meglio un colpevole fuori che un innocente dentro

Aperto da davintro, 27 Gennaio 2020, 00:23:59 AM

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davintro

 La presunzione d'innocenza è il capisaldo dello stato di diritto, ma esistono ampie fascine dell'opinione pubblica che sempre più percepiscono questo principio come un formalistico e astratto cavillo che impedirebbe, secondo loro, un'azione giudiziaria e polizesca veramente efficace nella lotta al crimine. Si aggiunga la frequenta accusa, per i difensori della presunzione di innocenza di essere sostanzialmente degli ipocriti, che possono permettersi di essere "buonisti" e "pietisti", in un comodo idealismo che non tiene conto di come nella realtà sarebbe necessario agire. In queste discussione vorrei provare, molto sinteticamente a mostrare perché in realtà sarebbe proprio la razionalità, e non un irrazionale sentimentalismo, seppur applicata ai rapporti di valori, a legittimare il rispetto di questo principio. Privare una persona della libertà è di per sé un male, che può giustificarsi solo come "male minore" se viene accertata la pericolosità di chi, lasciato in libertà può nuocere ad altri. Ora, incarcerare un innocente è senza dubbio un male, ingiustificato e certo. Lasciare un colpevole in libertà è un male solo potenziale, in quanto non è detto che commetta di nuovo un reato, e non è detto che non glielo si possa impedire prima di portarlo a termine. Quindi, soppesando le due situazioni, l'innocente in galera resta il male maggiore. Il principio garantista non è "buonismo" o "pietismo", come superficialmente si può credere ma si basa su una coerente razionalità del calcolo costi-benefici e certezza-possibilità applicato ai valori che sono in gioco, cioè benessere dei cittadini, espressione della libertà. Anzi, credo che spesso la retorica pietista stia maggiormente dalla parte di chi contesta il garantismo, chiamando in causa la necessità di appagare un sentimento di rabbia delle vittime (o parenti delle vittime) di un reato, fornendo rapidamente un qualunque capro espiatorio

iano

#1
Per far comprendere questa lampante verità ai cattivisti ci vorrebbe ... la pena di morte.
La galera non basta.
Infatti....
Quando spieghi a quelli che perorano la pena di morte , che istituirla significa : accettare di andare serenamente a morte per un errore ( nel migliore dei casi) giudiziario , allora cambiano subito idea.
La galera non basta , perché da quella pensano di poter venire sempre fuori.
Ma dalla morte no.
La logica è uguale in un caso e nell'altro , credo.
Ma la logica non è prioritaria per loro.
Prioritarie sono le loro paure e solo ad esse si piegano.
Meglio un colpevole vivo che un innocente morto.
Così la "capiscono" meglio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Meglio un colpevole dentro che un innocente fuori (dal suo diritto alla giustizia). Chissà se i buonisti lo capiranno mai !

Forse sarebbe il caso di attualizzare la discussione alla realtà del garantismo vigente, verificando se viviamo in un paese (e in un mondo) che rischia più di lasciare le vittime senza giustizia (e la società in balia di criminali) o gli innocenti marcire in galera.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve davintro. Citandoti : "Lasciare un colpevole in libertà è un male solo potenziale, in quanto non è detto che commetta di nuovo un reato, e non è detto che non glielo si possa impedire prima di portarlo a termine. Quindi, soppesando le due situazioni, l'innocente in galera resta il male maggiore. Il principio garantista non è "buonismo" o "pietismo", come superficialmente si può credere ma si basa su una coerente razionalità del calcolo costi-benefici e certezza-possibilità applicato ai valori che sono in gioco, cioè benessere dei cittadini, espressione della libertà."
Quanto affermi sarebbe sensatamente vero solo se la popolazione carceraria diventasse composta da una metà di innocenti ed una metà di colpevoli.
Se invece l'ipotesi riguardasse un 2% di innocenti ed un 98% di colpevoli, il bilancio potrebbe venir giudicato diversamente.

Il richiamo a questi aridi criteri quantitativi lo fornisci tu stesso nel momento in cui ci parli (sensatamente) di rapporti costi-benefici e coerente razionalità.
Il colpevole in libertà sarà un male solo potenziale (pia illusione), ma anche l'innocente in libertà - come chiunque - è potenzialmente in grado di diversamente delinquere, a rigor di logica!. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

Citazione di: Ipazia il 27 Gennaio 2020, 13:51:46 PMMeglio un colpevole dentro che un innocente fuori (dal suo diritto alla giustizia). Chissà se i buonisti lo capiranno mai ! Forse sarebbe il caso di attualizzare la discussione alla realtà del garantismo vigente, verificando se viviamo in un paese (e in un mondo) che rischia più di lasciare le vittime senza giustizia (e la società in balia di criminali) o gli innocenti marcire in galera.

quel riferimento all' "attualizzare" mi mette in sospetto. I princìpi su cui una comunità si fondano, proprio in quanto "princìpi" non si attualizzano, si applicano. Relativizzarli, a seconda della situazione contingente, vuol dire lasciare libero sfogo alle percezioni condizionate dall'emotività, sempre manipolabile dai demagoghi. La realtà particolare, contingente, deve essere campo di applicazione dei valori universali, non fattore di relativizzazione, pena la perdita di ideali stabili da utilizzare come modello regolativo a cui ispirare l'azione giuridica e politica. Quindi nessuna considerazione sullo stato di cose contingenti può essere di per sé argomento valido per mettere in discussione i princìpi essenziali dello stato di diritto, garantisti, piuttosto, si può discutere andando direttamente a contestare la validità di quei princìpi universali, proponendone altri (sempre che sia possibile...), che a loro volta dovranno essere posti come universali, nonché coerenti con le ragioni necessarie dell'esistenza di uno stato, o di una società organizzata. Come diceva Aristotele, non si dà scienza del particolare, e dunque ogni considerazione sul "qui e ora" apre la strada alla legittimazione di ogni istinto di rabbia, paura o vendetta (la ragione è sempre subordinazione del "qui e ora" ai criteri universalistici) irrazionale, frutto della suggestione alimentata da una politica (o meglio dire, pseudopolitica) che parla alla pancia anziché al cervello per meri motivi elettoralistici. Il particolare suggestiona, l'universale fonda il ragionamento

anthonyi

Ma siamo sicuri che la tesi che titola il topic sia confermata ? Siamo sicuri cioè che un sistema giudiziario duro metta realmente più colpevoli in galera anche se insieme a qualche innocente ? In realtà la capacità di colpire i colpevoli dipende sostanzialmente dalle competenze degli inquirenti, mentre gli inquirenti incompetenti vogliono un sistema giudiziario duro per poter facilmente trovare "colpevoli" da consegnare al pubblico bisogno di giustizia.
Il problema però è un altro ed insiste nelle logiche kafkiane che spesso accompagnano le procedure di giustizia, costruite spesso sulla consulenza di avvocati professionisti, e quindi in conflitto d'interessi, perché dalle complicazioni del sistema giudiziario ci guadagnano solo loro.

Ipazia

Citazione di: davintro il 27 Gennaio 2020, 16:00:57 PM
quel riferimento all' "attualizzare" mi mette in sospetto. I princìpi su cui una comunità si fondano, proprio in quanto "princìpi" non si attualizzano, si applicano. Relativizzarli, a seconda della situazione contingente, vuol dire lasciare libero sfogo alle percezioni condizionate dall'emotività, sempre manipolabile dai demagoghi. La realtà particolare, contingente, deve essere campo di applicazione dei valori universali, non fattore di relativizzazione, pena la perdita di ideali stabili da utilizzare come modello regolativo a cui ispirare l'azione giuridica e politica. Quindi nessuna considerazione sullo stato di cose contingenti può essere di per sé argomento valido per mettere in discussione i princìpi essenziali dello stato di diritto, garantisti, piuttosto, si può discutere andando direttamente a contestare la validità di quei princìpi universali, proponendone altri (sempre che sia possibile...), che a loro volta dovranno essere posti come universali, nonché coerenti con le ragioni necessarie dell'esistenza di uno stato, o di una società organizzata. Come diceva Aristotele, non si dà scienza del particolare, e dunque ogni considerazione sul "qui e ora" apre la strada alla legittimazione di ogni istinto di rabbia, paura o vendetta (la ragione è sempre subordinazione del "qui e ora" ai criteri universalistici) irrazionale, frutto della suggestione alimentata da una politica (o meglio dire, pseudopolitica) che parla alla pancia anziché al cervello per meri motivi elettoralistici. Il particolare suggestiona, l'universale fonda il ragionamento

L'invito all'attualizzazione non è tanto sui princìpi dello stato di diritto a fare giustizia, ma sulla realtà attuale di un paese che dal 1994 è diventato sempre più uno stato di diritto a delinquere. Un paese invaso da criminali a piede libero condannati per direttissima e subito rilasciati, pronti a rapinare, spacciare, truffare e pure uccidere, come nel caso dei femminicidi, ancora. Un paese che a forza di non toccare Caino, è diventato l'incubo di Abele.

Tre gradi di giudizio e un nugolo di leggi salvadelinquenti, dal carcere e dalla condanna (amnistia), hanno reso l'impunità una costante giuridica tale da attirare nel belpaese i criminali di tutto il mondo. Al solito favoriti i delinquenti ricchi che hanno le risorse per puntare ai tempi dell'amnistia, ma neanche i poveri se la passano male e le cronache locali sono piene di pluricondannati in flagrante a piede libero. Poi ci si chiede come mai si buttano tutti a destra, ignorando che la destra ha contribuito al pari della sinistra a questa ignobile attualità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve anthonyi. Condivido perfettamente la tua stringata analisi (forzatamente parziale) di questi fenomeni.

Salve Ipazia. Condivido perfettamente la tua stringata analisi (forzatamente parziale) di questi fenomeni.

Saluti ad entrambi.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

In linea di massima, quasi a livello emotivo, concordo con la tesi che viene enunciata già nel titolo della discussione. Soprattutto perchè quel "dentro" evoca un modello, quello carcerario, che ad essere coerentemente scientifici, ci renderebbe subito fautori della sua abolizione. Finora non è stato abolito perchè non si è ancora trovato qualcosa di meglio, ma il carcere non è stato sempre il sistema unico per l'espiazione della pena. Anzi è un sistema piuttosto recente, che si impone all'inizio dell'ottocento, successivamente ai fasti della ghigliottina. In precedenza le pene erano altre e sicuramente più truculente.
Con spirito scientifico, indico quella constatazione sperimentale, ormai accertata, che i sistemi penali miti creano, a certe condizioni, una diminuzione della criminogenesi. E' noto il caso delle prigioni norvegesi affittate allo stato della Svezia, per assenza di fruitori, oppure le prigioni autosufficienti, dove i reclusi gestiscono tutte le necessità della struttura con un minimo di controllo esterno. Provate, a questo proposito a digitare Halden. La stessa Norveglia che ha condannato Breivik, omicida di 77 giovani nel 2011 alla pena massima, 21 anni di carcere. La stessa Norvegia dove un ministro della Giustizia ha dichiarato che un detenuto deve solo trascorrere un certo periodo di tempo in un luogo controllato ma non deve perdere alcuno dei suoi diritti.
Fate il paragone con gli Stati Uniti, dove attualmente, nonostante una popolazione carceraria fra le più alte nel mondo occidentale continua ad esistere un sistema repressivo piuttosto severo.
La cosa che andrebbe indagata è come mai in Norvegia un sistema mite produce dei risultati così eclatanti mentre in Italia non sono così eclatanti, anche se non sono neppure quella ridicola e minacciosa immagine fornita da molti media. Magari molti di voi non c'erano, ma negli anni '70, in Italia sembrava di vivere in una Siria leggermente più civile, fra omicidi e stragi politiche, omicidi mafiosi e rapimenti per denaro. Qualcuno si ricorda l'ultimo rapimento per estorcere denaro negli ultimi venti anni?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Il carcere non serve ad espiare la pena, ma ad impedire ai criminali di nuocere. E' un dispositivo di difesa, non di vendetta sociale.  In quanto tale penso sia difficilmente eliminabile. Soprattutto in un paese dove, a differenza della Norvegia, il crimine organizzato è uno stato nello stato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

Citazione di: Ipazia il 27 Gennaio 2020, 19:49:43 PM
Citazione di: davintro il 27 Gennaio 2020, 16:00:57 PMquel riferimento all' "attualizzare" mi mette in sospetto. I princìpi su cui una comunità si fondano, proprio in quanto "princìpi" non si attualizzano, si applicano. Relativizzarli, a seconda della situazione contingente, vuol dire lasciare libero sfogo alle percezioni condizionate dall'emotività, sempre manipolabile dai demagoghi. La realtà particolare, contingente, deve essere campo di applicazione dei valori universali, non fattore di relativizzazione, pena la perdita di ideali stabili da utilizzare come modello regolativo a cui ispirare l'azione giuridica e politica. Quindi nessuna considerazione sullo stato di cose contingenti può essere di per sé argomento valido per mettere in discussione i princìpi essenziali dello stato di diritto, garantisti, piuttosto, si può discutere andando direttamente a contestare la validità di quei princìpi universali, proponendone altri (sempre che sia possibile...), che a loro volta dovranno essere posti come universali, nonché coerenti con le ragioni necessarie dell'esistenza di uno stato, o di una società organizzata. Come diceva Aristotele, non si dà scienza del particolare, e dunque ogni considerazione sul "qui e ora" apre la strada alla legittimazione di ogni istinto di rabbia, paura o vendetta (la ragione è sempre subordinazione del "qui e ora" ai criteri universalistici) irrazionale, frutto della suggestione alimentata da una politica (o meglio dire, pseudopolitica) che parla alla pancia anziché al cervello per meri motivi elettoralistici. Il particolare suggestiona, l'universale fonda il ragionamento
L'invito all'attualizzazione non è tanto sui princìpi dello stato di diritto a fare giustizia, ma sulla realtà attuale di un paese che dal 1994 è diventato sempre più uno stato di diritto a delinquere. Un paese invaso da criminali a piede libero condannati per direttissima e subito rilasciati, pronti a rapinare, spacciare, truffare e pure uccidere, come nel caso dei femminicidi, ancora. Un paese che a forza di non toccare Caino, è diventato l'incubo di Abele. Tre gradi di giudizio e un nugolo di leggi salvadelinquenti, dal carcere e dalla condanna (amnistia), hanno reso l'impunità una costante giuridica tale da attirare nel belpaese i criminali di tutto il mondo. Al solito favoriti i delinquenti ricchi che hanno le risorse per puntare ai tempi dell'amnistia, ma neanche i poveri se la passano male e le cronache locali sono piene di pluricondannati in flagrante a piede libero. Poi ci si chiede come mai si buttano tutti a destra, ignorando che la destra ha contribuito al pari della sinistra a questa ignobile attualità.

il miglioramento dell'efficacia degli strumenti di controllo e investigazione è qualcosa che può essere attuato senza contraddire il principio della presunzione di innocenza, nella misura in cui gli strumenti si inseriscono nella cornice di rispetto delle garanzie a tutela della dignità e dei diritti fondamentali. Se da un lato è comprensibile il problema di chi si sente minacciato dalla presenza di PRESUNTI criminali a piede libero, dall'altro penso che ciò andrebbe bilanciato dal pensiero di mettersi nei panni di un innocente che, magari proprio perché si è guidati dalla fretta di trovare un capro espiatorio, finisce con l'essere incarcerato, senza reali e convincenti prove inquisitorie.  Tra i due scenari, ho già provato a esporre le motivazioni logiche per le quali il secondo sarebbe un male maggiore, e non vorrei ripetermi. Mi limito a scrivere che il fatto che il primo scenario, quello di chi teme che presunti colpevoli in libertà possano nuocere, sia più facile in cui poter immedesimarsi con l'immaginazione, piuttosto che quello di chi, innocente, subisce il carcere (perché prospettiva molto più rara) non ne determina la maggior gravità in senso oggettivo, dato che la gravità di un danno non è data dalla frequenza quantitativa con cui potrebbe realizzarsi, ma dalla qualità intrinseca del modo in cui incide su ciascun individuo inteso come singolo

Ipazia

#11
Non parlo di "presunti criminali" in attesa di giudizio, ma di "criminali conclamati" pluri condannati, rilasciati all'istante dopo condanne per direttissima con sentenze passate in giudicato. Quindi la "presunzione d'innocenza" non c'entra. A meno che non la applichiamo, come di fatto accade in Italia (ultimo clamoroso esempio la beatificazione di Craxi), fino al grado ennesimo di giudizio - che non è il quarto perchè in Italia si riesce a moltiplicare anche i tre nominali - del Padre Eterno.
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pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Ho paura che lo sforzo per non attualizzare la questione sia tanto lodevele quanto vano, infatti il tuo argomento Davidintro si costruisce e si mescola coi nomignoli e le tesi delle supposte fazioni del dibattito, "buonisti" e "cattivisti", che mi paiono prese paro paro dalla recente discussione sulla prescrizione. Detto questo, a me pare che in Italia la presunzione di innocenza nei tribunali sia rispettata secondo le forme del diritto e con i limiti del caso. Dove non è rispettata è semmai nei media, e nella retorica di una certa politica che più che demolire la presunzione di innocenza si preoccupa di creare mostri contro i quali ergersi paladini, un trucco per raccimolare consenso editoriale e politico vecchio come il mondo, che ho paura difficilmente verrà mai completamente estinto. E comunque, esiste anche la strumentalizzazione opposta, ovvero quella che tira fuori la presunzione di innocenza ogni qualvolta qualcuno propone di aumentare delle pene, e ci viene ricordato ossessivamente dalla lobby protettrice degli ipotetici colpiti da queste nuove norme, che queste pene potrebbero capitare anche a noi  ("noi" innocenti per definizione) e perciò dovremmo andarci piano. Andiamoci piano. Io semai mi preoccuperei del fatto che sulla presunzione di innocenza possono far leva diversamente, soggetti con diverse capacità economico\clientelari. Non a caso c'è un intera classe politica ed economica che sulla presunzione di innocenza ci ha marciato allegramente, lo dicono i dati che fotografano le demografia carcercaria,  finendo sì per inviperire la popolazione, e di riflesso politici e media. Per quanto riguarda me, le carceri sono stracolme di innocenti,  particolarmente tutti quei poveracci sbattuti in galera per qualche grammo di qualche sostanza che molto probabilmente verrà legalizzata nei prossimi decenni. Le prigioni sono piene di questi criminali efferatissimi, cosicchè tutti gli altri ne stiano perfettamente alla larga motivando la loro allegra astensione con il fatto che non c'è posto.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Ormai non ci finiscono nemmeno gli spacciatori. Ci finiscono i componenti della criminalità organizzata, ma pare che l'Europa, le lobby leguleio-umanitarie e le insidie della Procedura Penale, riescano ad alleggerire anche questa popolazione, presente principalmente nella fascia demografica che il Capitale protegge meno, posto che  mandanti e fiancheggiatori, anche non eccellentissimi come il cliente della Bongiorno, ammesso e non concesso che arrivino al processo, alla prescrizione arrivano sempre. Qualche innocente o piccolo spacciatore ci casca, ma non perchè il sistema giudiziario italiano sia particolarmente "cattivista" (generalmente non gli suona nemmeno il campanello e se lo fa lo rilascia dopo la "direttissima"), bensì perchè il suo scandaloso "buonismo" è calibrato "ope legis" su altre aree sociali di impunità.

La vicenda "immigraziane clandestina" è un manuale a memoria imperitura di tale impostazione giuridica impunitaria, che ha travisato perfino nobili e antiche fattispecie giuridiche relative ai naufragi e al diritto internazionale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Citazione di: Ipazia il 28 Gennaio 2020, 10:30:33 AM
La vicenda "immigraziane clandestina" è un manuale a memoria imperitura di tale impostazione giuridica impunitaria, che ha travisato perfino nobili e antiche fattispecie giuridiche relative ai naufragi e al diritto internazionale.

Ho una interpretazione completamente opposta: gli obblighi di soccorso in mare dei naufraghi e il diritto di asilo derivanti dalle convenzioni internazionali sono stati sistematicamente violati per motivi di contrasto all'immigrazione irregolare.

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