La sottile linea rossa

Aperto da Jacopus, 22 Marzo 2020, 16:20:30 PM

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Jacopus


La sottile linea rossa è un film filosofico per eccellenza. Attraverso tutti i film, anche quelli infimi, si può parlare di filosofia. E' ciò che ripeteva Wittgenstein. Per questo film invece è tutto più semplice. La filosofia si respira fin dalla prima inquadratura. Parla dell'uomo, del suo rapporto con la vita, con la morte, delle relazioni, del male. Le prime parole del film rievocano proprio la morte della madre del protagonista, il soldato Witt.

"Mi chiedevo come sarebbe stata la mia morte, come avrei reagito sapendo che quel respiro sarebbe stato l'ultimo, per sempre. Spero solo di poterla accogliere come ha fatto lei, con la stessa calma. Perché è lì che si nasconde l'immortalità che non avevo mai visto". (soldato Witt).

La storia si sviluppa durante la seconda guerra mondiale, un battaglione di fanteria è mandato a conquistare una collina nelle Isole Salomone, controllata dall'esercito giapponese. Il soldato Witt diserta e vive per qualche tempo con una popolazione tradizionale polinesiana, nel mezzo della giungla. L'atmosfera di questo preludio è di intensa comunione e di armonia fra lui e gli indigeni. Ma Witt (Jim Cazeviel) viene riacciuffato dall'esercito.
La seconda scena propone l'incontro fra il soldato Witt e il sergente Welsh (Sean Penn).


"In questo mondo un uomo da solo non è niente e non esiste un altro mondo all'infuori di questo"
dice Welsh al soldato Witt. Inevitabile pensare alla famosa immagine del Leviatano di Hobbes.


Così come è inevitabile pensare, guardando le prime scene del film, a Rousseau, al mito del buon selvaggio, alle istituzioni che avvelenano e rendono malvagio l'uomo, originariamente buono e corrotto dalla società. E il soldato Witt appartiene a quel mondo, o così almeno lui crede:
"E' qui che sbaglia capo, io l'ho visto un altro mondo. A volte penso di averlo solo immaginato".

Apparentemente queste sono le due visioni confliggenti, Hobbes contro Rousseau, ma in realtà il vero alter ego del soldato Witt non è il sergente Welsh. Entrambi fanno parte della "sottile linea rossa", ovvero di coloro che sporcano con il loro sangue il campo di battaglia. Il vero alter ego del soldato Witt entra in gioco a partire del terzo scenario.

Siamo sul ponte di una nave. Il colonnello Tall (Nick Nolte) prepara l'attacco e scambia alcune battute con il generale Quintard (Jhon Travolta). Come accade spesso nel film, il colloquio fra i due si intreccia alle riflessioni interiori. Il colonnello Tall pensa fra sè a come si sia tante volte genuflesso per far carriera ed ora, avanti negli anni, capisce che questa è la sua occasione per ottenere finalmente i gradi da generale.

L'opposizione, se c'è, è fra coloro che sono in prima linea, coloro che sono sulla sottile linea rossa, e coloro che manovrano quegli uomini e che ne sfruttano la loro vita per i loro scopi. L'opposizione è fra gli ufficiali e la truppa. Ma i ruoli non sono mai così netti in Malick. Anche Tall, mentre segue il generale, riflette: "tutto quello che avrei potuto dare per amore, troppo tardi, è morto lentamente, come un albero".
Lentamente le storie si dipanano. Nel coro del plotone Charlie emergono le singole voci, ed ognuna fa riferimento a spezzoni del suo passato, o di quello che potrebbe essere il suo futuro. Una storia ricorrente, quasi un controcanto, è quella del soldato Bell (Ben Chaplin). Pensa a sua moglie e il pensiero forma inquadrature sognanti della moglie, a casa, in situazioni dolci e oniriche. Il contrasto con le immagini belliche non può essere più netto.
Ma accanto alle storie degli uomini del plotone, esistono due alterità, la prima, quella più ovvia, è costituita dai giapponesi, dai nemici. Ma l'altra è quella più inquietante:
"chi sei tu per vivere sotto tutte queste forme? Tua è la morte che cattura tutto, tua è anche la fonte di tutto ciò che nascerà. Tua la gloria, la pietà, la pace, la verità. Tu dai riposo allo spirito, comprensione, coraggio. Il cuore rassereni, oh Signore."
Il soldato Witt, retrocesso a barelliere, mentre si avventura nella giungla, osserva i mille volti della natura, gli alberi, gli animali, il sole che si intravede a fatica fra il fogliame e si domanda chi o cosa ha creato quella natura che vede sotto i propri occhi, natura del tutto indifferente a quella tragedia che sta avvenendo proprio lì, la guerra. Indifferente e meravigliosa. La domanda non posta ma facilmente intuibile è allora la seguente :" perché tu così meraviglioso, permetti tutto ciò, permetti la morte fra gli uomini, la loro violenza?"
Il quadro finora sarebbe anche razionalizzabile, da un lato c'è la natura umana, violenta, assetata di potere e dall'altro la natura, inscalfibile, indifferente e di una potenza diversa e inafferabile. Ma Malick non è così ingenuo, ed allora anche la natura, nel pieno della battaglia, mostra il suo volto irrazionale, un animale moribondo che rantola fuori dalla sua tana. E nello stesso tempo avvengono atti di eroismo e di solidarietà incomprensibili da parte dei soldati, se fossero solo animati da quella violenza e dall'egoismo. I preconcetti si sfaldano. Natura e società, pur nella sua dimensione estrema, la guerra, sono ora accomunate dalla stessa insensatezza, da una assenza di prevedibilità.
"C'è una sottile linea rossa che separa il sano dal pazzo, c'è una sottile linea rossa che separa il paradiso dall'inferno, la vita dalla morte. C'è una sottile linea rossa che separa il bene dal male, la pace dalla guerra. O meglio c'era una sottile linea rossa ed ora non c'è più".
Questo passo è tratto dal libro di James Jones "La sottile linea rossa", scrittore e reduce di Guadalcanal. Ed è forse la migliore sintesi possibile del film. L'interpretazione del libro da parte di Malick è comunque originale. Mentre al termine del libro, domina la follia del soldato Doll, il soldato Witt trova una diversa soluzione alla follia, una soluzione buddista.
Non ve la rivelerò, inducendovi così a vedere il film, voi fortunati che non lo avete ancora mai visto.

https://www.youtube.com/watch?v=6-xGx5LjolE

Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.