Introduzione alla sezione

Aperto da maral, 07 Maggio 2016, 17:13:28 PM

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maral

Viviamo in un'epoca  sempre più dominata dalla visione tecnico scientifica, ultimo grande prodotto del pensiero occidentale prima greco e poi cristiano. Non poteva quindi mancare su Logos una sezione dedicata specificatamente alle riflessioni su tematiche scientifiche e tecnologiche.
Se è vero che l'uomo si riconosce in ciò che viene via via facendo e quindi negli stessi mezzi materiali che usa con le sue mani e la sua mente, si tratta in fondo di riflettere sul significato che viene conferito oggi alle nostre esistenze dagli enormi progressi scientifici e tecnologici di cui siamo stati capaci e, proprio a partire da questi, tentare di ricomporre un quadro che non sia quello di una tecnica separata  e chiusa in una disumanizzata autoreferenzialità, celata dall'effetto facilitante che essa illude di  realizzare senza limiti, in ragione del suo saper trasformare secondo progetto.
La fisica ci  presenta ormai da tempo un mondo  ben diverso da quello che umanamente possiamo percepire e, con il suo sempre meno accessibile linguaggio matematico, ci apre orizzonti cosmologici che un tempo erano di pertinenza di una semantica filosofica, metafisica, mitica e religiosa; l'elettronica ha cambiato radicalmente il nostro modo di interagire e comunicare e dunque di sentirci in relazione; la biotecnologia mostra di poter produrre  a partire dall'unità di base del codice genetico, funzionalità che modificano radicalmente le concezioni di esistenza individuale e sociale, la nostra stessa psicologia,  il nostro modo di curare; l'economia, anche e soprattutto nelle sue forme più astratte, è ormai diventata l'unico orizzonte di riferimento politico, regolatrice, nelle pretese funzionali del pensiero che calcola, dei destini di sopravvivenza di intere popolazioni.
In questo contesto noi ci troviamo, da esso siamo espressi e l'umanità non può permettersi che tutto questo poter fare sia affidato a semplici operatori sia pure di grande competenza  che solo si preoccupano di rispettare meccanicisticamente le corrette procedure di controllo e verifica; occorre oggi più che mai recuperare, per quanto possibile, il significato e la dimensione etica di ciò che si è giunti a poter fare. Occorre poterci riflettere insieme.
Certo, il discorso tecnico scientifico, proprio per il grande rigore che ne ha determinato il successo e la potenza, pare prestarsi poco alle speculazioni interpretative di chi non lo ha appreso e a lungo praticato da specialista; in un forum aperto a tutti rischia di disperdersi nella confusione di futili polemiche, ma è un rischio che credo sia importante accettare, poiché in questo momento questo discorso ci riguarda tutti e non è il caso di demandare all'esperto le risposte, dato che non c'è nessuno così esperto da poterle fornire anche se tanti, come sempre, pretendono di avere la capacità di dettare le proprie chiare e indubitabili visioni prospettiche, dimenticando di essere essi stessi espressione di quel medesimo fluire che vogliono definire.
Dopotutto il mondo tecnologico, che in esso ci ritroviamo o meno, lo viviamo ormai da tempo nella nostra esperienza quotidiana. Il mezzo tecnologico che usiamo come una sorta di bacchetta magica, senza averne alcuna effettiva competenza o cognizione (non essendo queste determinanti per l'uso), ci condiziona nel modo di essere più di quanto sospettiamo e forse si tratta allora di partire proprio dalla nostra esperienza quotidiana per recuperare un senso in perenne mutamento, per riuscire a coesistere con questo mutamento senza sentirci da esso rigettati.
La tecnica è da sempre nell'essenza fenomenologica umana, è fatta dei mezzi che usiamo, dei lavori e delle aspettative che essi dispiegano e anche delle facilitanti prospettive di potenza con cui ci illudono. Per questo ogni tecnologia ha pretese sull'uomo e cambia l'uomo, determina la sua scienza, la sua coscienza e il suo modo di essere senza che questi nemmeno se ne accorga, forse è dal tenerne conto che si può qui cominciare la riflessione.

paul11

Sono molti gli argomenti che possono accompagnarsi alla scienza e tecnologia.
Una determinata storia che ci viene insegnata è caratterizzata dalla tecnologia, l'età del ferro, de l bronzo soprattutto che 
porta con sè i segni delle civiltà conosciute.
Scienza e tecnologia sono potere poichè si detiene l'informazione della conoscenza del fare.
La sua acquisizione storicamente come importanza determinante è legata al potere, perchè equivale alla forza economica e militare.
E' più potente della filosofia perchè in un mondo che ha una visione materiale riveste importanza nella prassi.
E' legata al fenomenico, in un tempo storico lontano quindi era il sensibile, inteso come percezione dei sensi, poi agli strumenti umani e alle metodiche, infine è ridiventata "metafisica" (oserei dire meta-metafisica) nel momento in cui i sensi umani non erano più in grado di verificare il fenomeno fino a diventare contro-intuitiva con le teorie della relatività e dei quanti.
Noi vediamo, percepiamo solo una parte dello spettro elettromagnetico, ora siamo oltre, siamo al microscopico della bioingegneria e siamo macroscopico dell'astrofisica.

Nella quotidianità ci ha mutato il modo di vivere, pensiamo solo all'energia elettrica, a come le strade e le case fossero illuminate prima del suo avvento.Prima era la natura a dettare i tempi del cilco della vita quotidiana, del buio e della luce l'artificialità ha mutato totalmente i tempi economici del produrre e con esso i modelli di vita.

Oggi io vedo addirittura mutata nella quotidianità il tempo e lo spazio; si accorciano i tempi fino a stressarli  ,oggi tutto è velocità, e lo spazio sono i luoghi che si sono avvicinati.

Quindi sì, la scienza, la tecnologia e la tecnica ci hanno mutato e si sta compiendo in modo così veloce ed esponenzialmente che una generazione si sente obsoleta, sorpassata tecnologicamente se non si forma e informa continuamente.
Molto ci è stato dato da tutto questo, ma molto ci ha preso.

acquario69

#2
secondo me non possono esserci mezze misure o compromessi di nessun genere la tecnologia andrebbe eliminata completamente altrimenti sarà lei ad eliminarci (e questo credo sia sempre più palese che lo stia già facendo)
in questo senso la mia e' una posizione estrema al riguardo ma diversamente quali sarebbero le possibili alternative?

ad esempio,sento dire sempre più spesso (a mio giudizio più come una sorta di auto convincimento) che non e' la tecnologia in se a provocare certi effetti ma soltanto l'uso che se ne fa..ma davvero basterebbe soltanto questo per rimettere a posto le cose? e non sarebbe piuttosto l'assunto di partenza ad essere completamente sbagliato e che la tecnologia in se stessa possa essere davvero neutrale?

sembra pure che siamo immersi in un processo che sembra inarrestabile,ma e' ovvio secondo me,che lo diventerà inevitabilmente per le sue stesse ragioni intrinseche.
a parte l'evidenza del fatto che la tecnologia tende ad inglobare tutto e a sostituire ogni significato fine a se stesso ma se proviamo anche solo ad immaginare che un giorno quando saranno esaurite tutte le risorse energetiche di cui mi sembra non puo farne a meno,si dovra per forza maggiore tornare ad uno stile di vita che ne escluderebbe la sua stessa esistenza.
a meno che non si creda alla bufala delle energie rinnovabili,salvo poi come spiegare (ad esempio) che per costruire pannelli solari o eolici servirebbe un indotto altrettanto tecnologico.. 
(e che se andiamo a vedere meglio anche questo e' il risultato di un antropocentrismo radicato,che pone la natura come fattore subordinato all'uomo,quando e' vero esattamente il contrario)

allora sarà la tecnica che tornerà ad avere la funzione che ha da sempre avuto prima che questa si trasformasse in tecnologia (da tecnica come essenza qualitativa umana a tecnologia quantitativa,puramente meccanica e non più umana)

mi e' capitato di leggere un articolo in cui si raccontava di un esperienza vissuta da due ragazzi;

Aledin ha raccontato la storia di un ragazzo e una ragazza che partono per una gita tanto attesa e affidano tutte le loro informazioni (mappe, orari, rifugi, tracce di animali e altro ancora) a un iPhone. A loro, dice, sembra naturale. Non fosse che, d'improvviso, quando i due si trovano in un luogo che non conoscono, il marchingegno, ovviamente senza avvisare, va in black-out lasciandoli senza alcun aiuto e costringendoli a doversela cavare da soli e ritrovare la strada grazie al "rumore di un ruscello".

cvc

Il problema credo sia nella mitizzazione del fenomeno tecnico-scientifico cui stiamo assistendo. La filosofia nacque proprio per demitizzare l'antica cultura greca con la forza del logos. In questo caso il discorso è più difficile (cito Reale), in quanto il mito della tecnica è figlio di quello stesso logos che rappresenta lo spirito demitizzante filosofico.  Non è tanto importante quanto la scienza progredisca ma piuttosto l'idea che essa sia il fine ultimo dell'umanità.  La scienza messa al centro della nostra vita diventa un meccanismo che si autoalimenta e nel quale il ruolo dell'uomo aspira ad essere sempre più marginale. Dovremmo domandarci perché stiamo permettendo questo, cosa ci spinge a mettere la tecnica al centro del nostro mondo al posto dell'uomo. Gli antichi greci disprezzavano la tecnica a scapito dell'attività speculativa disinteressata. A forza di inseguire l'utile abbiamo disimparato a ragionare per il puro piacere di ragionare. Il mito dell'utile, incarnato alla perfezione dalla scienza e dalla tecnica, si è impossessato del nostro inconscio e ci guida sempre di più. Demitizzarlo dovrebbe essere la nuova sfida della filosofia.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

maral

Possiamo intendere la tecnica, come nel mito che Platone fa raccontare a Protagora, una sorta di protesi indispensabile all'uomo che  lo potenzia e gli consente di vivere rimuovendo quegli impedimenti che si presentano alla sua natura incompleta. Oppure possiamo intenderla come definente essa stessa la natura umana: attraverso le tecnologie che usa l'uomo continuamente definisce il suo significato nel lavoro che svolge e sono le prassi del fare che determinano i suoi fini, i suoi progetti, la sua stessa scienza. In questo senso le tecnologie assumono un vero e proprio valore ontologico sull'uomo: la lavorazione della pietra, del bronzo e del ferro e gli strumenti utilizzati per lavorarli determinano l'uomo della pietra, del bronzo e del ferro, l'orizzonte in cui potersi concepire, misurarsi e pensare; proprio come l'invenzione della stampa, della macchina a vapore, dell'elettricità, fino ad arrivare ai computer, ai linguaggi informatici, alle biotecnologie. Quello che siamo è dato da quello che facciamo per come lo facciamo e in questo senso ciò che era concepito come artificiale appare in realtà del tutto naturale, poiché è esso stesso a conferirci la nostra natura e l'esplorazione tecnologica diventa esplorazione indiretta della nostra stessa natura.
Non possiamo quindi abbandonare le tecnologie, come non potremmo abbandonare la nostra natura, ma interrogarle nei loro significati specifici per tentare di capire in che cosa questa natura, pur venendo a determinarci, ci aliena, ci impedisce di riconoscerci.
Io penso che questa alienazione stia oggi nella produttività e conseguente consumo che le nuove tecnologie impongono a ritmi sempre più rapidi. Questa richiesta inderogabile di produttività  annulla la dimensione temporale, la sola in cui l'essere umano può trovare dimora incontrando se stesso, nel darsi e nel riconoscersi un tempo per ricordare. Ma riconosco anche che questa cancellazione del tempo tra il prodotto e il consumato, questa riduzione all'attimo è un'esigenza imprescindibile delle nuove tecnologie (internet ad esempio che apre la possibilità di una informazione di massa già pronta per il suo rapidissimo consumo con la prospettiva di un immediato godimento) in cui l'uomo, da esse definito, non può che sentirsi inadeguato, costretto a quel godimento istantaneo di ciò che gli è dato che mai davvero lo soddisfa, anzi gli ripropone sempre la mancanza.
Forse siamo di fronte a una trasformazione epocale che può portare a un definitivo superamento dell'essere umano, tale da travolgerlo definitivamente. Questa sezione non dovrebbe a mio avviso esprimere allora un semplice e contraddittorio rifiuto tecnologico, né un'esaltazione di quanto le tecnologie vengono a proporci con tutta la potenza che mostrano di realizzare, ma una sorta di riflessione sul loro significare l'uomo, un rallentamento rispetto all'esigenza di azzeramento di quella dimensione temporale in cui possiamo trovare senso. Si tratta di tentare di esplorarle per vedere se in esse stesse sussiste questa possibilità.
E' una proposta, che andrebbe meglio definita o controbattutta su cui invito a discutere.
   
         

HollyFabius

Citazione di: cvc il 08 Maggio 2016, 08:45:09 AM
Il problema credo sia nella mitizzazione del fenomeno tecnico-scientifico cui stiamo assistendo. La filosofia nacque proprio per demitizzare l'antica cultura greca con la forza del logos. In questo caso il discorso è più difficile (cito Reale), in quanto il mito della tecnica è figlio di quello stesso logos che rappresenta lo spirito demitizzante filosofico.  Non è tanto importante quanto la scienza progredisca ma piuttosto l'idea che essa sia il fine ultimo dell'umanità.  La scienza messa al centro della nostra vita diventa un meccanismo che si autoalimenta e nel quale il ruolo dell'uomo aspira ad essere sempre più marginale. Dovremmo domandarci perché stiamo permettendo questo, cosa ci spinge a mettere la tecnica al centro del nostro mondo al posto dell'uomo. Gli antichi greci disprezzavano la tecnica a scapito dell'attività speculativa disinteressata. A forza di inseguire l'utile abbiamo disimparato a ragionare per il puro piacere di ragionare. Il mito dell'utile, incarnato alla perfezione dalla scienza e dalla tecnica, si è impossessato del nostro inconscio e ci guida sempre di più. Demitizzarlo dovrebbe essere la nuova sfida della filosofia.

La tecnica sta sostituendo le forme di rimedio tradizionali. Il terrore dell'ignoto del futuro umano (di ogni uomo ma anche dell'umanità) viene mitigato oggi meglio e più convintamente dalla scienza (medicina, tecnologia) che non dalla religione. L'uomo intravede la possibilità di vincere la vecchiaia e la morte grazie al potente sviluppo del controllo degli accadimenti basato sui modelli positivi della scienza. Le mitologie su ciò che avverrebbe dopo la morte (rinascita, giorno del giudizio, nuova vita) vengono piano piano sostituite dall'idea che la vita possa proseguire per molti e molti anni, magari sostituendo parti del corpo. Si intravede l'idea che in un futuro non lontano si possa comprendere e invertire il processo di invecchiamento delle cellule. Si insinua persino l'idea che si possa, in qualche futuro a venire, 'salvare' la nostra mente sul silicio.
 

cvc

@HollyFabius
Il rimedio per il male dello spirito può essere solo nello spirito e non nella materia. Ogni tanto si sente di qualche scienziato che ha fatto progressi nella ricerca delle pillole della felicità. Per quando l'umanità sarà diventata un ammasso di ebeti sorridenti spero di essere già morto da un pezzo.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

maral

Potrebbe però anche essere che il male dello spirito consistesse in un modo errato di partecipare al significare della materia. Dopotutto cosa sono materia e spirito?

cvc

Citazione di: maral il 09 Maggio 2016, 14:37:52 PM
Potrebbe però anche essere che il male dello spirito consistesse in un modo errato di partecipare al significare della materia. Dopotutto cosa sono materia e spirito?
Infatti uno studio di Pierre Hadot su Marco Aurelio ha mostrato come per quest'ultimo la fisica fosse un esercizio spirituale, un purificare la percezione dai pregiudizi considerando le cose da un punto di vista prettamente materiale. "I cibi sono animali morti, il coito è sfregamento di pelle e un po' di muco..." Ma resta il fatto che tale esercizio è svolto in funzione del riconoscimento dell'anima. L'attuale scienza pare invece tentare di dedurre il mentale dal corporeo, ridurre l'anima ad una propaggine della materia. Un modo errato di partecipare al significare della materia può essere corretto solo a partire dal punto di vista della psiche. Se uno argomenta male gli consigliamo di studiare la retorica o il funzionamento dei neuroni?
Materia e spirito sono concetti che servono per distinguere diversi punti di vista sulla realtà.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

HollyFabius

Citazione di: cvc il 09 Maggio 2016, 11:28:32 AM
@HollyFabius
Il rimedio per il male dello spirito può essere solo nello spirito e non nella materia. Ogni tanto si sente di qualche scienziato che ha fatto progressi nella ricerca delle pillole della felicità. Per quando l'umanità sarà diventata un ammasso di ebeti sorridenti spero di essere già morto da un pezzo.

Il "mondo della tecnica" non è materia ma è ideologia. Esso stesso è mitologia, la mitologia, sottostante all'idea che si possa razionalizzare e controllare il divenire. Non ho parlato di male bensì di terrore dell'ignoto, cosa estremamente diversa.
Dalla notte dei tempi l'uomo guarda gli accadimenti e si chiede come controllare ciò che lo circonda, le inondazioni, le tempeste, i terremoti, gli animali feroci, le malattie, il dolore fisico, la morte.
I rimedi tradizionali hanno proposto forme mitizzanti la realtà per cercare di farsi amiche le forze oscure. Si è passati dalla venerazione dei vari dei, alle forme complesse di mitologia religiosa basate su rinascite, su vita dopo la morte.
Via via sono state abbandonate forme di adulazione della realtà incapaci di modificarla e renderla amica.
La mitologia della scienza oggi è la forma più potente di trasformazione della realtà, è la forma più forte di controllo e previsione degli accadimenti e piano piano sostituisce le forme tradizionali mitologiche che mostrano sempre più chiaramente la loro minore forza di trasformazione, previsione e controllo della nostra realtà.
Questo non significa che le promesse del "mondo della tecnica" siano vere, che gli obiettivi vagheggiati raggiungibili, significa soltanto che l'apparato fondato sugli stregoni della scienza è più potente dell'apparato fondato sugli stregoni delle varie religioni.
Sempre meno persone sono disposte a credere che esista una vita dopo la morte, o che esista un reincarnazione che offra la possibilità di vivere nuovamente, sempre più persone sono disposte a credere che la scienza riuscirà ad aumentare indiscriminatamente la lunghezza della vita, a vincere le forze avverse della natura sottoponendola a pieno controllo.
Questa è una evidente illusione, ma è una illusione che sempre più condiziona le società moderne.


Phil

Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 13:53:17 PMIl "mondo della tecnica" non è materia ma è ideologia. Esso stesso è mitologia, [...] La mitologia della scienza oggi è la forma più potente di trasformazione della realtà, è la forma più forte di controllo e previsione degli accadimenti
Se è una mitologia, è una mitologia decisamente performativa, tangente il reale (e tangibile), che non solo condiziona l'interpretazione del mondo, ma modifica e produce realtà (quale altra mitologia può farlo?). Produce strumenti operativi oltre che idee, ad esempio ristruttura il corpo umano (baluardo della materialità indubitabile) con la medicina applicata (protesi, operazioni, etc.), oltre che spiegarlo (neuroscienze e affini...). 
Direi che il mondo della tecnica è materia (solo il suo lato della ricerca può essere semmai anche "mitologia"), e se la tecnologia si è estesa fino a "sfumarsi" nel virtuale, va ricordato che questo ha comunque una imprescindibile radice materiale: internet è fatto di antenne, database, cavi, etc. tutta materia (talvolta ci dimentichiamo che la scienza non è solo la fisica quantistca, con le sue ipotesi di corpi che viaggiano alla velocità della luce e lo spazio-tempo...)

Citazione di: maral il 09 Maggio 2016, 14:37:52 PMPotrebbe però anche essere che il male dello spirito consistesse in un modo errato di partecipare al significare della materia
Più che in modo "errato" (che suona come un impegnativo giudizio di valore) direi in modo "maldestro", per cui "ci si fa male" (e il riflessivo è eloquente...). 
Psicologia e buddismo hanno (di)mostrato che spesso il fantomatico malessere spirituale ha profonde radici nella materia, non è un virus che attacca lo spirito (e qui ci sarebbe da chiedersi cosa si intende, oggi, per "spirito"...).

HollyFabius

Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 15:11:54 PM
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 13:53:17 PMIl "mondo della tecnica" non è materia ma è ideologia. Esso stesso è mitologia, [...] La mitologia della scienza oggi è la forma più potente di trasformazione della realtà, è la forma più forte di controllo e previsione degli accadimenti
Se è una mitologia, è una mitologia decisamente performativa, tangente il reale (e tangibile), che non solo condiziona l'interpretazione del mondo, ma modifica e produce realtà (quale altra mitologia può farlo?). Produce strumenti operativi oltre che idee, ad esempio ristruttura il corpo umano (baluardo della materialità indubitabile) con la medicina applicata (protesi, operazioni, etc.), oltre che spiegarlo (neuroscienze e affini...).

E' mitologia quando 'promette' il superamento di tutte le malattie, l'incremento indefinito della lunghezza della vita, in pratica l'immortalità. E' ideologia quando crea un paradigma di creazione dell'universo basato su una esplosione iniziale (il big bang). La sua potenza di trasformazione è la maggiore oggi creata dall'uomo, questo non deve far dimenticare il suo forte idealismo, o no?

Phil

Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 16:36:32 PME' mitologia quando 'promette' il superamento di tutte le malattie, l'incremento indefinito della lunghezza della vita, in pratica l'immortalità 
Non sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi concreti e parziali (ad esempio, curare quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri... 
 
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 16:36:32 PME' ideologia quando crea un paradigma di creazione dell'universo basato su una esplosione iniziale (il big bang). La sua potenza di trasformazione è la maggiore oggi creata dall'uomo, questo non deve far dimenticare il suo forte idealismo, o no?
Il big bang è un'"ipotesi di lavoro" (credo si chiami così in gergo) per la scienza, non un dogma o un assunto di principio su cui basare implicazioni, e il paradigma che ne consegue è continuo oggetto di ricerche per valutarne la plausibilità. Direi che più che "idealista", la scienza contemporanea è "possibilista": non si basa su ideali forti, ma su ipotesi possibili e da indagare epistemologicamente... tuttavia, se per "idealista" intendi, riduttivamente, "teorica", allora, almeno una parte di essa lo è sicuramente (ad esempio l'omonima "fisica teorica").

maral

#13
Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 19:41:00 PM
Non sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi concreti e parziali (ad esempio, curare quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri...
Le biotecnologie sembrano giè promettere molto: le cellule staminali ad esempio, in virtù della loro totipotenza, possono sanare malattie degenerative che si credevano irreversibili che colpiscono i tessuti cerebrali (Alzheimer, Parkinson), ed è proprio di questi giorni il caso di pazienti dalle funzioni motorie compromesse da ictus che le hanno potute recuperare grazie all'uso di cellule staminali iniettate attraverso l'orecchio.
Persino la vita eterna non è più un problema in linea di principio, se si identifica l'individuo con il suo codice genetico. Il codice genetico si può rendere eterno.
I miracoli, un tempo eventi eccezionali oggetto di fede, stanno ormai diventando normale questione di bio ingegneria.

CitazioneIl big bang è un'"ipotesi di lavoro" (credo si chiami così in gergo) per la scienza, non un dogma o un assunto di principio su cui basare implicazioni, e il paradigma che ne consegue è continuo oggetto di ricerche per valutarne la plausibilità. Direi che più che "idealista", la scienza contemporanea è "possibilista": non si basa su ideali forti, ma su ipotesi possibili e da indagare epistemologicamente... tuttavia, se per "idealista" intendi, riduttivamente, "teorica", allora, almeno una parte di essa lo è sicuramente (ad esempio l'omonima "fisica teorica").
Certamente il Big Bang non è un dogma (la scienza non ha dogmi, al massimo dogmatici metodi di oggettivazione e verifica), ma è da tempo che non è più, a quanto mi risulta,  una semplice ipotesi di lavoro.

Phil

Citazione di: maral il 07 Giugno 2016, 00:05:40 AMI miracoli, un tempo eventi eccezionali oggetto di fede, stanno ormai diventando normale questione di bio ingegneria.
Sono il tipo di esempi a cui alludevo quando ricordavo che la scienza non fa "promesse idealistiche", ma ipotizza, sperimenta ed "esegue" (opera con la materia...).
 
Citazione di: maral il 07 Giugno 2016, 00:05:40 AMCertamente il Big Bang non è un dogma (la scienza non ha dogmi, al massimo dogmatici metodi di oggettivazione e verifica), ma è da tempo che non è più, a quanto mi risulta, una semplice ipotesi di lavoro.
Vado a memoria (solitamente pessima!), ma alcuni astronomi dell'antica Grecia, postulando orbite planetarie con deferenti ed epicicli, supponendo la terra immobile, riuscivano a predire eclissi con precisione elevata (pur essendo la loro spiegazione basata su una descrizione non corrispondente alla realtà...). Quindi, anche se un modello esplicativo "funziona", non è detto che sia in realtà più di un'ipotesi di lavoro (dico in generale, nella fattispecie del big bang sinceramente non lo so...).

P.s. Da premesse false possono derivare conclusioni vere, è l'ironia del destino (e della logica).

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