rendendosi traducibili in una supersintesi logica che è sapere libero, indeterminabile secondo una archè fissa e immutabile, ma piuttosto evolventesi nel suo tempo, per nulla nichilistico, ma creativo. Come si conviene alle creature del logos, qualunque cosa lo abbia generato ed esso sia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

#23
Risponderò secondo la mia chiave di lettura, che ovviamente non ne esclude altre e che mi sembra avere anche delle sostanziali similitudini con altre precedenti interpretazioni. Il logos è un continuum che è attribuibile a tutti gli esseri viventi, dal batterio ad homo sapiens. La distinzione non è qualitativa fra le varie forme viventi, ma semplicemente quantitativa. Se si sviluppano aree calde e fredde sul vetrino di una colonia di batteri, i batteri si sposteranno verso le aree migliori per la loro sopravvivenza. Vi è già in questa azione "razionale" del logos? Forse sì, forse la ricerca della sopravvivenza fu il primo motore, l'archè di ogni processo successivo. Facendo un salto di qualche miliardo di anni, i grugniti dei primi homo sapiens per coordinare le loro azioni erano logos? E la costruzione dei primi strumenti litici, i primi archi, i primi riti di sepoltura, che celebravano anche i Neanderthal? Come sono connesse le emozioni umane al logos? Sarebbe possibile il logos senza le forme di cura mammaliane che ci distinguono, o senza quel processo tipico dell'uomo che si chiama pianto?
Per quanto il cervello/cultura umana è un sistema che non ha precedenti nella storia del pianeta terra, esso affonda le sue radici in strutture biologiche e processi che ci accomunano a tutte le specie viventi. La stessa relazionalità, posta come elemento fondante del logos, è condivisa da migliaia di specie viventi, dalle api ai lupi.
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Citazione di: Jacopus il 14 Marzo 2022, 08:33:06 AMRisponderò secondo la mia chiave di lettura, che ovviamente non ne esclude altre e che mi sembra avere anche delle sostanziali similitudini con altre precedenti interpretazioni. Il logos è un continuum che è attribuibile a tutti gli esseri viventi, dal batterio ad homo sapiens. La distinzione non è qualitativa fra le varie forme viventi, ma semplicemente quantitativa. Se si sviluppano aree calde e fredde sul vetrino di una colonia di batteri, i batteri si sposteranno verso le aree migliori per la loro sopravvivenza. Vi è già in questa azione "razionale" del logos? Forse sì, forse la ricerca della sopravvivenza fu il primo motore, l'archè di ogni processo successivo. Facendo un salto di qualche miliardo di anni, i grugniti dei primi homo sapiens per coordinare le loro azioni erano logos? E la costruzione dei primi strumenti litici, i primi archi, i primi riti di sepoltura, che celebravano anche i Neanderthal? Come sono connesse le emozioni umane al logos? Sarebbe possibile il logos senza le forme di cura mammaliane che ci distinguono, o senza quel processo tipico dell'uomo che si chiama pianto?
Per quanto il cervello/cultura umana è un sistema che non ha precedenti nella storia del pianeta terra, esso affonda le sue radici in strutture biologiche e processi che ci accomunano a tutte le specie viventi. La stessa relazionalità, posta come elemento fondante del logos, è condivisa da migliaia di specie viventi, dalle api ai lupi.
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".

Concordo senz'altro.

Ma allora perché limitare il logos ai soli viventi e non estenderlo invece a ogni cosa?

Il biologico non si fonda forse, come ben descritto nel "Il caso e la necessità" di Jaques Monod, su meccanismi insiti nella stessa materia? A prescindere dalla vita?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#25
@Bobmax
Occorre un criterio ben definito, per quanto stabilito in modo arbitrario, per distinguere fra vita e materia, e il logos è un buon candidato in tal senso.
Alle cause materiali è relativo un orizzonte temporale limitato, che la fisica si impegna a definire mentre il logos amplia questo orizzonte senza che se ne possa precisare bene il limite.
Ciò fa' si che, anche se il libero arbitrio non fosse tale, sarebbe impossibile determinare le cause di una scelta, di modo che essa ci appaia comunque arbitraria, e questo effetto di fatto è cosa da non trascurare. Il libero arbitrio potrebbe non esistere, ma agisce come se esistesse a tutti gli effetti, allo stesso modo che il lancio di un dado non è casuale, ma i risultati del lancio a tutti gli effetti come tale ci appaiono.

Una guida sicura per chi, pur con evidenti limiti cerca di capire, è sicuramente quella indicata da Jacopus, di non spacciare faziosamente la quantità per qualità.
Il fatto stesso che, come a me pare, non ci si impegni a stabilire un criterio, per quanto ripeto arbitrario, al fine di distinguere fra vita e materia in modo operativo, è indice di questa faziosità, che ha come contraltare una discriminazione verso la materia.
A volte non si sà bene di cosa stiamo parlando perché ci rifiutiamo di definire bene, per quanto in modo arbitrario, di cosa stiamo parlando, preferendo darlo per scontato.
Ma di scontato, di ovvio, di evidente, per quanto questa percezione possediamo, non vi è nulla.

Riassumendo, non è una buona idea, che aiuti capire, distinguere fra vita e materia senza precisare un criterio operativo di distinzione.

Tendenzialmente penso alla realtà come una continuità in cui si possono introdurre arbitrarie discontinuità, ma queste vanno precisate quando introdotte, e cercate quando le si è inconsapevolmente introdotte.
Quale discontinuità abbiamo introdotto, senza sapere, se la realtà unica sembra così divisa fra materia e vita?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

Citazione di: Ipazia il 14 Marzo 2022, 08:27:11 AMLa filosofia è costituita su metafisiche che a lungo andare si rivelano essere mitologie. L'Uno, la cosa in sé,  l'iperuranio, il mondo dietro il mondo,...e pure il logos e la sua archè.

Tornando al logos-linguaggio, mi convince poco la riduzione del sapere all'analitica alfabetica, e altrettanto alla sintetica numerologica (l'Uno relazionale). Sono più propensa a credere che la diffusione del pensiero greco sia dovuta a fattori quali le falangi dell'allievo di Aristotele e, successivamente, alle legioni di un impero  che, pur avendo una scrittura alfabetica, non ha certo brillato in produzione filosofica originale.

La Cina lo ha fatto, pur avendo una scrittura ideografica. Insomma la tesi di iano è altamente controversa. Il pensiero umano si nutre di analisi e sintesi e i due tipi di scrittura esemplificano il duplice approccio al logos.

Relazionandosi tra loro e rendendosi traducibili in una supersintesi logica che è sapere libero, indeterminabile secondo una archè fissa e immutabile, ma piuttosto evolventesi nel suo tempo, per nulla nichilistico, ma creativo. Come si conviene alle creature del logos, qualunque cosa lo abbia generato ed esso sia.


Ovviamente, la tesi alfabetocentrica, il cui piu' illustre sostenitore e' Eric Havelock,  NON si propone di collegare IL SAPERE umano in generale all'analitica alfabetica (del resto, come si potrebbe, sostenere una cosa cosi' palesemente falsa ed etnocentrica?), ma "solo", molto piu' limitatamente, di collegare la genesi della filosofia occidentale greco-classica come fenomeno storicamente determinato, all'analitica alfabetica.

Per questo tale idea, in gran parte non mia, mi e' sembrata interessante nel contesto di un discorso sul logos, e probabilmente non mi sarebbe sembrata altrettanto interessante, o pertinente, in un discorso sul sapere umano in generale.

Naturalmente, anche una volta compreso nei suoi termini corretti il problema, si puo' continuare a non essere d'accordo, ma vale la pena di rilevare che

* c'e' una bella differenza, di metodo e di merito, tra la filosofia 
greco-occidentale e quella cinese 

* una volta inquadrato correttamente il problema nella sua geografia e cronologia, appare immediatamente ovvio, che Aristotele e Alessandro Magno sono cronologicamente troppo tardi per entrarci qualcosa.

Io parlo, e qui si parla, dell'origine, della filosofia, non del suo consolidamento imperiale o comunitario.

E all'origine per quanto mi riguarda non puo' che esserci il male di vivere, e dunque la funzione espressiva, e non analitica,  del linguaggio: molti sono allergici, alla parola NICHILISMO, ma qui voglio dire solo che il nichilismo, soprattutto antico piuttosto che moderno, di cui troviamo gia' tracce in Eraclito, in quanto istanza che nega l'essere, e' falso analiticamente; quindi, se e' valido o interessante, e' valido o interessante solo espressivamente, come lamento e meraviglia della condizione umana.

Che non ci sia tempo, di essere o di esistere, che in quanto viventi si sia condannati ad "iniziare all'infinito", non puo' essere vero, su un piano analitico, eppure il pathos della vita, l'effetto che fa' vivere,  e' proprio questo.

La mistica unitaria, si da' sempre su un piano di desiderio, perche' il tempo e' sia l'elemento divisivo, che l'elemento sovversivo o innovativo, di tutto l'esistente, da cui il pensiero umano, nella forma principalmente di speranza, che il tempo possa sovvertire e innovare la divisione "comunicante" tra gli enti operata dal tempo stesso.

Ma il desiderio non e' la realta'. Per questo anche la forza unificatrice del logos e' sempre un incompiuto, un dis-corso posizionale in cui la posizione conta, e il senso emerge dalla combinatoria di piu' non-sensi.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

green demetr

Ciao Knox,

la mia visione è metafisica, per cui diametralmente opposta alla tua, che rimane ancorata alla vecchia idea cartesiana della mente-corpo.
Credere che il mondo sia una copia di una equazione matematica, perde di significato nel momento stesso in cui mi affaccio a prendere sole, o meglio a respirare smog e nebbia, in quanto di Milano.
Ciò che sento, non è ciò che sono, un vecchio destinato a morire.

Cosa è il logos? Distinguo tra quello di Parmenide ed Eraclito e quello del loro assassino Platone.

Io sono con i padri della filosofia, presto dimenticati.
Il logos è il discorso che si pone sull'originario: chi sono io?
Dunque è il discorso sull'originario.
Poiché si relaziona ad un "punto" è ovviamente una relazione, quindi bizzarramente siamo d'accordo su quello (ma solo su quello).

Nella tradizione Platonica invece diventa il dialogo, che fa emergere la verità.
La verità diventa scientifica. E perciò mortale. Ovvero Heidegger, che è il filosofo a me più vicino.

L'amicizia con Cartesio è quindi superficiale.
Alias:
Potremmo dire certo che la materia non esiste, ma quando tocco un oggetto, sono certo che è un oggetto.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Ben vengano l'invito al panteismo di bobmax e la componente sinistra evocata da Jacopus riguardo al logos, direi di Giovanni piuttosto che di Eraclito, su cui il post di green fa chiarezza.

Il logos di Giovanni risente di neoplatonismo greco e teologia ebraica, che intermediano dalla divinità la supremazia dell'uomo sul resto del creato. Antropocentrismo deleterio, di una mitologia che si sta rivolgendo contro se stessa nella nemesi robotizzante.

Magari Dio non giocherà a dadi, ma ha uno spiccato senso dell'humor nero.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: Ipazia il 14 Marzo 2022, 14:12:39 PMBen vengano l'invito al panteismo di bobmax e la componente sinistra evocata da Jacopus riguardo al logos, direi di Giovanni piuttosto che di Eraclito, su cui il post di green fa chiarezza.

Il logos di Giovanni risente di neoplatonismo greco e teologia ebraica, che intermediano dalla divinità la supremazia dell'uomo sul resto del creato. Antropocentrismo deleterio, di una mitologia che si sta rivolgendo contro se stessa nella nemesi robotizzante.

Magari Dio non giocherà a dadi, ma ha uno spiccato senso dell'humor nero.
E' vero che il vangelo di Giovanni ha delle componenti gnostiche evidenti, che poi sfociano nella gnosi e nelle massonerie, ma molto più semplicemente nella teologia politica.

Eppure quando lo leggo vi sono passaggi bellissimi trasudanti una umanità gentile persino sublime.

Solo per spezzare una lancia  ;)

D'altronde Ipazia per gli gnostici Dio è il male, piuttosto che il bene, e dunque scopo loro è distruggere il mondo: cosa che gli sta riuscendo piuttosto bene.  :D
(spezzo una lancia per gli gnostici: è il solito problema di prendere troppo alla lettera le parole, e non capire che si tratterebbe di metafore, ma vabbè  ;) )

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