L’intervista che Giovanni Falcone rilasciò a Mario Pirani il 3 ottobre del 1991

Aperto da Eutidemo, 04 Giugno 2022, 13:50:08 PM

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Eutidemo

Nell'intervista Giovanni Falcone affermava: "Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l'obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice."
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Al riguardo, secondo me, occorre fare alcune considerazioni.
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CONSIDERAZIONI SUL RUOLO DI "PARTE IN CAUSA" DEL PUBBLICO MINISTERO
Al riguardo, si tengano presenti i seguenti tre aspetti:
1°)
Occorre considerare che, in un procedimento penale, di solito le parti sono tre, e non soltanto due:
a)
La parte dell'"imputato", che gode dell'assistenza tecnica di un "avvocato".
b)
La parte "civile" per il risarcimento del danno, che gode anch'essa dell'assistenza tecnica di un "avvocato".
c)
La parte dello "Stato", che gode dell'assistenza tecnica del "pubblico ministero" (il quale non è un "avvocato", nè formalmente nè sostanzialmente, bensì è un "pubblico ufficiale").
2°)
Ciò premesso, si consideri che:
a)
A  differenza del Pubblico Ministero l'avvocato difensore non ha la qualità di pubblico ufficiale; e il suo ruolo, indipendentemente dalla parte o del soggetto al quale presta assistenza, sia che si tratti di un indagato ritenuto responsabile del reato più moralmente abbietto oppure della persona colpita da un'ingiusta accusa, è  quello di assicurare la migliore tutela dell'interesse del suo cliente.
Il suo compito precipuo, cioè, è quello di mettere in rilievo esclusivamente fatti e circostanze a favore dell'imputato!
b)
Anche l'avvocato della parte civile non ha la qualità di pubblico ufficiale; ed infatti il suo compito precipuo è quello di mettere in rilievo esclusivamente fatti e circostanze a carico della persona sottoposta a indagini.
Ciò, al fine di far ottenere un cospicuo risarcimento del danno al suo cliente.
c)
Il pubblico ministero,  come dice Falcone, è  anche lui "una parte in causa" nel processo penale; però, nel suo caso, la "parte in causa" è lo Stato, il cui fine precipuo non è affatto la "condanna dell'imputato", bensì l'"accertamento della verità processuale."
Ed infatti art. 358 c.p.p. attribuisce espressamente al pubblico ministero anche il compito di "svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta a indagini", e non di perseguire esclusivamente l'accusa a suo carico (come accade nei Paesi nei quali esistono carriere distinte).
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SPECIFICHE "ESPERIENZE, COMPETENZE E CAPACITA'" DEL DEL PUBBLICO MINISTERO
E' verissimo, come dice Falcone, che il pubblico ministero deve avere "esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l'obbiettivo"; che, come detto, è il "perseguimento della verità", e non il "perseguimento a tutti i costi dell'imputato".
Peraltro, le "esperienze, le competenze, capacità,  e la preparazione tecnica" devono riguardare precipuamente la "materia trattata", e non necessariamente il "ruolo" che si riveste al riguardo.
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Intendo dire che, sia un magistrato (inquirente o giudicante) sia un avvocato, possono aver maturato particolari "esperienze", "competenze", e "capacità", sia per preparazione post-universitaria sia per la loro protratta attività professionale:
- in materia di diritto tributario;
- in materia di diritto del lavoro;
- in materia di diritto urbanistico;
ecc. ecc.
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Un magistrato che ha maturato particolari "esperienze", "competenze", e "capacità" in materia urbanistica, non avrà nessuna difficoltà a passare dal ruolo "inquirente" a quello "giudicante" in tale materia (e viceversa); ed infatti, conoscendo a menadito la materia, il cambiamento di ruolo e di prospettiva non può causargli nessun reale e sostanziale problema operativo.
Semmai si potrebbe trovare in molta maggiore difficoltà  un magistrato che abbia maturato particolari "esperienze", "competenze", e "capacità" in materia urbanistica, se dovesse essere destinato ad uno stesso ruolo "inquirente" o ad uno stesso ruolo  "giudicante", ma in materia di diritto tributario; gli vorrebbero almeno dieci anni per cominciare a capirci qualcosa.
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Per cui, se si dovessere "differenziare le carriere dei magistrati" in base alle diverse "esperienze", "competenze", e "capacità", bisognerebbe farlo:
- non per ruolo (inquirente o giudicante), come dice Falcone;
- bensì per materia (tributaria, urbanistica ecc.).
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AFFINITA' TRA PUBBLICO MINISTERO E GIUDICE
Falcone dice che, "nel dibattimento, il pubblico ministero non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice"; ed invece, secondo me, non solo oggi è così, ma è bene che sia e resti così!
Ed infatti, il pubblico ministero ed il giudice, sia pure in ruoli diversi, hanno il precipuo compito di accertare la "verità processuale"; favorevole o sfavorevole che sia all'imputato.
Sono gli avvocati che, al di là della "verità processuale", devono perseguire la tesi più  favorevole per i loro clienti; come, peraltro, è loro deontologicamente imposto dai doveri della loro professione.
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Ma, ovviamente, questa è solo la mia opinione!
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Jacopus

Opinione molto condivisibile e, come al solito, scritta benissimo. A mio parere il problema delle distinzioni delle carriere poteva avere senso quando in Italia vi era un sistema processuale inquisitorio, ma con la riforma del 1988, con le vaste e giuste tutele dell'accusato, il potere del pubblico ministero si è ridimensionato. La separazione delle carriere sarebbe un ulteriore attacco alla magistratura e alle sue funzioni.
In realtà si cercano capri espiatori  o aggiustamenti tecnici, laddove il funzionamento della giustizia è in grosso affanno. Ma questo grosso affanno ha specifiche motivazioni politiche. Far funzionare bene la giustizia, metterebbe a repentaglio tutta l'economia "arrangiata", quella che non prevede il rispetto delle leggi, che in Italia, dall'imbianchino al neurochirurgo, è fiorentissima.
Una piccola riforma la propongo qui. Molto meno mediatica è molto più fattibile. I giudici, nel loro primo anno di carriera, sono uditori. Ovvero non hanno funzioni giurisdizionali ma fanno pratica assistendo e frequentando i tribunali. Proporrei che in questo primo anno, i magistrati "debbano" prestare servizio per 15 giorni in un carcere, per 15 giorni in una caserma dei carabinieri, per 15 giorni in un Servizio sociale e per 15 giorni in una Rems. Resterebbero comunque dieci mesi di pratica in tribunale ma quelle esperienze sul campo potrebbero essere decisive per capire come la "legge" non è un testo sacro e il processo non è un luogo avulso dalla sua realtà sociale. Si possono fare le migliori leggi (e già sarebbe una buona cosa), ma l'applicazione delle leggi è una cosa molto differente e quelle esperienze potrebbero permetterci di avere, come giudici, più Fra Cristofori e meno don Ferranti.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Eutidemo

Ciao Jacopus. :)
Condivido sostanzialmente tutto quello che hai scritto.
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Ed infatti temo anch'io che una separazione delle carriere potrebbe portare di nuovo, se non al vecchio "sistema inquisitorio", quantomeno ad un "atteggiamento inquisitorio" di quei magistrati diventati ormai degli "accusatori di carriera" (come, appunto, erano gli "inquisitori" di una volta); ed invero, sebbene eroico e geniale, Falcone aveva indubbiamente l'atteggiamento mentale del "superpoliziotto".
Così come lo ebbe anche Di Pietro, il quale, prima di diventare P.M., faceva, appunto, il poliziotto.
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E' anche vero che far funzionare "troppo" la giustizia, metterebbe a repentaglio tutta l'economia "arrangiata", quella che non prevede il rispetto delle leggi, e che in Italia, è fiorentissima; ed infatti, la componente dell'economia sommersa in Italia, ammontava nel 2019 a circa 183 miliardi di euro mentre quella delle attività specificatamente criminali  superava i 19 miliardi.
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Molto intrigante è anche la tua idea circa la "gavetta" da far fare ai giudici all'inizio della loro carriera!
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Un saluto!
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