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A New York

Aperto da Dante il Pedante, 23 Ottobre 2020, 18:39:30 PM

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Dante il Pedante

Propongo oggi, in questo spazio-poesia una bellissima poesia di  L. S.Senghor, il grande cantore della negritude, poeta del Senegal,  di lingua Francese. Da molti considerato il più grande poeta africano :



A NEW YORK

New York! Mi ha confuso,dapprima, la tua bellezza, queste grandi
ragazze d'oro dalle lunghe gambe.
Così timido,dapprima,di fronte, ai tuoi occhi di metallo blu, il tuo
sorriso di brina.
Così timido. E l'angoscia nel fondo delle vie dei grattacieli
Che leva ai suoi occhi di civetta fra l'eclisse del sole.
Solforosa la tua luce e livide le antenne, le cui punte folgorano il cielo
I grattacieli che sfidano i cicloni sui loro muscoli d'acciaio e la pelle
patinata di pietre.
Ma quindici giorni sui marciapiedi calvi di Manhattan
-E alla fine della terza settimana vi assale la febbre con un balzo di
giaguaro.
Quindici giorni senza pozzo né pascolo, tutti gli uccelli dell'aria
Che cadono morti all'improvviso sotto le alti ceneri delle terrazze.
Non un riso di bimbo in fiore, la sua mano nella mia fresca mano
Non un seno materno, solo gambe di nylon. Gambe e seni senza
sudore né odore.
Non una parola tenera nell'assenza di labbra, solo cuori artificiali
pagati con moneta solida
E non un libro in cui leggere la saggezza. La tavolozza del pittore
fiorisce di cristalli di corallo.
Notti d'insonnia e notti di Manhattan! Così agitate di fuochi fatui,
mentre il claxon urlano ore vuote
E le acque scure trasportano amori igienici, come i fiumi in piena
cadaveri di bambini.
Ecco il tempo dei segni e dei conti
New York! Ecco il tempo della Manna e dell'issopo.
Basta ascoltare le trombe di Dio, il tuo cuore battere al ritmo del
sangue il tuo sangue.
Ho visto in Harlem fremente di rumori di colori solenni e di odori
folgoranti
Questa è l'ora del tè in casa del rappresentante di prodotti farmaceutici
Ho visto prepararsi la festa della Notte alla fuga del giorno.
Proclamo la notte più veritiera del giorno.
Questa è l'ora in cui nelle vie, Dio fa germogliare la vita di prima
della memoria.

Tutti gli elementi anfibi raggianti come soli.
Harlem Harlem! Ecco che ho visto Harlem Harlem! Una brezza verde
di grano sorgere dai selciati solcati dai piedi nudi di danzatori Dan
In groppa onde di sera e seni come punte di lancia, balletti di ninfe e
maschere favolose
Ai piedi dei cavalli di polizia, i manghi dell'amore rotolare dalle case
basse.
E ho visto, lungo i marciapiedi, ruscelli di rum bianco ruscelli di latte
nero nella nebbia azzurra dei sigari.
Ho visto il cielo nevicare alla sera fiori di cotone e ali di serafini e
pennacchi di stregoni.
Ascolta Ne York! Ascolta la tua voce maschia di rame la tua voce vibrante
di oboe, l'angoscia ostruita delle tue lacrime piombare in
grossi grumi di sangue
Ascolta battere in lontananza il tuo cuore notturno, ritmo e sangue del
tam-tam,tam-tam sangue e tam-tam.
New York! Dico New York, lascia affluire il sangue nero nel tuo sangue
Che lubrifichi le tue articolazioni d'acciaio, come olio di vita
Che dia ai tuoi ponti la curva delle groppe e l'elasticità delle liane.
Ecco tornare i tempi antichissimi, l'unità ritrovata la riconciliazione
del leone del toro e dell'albero
L'idea legata all'atto,l'orecchio al cuore, il segno al senso.
Ecco i tuoi fiumi sonori di caimani muschiati e di Lamantini dagli
occhi di miraggio. E nessun bisogno di inventare le sirene.
Ma basta aprire gli occhi all'arcobaleno d'aprile,
E le orecchie, soprattutto le orecchie, a Dio che con un riso di
sassofono creò il cielo e la terra in sei giorni.
E il settimo giorno, dormi del grande sogno
negro.

Il grassettato è mio, ovviamente. :)
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

viator

Salve Dante. Anzitutto non capisco se "il grassettato" consiste in parole da te AGGIUNTE al componimento, oppure rappresenti dei concetti, delle espressioni originali di Senghor che hai ritenuto di voler evidenziare.


A parte ciò, mi piacerebbe sapere se il componimento che hai presentato risulta definibile "poesia" o "poema" all'interno della tradizione culturale ufficiale........oppure se sia tu che liberamente la consideri appartenere al genere letterario "componimenti poetici".


Scusa la pedanteria, ma secondo me per poetare non è sufficiente accatastare un certo numero di parole - per quanto suggestive, illuminanti, evocative od esotiche........ma occorrerebbe anche dar loro una forma complessiva attraverso - ad esempio - un minimo di armonia metrica.


Attraverso il componimento da te riportato - e sempre secondo me - l'ottimo Senghor ha fatto della comunicazione e della cultura (mettendo in rapporto il suo mondo esperienziale con la, per lui sconvolgente, rivelazione di un altro modo di esistere)........ma non certo della poesia. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Dante il Pedante

Ciao Viator
Sono Dante  :)
Le parti grassettate sono di Senghor e io le ho solo evidenziate perché sono tra quelle che mi hanno colpito di più.Leggendole poi insieme mi sembrava quasi che formassero una nuova poesia, o componimento come di ci tu.Questa viene considerata una poesia, credo che si definisca "a metrica libera", non so. Comunque l'ho trovata in un sito di poesie africane, insieme ad altre di Senghor.
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)