Le "funzioni della pena", in generale, e nel caso Brusca

Aperto da Eutidemo, 03 Giugno 2021, 04:53:39 AM

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Eutidemo

Con riguardo al caso Brusca, oltre alla "legge sui pentiti" di cui ho parlato nel mio precedente intervento, occorre considerare anche altri aspetti della questione, e, in particolare, quelli che riguardano le varie "funzioni della pena".
Però sono argomenti così complessi, che, qui, non possono essere trattati che in modo estremamente sintetico e sommario.

1) FUNZIONE REMUNERATIVA (detta anche "retributiva" o "afflittiva")
Il termine "pena" deriva dal greco "ποινή" (poiné),  che, in origine, significava "pagamento in denaro in luogo della vendetta personale di sangue".
Ed infatti:
a)
Ai tempi di Omero, erano i parenti dell'ucciso a doversi "vendicare" col sangue dell'assassino; però quest' ultimo avrebbe potuto sottrarsi a tale "vendetta", rassegnandosi o ad andare in esilio, ovvero a pagare ai i parenti dell'ucciso una certa "somma di denaro", detta "ποινή" ("poinè" da cui il latino "poena").
b)
Successivamente,  con l'avvento del potere sanzionatorio dello Stato, la "ποινή"  si diversificò progressivamente:
- nella "sanzione afflittiva" penalistica appannaggio del solo Stato (morte, esilio, pene corporali e pecuniarie, reclusione);
-  nella "sanzione risarcitoria" civilistica, in denaro, a favore dei parenti delle vittime.
Ed ancora, giustamente, è così.
***
Tuttavia occorre considerare che la "funzione remunerativa" della pena, è duplice, in quanto può essere considerata sia sotto il profilo "giuridico", sia sotto il profilo "etico".
Ed infatti:
- sotto il profilo "giuridico", la funzione remunerativa della pena mira a ripristinare la legalità violata, in quanto l'ordinamento giuridico tutela se stesso punendo coloro che non ne seguono le norme (Hegel diceva che la pena è la rimozione del "delitto" per riaffermare il "diritto").
- sotto il profilo "etico", invece, la funzione remunerativa della pena costituisce un imperativo morale di giustizia, ovvero un'esigenza che trova in sé la sua giustificazione, senza bisogno di essere ricercata in qualsiasi utilità esterna.
***
Dal punto di vista applicativo, la funzione remunerativa della pena implica che il reo debba essere punito "in proporzione" al male commesso, e, cioè, in base:
- alla "gravità oggettiva" del reato;
- al "coefficiente psichico della condotta" con il quale esso è stato commesso (cioè, l'intensità del dolo e il grado della colpa);
Nonchè tenendo anche conto di un suo eventuale "pentimento" e "ravvedimento operoso", per rimediare in parte al male commesso; il che può avvenire anche denunciando i propri complici, e/o fornendo alla polizia elementi utili per catturare altri criminali come lui.

2)
FUNZIONE PREVENTIVA (detta anche "dissuasiva")
Tale funzione, abbastanza ovvia, consiste nel fatto che prevedendo la legge determinate sanzioni per determinati reati, dovrebbe diminuire il numero di essi; ciò in quanto la prospettiva della pena dovrebbe frenare i soggetti nella loro tendenza a delinquere.
Ed in effetti, l'"homo sapiens", è anche un  "homo oeconomicus", per cui anche nel campo dell'illecito, "il gioco deve valere la candela"; nel senso che non vale (appunto) la "pena" di intraprendere un'azione criminale, se essa comporta un rischio eccessivo.
Allo stesso modo, la promessa di una riduzione della pena, può "persuadere" il più incallito dei criminali ad un "ravvedimento operoso", per rimediare in parte al male commesso; il che può avvenire anche denunciando i propri complici, e/o fornendo alla polizia elementi utili per catturare altri criminali come lui.
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La funzione preventiva della pena ha due livelli:
- la "prevenzione speciale", che consiste nel dissuadere il soggetto che ha commesso un delitto dal tornare a delinquere;
- la "prevenzione generale", che consiste nel  dissuadere gli altri soggetti dell'ordinamento dal commettere delitti.
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Ovviamente, però, una pena "minacciata", per essere veramente efficace, deve poi anche essere "eseguita";  altrimenti il suo potere deterrente va a farsi benedire.
Allo stesso modo, peraltro, deve anche essere mantenuta una promessa di riduzione della pena nel caso di "pentimento" e "ravvedimento operoso"; altrimenti nessun criminale si offrirà mai più di collaborare con la giustizia.

3)
FUNZIONE RIEDUCATIVA (detta anche "emendativa")
A differenza delle altre due funzioni, questa è l'unica prevista espressamente dalla nostra Carta Costituzionale; ed infatti, l'articolo 27 della Costituzione, sancisce espressamente che le pene debbano assolvere alla funzione di "rieducare il condannato" e, quindi, al suo reinserimento sociale.
Finalità, questa, che, a differenza di quanto alcuni credono, non è solo di carattere meramente "etico" (o "buonista", come dicono certi somari "cattivisti"), bensì anche, di carattere (socialmente) "utilitaristico"; ed infatti recuperare un soggetto alla vita sociale e ad attività economicamente lecite, è sicuramente più proficuo che mantenerlo, improduttivo, in un carcere.
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Per questo la Corte Costituzionale ha stabilito l'incostituzionalità dell'"ergastolo ostativo", cioè quella "pena senza fine" prevista nell'ordinamento penitenziario italiano,  la quale "osta" a qualsiasi sua modificazione; e che, quindi, non può essere né abbreviata né convertita in pene alternative, a meno che la persona detenuta decida di "collaborare con la giustizia" (come la stessa Corte ha precisato, nell'ottica di una saggia strategia del "bastone e della carota").
Al riguardo, la Corte ha pure sancito che il Parlamento avrà un anno per provvedere con una legge; ma che se,  entro il maggio del 2022 una nuova legge non ci sarà ancora, la norma che permette l'ergastolo ostativo verrà abolita, in quanto, "in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione"-

IL CASO BRUSCA
Quanto sopra esposto, sia pure in modo estremamente semplicistico e sommario, era necessario per comprendere se la scarcerazione di Brusca, oltre ad essere stata senz'altro "legale" in base alla "legge sui pentiti",  possa, però,  considerarsi anche astrattamente "giusta" alla stregua delle "funzioni" della pena sopra accennate.
Al riguardo:
a) Remunerazione.
Secondo me:
- giudicare se 25 anni di reclusione possano o meno considerarsi una remunerazione "adeguata" per gli orribili e e numerosi crimini commessi da Brusca, dipende dalle opinioni personali di ciascuno (secondo me, ad esempio, no!);
- tuttavia non c'è dubbio alcuno che 25 anni di reclusione costituiscano comunque una punizione estremamente "pesante" per chiunque, a prescindere dalla circostanza che essa possa ritenersi o meno "adeguata" al caso.
Quindi, specialmente quegli pseudopolitici che starnazzano come polli circa l'"insopportabilità psicologica" dei lock down e dei coprifuochi anticovid di qualche mese, non dovrebbero certo considerare una "bazzecola" 25 anni di reclusione di carcere duro.
Quindi, nel caso di Brusca, una "remunerazione" c'è sicuramente stata!
b) Prevenzione
Quanto al fatto che, dopo 25 anni di reclusione, Brusca possa ormai ritenersi "dissuaso" dal commettere altri crimini, penso che sia effettivamente così.
Ma questo non tanto e non solo per il lungo periodo trascorso in carcere, quanto, piuttosto:
- perchè di tempo per vivere e delinquere ancora, gliene avanza ben poco;
- perchè resterà comunque sotto stretta sorveglianza della polizia e dei servizi di "intelligence";
- perchè, data la natura "associativo-mafiosa" dei suoi passati crimini, e considerato il suo "tradimento", ben difficilmente potrebbe essere "riassunto in servizio" dal suo passato "datore di lavoro".
Dubito che, in così tarda età, potrebbe cambiare specializzazione criminale, e dedicarsi al furto di polli!
c) Rieducazione.
Mentre credo molto nel recupero di delinquenti in giovane età, dubito molto che soggetti efferati come Brusca possano essere davvero "rieducati".
Tuttavia:
- non lo conosco personalmente (per fortuna);
- ritengo che tale valutazione competa precipuamente agli psicologi penitenziari.
Per cui non mi pronuncio al riguardo, ma mi fido di loro.
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Jacopus

Nel romanzo di G. Bernanos, "diario di un curato di campagna" c'è una frase del diario che mi ha sempre fatto riflettere:

"I nostri peccati nascosti avvelenano l'aria che gli altri respirano, e un delitto di cui un miserabile portava con sè il germe a sua insaputa, non avrebbe mai maturato il suo frutto, senza quel principio di corruzione".

Con ciò non voglio proporre di abolire la responsabiltà penale individuale, ma considerare che è il comportamento collettivo a determinare dinamicamente il livello di criminalità di una certa società. E ciò mi porta a considerare che una ulteriore funzione della pena è una funzione di classe. Chi subisce le pene più gravi e non usufruisce di percorsi riabilitativi occupa di solito i "piani bassi" della società. Se ci dimentichiamo di questa funzione, non potremmo mai pensare di migliorare i livelli di legalità di una società. Del resto è la stessa dinamica di classe a richiedere questa funzione, sia perchè in questo modo le classi dominanti finiscono raramente in galera, sia perchè attraverso la punizione si attua una ulteriore funzione, "la funzione vendicativa della pena", attraverso la quale le classi subalterne possono "compensare" la loro situazione di subalternità, chiedendo la punizione dei rei, se possibile attraverso punizioni tanto più sanguinarie, quanto più le persone che professano quelle idee sono o esegeti del dominio o persone a loro volta esasperate e condotte ai margini della società.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Eutidemo

Ciao Jacopus. :)
Per brevità, nel mio TOPIC, ho sorvolato sulle varie teorie "neoremunerative" della pena; una delle quali, per molti aspetti, somiglia un po' a quello che hai scritto tu.
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Ed infatti, secondo tale teoria, tutti i delitti, specie quelli più efferati, fanno nascere nella società (anche a seconda di quella che è la classe dominante) un intenso bisogno di espiazione che si scarica nella punizione dell'autore del crimine; ma questa necessità nasce dagli impulsi antisociali che sono in ogni essere umano e quindi dall'inconscio desiderio di compiere illeciti che risiederebbe in ciascuno di noi.
Per cui, secondo tale teoria, ciò che proibiamo al delinquente lo proibiamo in realtà a noi stessi e punendo il delinquente espiamo in realtà una colpa che sentiamo nostra.
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Un saluto! :)
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