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Cosa vuol dire Logos?

Aperto da Alberto Knox, 12 Marzo 2022, 00:58:59 AM

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Alberto Knox

Salve, non ho trovato la sezione dove ci si deve presentare, quindi lo farò qui. cogliendo l'occasione per parlare di qualcosa. Sono un amante del pensiero e della ricerca , tuttavia mi considero ancora un apprendista visto che la filosofia e le scienze in generale spaziano in enormi campi e io riesco ad andare sullo specifico di solo alcune parti  , come tutti credo. Filosofia della natura e della natura umana sono , diciamo, i miei arogmenti di studio in primis. Mi interessano tematiche riguardo l origine della vita, di cosa è fatta e come ha potuto venire in essere , in cosa consiste la razionalità umana , l anima , lo spirito e , più recentemente, il Logos . grazie per avermi accolto.

E qui , comincerei col topic vero e propio. La prima cosa che mi ha colpito di questo forum è il nome infatti.  Il quale è un termine a cui sono stati dati innumerevoli significati, basta vedere su wikipedia per rendersene conto. Logos come verbo, come ragione , come discorso , come legame , come relazione...e ce ne sono ancora altri... Nella Bibbia Giovanni lo utilizza per indicare l'origine di ogni cosa "  In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio e Dio era il Logos .. In ambito Cristiano oggi come oggi Logos lo si traduce con "verbo" .
Ma Fu Sant'Agostino a indicare il significato di Logos come Relazione. E secondo me è il significato principale. Ma anche gli altri sono tutti veri. Nel senso che logos vuol dire Discorso perchè è il verbo che forma la parola e le parole relazionate insieme formano le frasi   el frasi relazionate fra di loro formano il discorso e poi Logos vuol dire Ragione perchè è la ragione che mette insieme le parole per formare le frasi che formano il discorso. tutto questo, nel complesso, è relazione. Ma c'è un altro motivo per il quale penso che Logos significhi innanzitutto relazione.. approfondirò, ora mi fermo per non appesantire.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Logos, verbo, parola, è la forma di comunicazione, peculiare e archetipica, della natura umana. En archè en o logos, con cui inizia il vangelo giovanneo, è la formula che meglio descrive tale condizione. A prescindere dalla feticizzazione religiosa che segue.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2022, 08:15:05 AMLogos, verbo, parola, è la forma di comunicazione, peculiare e archetipica, della natura umana. En archè en o logos, con cui inizia il vangelo giovanneo, è la formula che meglio descrive tale condizione. A prescindere dalla feticizzazione religiosa che segue.
Buongiorno Ipazia, la forma di comunicazione appunto è essa stessa formata da più relazioni , la relazione cognitiva "mente-corpo" che si relaziona con qualcu'antro all infuori di sè . Questo modo di comunicare lo abbiamo perchè siamo innanzitutto entrati in relazione con noi stessi, il prossimo e il mondo. Non solo, anche le parole devono essere in relazione in modo coerente e armonico per ottenere un discorso comprensibile. Ed è precisamente questa armonia che richiede la relazione che vado studiando. Perchè è importante? bhè, sapete dirmi se esiste un oggetto fisico che non entra in relazione ( o interazione) con nessun altra cosa? un oggetto che non trasmsette calore, che non si può toccare , che non occupa spazio , che non ha colore, sapore, insomma che non sia un sistema. Tutto ciò che esiste è un sistema le cui parti si relazionano in modo armonioso. l aria, l'acqua, i pianeti, l atomo, l'organismo vivente . Lo stesso termine organismo indica la cooperazione armoniosa di più organi. Quindi "en archè en o logos" è traducibile al meglio secondo questa indicazione " in principio era la relazione" . l'archè del mondo è la relazione, niente esiste,  o meglio , le propietà di ogni cosa non sono altro che il modo in cui questa cosa influenza le altre. Esistono solo nell interazione con altre cose. La conclusione è radicale , fa saltare l'idea che il mondo debba essere costituito da una sostanza che ha attributi e ci forza a pensare tutto in termini di relazioni .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

Ciao Alberto e benvenuto,
sì, esiste solo la relazione. Ne sono convinto.

Difatti l'esistenza è comunicazione, pura comunicazione.
Nel senso che la comunicazione, che si manifesta attraverso la relazione, è tutto quello che c'è.

I poli che paiono comunicare, in realtà sono solo funzionali alla comunicazione.
Non esistono di per se stessi, ma solo nella loro relazione.

Persino il pensiero, altro non è che una comunicazione tra me e me.
Per pensare devo diventare bino, in modo da dialogare.
E pure rimanere uno, per l'unità del pensiero.
Ma sia quel uno sia quel bino sono creati dalla comunicazione, che in ultima istanza altro non è che ricerca della Verità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

#4
Citazione di: Alberto Knox il 12 Marzo 2022, 00:58:59 AMSalve, non ho trovato la sezione dove ci si deve presentare, quindi lo farò qui. cogliendo l'occasione per parlare di qualcosa. Sono un amante del pensiero e della ricerca , tuttavia mi considero ancora un apprendista visto che la filosofia e le scienze in generale spaziano in enormi campi e io riesco ad andare sullo specifico di solo alcune parti  , come tutti credo. Filosofia della natura e della natura umana sono , diciamo, i miei arogmenti di studio in primis. Mi interessano tematiche riguardo l origine della vita, di cosa è fatta e come ha potuto venire in essere , in cosa consiste la razionalità umana , l anima , lo spirito e , più recentemente, il Logos . grazie per avermi accolto.

E qui , comincerei col topic vero e propio. La prima cosa che mi ha colpito di questo forum è il nome infatti.  Il quale è un termine a cui sono stati dati innumerevoli significati, basta vedere su wikipedia per rendersene conto. Logos come verbo, come ragione , come discorso , come legame , come relazione...e ce ne sono ancora altri... Nella Bibbia Giovanni lo utilizza per indicare l'origine di ogni cosa "  In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio e Dio era il Logos .. In ambito Cristiano oggi come oggi Logos lo si traduce con "verbo" .
Ma Fu Sant'Agostino a indicare il significato di Logos come Relazione. E secondo me è il significato principale. Ma anche gli altri sono tutti veri. Nel senso che logos vuol dire Discorso perchè è il verbo che forma la parola e le parole relazionate insieme formano le frasi  el frasi relazionate fra di loro formano il discorso e poi Logos vuol dire Ragione perchè è la ragione che mette insieme le parole per formare le frasi che formano il discorso. tutto questo, nel complesso, è relazione. Ma c'è un altro motivo per il quale penso che Logos significhi innanzitutto relazione.. approfondirò, ora mi fermo per non appesantire.


In realta' e' rivelatore il lapsus, non solo tuo ma di gran parte della metafisica occidentale, di descrivere la sequenza delle magnifiche sorti unitive e progressive del logos partendo dalla PAROLA, (come hai detto tu, in una maniera tradizionalmente "classica", per riassumere in tappe la vicenda unitive del logos,  dalla PAROLA, alla frase, al discorso, ala ragione) e non dalla LETTERA.

Se volessimo rimettere "materialisticamente" la sequenza con i piedi per terra, la versione corretta sarebbe: dalla LETTERA,  alla parola,  alla frase, al discorso, alla ragione.

Ma affrontare la questione della lettera, (partendo da essa, come punto uno/o zero del "processo" unitivo, e non dalla parola, che e' gia' di per se'  un qualcosa di complesso e derivato) e' affrontare la questione della convenzionalita'
-assoluta e non coscientemente fondata-  del comunicare umano, e quindi anche del logos, da una parte, e anche, affrontare la questione di una possibile genesi grafo-logica, e non
logo-logica, della filosofia occidentale come fenomeno storicamente determinato, dall'altra.

Se l'atomismo e' il grande rimosso della filosofia occidentale antica come pensiero attualizzabile, e' celebre la metafora della combinatoria cosmogenica degli atomi come simile alla combinatoria delle lettere dell'alfabeto, e molti celebri interpreti moderni di Platone hanno analizzato il paragone e il nesso logoco tra teoria delle idee e combinatoria alfabetica.

Insomma un pensiero che ci porti a pensare come le singole cose "stiano insieme" ANCHE posizionalmente, epigraficamente e secondo l'ordine del tempo, (mantenendo una loro oggettivita' e convenzionalita' segnica da una parte, e una loro ineliminabile dipendenza da uno sfondo/contesto dall'altra) e non SOLO discosivamente e relazionalmente.

Per non parlare di Derrida, filosofo in cui e' piena la corrispondenza critica tra genesi della filosofia e riduzione arbitraria della lingua scritta alla mera funzione di rappresentare la lingua parlata, nell'oblio di tutte le possibili funzioni "uletriori" che sono state e possono (ancora) essere proprie della grafia e dell'epigrafia, riduzione funzionale che e' possibile solo nell'ambito di una scrittura alfabetica moderna.

Insomma, se: "in principio era il verbo", con cio'  si assume come premessa teoretica che il verbo sia in-composito, non formato da parti piu' semplici, ma in realta' , a ben guardare, solo la lettera e' in-composita, e lo puo' essere solo in virtu'  dell'oblio di tutti i precedenti sistemi sillabici o ideografici che alla lettera, prima che essa fosse tale, e cioe' lettera, erano associati.

Il logos eracliteo, prescindendo un momento da quello giovanneo, che storicamente viene molto dopo, e' un movimento di negazione reciproca tra soggettivo e intersoggettivo, il soggettivo si nega nell'intersoggettivo e viceversa, perche' solo la partecipazione dell'anima all'impersonalita' e all'universalita' del logos garantisce la veridicita' del discorso.

"ascoltando non me,  ma il logos, e' necessario ammettere che tutto e' uno"

Questo vale in un certo senso, in un altro la tenzione nichilistica del tutto e della realta' verso il divenire e l'impermanenza  fanno si' che la funzione "espressiva" prevalga su quella "analitica" del pensiero, e che la vita come pathos, come evento e vita vissuta, come effetto che al singolo vivente fa' il vivere, siano la miglior metafora di un cosmo altrimenti indescrivibile ed indicibile:

"...Le cose che sono, nascono e muoiono nello stesso momento"

O anche

"Il sole e' nuovo continuamente"

Insomma, Il mondo di Eraclito e' continuo, "infinitamente denso", impenetrabile e inconcusso nel divenire, proprio, e specularmente, come quello di Parmenide lo e' nell'essere.

In un mondo del genere, il parallelismo e la "comunicazione" tra il flusso temporale del pensiero del singolo essere pensante  e il flusso del tempo stesso nel suo farsi, e' la chiave per comprendere la realta' ; e questo, questo movimento per cui la vita del "singolo" altro non e' che la vita stessa del "tempo",  e' un movimento "uguale", e "contrario" , a quello che porta dall'opinione alla verita' adeguando le parole alle cose, dunque dissolvendo il dato originario e minimale del vissuto  soggettivo nel piu' grande "mare" dell'intersoggettivo e dell'oggettivo, a cui l'anima  "partecipa", e con cui tutti possono, potenzialmente,  "concordare".

Alla base di tutto sembra esservi un non-senso, e una apertura a un insieme di piu', incompiute, possibilita' di senso, che e' piu' propria del reperimento, e dell'esperienza, in vita, di una singola lettera, che non di un'intera, e gia' formata, parola: la lettera non-significa, ma puo' significare, in un eventuale processo di unione e completamento; essa ha una maggiore dipendenza dal tempo, ed anche dallo spazio, come epi-grafia, nel suo "stare", all'interno di un piu' "vasto" universo oggettivo, di un possibile, e non gia' strettamente necrssario, discorso.

Il tempo domina e organizza tutto e finanche il pensiero umano stesso, che quindi non puo' esistere come pensiero "puro" , ma e' sempre un pensiero temporizzato e temporalizzato; sia che nel tempo, che inevitabilmente pervade e informa di se stesso anche il pensiero umano, si voglia vedere la tenzione alla sussistenza e il desiderio di eternita', insomma un desiderio conservativo e di durevolezza finanche di ogni pensato, sia che vi si voglia invece vedere l'invocazione della festa, del rovesciamento e del negativo, l'attesa liberatoria  dell'alternanza tra opposti, in nome di un tempo non gia'  eternizzante,  ma trasformante, il reale.

Insomma il tempo, come cio' che ha il potere tanto di cristallizzare e far durare, quanto quello di distruggere, cambiare o innovare, tutto quello che "tocca", tutto quello che ingloba nel suo flusso, e' cio' che si cerca di catturare, di inseguire e di imitare con il pensiero e con la parola, che e' l'estrema tensione, sia eternizzante e conservatIva,  che innovativa e fondativa, dell'uomo e del suo vivere.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Alberto Knox

Citazione di: bobmax il 12 Marzo 2022, 16:39:05 PMCiao Alberto e benvenuto,
sì, esiste solo la relazione. Ne sono convinto.

Difatti l'esistenza è comunicazione, pura comunicazione.
Nel senso che la comunicazione, che si manifesta attraverso la relazione, è tutto quello che c'è.

I poli che paiono comunicare, in realtà sono solo funzionali alla comunicazione.
Non esistono di per se stessi, ma solo nella loro relazione.

Persino il pensiero, altro non è che una comunicazione tra me e me.
Per pensare devo diventare bino, in modo da dialogare.
E pure rimanere uno, per l'unità del pensiero.
Ma sia quel uno sia quel bino sono creati dalla comunicazione, che in ultima istanza altro non è che ricerca della Verità.

il termine stesso "relazione" indica comunicare,trasmettere,  condividere, informazione. in fisica avviene la trasmissione dell informazione. Pensate alla termodinamica, alla variazione di entropia, al principio della conservazione della quantità di moto ecc. La relazione è quindi quel velo, quella rete che tesse la realtà , qualsiasi cosa che esiste è in relazione continua , anche i sassi essendo un assemblamento compatto di atomi è in relazione con il resto del mondo . Ma l'informazione presente nel sasso è ricunducibile al solo tipo di atomi di cui è fatto  . Un essere vivente no, quello che conta in questo caso è il particolare tipo di informazione che è immagazzinata nella materia. Più del fatto che siamo composti di atomi di un certo tipo , conta il fatto che questi atomi hanno ruoli ben precisi secondo il posto in cui si trovano. Perciò sulla rete di relazione che tesse la realtà abbiamo due tipi di comunicazione dell informazione , una sintattica e una semantica. in altre parole la natura si è servita di un certo tipo di informazione che ha significato legato al  contesto. La parola "significato" ha connotazioni di intenzionalità che non sembrano collegate a variabilità e selezione.Il significato in termini fisici deve essere fondato su qualcos'altro...
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

L'incipit di Giovanni deriva dall'intuizione eraclitea, certamente. Ma penso che Eraclito lo pensasse come discorso, analogamente a Galileo, Bruno, etc. che intesero l'universo come un gran libro unitario da leggere e raccontare.

Non so quanto sia proficuo, filosoficamente e antropologicamente, ridurre il discorso all'analitica delle lettere e dei simboli. Il logos perderebbe così il suo carattere unitario, sintetico, che l'immaginario antico, da Eraclito a Galileo, passando per Giovanni, gli attribuiva.

Col senno antropologico di poi, non possiamo che inchinarci di fronte a questa intuizione che permane fondativa (archè) anche nelle forme moderne del linguaggio e della comunicazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2022, 22:08:21 PML'incipit di Giovanni deriva dall'intuizione eraclitea, certamente. Ma penso che Eraclito lo pensasse come discorso, analogamente a Galileo, Bruno, etc. che intesero l'universo come un gran libro unitario da leggere e raccontare.

Non so quanto sia proficuo, filosoficamente e antropologicamente, ridurre il discorso all'analitica delle lettere e dei simboli. Il logos perderebbe così il suo carattere unitario, sintetico, che l'immaginario antico, da Eraclito a Galileo, passando per Giovanni, gli attribuiva.

Col senno antropologico di poi, non possiamo che inchinarci di fronte a questa intuizione che permane fondativa (archè) anche nelle forme moderne del linguaggio e della comunicazione.
l archè non è da ritenersi come principio inteso come l'inizio. Nel Logos vi troviamo un principio che non è solo l'inizio ma è  il principio costitutivo dell essere . in principio era il logos dovrebbe essere letto come "il principio è nel logos" l'inizio è paragonato al suono di una campanella che indica l'inizio dell orario di lezione, essa però non ha più nulla a che vedere con la lezione se non averne avvisato l'inizio. con principio si intende causa e principio di tutte le cose, un principio che è in essere all evoluzione, che permane come fondamento  e verso il quale l'uomo  ripone la sua fede. Dicendo Logos si nomina così la sorgente e il porto dell'esistenza , nonchè la sorgente dell infomazione che consente all'energia di strutturarsi in materia organizzata così da diventare vita, vita intelligente , vita come spirito creativo . La religione è quindi da ritenersi vera e degna di essere celebrata nella misura in cui relaziona il singolo individuo a tale PRINCIPIO di tutte le cose. .. ancora una volta evidenzio il primato della relazione.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

niko

Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2022, 22:08:21 PML'incipit di Giovanni deriva dall'intuizione eraclitea, certamente. Ma penso che Eraclito lo pensasse come discorso, analogamente a Galileo, Bruno, etc. che intesero l'universo come un gran libro unitario da leggere e raccontare.

Non so quanto sia proficuo, filosoficamente e antropologicamente, ridurre il discorso all'analitica delle lettere e dei simboli. Il logos perderebbe così il suo carattere unitario, sintetico, che l'immaginario antico, da Eraclito a Galileo, passando per Giovanni, gli attribuiva.

Col senno antropologico di poi, non possiamo che inchinarci di fronte a questa intuizione che permane fondativa (archè) anche nelle forme moderne del linguaggio e della comunicazione.


Quello che supera l'analitica delle lettere e dei simboli e' l'espressivita' stessa delle lettere e dei simboli: la scrittura non rappresenta la parola, non e' riducibile al mero compito di rappresentare la parola, ma vive di vita propria. Quantomeno come epi-grafia e calli-grafia, come traccia, come possibilita' di modificare il mondo che abbia valenza nel pre-nascita e nel post-morte.

Del resto, pur essendo storicamente falsi e falsificati tutti i nessi general-generici tra passaggio di una (qualsiasi) comunita' umana alla  "fase della scrittura" in generale e filosofia occidentale, non e' ancora falsificato ne' falsificabile il nesso, (pesante come un macigno, se non lo si affronta) tra passaggio di una specifica comunita' umana a una forma di scrittura pienamente  alfabetica e filosofia occidentale.

Il discorso unitario non è possibile in un mondo infinitamente diveniente, e ogni discorso si riduce alla combinatoria di due o piu' elementi semplici ricorrenti con cui noi stessi parlanti cerchiamo di agire la riduzione della complessita', quantomeno perche' quello che abita l'uno e' il molteplice, e la non esaustivita' di un discorso rimanda direttamente alla sua non unitarieta'.

In altre parole, tu ci stai dentro, nel grande libro della natura, e per di piu' in una posizione non privilegiata, come se fossi una parola di quel libro, non lo leggi da fuori, la tua posizione ti condiziona, sia nel rapporto possibile che potrai eventualmente instaurare con le altre parole, della cui prossimita' e lontananza sostanzialmente  non decidi tu, sia nel rapporto con lo sfondo del libro.
Quindi, o assumi un linguaggio che partecipi IMMEDIATAMENTE della complessita' posizionale ed epigrafica del linguaggio stesso, come quello della scrittura, e in particolare della scrittura alfabetica, o non progredisci, quantomeno non in senso filosofico, nella comprensione, perche' la vita non e' una parola, non inizia e non finisce col silenzio...

Tanto che la prima funzione della parola parlata, e' quella espressiva, (insomma il dire della vita, e non dell'essenza o dell'esistenza) che sopravanza il compito di imitare  le cose, proprio come anche  la parola scritta, se guardata senza pregiudizi, sopravanza il compito di imitare le parole.

Originariamente non c'e'niente da imitare, perche' quello che si vuole cogliere con la parola e' l'iniziare continuo del tempo, un iniziare di fatto, la cui risposta, riflessiva e  "riflessa", puo' essere solo convenzionale e fondativa.

Non e' il mondo antropologico, che inizia col logos; ma il "patire" (come traduzione impropria di pathos) la vita e l'esserne effetto, la continua novita' per cui anche parole semanticamente identiche si relazionato alla loro posizione e si distinguono tra di loro per spazio e per il tempo, un qualcosa che potrebbe valere anche per la vita di tutti gli animali, se gli animali parlassero.

Originariamente non c'e' mimesi della parola o della cosa, c'e' il pathos della vita, perche' il tempo INIZIA sempre, o quantomeno sembra, iniziare sempre.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Citazione di: niko il 13 Marzo 2022, 12:31:46 PMQuello che supera l'analitica delle lettere e dei simboli e' l'espressivita' stessa delle lettere e dei simboli: la scrittura non rappresenta la parola, non e' riducibile al mero compito di rappresentare la parola, ma vive di vita propria. Quantomeno come epi-grafia e calli-grafia, come traccia, come possibilita' di modificare il mondo che abbia valenza nel pre-nascita e nel post-morte.

Certamente, ma rimanendo all'interno della triade semantica referente-significato-significante. Non esiste un significante grafico in assenza di un referente reale o concettuale. Nella letteratura e, soprattutto poesia, si intrecciano significati inediti veicolati dal segno ortografico, ma rimangono confinati nella sfera del simbolico, mentre la realtà mantiene la barra semantica.

CitazioneDel resto, pur essendo storicamente falsi e falsificati tutti i nessi general-generici tra passaggio di una (qualsiasi) comunita' umana alla  "fase della scrittura" in generale e filosofia occidentale, non e' ancora falsificato ne' falsificabile il nesso, (pesante come un macigno, se non lo si affronta) tra passaggio di una specifica comunita' umana a una forma di scrittura pienamente  alfabetica e filosofia occidentale

La raffinatezza di una lingua e dei suoi simboli indubbiamente stimola lo sviluppo intellettale e la speculazione filosofica. Il "verba volant, scripta manent" non può essere sottovalutato, ma nemmeno sopravvalutato oltre la sua natura di espediente tecnico di registrazione.

CitazioneIl discorso unitario non è possibile in un mondo infinitamente diveniente, e ogni discorso si riduce alla combinatoria di due o piu' elementi semplici ricorrenti con cui noi stessi parlanti cerchiamo di agire la riduzione della complessita', quantomeno perche' quello che abita l'uno e' il molteplice, e la non esaustivita' di un discorso rimanda direttamente alla sua non unitarieta'.

L'unità del logos implica pure la temporizzazione sintattica.

CitazioneIn altre parole, tu ci stai dentro, nel grande libro della natura, e per di piu' in una posizione non privilegiata, come se fossi una parola di quel libro, non lo leggi da fuori, la tua posizione ti condiziona, sia nel rapporto possibile che potrai eventualmente instaurare con le altre parole, della cui prossimita' e lontananza sostanzialmente  non decidi tu, sia nel rapporto con lo sfondo del libro.
Quindi, o assumi un linguaggio che partecipi IMMEDIATAMENTE della complessita' posizionale ed epigrafica del linguaggio stesso, come quello della scrittura, e in particolare della scrittura alfabetica, o non progredisci, quantomeno non in senso filosofico, nella comprensione, perche' la vita non e' una parola, non inizia e non finisce col silenzio...

Indubbiamente il Logos necessita di espedienti tecnici per operare.

CitazioneTanto che la prima funzione della parola parlata, e' quella espressiva, (insomma il dire della vita, e non dell'essenza o dell'esistenza) che sopravanza il compito di imitare  le cose, proprio come anche  la parola scritta, se guardata senza pregiudizi, sopravanza il compito di imitare le parole.

Originariamente non c'e'niente da imitare, perche' quello che si vuole cogliere con la parola e' l'iniziare continuo del tempo, un iniziare di fatto, la cui risposta, riflessiva e  "riflessa", puo' essere solo convenzionale e fondativa.

Più che di espressione e imitazione mi pare che il Logos abbia a che fare con la comunicazione.

CitazioneNon e' il mondo antropologico, che inizia col logos; ma il "patire" (come traduzione impropria di pathos) la vita e l'esserne effetto, la continua novita' per cui anche parole semanticamente identiche si relazionato alla loro posizione e si distinguono tra di loro per spazio e per il tempo, un qualcosa che potrebbe valere anche per la vita di tutti gli animali, se gli animali parlassero.

Originariamente non c'e' mimesi della parola o della cosa, c'e' il pathos della vita, perche' il tempo INIZIA sempre, o quantomeno sembra, iniziare sempre.

Il pathos della vita non mi pare una specificità antropologica assoluta. Anche gli animali a noi più prossimi mostrano di avere un loro pathos della vita.

Hai ragione ad evidenziare che il Logos, così come emerge naturalmente nel verso animale, non è ancora completamente fondamento specifico della condizione antropologica e necessita di una trascrizione grafica che lo fissi nel tempo, ma questa nasce fin da subito correlata biunivocamente al linguaggio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

immaginare un linguaggio significa immaginare una forma di vita .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

ll significato della parola sta nel modo in cui è usata nel contesto. Per esempio la gente si scervella sulla natura di ciò che chiama "anima" e questo è possibile solo perchè confondono significati diversi della parola in relazioni a contesti diversi nei linguaggi su di essa. Le parole con le quali ci scambiamo informazioni vanno bene per la vita pratica ma quando si passa a temi più profondi e più complessi le persone si confondo, smettono di capirsi.  Se il linguaggio ci darebbe veramente un quadro , un immagine , allora queste incomprensioni non dovrebbero esserci no?.. ad es. io non ho capito cosa intendete quando dite Archè. O se lo intendete non lo state usando secondo il suo vero significato mi pare.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#12
Scienza e tecnologia dettano le mode filosofiche, così che tutto oggi è relazione, mentre appena ieri tutto era informazione.
Se queste mode filosofiche nel loro susseguirsi fossero state documentate da fotografie, a guardare quelle vecchie foto probabilmente oggi proveremmo un senso di ridicolo.
Così rivestiamo la realtà ogni volta con abiti diversi, nessuno dei quali però fa il monaco, perché l'abito in sé non sarà mai fondamentale, ma è l'apparenza con cui di volta in volta si presenta la realtà.
L'abito dice poco di chi lo indossa, se non che tende ad adeguarsi alle convenzioni, ma dice molto del sarto che ogni volta lancia la moda.

Da un punto di vista filosofico sarebbe arrivato il momento di smettere di dire che tutto è questo o quello, per dare un giudizio di insieme sul susseguirsi storico di questo e quello, possibilmente diverso dal solito mantra della ricerca della verità che viene sempre più approssimata, perché una sequenza finita di simboli, al di là del significato più o meno univoco che di volta in volta gli diamo, non potranno mai rappresentare la teoria del tutto.
Questa affermazione dovrebbe apparire banale, e significativo è il fatto che tale a più non appaia, per cui dovremmo riflettere se non porla consapevolmente a fondamento della riflessione filosofica.
Dovremmo indagare se nel susseguirsi delle mode vi sia una tendenza generale, e a me sembra di vederla in un crescente carattere astratto di ciò che ogni volta proponiamo come fondamentale, unita quindi ad una crescente difficoltà di comprensione, perché le analogie possibili alla nostra comprensione si fanno sempre più latitanti.
Emerge così vincente sempre più, come molti lamentano, il linguaggio principe dell'astrazione, la matematica, sfrondata nel tempo ormai da ogni riferimento al senso del reale.
Un linguaggio privo di un preciso significato, che si presta perciò ad ogni possibile significato, secondo le mode del momento, asseconda di come usiamo interagire con la realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#13
Citazione di: Alberto Knox il 13 Marzo 2022, 17:52:25 PMll significato della parola sta nel modo in cui è usata nel contesto. Per esempio la gente si scervella sulla natura di ciò che chiama "anima" e questo è possibile solo perchè confondono significati diversi della parola in relazioni a contesti diversi nei linguaggi su di essa. Le parole con le quali ci scambiamo informazioni vanno bene per la vita pratica ma quando si passa a temi più profondi e più complessi le persone si confondo, smettono di capirsi.  Se il linguaggio ci darebbe veramente un quadro , un immagine , allora queste incomprensioni non dovrebbero esserci no?.. ad es. io non ho capito cosa intendete quando dite Archè. O se lo intendete non lo state usando secondo il suo vero significato mi pare.
Che il significato della parola risieda nel contesto in cui viene usta è cosa condivisa, ma allo stesso tempo è un affermazione forte quanto indimostrabile.
O meglio, è facile dimostrare il contrario.
Basti dire che il contesto in cui si inserisce la parola è a sua volta un insieme di parole, per cui ci ritroviamo con un affermazione circolare.
Ma, se è vero che la stessa parola non a tutti richiama lo stesso significato, mi sembra significativo invece notare che a volte sembra essere vero il contrario, e come ciò possa avvenire sembra un mistero.
A fondamento di un possibile significato direi che vi è una condivisione, una esperienza comune vissuta in diretta, o codificata in memoria ed ereditata.
Se così è c'è da aspettarsi che il significato delle parole cambi nel tempo e nello spazio.
Quindi perché si stabilisca un significato, inteso come cosa condivisa, occorre che vi sia una relazione, relazione che quando và a buon fine diventa significato.
Non è dunque nella relazione fra le parole che bisogna cercare il significato, ma nella relazione dei soggetti che usano il linguaggio per accordarsi. Ma che vi sia accordo lo si può dimostrare non in teoria, ma nei fatti, quando a quell'accordo segue una azione coordinata.
La conoscenza non è conoscenza della realtà , ma metodo possibile di un azione coordinata che ci rapporta coerentemente con la realtà.
Agiamo in modo coordinato se condividiamo la stessa visione, e la bontà della visione non è legata direttamente alla realtà, ma al possibile rapporto che insieme teniamo con essa.
Quindi se proprio devo sottostare alla moda filosofica, io direi che tutto è condivisione , la quale sottende  la condizione necessaria di una relazione fattiva, che a posteriori può essere formalizzata, ma la formalizzazione in sé, fuori dal fattivo contesto di riferimento, non ha alcun significato.

Come tu ben dici senza una immagine non vi è significato, e io intendo per immagine ciò che si condivide al fine di un azione.
Non è importante se ciò che vediamo non corrisponde alla realtà, se questa apparenza, come suo succedaneo, ci permette di relazionarci con la realtà.
Però siccome il nostro rapporto con la realtà cambia, perciò confondendo le apparenze con la realtà, tendiamo ogni volta a porre a fondamento della realtà un sempre nuovo taglio di vestito, che tutti tendiamo per convenzione ad indossare.

Infine cosa è l'arche, ancora lo devo capire, ma sospetto sia una ammissione di ignoranza mascherata.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Quelle nobili istituzioni culturali che sono i dizionari si occupano di dare ad ogni parola il significato corrente e, i più accurati, pure il passato nell'uso.

I referenti materiali sono più condivisibili di quelli concettuali e questo non è un mistero, ma significa la funzione esatta della parola (logos). Se dico "gatto", tutti gli italofoni con un livello culturale basico capiscono di cosa si tratta e questa evidenza dimostra il successo della comunicazione. E pure della rappresentazione semantica, al netto di ogni nebbia metafisica.

Se dico "anima" la faccenda si complica, perché si passa dal materico al concettuale, laddove la meta-fisica imperversa, e i significati variano secondo gli orizzonti ideologici di riferimento. I quali vanno esplicitati al fine di evitare l'insuccesso della comunicazione.

Arkè è l'origine di un processo, naturale o storico. Che gli antichi sapienti abbiano posto il linguaggio all'origine dell'avventura evolutiva della nostra specie mi trova concorde. Certo, anche la tecnica. Ma una tecnica incomunicabile nasce già morta, non ha futuro. Ovvero non ha il suo necessario tempo evolutivo.








pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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