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La "flat tax"

Aperto da Eutidemo, 06 Settembre 2022, 13:46:53 PM

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Eutidemo

In campagna elettorale Berlusconi ha dichiarato: "La flat tax al 23% è il frutto di approfonditi studi e ricerche compiute fin dal 1994 col ministro Martino. Non vogliamo creare ulteriore deficit, ma produrre sviluppo in modo da aumentare le entrate fiscali riducendo il carico su imprese e cittadini."
Vediamo cosa c'è di vero.
***
Innanzittutto occorre precisare che il termine "flat tax", tradotto in italiano, in sostanza significa "imposta proporzionale"; per cui, almeno per ora, risulterebbe "incostituzionale".
Ed infatti una "imposta proporzionale" generalizzata sulle persone fisiche, risulterebbe in contrasto con il secondo comma dell'art.53 della Costituzione, il quale sancisce che, ai fini "ridistributivi" della ricchezza tra tutti i cittadini, "il sistema tributario italiano è informato a criteri di progressività".
Tuttavia una "straripante" vittoria della destra, potrebbe consentire a Berlusconi e compagnia bella di modificare a suo unilaterale piacimento la nostra Costituzione!
***
Ciò premesso, consideriamo le due affermazioni di Berlusconi.




Eutidemo

1)
CON LA "FLAT TAX" AUMENTEREBBERO DAVVERO LE ENTRATE FISCALI?
Quanto all'affermazione di Berlusconi che la flat tax non creerebbe ulteriore deficit, ma, anzi, aumenterebbe le entrate fiscali, occorre distinguere l'aspetto matematico da quello economico-psicologico
Ed infatti:
.
a)
Sotto il profilo strettamente "matematico", è ovvio che:
°
-sostituendo una aliquota tributaria progressiva per scaglioni, quale quella attuale:
Fino a 15.000 euro: 23%
Oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro: 25%
Oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro: 35%
Oltre 50.000 euro 43%
°
- con l'aliquota proporzionale berlusconiana:
Fino a 15.000 euro: 23%
Oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro: 23%
Oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro: 23%
Oltre 50.000 euro 23%
°
la conseguenza sarebbe una drastica riduzione delle entrate complessive dell'erario; basta farsi due semplici calcoli.
Almeno, se la matematica non è un'opinione!
.
b)
Sotto il profilo "economico-psicologico", che è invece ipotetico ed "opinabile", i sostenitori della "flat tax", in base alla "teoria di Laffer", sostengono che essa non solo non creerebbe ulteriore deficit, ma, anzi, aumenterebbe le entrate.
***
Ed infatti Laffer ipotizzò che esistesse un livello del prelievo fiscale oltre il quale l'attività economica non è più conveniente e il gettito fiscale si riduce, quanto meno se il prelievo raggiunge il 100% del reddito, e quindi che le due grandezze siano legate da una curva continua a forma di campana che ha un massimo (per il teorema di Weierstrass), ovvero un'aliquota fiscale che massimizza il gettito fiscale.
***
La spiegazione del grafico è molto  semplice, e, sotto il profilo meramente paradigmatico dell'aliquota allo 0% e dell'aliquota al 100% (vedi ascisse), è una teoria assolutamente condivisibile; anzi, direi che rasenta l'ovvietà.
***
Ed infatti:
a)
Se lo Stato fissasse le aliquote allo zero per cento, allora ovviamente non potrebbe prelevare nessuna imposta sul reddito delle persone fisiche; ed infatti lo 0% di un qualsiasi importo risulterà sempre pari a zero.
b)
Però la stessa cosa avverrebbe se lo Stato ponesse un'aliquota al 100 per cento sul reddito delle persone fisiche, in quanto nessuno eserciterebbe mai  una qualsiasi attività lucrativa, sapendo che il suo reddito, dopo aver pagato le tasse, risulterebbe pari a zero; pertanto, come nel caso sub a), anche il gettito dello Stato risulterebbe pari a zero.
***
Ma a questo ci poteva arrivare anche Monsier de Lapalisse! ;D
***
Il problema sta nello stabilire quale sia la "pressione fiscale intermedia", e, sopratutto, nell'individuare il "Revenue Maximizing Point"; il quale può variare drasticamente a seconda delle diverse congiunture economiche, dei diversi Paesi, e delle diverse epoche.
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Al riguardo, almeno a quanto mi risulta, gli studi e le ricerche compiute nel 1994 da Berlusconi col ministro Martino risultano un po' datate (a prescindere dalla non eccelsa cultura scientifica dei due soggetti); ed infatti, gli studi scientifici attuali disponibili sull'Italia e sugli altri paesi sviluppati vanno chiaramente nella direzione opposta, sostenendo che la cosiddetta "flat tax" ha bisogno di normali coperture di bilancio in quanto non è assolutamente in grado di autofinanziarsi (nè, tantomeno, di aumentare la ricchezza nazionale).
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Ed infatti, nel corrente millennio la teoria di Laffer è stata soggetta a varie critiche.
Ad esempio:
.
1)
Sotto il profilo del mero "calcolo economico", è stato statisticamente rilevato che:
a)
Talvolta un aumento delle aliquote induce le persone a lavorare di più anziché di meno, al fine di compensare con un maggiore impegno lavorativo la perdita di reddito netto dovuta all'imposizione fiscale.
b)
Al contrario, invece, una riduzione di aliquota può indurre le persone a lavorare di meno, anziché di più; ciò in quanto viene meno l'esigenza di compensare con maggiore impegno lavorativo l'effetto di un'imposta più elevata.
Al riguardo si si veda Manski, C (2012), "Identification of Income-Leisure Preferences and Evaluation of Income Tax Policy", Cemmap Working Paper 07/12, Institute for Fiscal Studies. Ed anche Meghir, C e D. Phillips (2010), "Labour Supply and Taxes", in T. Besley, R. Blundell, M. Gammie, e J. Poterba (eds.), Dimensions of Tax Design: the Mirrlees Review. Oxford University Press, 202-274.
***
Peraltro, da una indagine statistica al riguardo, Bernd Hayo e Matthias Uhl, dell'Università di Marburg, mediante un sondaggio sulla popolazione tedesca a seguito di una riduzione dell'imposta sulle persone fisiche, riscontrarono che:
- il 59 per cento degli intervistati affermava di essere rimasta indifferente alle intervenute variazioni in diminuzione delle imposte personali (secondo me si trattava dei più poveri, perchè a loro la "flat tax" diminuisce di poco o addirittura di niente l'imposizione);
- del restante 41 per cento, su cui influiva, il 17 per cento affermava di aver ridotto il proprio impegno lavorativo e il 12 per cento di averlo aumentato.
.
2)
Tutti gli studi analizzati nel New Palgrave Dictionary of Economics, collocano ad una aliquota marginale massima del 70% il livello della pressione fiscale oltre la quale un aumento delle tasse è controproducente (Fullerton, Don (2008). "Laffer curve". In Durlauf, Steven N.; Blume, Lawrence E. The New Palgrave Dictionary of Economics); nel caso dell'Italia siamo ben lontani da tale limite, in quanto l'aliquota marginale massima è del 43% (non su tutto il reddito percepito, ma solo sullo scaglione più elevato).
E tale aliquota è stata già stata ridotta più volte in passato, senza che ne conseguisse:
- nè un aumento delle entrate;
- nè una diminuzione dell'evasione fiscale.
.
3)
Nel 2012, nella sede dell'IGM Economic Experts Panel, ad un comitato composto da quaranta fra i maggiori esperti economici statunitensi, intervistati dall'Università di Chicago,  era stato chiesto se un taglio alla pressione fiscale sui redditi negli USA, anche appicando la "flat tax". avrebbe fatto crescere il reddito imponibile in misura tale da far sì che il gettito complessivo sarebbe stato più alto che senza il taglio delle tasse in un arco temporale di cinque anni.
Il risultato è stato il seguente:
- nessuno dei quaranta esperti ritenne che un taglio alla pressione fiscale, anche appicando la "flat tax" avrebbe fatto crescere il reddito imponibile in misura tale da far sì che il gettito complessivo sarebbe stato più elevato di prima;
- il 29 per cento era in parziale disaccordo con la teoria di Laffer
- il 33 per cento era in totale disaccordo
-  il 38 per cento era in drastico  disaccordo.
Più in dettaglio, solo per citare qualche commento:
- David Autor, del MIT di Boston, in tale occasione, disse: "Non sono a conoscenza di alcuna evidenza nella storia recente in cui un taglio delle tasse abbia fatto crescere il gettito. Mi spiace, Laffer".
- Austan Goolsbee, fu un po' più sarcastico, dichiarando : "L'allunaggio c'è stato davvero. L'evoluzione esiste. Un taglio delle tasse fa calare il gettito. La ricerca l'ha dimostrato un migliaio di volte. Può bastare".
- Kenneth Judd ha dichiarato: "Ciò non si è mai verificato in passato. Non c'è ragione per pensare che si potrebbe verificare ora!".
.
4)
Infine, onde evitare un pericoloso equivoco, diffuso da qualche commentatore televisivo, occorre precisare che la "teoria della curva di Laffer" non ha nulla in comune con la "teoria del moltiplicatore Keynesiano": ed infatti si tratta di due cose ben diverse.
Diversamente, i commentatori che omologano le due teorie, sostengono che la riduzione delle tasse avrebbe un effetto positivo sull'economia e, per questa via, sul gettito fiscale, in quanto "lo Stato lascerebbe più soldi nelle tasche della gente".
***
Però, tale erronea omologazione di due diverse teorie:
- è basata sull'idea (keynesiana) che il livello del reddito nazionale sia determinato dalla "domanda aggregata";
- ma non tiene conto del fatto che l'aumento del gettito generato dalla maggiore domanda retroagisce con segno negativo sulla domanda stessa e dunque sul livello di reddito.
***
Che tale omologazione sia erronea fu chiarito sin dall'inizio da Paul Samuelson, uno dei maggiori interpreti di Keynes (vedi Samuelson, Paul A., (1940), "The theory of pump-priming re-examined", The American Economic Review, 492-506).
Ed infatti, se al termine del processo iniziato con una riduzione di aliquote o una "flat tax" il gettito fiscale dovesse veramente aumentare anziché diminuire (come sostiene Berlusconi) ciò significherebbe che lo Stato non ha affatto immesso potere d'acquisto nell'economia, bensì lo ha sottratto; di conseguenza, il livello della "domanda aggregata" e dunque del Pil sarebbe più basso, il che contraddice l'assunto che la riduzione delle aliquote generi un aumento del Pil. 
Come, di fatto, è sempre accaduto!

Eutidemo

#2
2)
CON LA "FLAT TAX" DIMINUIREBBE DAVVERO IL CARICO FISCALE SU TUTTI I CITTADINI?
E' molto più facile rispondere a tale domanda, che non alla prima; ed infatti la "flat tax" diminuirebbe sicuramente il carico fiscale sui cittadini più ricchi, ma non lo diminuirebbe affatto (o di molto poco) sui cittadini più poveri.
***
°
Ed infatti:
-sostituendo una aliquota tributaria progressiva per scaglioni quale quella attuale:
Fino a 15.000 euro: 23%
Oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro: 25%
Oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro: 35%
Oltre 50.000 euro 43%
°
- con una aliquota fissa
Fino a 15.000 euro: 23%
Oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro: 23%
Oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro: 23%
Oltre 50.000 euro 23%
ne conseguirebbe, ad esempio, che:
a)
Il cittadino povero A, che ha un reddito di 15.000 euro, risparmierebbe ZERO tasse; ciò, in quanto (deduzioni, detrazioni  ed agevolazioni a parte) continuerebbe a pagare esattamente quello che pagava prima, visto che 23% - 23% = 0%.
b)
Il cittadino benestante B, che ha un reddito di 65.000 euro, (deduzioni, detrazioni  ed agevolazioni a parte) rispamierebbe ben 3.000 euro solo sui 15.000 euro eccedenti i 50.000 euro (43% - 23% = 6.450 - 3.450 = 3.000), oltre ad altre migliaia di euro sugli scaglioni intermedi (che ora non mi va di calcolare, ma potete farlo da voi).
***
L'aspetto più triste e deprimente di tutta la faccenda, è che l'attuale destra si spaccia come paladina dei diseredati, sostenendo che, ormai, la sinistra se ne frega completamente.
Ed infatti, sotto il profilo della propaganda elettorale:
a)
E' molto più facile attrarre i voti degli emarginati, innescando una "guerra tra poveri", e proclamando che li si difenderà dall'immigrazione di altri morti di fame.
b)
E' invece molto più difficile far loro capire che, con la "flat tax", la forbice tra ricchi e poveri (di qualsiasi specie e razza essi siano) aumenterà a dismisura.
c)
E' ancora più difficile far loro capire che, con la "flat tax", le disponibilità finanziarie per il WELFARE diminuiranno in proporzione, e che, quindi, i cittadini meno abbienti potranno fruire di un sostegno pubblico addirittura inferiore a quello attuale.
***
In sostanza la "flat tax" eliminerà quel poco di "ridistribuzione della ricchezza" che esiste oggi.
***
La sinistra, con tutti i suoi enormi difetti e mancanze, è l'unica ad opporsi fermamente a tale obbrobrio; ma spiegarlo a livello "propagandistico" è molto difficile, perchè è necessario fare un minimo di ragionamento!
.
P.S.
Gli unici Paesi in cui esiste la "flat tax" (o qualcosa di molto simile) sono di tre tipi:
.
a)
I cosiddetti "paradisi fiscali", ovvero quei Paesi latinamente definiti "refugium evasorum" (vedi "black list" 2022)
.
b)
Paesi "non particolarmente avanzati", come:
L'Abcasia
Il Belize
La Guyana
Il Kazakistan
Il Kirghizistan
La Transnistria
il Turkmenistan
ecc.
Sebbene, in alcuni di essi, più che di "flat tax" sarebbe più corretto parlare di "aliquota media" irrisoria (che è sostanzialmente la stessa cosa).
.
c)
Paesi dittatoriali o semidittatoriali, "relativamente avanzati", in cui la forbice tra ricchi e poveri è notevolissima, come la Russia; laddove, anche grazie alla "flat tax", si registra una devastante disuguaglianza economica. Quest'ultima è solitamente misurata con il coefficiente di Gini, ideato dall'omonimo statistico italiano e indicatore della disuguaglianza nella distribuzione del reddito o della ricchezza.
In Russia, oggigiorno, , anche grazie alla "flat tax", la forbice si fa sempre più ampia e il 10% delle persone possiede più dell'80% della ricchezza; il che non rappresenta affatto una novità, dato che da anni il Paese è indicato come il meno equo tra le maggiori economie mondiali.
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NOTA:
Quanto al sistema di Hong Kong, esso coniuga la "flat tax" con le seguenti caratteristiche: assenza di tassazione sui dividendi delle società e plusvalenze, assenza di un'imposta generale sulle vendite o un'imposta sul valore aggiunto, agevolazioni personali e assenza di una tassazione in materia di successioni o sul patrimonio. Ma si tratta di un contesto molto particolare (finchè dura la cuccagna).

Eutidemo

#3
COROLLARIO
Per completezza, ed a conferma di quanto sopra esposto, non posso esimermi dal precisare che, sia in Italia sia in tutti gli altri Paesi di cultura economica, finanziaria e fiscale avanzata, occorre distinguere tra:
- "imposte reali" (da "res", cioè "cosa", ovvero il singolo "cespite"), le quali sono in genere "proporzionali", in quanto prescindono dalla "redditualità complessiva" della persona;
- "imposte personali", le quali, ad eccezione delle persone giuridiche, costituzionalmente, dovrebbero essere sempre "progressive", in quanto devono tenere conto della redditualità complessiva della persona fisica.
***
Per rendere il concetto più semplice possibile, consideriamo i seguenti esempi.
.
1) IMPOSTA PERSONALE
a)
Tizio, ha un reddito annuo complessivo di 28.000 euro, 15.000 dei quali provenienti da un reddito di lavoro, ed i restanti 13.000 provenienti da un reddito immobiliare; ed infatti è proprietario di un appartamento, che concede in locazione annua.
Pertanto i suoi primi 15.000 euro verranno tassati con l'"aliquota base" del 23%, mentre i restanti 13.000 provenienti dal reddito immobiliare verranno tassati  con l'"aliquota corrispondente" al successivo scaglione, pari al 25%.
b)
Caio, invece, ha un reddito annuo complessivo di 50.000 euro, 15.000 dei quali provenienti da reddito di lavoro, 13.000 provenienti dal reddito di un appartamento che concede in locazione annua, ed altri 22.000 provenienti  dal reddito di un altro appartamento, che pure concede in locazione annua.
Pertanto i suoi primi 15.000 euro verranno sempre tassati con l'"aliquota base" del 23%, i successivi 13.000 euro verranno tassati  con l'"aliquota corrispondente" al successivo scaglione pari al 25%, mentre gli ulteriori 22.000 provenienti  dal reddito di un altro appartamento verranno tassati  con l'"aliquota corrispondente" al successivo scaglione pari al 35%.
***
In questo modo, tassando "progressivamente" la "ricchezza complessiva" delle persone fisiche:
- si rispetta il principio della singola "capacità contributiva" di ciascun contribuente;
- si "ridistribuisce", sia pure in misura molto limitata, la "diseguale" ricchezza dei vari contribuenti.
.
2) IMPOSTA REALE
Ai fini delle "imposte reali", come l'IMU, invece, non ha alcuna rilevanza che Tizio abbia un singolo appartamento e Caio ne abbia due o tre; magari neanche affittati.
Ed infatti, in tal caso, ponendo che gli immobili siano situati tutti in un Comune dove vige l'aliquota base fissata all'8,6 per mille del "valore catastale" (non del reddito o della rendita) degli immobili singolarmente considerati, sia Tizio che Caio sconteranno su tutti detti immobili l'"imposta proporzionale" pari  all'8,6 per mille del loro singolo "valore catastale" (con le debite rettifiche, su cui qui, per semplicità, non mi soffermo).
Anche se gli immobili fossero 100, l'imposta da pagare su di essi sarebbe sempre pari  all'8,6 per mille del loro "valore catastale"; sarebbe, cioè, sempre strettamente "proporzionale".
Ed infatti, in tal caso, si tiene conto del "valore" delle singole "res", e non del "reddito complessivo" della persona che  possiede gli immobili in questione; il quale verrà tassato "progressivamente" per mezzo dell'IRPEF.
***
Per questo, rendere "proporzionale" anche l'IRPEF, oltre a quanto già detto nel mio topic principale, altererebbe in modo "gravissimo" l'intero impianto del nostro sistema tributario.
.
P.S.
Per semplificare al massimo in discorso, in alcuni punti sono stato "volutamente" un po' impreciso sia sotto il profilo sia giuridico che sotto quello tecnico; però credo di aver reso in modo corretto i concetti di fondo.