"Il fiume e l'oceano"

Aperto da doxa, 11 Agosto 2024, 11:23:18 AM

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doxa



"Il fiume e l'oceano"

"Dicono che prima di entrare in mare
il fiume tremi di paura.

Guarda indietro
tutto il cammino che ha percorso,
i vortici, le montagne,
il lungo e tortuoso cammino
che ha aperto attraverso giungle e villaggi.

Vede di fronte a sé un oceano in cui può
solo sparire per sempre.

Il fiume, però,
non può tornare indietro.
Tornare indietro è impossibile nell'esistenza.
Il fiume deve accettare la sua natura
ed entrare nell'oceano.

Solo entrando nell'oceano
il fiume saprà
che non si tratta di scomparire nell'oceano,
ma di diventare oceano"
.

(Khalil Gibran)

Il noto  scrittore e poeta Kahlil Gibran nella sua poesia titolata "Il fiume e l'oceano"  simbolicamente evidenzia il timore per il cambiamento, insito nel nostro essere.

Infatti la nostra esistenza è come un fiume: con le sue anse, i vortici e le rapide,  ma procedendo ci  accorgiamo che si sta avvicinando la fine del viaggio: la foce si avvicina e s'intuisce l'immensità dell'oceano in cui stiamo per scomparire. Capiamo che dopo non sarà più ciò siamo, ma sarà altro, e parte di qualcosa di nuovo.

La paura della fine del  "viaggio"  viene superata pensando l'ingresso nell'eternità. In questa luce la morte è una frontiera, oltre la quale si presenta la parte nascosta della vita rispetto a quella dei giorni terreni.

Per chi non crede nell'immortalità è forse terribile morire senza essere vissuto davvero ed essere semplicemente esistito.

Ipazia

Non ci vuole molto per vivere davvero.  L'evoluzione ha fatto gran parte del lavoro e basta aggiungere il nostro talento personale.

Poco o tanto, ma onestamente perseguito, come recita la parabola.

Fatto ciò si approda al mare, qualunque esso sia, con serenità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Citazione di: doxa il 11 Agosto 2024, 11:23:18 AMLa paura della fine del  "viaggio"  viene superata pensando l'ingresso nell'eternità. In questa luce la morte è una frontiera, oltre la quale si presenta la parte nascosta della vita rispetto a quella dei giorni terreni.
Se questo intendeva l'autore allora avrebbe scelto una impropria analogia, potendosi ripetere questa con l'affluente e il fiume, il rio e l'affluente, etc... fino a completare il ciclo dell'acqua, delle cui parti nessuna può considerarsi eterna.
Mi pare piuttosto che l'autore voglia dire che c'è una continuità anche dove non ci sembra di vederla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''