Spesa e debito pubblico: facciamo un pò di chiarezza.

Aperto da 0xdeadbeef, 23 Novembre 2018, 19:49:23 PM

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Ipazia

Citazione di: anthonyi il 15 Dicembre 2018, 15:17:29 PM
Ipazia, il tuo limite è dato dall'avere una visione dell'economia classica (D'altronde è in quell'ambito che nasce il pensiero marxiano). La visione classica è statica, cerca dei fondamentali immutabili nel tempo, per questo tu parli di riproduzione del lavoro sottintendendo un mondo che è immutabile nel tempo.

Il lavoro sta all'economia, come il cibo sta allo stomaco. Quando lo stomaco potrà fare a meno del cibo, anche l'economia farà a meno del lavoro. Anche la natura, come i comunisti, ha la brutta abitudine di stabilire fondamentali immutabili nel tempo

Citazione di: anthonyi il 15 Dicembre 2018, 15:17:29 PM
Parli di unità di misura del lavoro, ma il lavoro non è una cosa omogenea, cambia rispetto alle persone, e soprattutto al rapporto di fiducia che l'imprenditore e il lavoratore hanno tra loro.
Il lavoro cambia con il tempo, con le tecnologie, con lo spazio, in tanti casi è discutibile addirittura che abbia un senso misurarlo in termini di tempo.

Il rapporto di fiducia che c'è tra (im)prenditore e lavoratore è lo stesso che c'è tra carcerieri e carcerati. Con il denaro sub specie capitalis al posto delle sbarre. Il lavoro cambia ma il tempo di vita in esso contenuto no. Calcolarlo è più semplice del calcolo degli epicicli della borsa che gira intorno al Capitale.


Citazione di: anthonyi il 15 Dicembre 2018, 15:17:29 PM
Tu cerchi l'assoluto laddove è sempre presente il relativo, sei tanto critica nei confronti della Teologia, ma questo tuo approccio nei confronti del lavoro e dell'economia ha molto di teologico.
Un saluto.

Qui non si tratta di assoluto o relativo, ma di fondamentali economici: il lavoro o la bisca. La verifica è semplice: basta togliere i lavoratori e, alternativamente, i biscazzieri, e stare a vedere l'effetto economico che fa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Citazione di: Ipazia il 16 Dicembre 2018, 18:12:58 PM
Citazione di: baylham il 15 Dicembre 2018, 15:06:27 PM
Suppongo che un marxista coerente, che rifiuta la proprietà privata e accetta la proprietà comune, non riconosca agli autoctoni americani o agli aborigeni australiani maggiori diritti di proprietà sulla terra rispetto ai colonizzatori europei.
La violenza è pienamente assunta da qualunque movimento marxista come motore della storia.

Per i nativi americani e gli abrigeni australiani la terra era un bene comune. La violenza rivoluzionaria è ammessa dai marxisti. Necessaria per liberarsi dall'oppressione, non per opprimere.

Se la terra era un bene comune per i nativi americani e gli aborigeni australiani allora non costituiva un problema condividerla con i coloni europei. 
Comunque mi risulta che i rapporti tra le tribù indigene nordamericane non fossero idilliaci ben prima dell'arrivo dei coloni europei per conflitti sui territori di caccia.
Chiedo allora con quali regole si usa un bene comune: per esempio tra un'economia basata sulla caccia e una basata sull'agricoltura, tra di loro incompatibili, chi e come  decide l'uso della terra comune? E se la maggioranza decide di dividerla, di farla diventare un bene privato?

Dai pochi esperimenti pratici la violenza rivoluzionaria marxista mi sembra sia sfociata in una nuova oppressione, non nella liberazione dall'oppressione. Forse il problema della liberazione dall'oppressione non si risolve semplicemente decretando la proprietà comune dei beni capitali. Peggio, forse il problema non ha soluzione.

viator

Salve. Eh già ! Sinchè l'uomo era cacciatore-raccoglitore, non poteva che considerare il territorio come bene comune. Non certo perchè allora prevalessero ideologie, etiche o morali egualitarie. Forse forse perchè le prede avevano il brutto vizio di scappare e sarebbe stato molto molto laborioso nonchè del tutto vano vano e ridicolo ridicolo convincerle a rispettare dei confini.
La terra era di tutti, i frutti e le prede di nessuno, ma poichè tutti ne erano golosi, ci si mise d'eccordo a colpi d'ascia :
- i frutti son di tutti a patto che non ci sia nessuno entro un certo raggio, diventano di tutti solo se chi sta entro un certo raggio li trascura, altrimenti appartengono a chi sta in quel certo raggio.
- le prede sono anch'esse di tutti sinchè non passano all'interno del territorio occupato da qualcuno etc. etc.

Forse che il diritto di proprietà del suolo si rese necessario quando si passò ad allevamento ed agricoltura ?
Forse successe perchè occorreva istituire un qualche tipo di diritto che potesse sostituire la pura abilità, fortuna e forza che agivano (poco democraticamente) quando territorio, frutti, prede toccavano solo a chi se li prendeva ?
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

0xdeadbeef

A Baylam e Viator
La terra come bene comune non può essere intesa che come, scusate il gioco di parole, comune ad una
ben definita comunità...
Da questo punto di vista possiamo ben parlare di, ad esempio, terra dei Sioux, dei Navajos o degli
Apaches.
Dunque "comune" nel senso di una proprietà non "privata", cioè individuale o di clan familiare, ma
certamente un senso dal quale non scompare e non può scomparire il concetto di "proprietà".
Un concetto che, a ben vedere, non scompare nemmeno nella visione marxiana, o marxista che dir si
voglia, dove la tribù o la comunità in genere viene sostituita dalla "classe", che ne mantiene
però tutte le prerogative "proprietarie".
La proprietà intesa in maniera privatistica sorge probabilmente al sorgere della cosiddetta
"rivoluzione agricola", quando il sovrano cominciò a remunerare i lavoranti di "corvée" con
appezzamenti di terreno ad uso esclusivo di un certo clan familiare.
E' da notare come, subito, sorsero grandi ricchezze e grandi povertà, con molte persone ridotte
praticamente alla schiavitù dai debiti. Per cui si rese necessaria l'emanazione di regole e leggi
dallo speciale contenuto economico ("I poveri, le vedove e gli orfani sono posti sotto la tutela dello
Stato. Le donne sono protette contro i maltrattamenti del marito. In favore dei lavoratori viene alzato
il salario e sono stabiliti i giorni di riposo annuali" - Codice di Hammurabi).
Mi sembra piuttosto che oggi ci si sia allegramente dimenticati di questa antica lezione sugli effetti
cui porta il "mercato" (vedi anche mio precedente intervento)...
saluti

viator

Salve Ox. Infatti qesto desideravo veder focalizzato, omettendo di farlo per (confesso !) mia pigrizia ed augurandomi che qualcun altro lo affrontasse, come infatti è avvenuto. Perdona il mio parassitismo, d'altra parte coerente con il mio rigetto dell'egualitarismo.

Quindi famiglia (diciamo da tre a a una dozzina di individui) e clan (fino a un centinaio di individui) sarebbero nuclei riconducibili all'ambito privatistico.

Tribù (o "nazione" tribale)(da un migliaio a molte decine di migliaia), classe (da molte decine di migliaia a qualche miliardo) e società (idem ) sarebbero riconducibili all'ambito collettivistico.

Dici bene quando affermi che la proprietà privata si instaurò con l'inizio delle pratiche agricole.

Per forza. Dal nomadismo si passò alla residenzialità come modalità che consentisse la sopravvivenza. Occorreva costruire dei bei recinti possibilmente sovegliabili da casa. Animali selvatici e sfaticati non avevavo affatto apprezzato tale novità, mentre il novello proprietario intendeva controllare il frutto delle sue personali e PRIVATISSIME dure fatiche non evaporasse nottetempo. Che animali e sfaticati si arrangiassero, come lui stava facendo all'interno del PROPRIO recinto.

Comunque la residenzialità agricola venne preferita e si diffuse poichè permetteva di sostituire alla prestanza fisica richiesta dalla caccia le nozioni ereditabili utilizzabili in agricoltura, alla deperibilità delle prede carnacee fornite dalla caccia la miglior gestibilità e conservabilità delle risorse agricole, all'imprevedibile aleatorietà della ricerca ed uccisione della preda, tipica della caccia, la prevedibilità almeno delle stagioni.

Ovvio che il territorio diventasse sempre meno bene comune (di qui anche le attuali difficoltà delle teorie collettivistiche ed ecologiche) e sempre più bene di Tizio e Caio.

Dici poi che il concetto di "proprietà privata" non è scomparso neppure durante "il socialismo reale". Infatti, come tu stesso noti, esso non può venir totalmente abolito per il semplice fatto che il possesso di qualcosa è aspetto la cui assenza toglierebbe ogni senso al significato dei termini "individuo" e "persona".

Il problema è sino a quale limite si possa spingere una collettivizzazione, ovvero sin dove, all'interno del comunismo, ci si può spingere senza eliminare l'individuo.
Il problema, quindi, tutto sommato, è quello della proprietà dei mezzi produttivi.

Sapete qual'è la differenza fondamentale tra il regime privatistico e quello collettivistico ?
La proprietà privata permette al contadino di decidere cosa seminare nel proprio campo, escludendo gli altri dai rischi e dai benefici delle prorie CAPITALISTICHE scelte.

Il collettivismo impone che una qualche gerarchia fissi un DIRIGISTICO piano quinquennale che scelga cosa dovrebbe andar bene per tutti.

In entrambi i casi diventa solo questione di RISCHIO. Ovvio che il rischio affrontato in chiave privatistica produrrà capaci ed incapaci, premiati e puniti.
In chiave collettivistica invece, il rischio ha prodotto l'afflosciamento dell'ex URSS. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Nessun problema viator. Anche il rischio dell'imprenditore è mitologia. Il capitalismo moderno si è assicurato bene contro il rischio: privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite. Assicurazione assoluta se si è too big to fail. Concetto relativo di big in Italia. Basta essere ammanicati bene con la politica. Assicurazione relativa se si è più piccoli *: si rischia solo il rubato sul lavoro altrui, mentre chi lavora rischia la pagnotta tutti i giorni. Chi rischia di più ?

* Il rischio dei piccoli si è ridotto a zero con le professioni atipiche. Ormai a rischiare è solo il lavoratore individuale dipendente o a partita iva. L'imprenditore è scomparso dall'area di rischio e si limita a prendere appalti per lavori che eseguiranno gli schiavi del mercato. La stessa ristrutturazione della produzione, commercializzazione e servizi sta riducendo il rischio al pony individuale contrapposto a catene economiche tipo Amazon too big to fail. Perfino i taxi hanno la loro Amazon. Ormai l'unico rischio per il capitalista è finire a piazzale Loreto appeso per i piedi. Ma assai remoto.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Citazione di: viator il 17 Dicembre 2018, 22:15:28 PM
Dici bene quando affermi che la proprietà privata si instaurò con l'inizio delle pratiche agricole.

La concezione della proprietà privata precede la rivoluzione agricola, inizia con la raccolta e la caccia.
La delimitazione del territorio di raccolta e di caccia da parte di piccoli gruppi di uomini, la sua rivendicazione e la difesa dai rivali è anteriore ed è  il presupposto dell'economia agricola. 
La proprietà individuale o di piccoli gruppi degli strumenti di raccolta e di caccia (per ovvie ragioni quali la conoscenza delle caratteristiche dell'attrezzo e delle tecniche per usarlo) come la ripartizione del prodotto tra coloro che hanno partecipato alla raccolta e alla caccia con esclusione degli altri precedono l'età agricola.

Insisto su questi aspetti perché rivelano quanto il capitalismo abbia dei caratteri radicati nella biologia e nell'ecologia che altri sistemi economici non hanno. Queste caratteristiche biologiche spiegano la sua persistenza, la sua adattabilità, la sua resilienza. 

Ipazia

Citazione di: baylham il 18 Dicembre 2018, 10:17:20 AM

Insisto su questi aspetti perché rivelano quanto il capitalismo abbia dei caratteri radicati nella biologia e nell'ecologia che altri sistemi economici non hanno. Queste caratteristiche biologiche spiegano la sua persistenza, la sua adattabilità, la sua resilienza.

Ma anche no, perchè il capitalismo ha stravolto il principio etologico legato alla proprietà dei mezzi di produzione, espropriando sempre più il legittimo proprietario di quei mezzi attraverso la scissione tra produttore e capitalista. Questo fatto Marx lo spiega magistralmente nel primo libro del "Capitale" in cui si narra la disfatta del libero contadino e artigiano inglese divenuti schiavi salariati di un capitalista che si è appropriato delle loro terre ed ha ridotto ad articoli da museo i loro ferri del mestiere.

Steinbeck lo mostra magistralmente in "Furore" e Bilderberg lo sta generalizzando su scala globale oggi. La divaricazione tra produttori e proprietari dei mezzi di produzione aumenta sempre più. E sempre più antiche figure di "liberi" lavoratori e piccoli imprenditori precipitano nella palude della proletarizzazione in cui si fatica a sopravvivere anche vivendo solo per lavorare.

Cosa ci sia di biologico in tutto ciò solo Dio Capitale lo sa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Devo fare il rompiscatole e ricordarvi il tema del topic , suggerendovi in caso di aprire un topic sul capitale o di riprenderne di esistenti. In particolare riguardo alla "rivoluzione neolitica" e Marx ne avevo aperto uno non molto tempo fa https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'origine-della-diseguaglianza/. Grazie
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

0xdeadbeef

Capisco l'amico InVerno, che ci ricorda di non andare off topic, ma è pur vero che in presenza di quella
cifra dell'avanzo primario l'aumento costante del debito pubblico è dovuto essenzialmente alle storture
del sistema capitalistico (mercatistico). Per cui una divagazione sui "massimi sistemi" ritengo sia
più che appropriata (anche considerando che la nostra non è una riflessione propriamente "tecnica",
bensì una specie di "filosofia economica").
Ora, sicuramente l'accumulo risale a ben prima la rivoluzione agricola, probabilmente coincide con
l'affermarsi delle tecniche di conservazione del cibo, ma è pur vero che una vera e propria formazione
della ricchezza privata avviene solo e soltanto con l'avvento dell'agricoltura.
In nessun popolo nomade infatti notiamo tendenze spiccate all'accumulo di ricchezza privata (come da
studi antropologici - Levi Strauss; Malinowski - o storici - Liverani; Musti e altri).
Con questo non voglio certamente dire che il capitalismo non abbia dei caratteri radicati nella
biologia umana e nell'ecologia (Baylam). No, anzi, ne sono anch'io convinto. Ma ciò di cui non sono
assolutamente convinto è che, lo dicevo, il capitalismo elevato a "sistema" (il Mercatismo) possieda
una sua intrinseca ed assoluta "razionalità economica".
Chi o cosa dice FIN DOVE l'accumulo è lecito?
Perchè qui, cari signori, siamo arrivati al punto che poche decine o centinaia di individui o famiglie
possiedono ricchezze pari a svariati miliardi di poveracci. E questo è non solo moralmente ingiusto, ma
anche economicamente svantaggioso (come, dicevo, molti ed autorevoli studi dimostrano).
Se ci piace tanto la storia, andiamo a leggerci ciò che c'è scritto sulla stele di Hammurabi (che riporto
nel mio precedente intervento), e riflettiamoci sopra un attimino...
saluti

viator

Salve Ox. "In nessun popolo nomade infatti notiamo tendenze spiccate all'accumulo di ricchezza privata (come da studi antropologici - Levi Strauss; Malinowski - o storici - Liverani; Musti e altri)".
Scusa,  in passato ho già detto di non amare le citazioni altrui, per quanto pertinenti ed autorevoli. ma ciò riguarda evidentemente la mia personale angolazione mentale o -se si preferisce - un mio personale alibi per occultare la mia invidia verso chi ha studiato o letto più di me.

Sono comunque colpito dal fatto che risulti necessario citare degli studi per evidenziare un aspetto così lapalissiano : Se un nomade acquisisce un accumulo di ricchezza privata (ad esempio un gregge di 135000 capi od una jurta del diametro di 8o metri) come farebbe a conservarla trascinandosela per la steppa mongola priva dell'avvento degli autocarri con rimorchio ?. Via, prendila come una mezza battuta !

Poi : "Ma ciò di cui non sono assolutamente convinto è che, lo dicevo, il capitalismo elevato a "sistema" (il Mercatismo) possieda una sua intrinseca ed assoluta "razionalità economica".
Appunto. E chi è arrivato mai a sostenere ciò ? Il capitalismo-mercatismo è il palcoscenico economico dell'intrecciarsi dei meccanismi naturali agenti prima e fuori di esso, cioè appunto al di fuori di qualsiasi razionalità immaginata o desiderata dall'uomo.

Infine : "Chi o cosa dice FIN DOVE l'accumulo è lecito?".
Nessuno è autorizzato a stabilirlo. Il problema etico-moral-sociopolitico consiste nell'utilizzo dell'accumulo, non nella sua quantificazione.

Scusa se mi sono limitato alla critica (non certo verso di te, ma puramente astratta). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Mi associo all'invito di InVerno di continuare la discussione sulla "naturalezza" e "archetipicità" della diseguaglianza capitalistica al link indicato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Sì, e dunque cerco un pò di riportare il discorso al tema in discussione...
Si parlava di rapporto fra deficit e PIL; in particolare io sostenevo che la "crescita", cioè l'aumento
del PIL, la si ottiene soprattutto (non solo, ma soprattutto) incentivando i consumi.
Come si incentivano i consumi? In vari modi, tra cui il più determinante a me sembra essere quello
legato alle retribuzioni (penultimi nell'area UE appena prima del Portogallo, dicevo, almeno fino
a qualche anno fa).
Da questo discorso si è passati, per il fondamentale tramite rappresentato dalla constatazione di
una crescente "forbice" nella distribuzione della ricchezza (forbice che secondo autorevoli studi
è economicamente irrazionale, in quanto la parte ricca della popolazione non riesce a compensare
i mancati consumi della parte povera - e il PIL non cresce...), ad una interessante riflessione
sui possibili guasti provocati dall'"accumulo" capitalistico (guasti noti già ad Hammurabi).
Francamente non vedo alcun "off topic", a meno di non intendere questa discussione in maniera troppo
specialistica e "tecnica".
Per quanto mi riguarda, attendo ancora qualche considerazione sulla crescita e sui consumi, ribadendo
che, stando così le cose (cioè continuando con le attuali politiche europee in materia monetaria), se non
si inverte questo "trend" della moderazione salariale (per dire un eufemismo, naturalmente)
non sarà possibile nessuna crescita o aumento del PIl, quindi nessun miglioramento del deficit e
nessun calo del debito pubblico.
Spero solo sia chiaro che non sto parlando di spesa pubblica (come solo ed unico modo di incidere sui
redditi), visto che è stato esplicitato che ad essere in discussione è lo stesso concetto di "accumulo"
(se permetto a pochi di accumulare grandi ricchezze poi nulla o quasi rimane per gli altri).
saluti

Freedom

Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Dicembre 2018, 18:44:30 PMPer quanto mi riguarda, attendo ancora qualche considerazione sulla crescita e sui consumi, ribadendo
che, stando così le cose (cioè continuando con le attuali politiche europee in materia monetaria), se non
si inverte questo "trend" della moderazione salariale (per dire un eufemismo, naturalmente)
non sarà possibile nessuna crescita o aumento del PIl, quindi nessun miglioramento del deficit e
nessun calo del debito pubblico.
Spero solo sia chiaro che non sto parlando di spesa pubblica (come solo ed unico modo di incidere sui
redditi), visto che è stato esplicitato che ad essere in discussione è lo stesso concetto di "accumulo"
(se permetto a pochi di accumulare grandi ricchezze poi nulla o quasi rimane per gli altri).
saluti
Condivisibile quanto affermi. Condivisibile ma, tuttavia, inserito in un contesto complessivo che non mi convince.

Al di là degli aspetti nascosti, a volte inconfessabili dell'economia, come, per esempio, il primo ministro Monti che agisce per distruggere la domanda interna e se ne vanta! O la distruzione di merci deperibili (alimentari!) per alzarne il prezzo o far rientrare nel Pil alcuni business illegali; al di là di queste cose deprecabili, dicevo, nell'economia moderna siamo di fronte a paradigmi del tutto sbagliati.

Il più grande di tutti è la crescita infinita. E' intuitivo comprendere come su un pianeta finito non si possa inseguire uno sviluppo infinito. Questo per onorare la semplice logica. Ma anche il buon senso ci dice che una civiltà nella quale poche persone detengono più della metà delle risorse planetarie è una civiltà profondissimamente ingiusta. Insomma è tutto il modello di sviluppo che fa acqua da tutte le parti e, prima o poi, mostrerà tutta la sua insostenibilità.

Ma per non sfuggire alle tue osservazioni concordo nel rilevare che se non si modificano le attuali politiche di moderazione salariale è difficile immaginare una crescita sostenuta. Il paradosso dei paradossi è che perfino Draghi afferma ciò! A lui farebbe comodo anche una inflazione intorno al 2% per altri motivi ma in questo fatto risiede, a mio avviso, un aspetto assolutamente grottesco della società attuale.

Non sono più i lavoratori o i loro rappresentanti a chiedere l'aumento dei salari/stipendi ma è il banchiere centrale europeo!

Mi pare che questo la dica lunga sulla perversione nella quale si sta avvitando l'economia moderna.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

Citazione di: Freedom il 05 Gennaio 2019, 11:31:26 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Dicembre 2018, 18:44:30 PMPer quanto mi riguarda, attendo ancora qualche considerazione sulla crescita e sui consumi, ribadendo
che, stando così le cose (cioè continuando con le attuali politiche europee in materia monetaria), se non
si inverte questo "trend" della moderazione salariale (per dire un eufemismo, naturalmente)
non sarà possibile nessuna crescita o aumento del PIl, quindi nessun miglioramento del deficit e
nessun calo del debito pubblico.
Spero solo sia chiaro che non sto parlando di spesa pubblica (come solo ed unico modo di incidere sui
redditi), visto che è stato esplicitato che ad essere in discussione è lo stesso concetto di "accumulo"
(se permetto a pochi di accumulare grandi ricchezze poi nulla o quasi rimane per gli altri).
saluti
Condivisibile quanto affermi. Condivisibile ma, tuttavia, inserito in un contesto complessivo che non mi convince.

Al di là degli aspetti nascosti, a volte inconfessabili dell'economia, come, per esempio, il primo ministro Monti che agisce per distruggere la domanda interna e se ne vanta! O la distruzione di merci deperibili (alimentari!) per alzarne il prezzo o far rientrare nel Pil alcuni business illegali; al di là di queste cose deprecabili, dicevo, nell'economia moderna siamo di fronte a paradigmi del tutto sbagliati.

Il più grande di tutti è la crescita infinita. E' intuitivo comprendere come su un pianeta finito non si possa inseguire uno sviluppo infinito. Questo per onorare la semplice logica. Ma anche il buon senso ci dice che una civiltà nella quale poche persone detengono più della metà delle risorse planetarie è una civiltà profondissimamente ingiusta. Insomma è tutto il modello di sviluppo che fa acqua da tutte le parti e, prima o poi, mostrerà tutta la sua insostenibilità.

Ma per non sfuggire alle tue osservazioni concordo nel rilevare che se non si modificano le attuali politiche di moderazione salariale è difficile immaginare una crescita sostenuta. Il paradosso dei paradossi è che perfino Draghi afferma ciò! A lui farebbe comodo anche una inflazione intorno al 2% per altri motivi ma in questo fatto risiede, a mio avviso, un aspetto assolutamente grottesco della società attuale.

Non sono più i lavoratori o i loro rappresentanti a chiedere l'aumento dei salari/stipendi ma è il banchiere centrale europeo!

Mi pare che questo la dica lunga sulla perversione nella quale si sta avvitando l'economia moderna.
ciao buon Freedom,
assolutamente vero che sia Draghi, ma addirittura il Fondo Monetario Internazionale plaudono gli aumenti salariali.
Apparentmente è paradossale, è l'aporia fra la macroeconomia e la microeconomia .
E'chiaro che se non si alza la domanda, e quindi aumenta il denaro disponibile del popolo, l'offerta ne soffre,
I conti degli stati cominciano a scarseggiare poichè le entrate di imposte e tasse è funzionale alla quantità degli scambi economici e delle ricchezze prodotte e le spese dello stato,di esercizio ,stipendi all'impiego pubblico e i costi di investimento pubblici e mantenimento dei servizi, pongonoi bilanci in rosso.L'aumento del PIL è quindi importante, pur sapendo che aumenterebbe l'inflazione, in quanto ad aumenti salariali corrispondono storicamente aumenti di prezzi.
Ma l'errore è degli stessi Draghi e chi per esso e FMI.
Sono loro che hanno voluto il job act e questo abbatte i costi di lavoro,Voluto per competizione globale sulla manodopera cinese e degli altri stati emergenti.
In micoeconomia, accade che l'imprenditore si avvale degli strumenti normativi consegnatogli dal job act.
Ma soprattutto l'alto livello di disoccupazione e precariato fa sì che il mercato del lavoro tenga molto basse, se non nulle, le richieste di aumenti di salari e stipendi. Ma il serpente che si morde la coda è che il lavoratore stesso è la domanda del mercato, come produttore e come consumatore.
Bassi stipendi ,bassa domanda, basso PIL, conti in rosso dello stato.
In microeconomia l'errore è che non è più ,nella composizione dei costi, il lavoro quello su cui abbassare, ma i costi di investimento in capitale fisso:beni strumentali, macchine, energia.Significa che per quanto bassi siano gli stipendi, se la domanda è bassa, le capacità produttive diventano sempre più insature, quindi aumentano i costi di ammortamento del capitale.

Questa è una delle contraddizioni

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