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Astrazione.

Aperto da iano, 17 Gennaio 2022, 23:40:01 PM

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iano

#15
Citazione di: atomista non pentito il 19 Gennaio 2022, 09:55:36 AM
IANO :Ma allora l'idea di atomo non è diversa da quella di brontosauro se neanche con quello ci possiamo fare un frontale?

Per quanto mi riguarda sono diverse perché l'insieme di atomi che costituisce il sasso potrebbe anche essere retaggio di quel brontosauro , pertanto il frontale con l'atomo lo posso fare ad ogni pie' sospinto con il brontosauro no.
La mia ignoranza non mi permette di confrontarmi su piani di ragionamento troppo elevati tuttavia l'Atomista la reputo ancora la via di pensiero terra terra piu' chiara ed evidente per confutare tutti i sofismi ( sempre piu' elaborati fino ad oggi e fino a questo forum) per cui si sosterrebbe ( sostiene) come vere e logiche  teorie assimilabili alla freccia che non colpisce mai il bersaglio od ad Achille pie' veloce che non raggiunge la tartaruga. E ce ne sono molte che, io (come molti altri), chiamo "seghe mentali". Perché ', per restare al titolo dell'argomento in corso , di astrazione in astrazione arriviamo senza grande difficolta' a dimostrare che da qualche parte in qualche universo esisterebbe Paperopoli cosi' come la conosciamo , tuttavia di poca utilita' all'umano vivere.
Quello che voglio dire è che noi abbiamo a che fare direttamente solo con astrazioni, che non possono dimostrare nulla., e che di fatto quindi viviamo a Paperopoli, dove ogni cosa che esiste ha lo stesso grado di concretezza ,
perché che ogni cosa a Paperopoli abbia lo stesso grado di concretezza è innegabile, se non si nega di viverci.
Dovremmo chiederci magari per quale motivo attribuiamo diverso grado di concretezza alle cose, ma di fatto mi pare che shuntiamo  questa domanda quando riduciamo tutto a due gradi, quello propriamente concreto e quello astratto.
Se la verità ha a che fare con la concretezza dovremmo comprendere il modo in cui ne distribuiamo il grado fra  le cose se vogliamo comprendere l'origine del concetto di verità.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

La Verita' non esiste , e' una equazione incomprensibile in quanto fotografa una evidente parzialita' . Esiste la verita' con la minuscola perché ogni verita' e' soggettiva sia che sia la verita' per Te , per me , per il capriolo che ho incrociato stamane correndo nei boschi. Questo nulla toglie che , proprio perché la verita' e' minuscola , continuero' a considerare piu' veritiero il sasso che avesse a colpirmi rispetto al brontosauro che vedo sui libri. Ove (per me) reale e' cio' che interagisce. E piu' interagisce e piu' ha peso percentuale nella realta'. Nadal che stamane per qualche minuto ho visto in TV  durante la partita degli AO ha interagito con me piu' del brontosauro suddetto , ma meno dell'auto che mi ha portato a lavorare.

daniele22


La verità non esiste dunque, se non con la v minuscola. Mettendo da parte l'essere, generatore di grande confusione nelle nostre menti, Iano fa una riflessione: "L'individuo o l'umanità sono tali in quanto si possono individuare come soggetti di un'azione". Già qui si può mettere in crisi l'oggettività del soggetto. Sono senz'altro d'accordo. Noi possiamo comprendere solo ciò che sta nel tempo, ovvero solo ciò che a nostro giudizio si armonizza con la nostra realtà. Il riferimento di Kobayashi al manufatto alieno è chiaro. Fintanto che sta immobile, nel senso che non compie azione, ce lo rende in certa misura incomprensibile. Se compisse un'azione inizierebbe ad avere un grado di realtà più concreto. Se gliela facessimo compiere noi altrettanto

daniele22

Citazione da Iano: "Dovremmo chiederci magari per quale motivo attribuiamo diverso grado di concretezza alle cose, ma di fatto mi pare che shuntiamo  questa domanda quando riduciamo tutto a due gradi, quello propriamente concreto e quello astratto".
Mi sfugge il senso di shuntare in questa frase (l'hai fatto apposta?). In attesa di chiarimento noto che c'è chi campa con i sassi e chi campa con la giustizia (due astrazioni del nostro mondo). Mi sembra un buon motivo, dato appunto il il diverso grado di concretezza che diamo alle cose che sappiamo fare

iano

#19
Ciao Daniele.
Intendevo dire che sebbene i gradi in cui ci si presenta l'essere sono più di due, noi però cerchiamo di ricondurli a due, e dei due rimanenti magari ridurre uno all'altro.
Storicamente si cerca di ridurre l'astratto al concreto notando ad esempio che non esistono idee senza un supporto fisico neuronale, mentre io provo magari a fare il contrario.
Immagino lo si faccia per salvare l'essere come cosa in se', mentre io lo vedo come una costruzione a cui meglio si attaglia un carattere astratto.
Inoltre noto che gli oggetti di cui tratta la fisica moderna appaiono come un irriducibile mix fra concreto ed astratto, per cui i fan del concreto lamentano la crescente astrattezza degli enti fisici.
Però che si possa ridurre i diversi gradi in cui appare l'essere non è scontato e forse non è necessario, ma è certamente scorretto dare per scontato, come di solito si fa', che si riducano a non più di due, e questo ha evidenti conseguenze poi sulla nostra capacità di comprensione.
Non siamo quindi in grado di comprendere, ma in effetti ci rifiutiamo di accettare , ad esempio la funzione d'onda quantistica che è appunto un perfetto mix esistenziale.
Lo comprenderemmo invece se fosse solo concreta o esclusivamente teorica, perché invece il problema di di ridurre un grado di esistenza all'altro, se due sono, Platone lo ha risolto mettendoli in mondi separati.
Noi in analogia dovremmo ipotizzare un terzo mondo per dar conto dell'essere funzione d'onda, e poi un quarto e così via. Nessuno mi risulta ci abbia provato, anche perché la separazione stessa dei mondi platonici rimane ancora a tanta distanza di tempo discussa, per quanto  attuale in fatto di genialità filosofica, e nessuno ci vieterebbe di replicarla.
Ciò però metterebbe in forse la nostra definizione di essere in quanto tale, che già a malapena sopporta di dividersi fra due mondi.
Ma per quel che dico nin vorrei esser confuso con gli idealisti, ma non meno coi materialisti.
Magari mi tocca inventare allora un nuovo mondo per dare esistenza alla mia posizione filosofica.
Chiamiamolo il mondo dei costruttivisti.🤗
Se lo ha fatto Platone , perché non posso farlo io?😅
Il manifesto dei costruttivisti, inventato al momento, dice che l'essere  fa' parte della realtà solo come costruzione , apparendo più o meno concreto a seconda della coscienza che si possiede della sua costruzione, e smette di esistere quando se ne perde memoria.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#20
Gli indivisibili degli atomisti, gli atomi riducibili in pezzi negli acceleratori, e gli oggetti ibridi quantistici, esistono tutti insieme finché ne rimane memoria, perché sono alla pari tutte diverse costruzioni che ci permettono di rapportarci in modo diverso con la realtà .
Non ci sono limiti a queste costruzioni se non nella nostra capacità di costruirli che dipende dal nostro stato di evoluzione, e nella loro sostenibilità.
Io riesco a vedere ancora due mondi, ma sovrapposti, più che separati.
In uno sta la realtà e nell'altro noi insieme ai nostri oggetti.... cosiddetti reali.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Citazione di: iano il 17 Gennaio 2022, 23:40:01 PM
Mi chiedo, nella mia ignoranza di cose filosofiche, quale sia la storia di questo termine "astrazione", e quindi come si sia evoluto .
Il mio interesse nasce dal notare in noi una contraddizione, perché che da un lato leghiamo l'astrazione alla conoscenza, dall'altro diciamo di avere difficoltà a comprendere bene  le cose quando si fanno troppo astratte.
Ma forse allora non è una casi che la scienza mostri maggior efficacia quanto più si fa' astratta, e quanto meno quindi diciamo di comprenderla.
L'esempio di maggior efficacia sta proprio nella MQ che di fatto i fisici non provano più a comprendere, limitandosi ad applicarla.
Eppure immagino sia opinione  ancora comune che si possa applicare solo  ciò che si comprenda, opinione che quindi forse è da rivedere, e forse il "capire" è il concetto di cui occorrerebbe valutare l'evoluzione in atto.

Volendo e barando a , fare il profeta , ma valutando in effetti una tendenza non da ora in atto, se non occorre comprendere una teoria per applicarla, allora anche un computer lo può fare.
In effetti le cose stanno andando proprio così.
Se le cose stanno davvero andando così, quando avremo raggiunto attraverso la scienza la verità ( per chi ancora questo crede) solo i computer la possiede danno , ma ovviamente senza comprenderla.
Sembrerebbe quindi giunto il momento di non illudersi nel cercare la verità, posto che questa esista.
L'unica possibilità di esistenza della verità è che noi già' la possediamo, allo stesso modo che un computer un giorno potrebbe possederla, ma senza saperlo, senza comprenderla.
Queste verità produrrebbero quindi ciò con cui noi veniamo a contatto, e che adduciamo proprio ad esempio di verità, le evidenze.
Più verosimilmente queste verità sono nient'altro che fedi sedimentate e nascoste in noi, se come faceva notare Jacopus, per i greci fede e verità erano la stessa cosa, e non a caso l'anello che portate all'anulare si chiama fede o vera, nel senso comune di fedeltà. Naturalmente Jacopus lo ha detto meglio di così.

Così sarebbe da credere che le teorie fisiche appaiono tanto più comprensibili quando più posseggono elementi di evidenza, quanto più conservino cioè scorie di fedi nascoste, che per la scienza sono ipotesi assunte senza volere , e perciò non dette.


Il problema non è tanto che le teorie siano vere (o false), quanto che non possano essere fondate a partire dalla matematica.
Ma le teorie sono sempre applicate piuttosto alla verità dei fenomeni, e dunque non a se stesse, per cos' dire, è il grado di computazionalità a fare la differenza in termini di verità di indagine.


La questione che proponi dunque richiede una angolazione diversa. Però non riesco a immaginare come potrei ridire la tua domanda iniziale, rispetto a questa angolazione, che più che altro è una prassi infatti.



Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

Citazione di: green demetr il 27 Gennaio 2022, 21:16:17 PM
Citazione di: iano il 17 Gennaio 2022, 23:40:01 PM
Mi chiedo, nella mia ignoranza di cose filosofiche, quale sia la storia di questo termine "astrazione", e quindi come si sia evoluto .
Il mio interesse nasce dal notare in noi una contraddizione, perché che da un lato leghiamo l'astrazione alla conoscenza, dall'altro diciamo di avere difficoltà a comprendere bene  le cose quando si fanno troppo astratte.
Ma forse allora non è una casi che la scienza mostri maggior efficacia quanto più si fa' astratta, e quanto meno quindi diciamo di comprenderla.
L'esempio di maggior efficacia sta proprio nella MQ che di fatto i fisici non provano più a comprendere, limitandosi ad applicarla.
Eppure immagino sia opinione  ancora comune che si possa applicare solo  ciò che si comprenda, opinione che quindi forse è da rivedere, e forse il "capire" è il concetto di cui occorrerebbe valutare l'evoluzione in atto.

Volendo e barando a , fare il profeta , ma valutando in effetti una tendenza non da ora in atto, se non occorre comprendere una teoria per applicarla, allora anche un computer lo può fare.
In effetti le cose stanno andando proprio così.
Se le cose stanno davvero andando così, quando avremo raggiunto attraverso la scienza la verità ( per chi ancora questo crede) solo i computer la possiede danno , ma ovviamente senza comprenderla.
Sembrerebbe quindi giunto il momento di non illudersi nel cercare la verità, posto che questa esista.
L'unica possibilità di esistenza della verità è che noi già' la possediamo, allo stesso modo che un computer un giorno potrebbe possederla, ma senza saperlo, senza comprenderla.
Queste verità produrrebbero quindi ciò con cui noi veniamo a contatto, e che adduciamo proprio ad esempio di verità, le evidenze.
Più verosimilmente queste verità sono nient'altro che fedi sedimentate e nascoste in noi, se come faceva notare Jacopus, per i greci fede e verità erano la stessa cosa, e non a caso l'anello che portate all'anulare si chiama fede o vera, nel senso comune di fedeltà. Naturalmente Jacopus lo ha detto meglio di così.

Così sarebbe da credere che le teorie fisiche appaiono tanto più comprensibili quando più posseggono elementi di evidenza, quanto più conservino cioè scorie di fedi nascoste, che per la scienza sono ipotesi assunte senza volere , e perciò non dette.


Il problema non è tanto che le teorie siano vere (o false), quanto che non possano essere fondate a partire dalla matematica.
Ma le teorie sono sempre applicate piuttosto alla verità dei fenomeni, e dunque non a se stesse, per cos' dire, è il grado di computazionalità a fare la differenza in termini di verità di indagine.


La questione che proponi dunque richiede una angolazione diversa. Però non riesco a immaginare come potrei ridire la tua domanda iniziale, rispetto a questa angolazione, che più che altro è una prassi infatti.
Infatti le teorie non sono ne' vere ne' false, ma corrette o scorrette.
Ma nella misura in cui le poniamo in modo chiaro sono unicamente basate sulla matematica.
O se no su cosa?
Più sono ben definite meglio si prestano ad essere poste in corrispondenza ai fatti, avendo questa potenzialità.
L'Angolazione diversa da cui guardare le cose è da trovare, anche se io posseggo già la mia.
Deve comunque ricomporre il paradosso che ho esposto, che l'astrazione abbia a che fare con la conoscenza, ma che meno capiamo le cos'è quanto più ci appaiono astratte.
Quindi sembra esserci un divario insanabile fra conoscenza e comprensione.
Sembrerebbero buone amiche, ma fra esse c'è evidentemente un insanabile motivo di divaricazione.
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Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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green demetr

quando parlo di problemi di astrazione intendo dire l'incapacità di non pensare a dati che non siano a 2 passi dal nostro naso.
Per poter fare astrazione bisogna avere la capacità di prendere la singolarità e portarla ad una universalità, l'universalità serve a rendere i processi congnitivi sempre più veloci.
Non è per esempio possibile stare sempre a distinguere di che albero si tratti, eppure per esempio per il disboscamento parliamo di re-introdurre alberi.
Certo oggi il problema di riferirsi a cose solo generali, si sta rivoltando contro di noi, che non siamo più capaci di vedere pure quello che abbiamo sotto vista e sotto tatto.
Un bel problema!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

#24
Credo che comprendere significhi riuscire a creare un quadro sufficientemente sintetico delle teorie che applichiamo tale da poterlo memorizzare, da poterlo cioè  ''comprendere in memoria''.
Ciò consente di ''vivere la teoria'' creandoci un relativo senso di realtà, senza necessariamente dover ricorrere a supporti esterni, come ad esempio la memoria di una biblioteca o di un computer.
Se possiamo interagire con la realtà attingendo alla sola nostra memoria ci sembrerà di vivere in presa diretta con la realtà, e questo è quello che intendo con senso di realtà.
Nel momento in cui ricorriamo a supporti esterni per memorizzare e calcolare, perdiamo la presa diretta con la realtà, ed esprimiamo ciò lamentando una mancata comprensione delle cose, seppur a fronte di una aumentata capacità di interagire con la realtà, perché le teorie che mediano la nostra azione non sono più vincolate alle nostre capacità individuali.
Quindi potremmo racchiudere tutto ciò ormai dentro un teorema, che tanto più le teorie funzionano tanto più ne perdiamo il controllo diretto, il che comporta perdita di senso di realtà e incomprensione.
Detto ciò anche il concetto di conoscenza andrebbe rivisto.
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iano

#25
Citazione di: green demetr il 04 Marzo 2022, 21:00:12 PMquando parlo di problemi di astrazione intendo dire l'incapacità di non pensare a dati che non siano a 2 passi dal nostro naso.
Per poter fare astrazione bisogna avere la capacità di prendere la singolarità e portarla ad una universalità, l'universalità serve a rendere i processi congnitivi sempre più veloci.
Non è per esempio possibile stare sempre a distinguere di che albero si tratti, eppure per esempio per il disboscamento parliamo di re-introdurre alberi.
Certo oggi il problema di riferirsi a cose solo generali, si sta rivoltando contro di noi, che non siamo più capaci di vedere pure quello che abbiamo sotto vista e sotto tatto.
Un bel problema!
ciao Green.
I processi veloci li abbiamo ormai delegati alle macchine, e la generalizzazione quindi è un bene nella misura in cui agevola questa delega.
Non è tanto la generalizzazione in sé a non farci vedere quello che abbiamo sotto il naso, ma è il tipo particolare di generalizzazione che di volta in volta adottiamo, avendo carattere esclusivo, a rendere invisibile ciò che essa esclude.
Se la semplificazione è relativamente necessaria, non possiamo sviluppare un senso di realtà efficace, se continuiamo a considerare, cioè a vedere, ciò che abbiamo escluso per comodità.
Nel momento in cui per magia apparirà ai nostri occhi ciò che sempre vi era stato, significa che abbiamo mutato quella generalizzazione attraverso la quale intendiamo rapportarci con la realtà.
Che la terra è tonda è un fatto che è sempre stato sotto ai nostri occhi, ma che vantaggio ne avremmo tratto a vederla rotonda finché l'orizzonte della nostra realtà rimaneva limitato?
Così abbiamo trattenuto per lungo tempo, e qualcuno ancora lo trattiene, un senso di realtà piatta.
Che insegnamento possiamo trarre da ciò?
Io credo di poterne trarre il fatto che siamo condannati, se così si può dire, a vedere una realtà che se non è piatta è tonda, ma che non è tonda adesso così come non era piatta prima.

Alla realtà non è propria alcuna geometria, ma ogni geometria è un potenziale mezzo di interazione con la realtà.
La nostra capacità di comprendere però ormai si è fermata a una ''piatta'' geometria Euclidea la quale disegna uno spazio oltre il quale non riusciamo più vedere.
Questo sarebbe un problema insormontabile se la necessità di riuscire a vedere, o, se si preferisce, a comprendere, fosse prioritaria.
Nel nostro attuale concetto di conoscenza ciò sembra essere implicito, e perciò lo ritengo ormai inadeguato.
Nel mondo globalizzato possiamo considerare ancora la conoscenza come un fatto individuale?
Ma non è un fatto di modernità, ma un processo che parte nel momento in cui la conoscenza individuale è stata riversata sui sacri papiri. 
In un certo senso il peccato originale non consiste nella conoscenza, ma nell'averla pubblicata.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Pubblicata, rendendola altro da noi, e questo processo di alienazione non è mai terminato, ma meglio ci appare oggi, meglio oggi lo vediamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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green demetr

Citazione di: iano il 04 Marzo 2022, 22:48:41 PMQuesto sarebbe un problema insormontabile se la necessità di riuscire a vedere, o, se si preferisce, a comprendere, fosse prioritaria.
Nel nostro attuale concetto di conoscenza ciò sembra essere implicito, e perciò lo ritengo ormai inadeguato.
Nel mondo globalizzato possiamo considerare ancora la conoscenza come un fatto individuale?
Ma non è un fatto di modernità, ma un processo che parte nel momento in cui la conoscenza individuale è stata riversata sui sacri papiri.
In un certo senso il peccato originale non consiste nella conoscenza, ma nell'averla pubblicata.

interessante mi poni tre quesiti sostanzialmente, provo a rispondere:

punto 1

Il mondo in cui viviamo è complessivamente abitato dalla modernità, e la modernità è caratterizzata da una complicazione e se vogliamo una moltiplicazione delle aree cognitive.
Sono d'accordo anch'io nel dire che oggi molte azioni necessarie essendo esentate dall'uso delle macchine e della scienza in generale, sono virtualmente, se il meccanismo che le implementa tiene, assolutamente NON necessarie.
La conoscenza che interfaccia il mondo non è globalizzata, è semplicemente moltiplicata.
Ma un conto è la conoscenza che viene interfacciata dalla tecnica sul Mondo, ed è una conoscenza del mondo, ed un contro è la conosceza che viene interfacciata col soggetto, ed è una conoscenza del soggetto.
Io non lamento tanto il fatto che nessuno sa più fare pellice, o che nessuno sa più come si ammazza un maiale.
Io lamento che nessuno si rende conto del soggetto che noi siamo.
Ossia di come ci siamo dimenticati che noi abbiamo bisogno della pelliccia e del maiale.
Ad un livello più alto, ed è il motivo per cui ho tagliato con i miei vecchi amici, è che ci si è dimenticati che abbiamo bisogno di una politica, affinchè quei bisogni primari, rimangano appagati da un sistema tecnico.
Ed a un livello ancora più alto, ma questo non lo pretendo da nessuno, che si capisca che è necessario una politica che blocchi il tentativo della tecnica di renderci come una pelliccia o come un porco.
Se non si rispettano i corpi, non si rispetta più niente.

punto 2       

Al netto dei tre livelli che riguardano la cura del soggetto (e ti prego di notare che la mia filosofia è una lotta contro il soggetto, tanto per dare conto della profondità cognitiva richiesta), io noto come il soggetto stia diventando sempre più l'idea dell'immagine del soggetto.
Non posso non pensare che questo sia legato alla tecnica, che infatti vuole svuotare il corpo del suo significato vivente, e lo vuole proiettare in un mondo virtuale, dove la BIG TECH sta investendo a manetta.
In questo senso lamento che il discorso generale (ossia la nostra volontà da millenials di volerci proiettare in un mondo di immagini, e di sogni) stia perdendo di vista proprio il corpo in sè ( l'inconscio dei millenials risponde con il ferimento del proprio corpo per indicare un pericolo allarmante, ossia che il corpo sia risucchiato via dall'immagine, così il tatuaggio, così il cambiamento cibernetico del proprio corpo, arti artificiali etc...).
Il corpo della nuove epoca è un corpo martoriato o desideroso di morire, non si sente più il sole sulla pelle, non si apprezzano più le belle forme etc...
Non riusciamo più a capire cioè i nostri sentimenti che nascano dal corpo con ciò che ci sta vicino a due palmi dal naso, non in chissà quale archivio digitale.
Insomma lamento la perdita tout-court della consoscenza sentimentale del proprio soggetto.
In questo senso, sono d'accordo con te che la conoscenza del mondo in un mondo globale non è più individuale (ma sinceramente non ci vedo un problema di questo, sono contento di non dovermi spaccare la schiena a raccogliere le patate per vivere), ma allo stesso tempo come mi pare ho spiegato sopra penso che la conoscenza di me stesso, sia una cosa individuale, che scelgo io, non lo scegli nè tu, nè nessun altro.

punto 3

Il problema dello scritto, suppongo tu parli della codificazione che quella scrittura ha portato: ossia le leggi.
Argomento piuttosto impervio.
Io mi limito invece ad annotare a margine che la coscienza individuale potrebbe solo che migliorare sia in termini di interfacciamento al mondo, sia di interfacciamento al soggetto che noi siamo.

Quando leggevo i romanzi o le poesie stavo sommamente bene.
E non sono forse questioni individuali portate alla conoscenza di tutti, e forse che non ci arricchiscono?

Cosi che l'ipianto ingegneristico che Leonardo ha costruito per i navigli di Milano, non aiuta forse a irrigare mezza Lombardia?

Non ci vedo una negatività, certo è l'interpretazione che conta, come dire che una ingegneria debba prevalere su un altra, o che un pensiero individuale debba prevalere sull'altro, e che questo sia sancito come legge, che poi si passa di padre in figlio...quello è un grave problema.

Ma è un problema che si può capire una volta che ci siamo ripresi per lo meno il nostro soggetto. Quindi un problema del futuro, anche se fino a ieri sembrava un problema del domani.
La storia non va in un senso progressivo, a volte si regredisce.
Vai avanti tu che mi vien da ridere