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Tempo di Carnevale

Aperto da doxa, 04 Febbraio 2020, 17:10:07 PM

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I commercianti per "pecunia"  hanno l'abitudine di anticipare le date d'inizio dei saldi stabilite dal governo nazionale e anche i festeggiamenti per alcune ricorrenze, come quella del Carnevale, già cominciato, secondo i "mercatores". Infatti la scorsa domenica hanno organizzato nei quartieri di alcune  città  le sfilate di bambini in maschera con lanci di coriandoli e ovviamente negozi aperti.

Ma il periodo di Carnevale è una "cosa seria", :)  avviene in date precise.

Il periodo di Carnevale dipende dalla mobile  data della Domenica di Pasqua cristiana.  Questa è variabile perché viene calcolata da giorno del primo plenilunio (luna piena) dopo l'equinozio di primavera (21 Marzo), perciò la Pasqua può avvenire tra il 22 Marzo e il 25 Aprile.  E' detta "Pasqua bassa" se cade entro l'8 aprile, "Pasqua alta" se cade dopo.

L'inizio del Carnevale avviene circa 70 giorni prima della Pasqua. La settimana culminante dei festeggiamenti è quella dal giovedì "grasso" (ultimo giovedì prima dell'inizio della Quaresima), fino al seguente martedì "grasso", che conclude il periodo di Carnevale e segna l'inizio della Quaresima col "Mercoledì delle ceneri".

Quest'anno il periodo del Carnevale comincerà domenica 9 febbraio e finirà martedì 25 febbraio.

Nella diocesi di Milano vige il rito ambrosiano e il Carnevale si protrae fino a sabato 29 febbraio  (il 2020 è bisestile e palindromo),

Per la Chiesa cattolica il 9 febbraio è la "Domenica di settuagesima", circa 70 giorni prima della Domenica di Pasqua, e segna l'inizio del cosiddetto "Tempo di settuagesima": periodo di preparazione alla Quaresima, che esordisce il 26 febbraio, con il "Mercoledì delle ceneri".

Nel passato il  periodo di Carnevale era  liturgicamente compreso nel "Tempo di settuagesima", che includeva le tre domeniche antecedenti la Quaresima,  rispettivamente denominate: "domenica di settuagesima", "domenica di sessagesima" e "domenica di quinquagesima".

La domenica di settuagesima (9 settimane prima di Pasqua) cade il 64/esimo e non il 70/esimo giorno prima della Pasqua di resurrezione di Gesù. L'approssimazione ha delle motivazioni storiche. Nel VI secolo  la prima delle tre  domeniche ad essere inclusa nel calendario liturgico pasquale fu quella di quinquagesima, cinquanta giorni circa prima di Pasqua.  Successivamente, nel VII secolo, vennero aggiunte  le altre due domeniche:  quella di sessagesima, che cade il 57/esimo giorno, e poi quella di settuagesima.

Il tempo di settuagesima era compreso  dai primi vespri della domenica di settuagesima fino a dopo la compieta del martedì (grasso) della settimana di quinquagesima. Ho scritto "era" perché nel 1969 il pontefice Paolo VI promulgò la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II e dall'ordinamento fu eliminato il "tempo di settuagesima", sostituito con il "tempo per annum":  uno dei tre cicli in cui è articolato l'anno liturgico.


Nel penitenziale periodo liturgico della Settuagesima la Chiesa cattolica proibiva ai suoi fedeli di mangiare la carne nei giorni feriali.

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Ipazia

2002 è palindromo, non 2020  8)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

doxa

Si hai ragione Ipazia è il 2 febbraio palindromo: 0202. Grazie  :)

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Il tempo di Carnevale evoca alcune antiche usanze nei rituali dionisiaci e saturnali.

Per lo scrittore di epoca romana Quinto Orazio Flacco (65 a. C. – 8 a. C.): "dulce est desipere in loco" (Odi , IV, 12, 28) = è piacevole dimenticare la saggezza nel tempo opportuno. 

Questa affermazione oraziana la fece propria nella sostanza cambiandone la forma il filosofo e politico Lucio Anneo Seneca (4 a. C. – 65 d. C.), nella locuzione "Semel in anno licet insanire", tradotta letteralmente, significa "una volta all'anno è lecito impazzire", ovviamente in senso metaforico. La frase è nel "De superstitione", conservato in parte nel "De civitate Dei" di Agostino, vescovo di Ippona (6, 10):  "tolerabile est semel anno insanire".

Nel Medioevo la frase di Seneca venne collegata ai riti popolari carnascialeschi per giustificare le trasgressioni, il temporaneo mancato rispetto delle convenzioni religiose e sociali. La Chiesa tollerò  controvoglia le grevi feste popolari, ma dopo il Concilio di Trento e la Controriforma Cattolica cercò di arginare o sopprimere alcune cruente manifestazioni, anche per motivi di ordine pubblico.

Nel nostro tempo  la suddetta locuzione  viene citata per scusare "follie" passeggere, generalmente innocue, nel periodo di Carnevale,  caratterizzato da sfilate di carri allegorici,  mascheramenti, giochi e "scherzi...di Carnevale": questa  sostantivo, come è noto, deriva dalla locuzione in lingua latina "carnem levare" (togliere la carne),  fin dal "menù" dal "Mercoledì delle ceneri"  e per  tutto il periodo quaresimale.

Per la Chiesa è tempo penitenziale, di preparazione spirituale alla Passione di Cristo, perciò la liturgia prevede i paramenti viola durante le celebrazioni eucaristiche; sull'altare non si mettono fiori; non viene suonato l'organo, non si recita il Gloria e non viene cantato l'inno dell'Alleluja: questa parola deriva dal lemma ebraico "Halleluyah", composto da "Hallelu"(= preghiamo/lodiamo) e "Yah": forma abbreviata di Yahweh (= Dio). 

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In Italia le baldorie carnacialesche si svolgono in molte le città con modalità diverse.

A Venezia, per esempio, sfarzose maschere passeggiano in piazza San Marco e dintorni, invece a Viareggio ad attrarre l'attenzione di migliaia di spettatori sono i variopinti carri allegorici, i gruppi folcloristici e la musica.

Le antiche testimonianze del Carnevale di Venezia risalgono al 1094: lo attesta un documento del doge Vitale Falier. In questa città veneta nel '700 la maschera più usuale per coprire il viso era la "Baùta", inizialmente di colore nero, poi anche bianca (vedi foto sotto). Caratteristici con la Baùta sono il tricorno (cappello nero a tre punte), il mantello nero a  o il tabarro, lo jabod.





Nel 1797, a seguito del "Trattato di Campoformio", Venezia venne ceduta all'Austria, che bandì molte usanze, fra le quali il Carnevale. 

Questo fu ricominciato nel 1979 da alcune associazioni cittadine ed è ormai famoso in tutto il mondo.

A Viareggio, invece, la tradizione del Carnevale ebbe inizio nel 1873 per merito di alcuni ricchi borghesi. Questa città della Versilia è nota per le spettacolari sfilate di automezzi che portano grandi pupazzi fatti con la cartapesta e poi  colorati. Sono capolavori alti anche 20 metri, realizzati da maestri artigiani.



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L'anno scorso sono stato a  Venezia per partecipare come osservatore del Carnevale nella città lagunare.

Ho passeggiato tra calle, campi e campielli  per guardare gli adulti mascherati. Essi desiderano far vedere i loro abiti di "scena", spesso molto costosi. Gioiscono e ringraziano se ricevono i complimenti per il loro abbigliamento, gradiscono farsi fotografare o riprendere dalle telecamere. In questa occasione piazza San Marco sembra un set cinematografico, con dame e cavalieri  che passeggiano e vanno verso   Riva degli Schiavoni o nella calle che conduce nel Campo San Moisé e al Ponte dell'Accademia; altri camminano nelle quattro strade dette delle "Mercerie" (la "Marzaria de l'orologio per Rialto", seguono la "Marzaria San Zulian", la "Marzaria del Capitello" e la "Marzaria San Salvador") fino al cinquecentesco ponte di Rialto che unisce le due opposte rive del Canal Grande.

La sera le luci illuminano piazza San Marco, gremita dalle persone mascherate che sostano nei portici delle Procuratie Vecchie e Nuove, in particolare davanti al Caffè Florian o all'interno dello stesso bar, dove si siedono intorno ai piccoli tavolini anche per farsi ammirare e fotografare dai passanti davanti le sei vetrate del locale.

Lo scenario  evoca due famosi personaggi del '700 veneziano Carlo Goldoni e Giacomo Casanova.

Carlo Goldoni (1707-1793)  cita il Carnevale di Venezia in alcune delle sue commedie: "La vedova scaltra", " I rusteghi", "Le massere", "Le morbinose".  E ciò che narra è  importante anche come fonte documentaria dell'epoca.

Sul carnevale Goldoni scrisse questa filastrocca:

La stagion del Carnevale
tutto il mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.

Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s'impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.

Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.


Anche Giacomo Casanova (1725 – 1798)  nel periodo di Carnevale usava nascondersi il viso con una maschera, e come altri, in quelle notti veneziane attraversava calli, campi e campielli indossando il mantello nero ed il cappello.

Si mascheravano i ricchi e i poveri, i giovani per sembrare donne, i miseri per entrare nelle corti dei nobili, le dame per avere avventure amorose.

E' la Venezia del '700, quella di Giacomo Casanova e di Giorgio Baffo, poeta erotico che abitava in Campo San Maurizio e per un periodo insegnò al Casanova l'arte della seduzione.


Giorgio Baffo ebbe molta influenza negli anni dell'infanzia di Giacomo Casanova. Fu lui che convinse la famiglia a mandare Giacomo a studiare a Padova e sempre lui lo presentò al senatore Malipiero che divenne suo protettore per un lungo periodo della sua vita.

A Venezia c'è il museo del Settecento veneziano,  ospitato nel bel palazzo "Cà Rezzonico", invece nel nobiliare Palazzo Mocenigo, ci sono al primo piano affreschi e arredi della seconda metà del Settecento, ed  ospita il Centro studi di storia del tessuto e del costume: nelle sale sono allestiti diversi aspetti della vita e delle attività del patriziato veneziano tra il XVII ed il XVIII secolo. Sono esposti abiti con ricami,  merletti e numerosi  accessori. 

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"Ballo del doge": Sabato 22 febbraio 2020 a Venezia nella "Scuola grande della misericordia"  si svolgerà la 27/esima edizione del "Ballo del doge", appuntamento tra i più raffinati e sontuosi del jet set internazionale, per festeggiare come nel '700 veneziano la trasgressione del Carnevale. 

Ci saranno spettacoli e balli  anche durante la deliziosa cena di gala.

I partecipanti indosseranno tutti costumi storici veneziani e saranno protagonisti di questa incredibile festa.

L'evento è riservato ad ospiti appartenenti alla cosiddetta élite con attitudine cosmopolita e con codici di comportamento affini in ogni parte del mondo. Per questi, la cultura non è ancillare alla ricchezza, ma la cultura senza ricchezza è poca cosa, anzi forse è niente. 

Il detto "la classe non è acqua"  si usa per dire che la classe, ovvero il modo di comportarsi di una persona, è una caratteristica rara e non comune come l'acqua.

Cosmopolitismo o élite cosmopolita?

Il cosmopolitismo è un'attitudine, un modus vivendi. Chi ha questa  "sindrome" si considera cittadino del mondo, libero da appartenenze geografiche o culturali, aperto agli incontri, a confrontarsi, a considerare ciascun individuo sulla base del rispettivo valore, senza preconcetti legati all'identità nazionale o culturale. Considerato in questi termini il cosmopolitismo potrebbe essere interpretato come "the bright side of globalization", il lato positivo della globalizzazione. Il concetto di cosmopolitismo abbatte le barriere di appartenenza geografica, ma non la barriera di appartenenza socioeconomica.

Invece lo status di cosmopolita" implica prerequisiti indispensabili. 

Sono due le ineludibili prerogative del cosmopolita, o dell'aspirante tale: livello di istruzione mediamente elevata e la disponibilità di risorse economiche (mediamente elevate). La prima perché garantisce la facoltà intellettuale di astrarsi dalla propria realtà contingente e la seconda perché consente la possibilità di muoversi nel mondo e sperimentare la propria cittadinanza globale. L'amabile esperienza cosmopolita è riservata solo ad un ristretto target, alla élite cosmopolita.

Il cosmopolita del XXI secolo è parte di un'élite: quella "financial"  per la quale il mondo è minuscolo solo in virtù della floridezza del suo patrimonio.

Il sociologo statunitense Charles Wright Mills (1916 – 1962) studiò la struttura del potere negli Stati Uniti d'America e nel 1956 pubblicò i suoi risultati nel libro "The power élite (L'élite del potere"), in cui descrive il nesso sociale e psicologico tra le élite politica, militare ed economica, intendendo come élite il gruppo organizzato di persone che si trovano ai vertici di queste tre istituzioni. Queste persone condividono una comune visione del mondo:

l'identità di classe: si riconoscono separati e superiori al resto della società;

l'interscambiabilità: si muovono all'interno e attraverso le tre strutture istituzionali mantenendo comitati direttivi di collegamento;

la cooptazione / socializzazione: l'assimilazione o socializzazione di nuovi membri candidati della élite avviene solo in base al successo della loro immedesimazione o autoclonazione all'interno di tali élite.

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Carnevale di Venezia. Piazza San Marco: un incontro casuale e l'irresistibile "colpo di fulmine".

A volte la vita ci fa regali meravigliosi, crea le circostanze affinché dal nulla scaturisca una scintilla inaspettata, e s'avvera il miracolo.

I miei occhi hanno incontrato quelli di una  sconosciuta donna vestita da dama del '700 ed ho avvertito una forte emozione.  Gli sguardi, un sorriso,  la reciproca attrazione.

Quel bel viso  mi ha fatto volare con la fantasia ed ho pensato alla sua complicità,  mi son lasciato coinvolgere dall'illusione di felicità.

Poi quella donna attraente è scomparsa tra la folla, quella scintilla si è spenta.


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Simile al nostro Carnevale è un'allegra festa popolare ebraica denominata "Purim",  dura due giorni ed i bambini si mascherano.   

Questa festività avviene nel mese di Adàr, che può essere di 29 o  30 giorni ed  è il sesto mese nel calendario lunisolare ebraico di tipo ordinario, costituito da 12 mesi, e da 13 mesi negli anni bisestili.  Tale variabilità fa corrispondere l'Adàr   al mese di febbraio od anche marzo del calendario gregoriano.   

Il Purim comincia il 14 del mese di Adàr e si conclude al tramonto del giorno successivo. La ricorrenza è preceduta da un giorno di digiuno, detto "digiuno di Ester", ragazza ebrea orfana, che circa 2500 anni fa venne scelta come moglie dal sovrano persiano  Assuero e salvò il popolo ebraico dal complotto di Aman, il perfido consigliere  che voleva indurre il  re  a sterminare tutti gli ebrei nel  suo regno.  Per commemorare lo scampato pericolo fu istituita la festa di Purim, che nella lingua ebraica  significa "sorti", perché il giorno stabilito per  la  tentata strage fu scelto sorteggiandolo.  Questo racconto è nel   "Libro di Ester", contenuto nella Bibbia ebraica ed in quella cristiana.

Il precetto del digiuno che precede il Purim va rispettato dall'alba al tramonto. Poi è prevista la cena, lo scambio di doni, le offerte per i poveri  ed i pasticcini di forma  triangolare denominati le "Orecchie di Haman", con semi di papavero ed altri ingredienti.

La sera del 14 di Adar e la mattina successiva nelle sinagoghe viene letta la Meghillah o "Libro di Ester", che in dieci capitoli narra la  sua storia, ma la lettura viene interrotta dai presenti nel tempio ogni volta che viene nominato il malvagio Haman, citato nel predetto libro per 77 volte: lo disapprovano a voce alta oppure battono i piedi sul pavimento, ma l'oggetto caratteristico più usato per non far udire il nome infausto è il gragger, che viene fatto roteare per produrre forte rumore. Il "gragger" è simile allo strumento musicale "tric-trac" di legno.



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Lorenzo de' Medici, detto "il Magnifico", fu un abile politico e governante, ma si dedicò anche alla letteratura, compose poesie ed anche  i "Canti Carnacialeschi".

Per tali "canzoni a ballo" Lorenzo s'ispirò alla tradizione popolare e buffonesca del Carnevale. Le composizioni venivano cantate da compagnie di uomini mascherati su carri addobbati.

Il più noto dei "Canti carnacialeschi" lorenziani  é il:

"Trionfo di Bacco e Arianna"

Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Quest'è Bacco e Arianna,
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perché 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Queste ninfe anche hanno caro
da loro esser ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se son gente rozze e ingrate:
ora insieme mescolate
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto
già di carne e d'anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi sian, giovani e vecchi,
lieti ognun femmine e maschi;
Ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò ch'ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

(Lorenzo de' Medici)

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"Girotondo delle mascherine" (filastrocca di autore sconosciuto)

Girotondo, girotondo,
noi giriamo tutto il mondo.
C'è Gianduia e Meneghino,
Pulcinella e Arlecchino.
C'è Brighella e Pantalone,
Meo Patacca e Balanzone,
Beppe Nappa siciliano,
Stenterello che è toscano...
Girotondo, girotondo,
noi viaggiam per tutto il mondo,
e con noi portiam la gioia
che è nemica della noia.

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In Italia le più note maschere di Carnevale derivano  dalla commedia dell'arte, dal teatro di genere buffonesco.

La prima maschera comica fu "Zanni".Originario del bergamasco, rappresentava il contadino povero e ignorante. Con il tempo lo Zanni fu "scisso" in due categorie: il servo furbo (primo Zanni) ed il servo sciocco (secondo Zanni).  Da questo immaginario personaggio scaturirono le maschere di Brighella ed A
rlecchino.

"Burattino": era in origine un nome proprio, diventato in seguito nome comune. "Burattino" era il nome dato alla maschera di Zanni (secondo Zanni)  nella commedia dell'arte, perché si muoveva in modo scomposto, sembrava "burattare" la farina. Di qui "burattino" (di legno), che attaccato a dei fili si muove a scatti e in modo scomposto, con le braccia larghe, come se stesse setacciando.

Brighella.E' la maschera in livrea bianca di Bergamo.  E' denominato Brighella perché intrigante ed imbroglione, ossequioso con i potenti ed insolente con i deboli.
Brighella è compare di Arlecchino, anche questo di Bergamo, Brighella però ci tiene a precisare che lui é di Bergamo alta, mentre Arlecchino è di Bergamo bassa.

Arlecchino.Questo personaggio teatrale fu creato in Francia ma Carlo Goldoni lo introdusse nella commedia italiana. Nella maschera di Arlecchino confluiscono i tratti caratteriali del bergamasco Zanni e quelli diabolici e farseschi della tradizione popolare francese. Arlecchino indossa un abito multicolore confezionato con pezze colorate. Si narra che il suo vestito è così perché essendo povero, i suoi amici in occasione del Carnevale gli regalarono dei pezzi di stoffa avanzati dai loro costumi per farne avere uno anche lui. Arlecchino  si copre il viso con una maschera nera ed ha una spatola di legno. E' astuto, coraggioso, pigro. Le sue doti caratteristiche sono l'agilità, la vivacità e la battuta pronta. Il suo principale antagonista è Brighella.

Colombina.E' il nome di una maschera veneziana della Commedia dell'arte. E' la scaltra serva fidanzata con Arlecchino. E' maliziosa e convince Arlecchino ad esaudire i suoi desideri.  E' vivace, allegra e sapiente, furba,  parla il dialetto veneziano. E' molto affezionata alla sua signora, Rosaura,  giovane e graziosa.  Pur di renderla felice  le diventa complice nei sotterfugi domestici ed amorosi.  Con gli anziani "padroni" va poco d'accordo e schiaffeggia chi osa importunarla mancandole di rispetto.


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Pantalone:anche lui è una maschera veneziana che impersona un anziano mercante avaro e brontolone, raggirato dalla moglie e dalle figlie. S'intromette, non invitato, in dispute e litigi ma finisce col ricevere botte da entrambi i contendenti.

Pierrot:è una maschera italiana del '500. Il suo nome è un francesismo, deriva da Pierre (Pietro) con l'aggiunta del suffisso "-ot". Il personaggio è rappresentato come pagliaccio triste, raffigurato con la lacrima che scende sulla gota; si strugge d'amore per Colombina ma non viene corrisposto perché ella ama Arlecchino.

Gianduia.E' tra le più famose maschere di Carnevale piemontesi, originaria della provincia di Asti.
 Fu ideata  dal burattinaio Gian Battista Sales nel 1798, pensandolo come contadino buono, ma  sospettoso e furbo. Il suo nome originario era Gioan d'la douja,, che vuol dire "Giovanni del boccale", abbreviato poi in Gianduia. Questa maschera indossa in testa un tricorno e la parrucca con il codino. Ha un costume di panno color marrone, bordato di rosso, con un panciotto.  Gianduja  ama il buon vino, la buona tavola e l'allegria.
Dal suo nome deriva quello della cioccolata gianduia e del famoso cioccolatino "Gianduiotto".

Meneghino (da Domenichino): è una maschera milanese che  nacque nel '600 per la commedia dell'arte.  Rappresenta il servo rozzo ma saggio, abile nel deridere i difetti degli aristocratici.

La  domenica svolgeva il ruolo di cicisbeo,  accompagnava le nobildonne a messa o a passeggio. Durante l'insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848 fu scelto dai milanesi come simbolo di eroismo.
"Meneghino": questo nome oggi si usa per indicare un milanese. In origine era il diminutivo di "Menego" (= Domenico), il nome della maschera di Milano.

Balanzone:questa maschera del '500 è  di origine bolognese. Il suo nome si fa derivare da Graziano di Baolardo, detto  Balanzone perché raccontava balle, frottole. Rappresenta il giurista ma anche il medico. Vesta la toga con collare bianco alla spagnola, cappello nero a grandi falde; porta  sempre con sé un grosso libro.

Capitan Spaventa(o Capitan Fracassa): il suo nome per intero è Capitano Rodomonte Spaventa, anche chiamato Capitan Fracassa. Capitan Spaventa è una maschera tradizionale italiana della regione Liguria dell'XI secolo. E' uno spadaccino temerario che combatte più con la lingua che con la spada.


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Stenterello.Questa maschera nacque a Firenze nel 1793 come personaggio della commedia dell'arte. Personificare la generosità, la scaltrezza ma anche l'ottimismo e la saggezza che  gli permettono di superare le avversità della vita. Stenterello viene continuamente cercato dai suoi creditori.

Burlamacco: questa maschera è anche il logo del Carnevale di Viareggio. Il nome Burlamacco deriva da Buffalmacco, pittore fiorentino e personaggio del Decamerone.  Indossa una tuta a scacchi biancorossi suggerita dal vestito a pezzi di Arlecchino, un ponpon da cipria rubato dal camicione di Pierrot, una gorgiera bianca e ampia alla Capitan Spaventa, un copricapo rosso a imitazione di quello in testa a Rugantino, un mantello nero svolazzante, tipico di Balanzone.

Rugantino:è un personaggio del teatro popolare romanesco,  il cui nome  deriva da "arroganza", in dialetto "ruganza".  Questa maschera rappresenta "er bullo de Trastevere", svelto con le parole e con il coltello; arrogante
Il suo tratto caratteristico è quello di un provocatore,  insolente, ma in realtà, è un can che abbaia ma non morde. In fondo è anche un pò vile. 


"Cerca rogna, je puzza de campà, je rode", minaccia, promette di darle, ma le prende, consolandosi con la battuta divenuta giustamente celebre: "Me n'ha date tante, ma quante je n'ho dette!".
Agli inizi della sua carriera era vestito come un gendarme, ma  per questo personaggio fu preferito un abbigliamento da popolano,

Meo Patacca:è un'altra maschera romana che rappresenta il coraggio e la spavalderia. Spiritoso ed insolente, Meo Patacca é il classico bullo romano, esperto ed infallibile tiratore di fionda. Il suo nome deriva dalla "patacca",  termine con il quale venivano indicate diverse monete, in genere grosse, pesanti e di scarso valore. Di qui l'uso in italiano del termine "patacca" per indicare qualcosa che vale meno di quello che sembra.

Pulcinella.Celebre maschera napoletana della commedia dell'arte.  Furba e pigra, nella maggior parte dei casi riesce solo a farsi bastonare.
Pulcinella indossa un camicione bianco con larghi pantaloni bianchi, ha un cinturone nero in vita, il ventre sporgente, scarpette nere, un cappuccio bianco in testa e una grossa maschera al viso che lascia scoperta sola la bocca; ha un naso ricurvo, le rughe sulla fronte.

Peppe Nappa:è una maschera siciliana della commedia dell'arte. E' diventata il logo del Carnevale di Sciacca.  Rappresenta un servitore goloso e pigro, capace di salti acrobatici. Il suo soprannome,  "nappa", significa "toppa" in siciliano.

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Nelle ultime due settimane di Carnevale ci sono i cosiddetti "Giovedì grasso" e  il seguente "Martedì grasso" sono i due giorni culminanti del tempo di Carnevale.

"Martedì grasso" è anche  l'ultimo giorno di  sfilate di carri, di mascherate, di balli,  di coriandoli.  In alcune località italiane  viene celebrato il "funerale" del "Re Carnevale", seguito dalle prefiche, come a Putignano (prov. di Bari), oppure da euforiche persone mascherate.
Al termine del rito profano si dà fuoco al re di cartapesta, che  di solito viene insediato la sera del 17 gennaio, festa di Sant'Antonio Abate, oppure nel "Giovedì grasso".

L'intronizzazione del re Carnevale  prevede un'allegra processione che accompagna il re fantoccio (grande pupazzo panciuto e rubicondo che troneggia sul suo effimero regno) mentre va a ricevere simbolicamente le chiavi della città.



re Carnevale

Carnevale vecchio e pazzo

Carnevale vecchio e pazzo
s'è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.

E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.

Beve, beve all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.

Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.

(Gabriele D'Annunzio)

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