L'Europa rimprovera l'Italia a riguardo dell'aborto!

Aperto da giona2068, 11 Aprile 2016, 22:52:17 PM

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Freedom

Citazione di: maral il 19 Aprile 2016, 14:19:19 PMequivale a considerare la madre un mero contenitore a disposizione di volontà superiori del tutto mondane.
Questa equivalenza la rilevi tu ma non mi sembra oggettiva. La mia posizione, che ti vado sinteticamente ad esporre, è la seguente:
Citazione di: maral il 19 Aprile 2016, 14:19:19 PM
Citazione di: Freedom il 19 Aprile 2016, 10:31:46 AM
Trascuri i diritti del nascituro.
E, a dirla tutta, anche quelli del padre.
I diritti del nascituro, che lo si voglia o meno, sono per natura affidati alla madre che lo reca in grembo. Questo significa che è la madre colei che in ogni caso ha il diritto e la responsabilità della decisione, giusta o sbagliata che sia, tenendo conto o meno dei contesti sociali e del padre, poiché non è né la società né il padre che custodiscono in grembo quella creatura e ogni volontà di gestione dall'esterno di quel grembo la trovo assolutamente indebita, equivale a considerare la madre un mero contenitore a disposizione di volontà superiori del tutto mondane.
Semmai le strutture sociali e il padre possono operare affinché la tutela della madre gravida e le prospettive post parto del nascituro siano ottimali, questo è quanto a loro compete secondo responsabilità.
in primo luogo privare il nascituro della vita stessa mi pare una violenza molto grande. Non si tratta di una parte del corpo della madre ma di una nuova vita. Una vita indifesa. Poi, per carità, è evidente che la responsabilità più grande e più profonda spetta alla madre tuttavia, impedire che altri possa partecipare alla decisione, mi sembra ingiusto. Soprattutto nei riguardi del padre. Possibile che tu trovi giusto che quest'ultimo non abbia voce in capitolo? Immagina, che so, una coppia con due figli e la mamma rimane incinta del terzo. I genitori sono in disaccordo: la mamma vuole abortire e il papà no. Ecco, papà non conta niente. Corretto?
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

donquixote

Citazione di: InVerno il 19 Aprile 2016, 15:09:53 PM
Chi ha mai affermato primati, assoluti, della responsabilità individuale? Se la farmacista crede di saperla lunga sulla questione, si faccia promotrice di un disegno di legge e la modifichi. I cosidetti obbiettori di coscienza non si possono sostituire alla legge, la responsabilità individuale può essere ceduta verso la collettività, non verso un altra persona, che peraltro agisce secondo motivazioni di "coscienza" e che nulla hanno a che fare con la sua professione, che è quello di dispensare trattamenti medici se dovuti e richiesti, non di moralizzare o farsi carico delle responsabilità (individuate dalla legge, come individuali). Sarebbe come se si, ci fosse libertà di andare in autostrada ai 200 senza cinture, salvo che poi incontrando polizziotti "obbiettori di coscienza" questi ti facessero la multa anche se quello che stai facendo è permesso dalla legge. E' ovvio che questo sistema se replicato si trasformerebbe in un vulnus legislativo tragicomico e distruttivo dell'ordinamento. Peraltro, dare responsabilità individuali, a volte ha risultati insperati secondo i conservatori, ma effettivi e positivi secondo la realtà, come la legalizzazione delle droghe in Portogallo, che ha praticamente liberato il paese dalla piaga della tossicodipendenza. Giusto per ribattere ai tuoi esempi.

Infatti non hai affermato primati assoluti della responsabilità individuale, ma avresti dovuto farlo per coerenza. Non discuto sulla volontà moralizzatrice della farmacista, che non condivido, ma allo stesso modo non condivido il comportamento di coloro che in autostrada si mettono a 130 sulla corsia di sorpasso e pretendono di voler tener dietro tutti coloro che vorrebbero andare più veloce perché la "legge" dice che a più di 130 non si può andare, e di esempi di questo genere ne potrei fare a decine. Ciò non toglie che indipendentemente da quanto prevede la legge ognuno può consigliare qualcun altro, e l'altro può tenerne conto o meno. Del resto in ogni occasione ci sono esperti di tutti i generi che dispensano ogni sorta di consigli non richiesti, e poi ognuno fa comunque quello che crede.

Per quanto riguarda i medici obiettori di coscienza questi sono espressamente previsti dalla legge (al contrario dei poliziotti da te citati), e se la legge li dovesse obbligare ad intervenire conculcherebbe un loro diritto per salvaguardare quello, sempre individuale, di un altro (il diritto di una donna ad abortire) e non certo un diritto superiore della collettività che non può sicuramente essere quello di eliminare un potenziale nuovo componente della medesima.

Non si comprende comunque, o meglio lo si comprende solo osservando la più totale schizofrenia degli stati moderni, perché mai ad un individuo debba essere lasciata la responsabilità di decidere della vita e della morte di un altro essere umano e non quella di decidere, ad esempio, dove andare a comprare le uova per farsi la frittata, o come deve essere fatto il formaggio o il salume che mangia, o quale debba essere il raggio di curvatura delle banane di cui si ciba, o da chi debba essere costruita la  casa in cui abita, e queste banalissime cose gli debbano invece essere imposte per legge.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

maral

Citazione di: Freedom il 19 Aprile 2016, 15:11:49 PM
in primo luogo privare il nascituro della vita stessa mi pare una violenza molto grande. Non si tratta di una parte del corpo della madre ma di una nuova vita. Una vita indifesa. Poi, per carità, è evidente che la responsabilità più grande e più profonda spetta alla madre tuttavia, impedire che altri possa partecipare alla decisione, mi sembra ingiusto. Soprattutto nei riguardi del padre. Possibile che tu trovi giusto che quest'ultimo non abbia voce in capitolo? Immagina, che so, una coppia con due figli e la mamma rimane incinta del terzo. I genitori sono in disaccordo: la mamma vuole abortire e il papà no. Ecco, papà non conta niente. Corretto?
No, non ritengo giusto che il padre non possa esprimersi, ma ritengo giusto che in ogni caso la decisione ultima spetti alla madre in relazione a quanto la natura o il Creatore ha a lei affidato. Certamente è una violenza molto grande privare della vita il nascituro, ma a mio avviso è una violenza ancora più grande pretendere di sostituirsi alla madre naturale nel decidere su chi solo lei porta in grembo e alimenta attraverso il suo corpo, equivale a ridurla a una macchina incubatrice a disposizione.

InVerno

Citazione di: donquixote il 19 Aprile 2016, 16:39:40 PM
Citazione di: InVerno il 19 Aprile 2016, 15:09:53 PM
Chi ha mai affermato primati, assoluti, della responsabilità individuale? Se la farmacista crede di saperla lunga sulla questione, si faccia promotrice di un disegno di legge e la modifichi. I cosidetti obbiettori di coscienza non si possono sostituire alla legge, la responsabilità individuale può essere ceduta verso la collettività, non verso un altra persona, che peraltro agisce secondo motivazioni di "coscienza" e che nulla hanno a che fare con la sua professione, che è quello di dispensare trattamenti medici se dovuti e richiesti, non di moralizzare o farsi carico delle responsabilità (individuate dalla legge, come individuali). Sarebbe come se si, ci fosse libertà di andare in autostrada ai 200 senza cinture, salvo che poi incontrando polizziotti "obbiettori di coscienza" questi ti facessero la multa anche se quello che stai facendo è permesso dalla legge. E' ovvio che questo sistema se replicato si trasformerebbe in un vulnus legislativo tragicomico e distruttivo dell'ordinamento. Peraltro, dare responsabilità individuali, a volte ha risultati insperati secondo i conservatori, ma effettivi e positivi secondo la realtà, come la legalizzazione delle droghe in Portogallo, che ha praticamente liberato il paese dalla piaga della tossicodipendenza. Giusto per ribattere ai tuoi esempi.

Infatti non hai affermato primati assoluti della responsabilità individuale, ma avresti dovuto farlo per coerenza. Non discuto sulla volontà moralizzatrice della farmacista, che non condivido, ma allo stesso modo non condivido il comportamento di coloro che in autostrada si mettono a 130 sulla corsia di sorpasso e pretendono di voler tener dietro tutti coloro che vorrebbero andare più veloce perché la "legge" dice che a più di 130 non si può andare, e di esempi di questo genere ne potrei fare a decine. Ciò non toglie che indipendentemente da quanto prevede la legge ognuno può consigliare qualcun altro, e l'altro può tenerne conto o meno. Del resto in ogni occasione ci sono esperti di tutti i generi che dispensano ogni sorta di consigli non richiesti, e poi ognuno fa comunque quello che crede.

Per quanto riguarda i medici obiettori di coscienza questi sono espressamente previsti dalla legge (al contrario dei poliziotti da te citati), e se la legge li dovesse obbligare ad intervenire conculcherebbe un loro diritto per salvaguardare quello, sempre individuale, di un altro (il diritto di una donna ad abortire) e non certo un diritto superiore della collettività che non può sicuramente essere quello di eliminare un potenziale nuovo componente della medesima.

Non si comprende comunque, o meglio lo si comprende solo osservando la più totale schizofrenia degli stati moderni, perché mai ad un individuo debba essere lasciata la responsabilità di decidere della vita e della morte di un altro essere umano e non quella di decidere, ad esempio, dove andare a comprare le uova per farsi la frittata, o come deve essere fatto il formaggio o il salume che mangia, o quale debba essere il raggio di curvatura delle banane di cui si ciba, o da chi debba essere costruita la  casa in cui abita, e queste banalissime cose gli debbano invece essere imposte per legge.
Che senso ha valutare una posizione morale, confrontata con il suo assoluto? Davanti a questa ipotesi una posizione morale che prevede che ne so, la castità, sarebbe sensata solo se applicabile in assoluto, il che significherebbe l'estinzione umana in una generazione..ma che ragionamenti sono?

donquixote

Citazione di: InVerno il 19 Aprile 2016, 20:32:02 PMChe senso ha valutare una posizione morale, confrontata con il suo assoluto? Davanti a questa ipotesi una posizione morale che prevede che ne so, la castità, sarebbe sensata solo se applicabile in assoluto, il che significherebbe l'estinzione umana in una generazione..ma che ragionamenti sono?
Una posizione morale è solitamente anche una posizione giusta, o almeno così la ritengono coloro che la condividono; quindi l'assolutizzazione di un comportamento morale diventa automaticamente la pratica dell'assolutamente giusto. E perchè mai non si dovrebbe assolutizzare ciò che si ritiene giusto? Altrove facevo spesso riferimento al principio di realtà, che non dovrebbe mai venire meno quando si discute per evitare il rischio di fare solo fumo: in ottemperanza al medesimo non posso che valutare del tutto fuori luogo l'esempio che hai fatto: dove infatti s'è mai vista una società che prevede la castità per tutti? Nella nostra e in diverse altre la castità è (era) prevista prima del matrimonio oppure per le persone che intendono seguire una vita consacrata, e l'assolutizzazione della castità in questi due casi specifici non porta ad alcuna estinzione. Per tornare al punto si parlava della responsabilità di ognuno di decidere per sé, e nel caso di specie non solo per sé ma anche per la creatura che una donna porta in grembo. Se quello della responsabilità individuale è un principio sacrosanto mi spieghi perchè una donna può decidere di abortire con tiutti i crismi della legge mentre se si costruisce da sola la casa in cui vive la legge la punisce? Ti sembra sensato? Se la responsabilità individuale e la facoltà di decidere per sé si ritiene che sia un principio giusto dovrebbe essere applicato in modo totale, ma se invece non lo si ritiene tale (e il "protezionismo" dello stato e delle istituzioni nei confronti dei cittadini porta certamente a pensare che sia così) allora lasciare alla libera decisione individuale una faccenda come l'aborto è pura follia.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

#20
Citazione di: donquixote il 19 Aprile 2016, 21:34:56 PM
Citazione di: InVerno il 19 Aprile 2016, 20:32:02 PMChe senso ha valutare una posizione morale, confrontata con il suo assoluto? Davanti a questa ipotesi una posizione morale che prevede che ne so, la castità, sarebbe sensata solo se applicabile in assoluto, il che significherebbe l'estinzione umana in una generazione..ma che ragionamenti sono?
Una posizione morale è solitamente anche una posizione giusta, o almeno così la ritengono coloro che la condividono; quindi l'assolutizzazione di un comportamento morale diventa automaticamente la pratica dell'assolutamente giusto. E perchè mai non si dovrebbe assolutizzare ciò che si ritiene giusto? Altrove facevo spesso riferimento al principio di realtà, che non dovrebbe mai venire meno quando si discute per evitare il rischio di fare solo fumo: in ottemperanza al medesimo non posso che valutare del tutto fuori luogo l'esempio che hai fatto: dove infatti s'è mai vista una società che prevede la castità per tutti? Nella nostra e in diverse altre la castità è (era) prevista prima del matrimonio oppure per le persone che intendono seguire una vita consacrata, e l'assolutizzazione della castità in questi due casi specifici non porta ad alcuna estinzione. Per tornare al punto si parlava della responsabilità di ognuno di decidere per sé, e nel caso di specie non solo per sé ma anche per la creatura che una donna porta in grembo. Se quello della responsabilità individuale è un principio sacrosanto mi spieghi perchè una donna può decidere di abortire con tiutti i crismi della legge mentre se si costruisce da sola la casa in cui vive la legge la punisce? Ti sembra sensato? Se la responsabilità individuale e la facoltà di decidere per sé si ritiene che sia un principio giusto dovrebbe essere applicato in modo totale, ma se invece non lo si ritiene tale (e il "protezionismo" dello stato e delle istituzioni nei confronti dei cittadini porta certamente a pensare che sia così) allora lasciare alla libera decisione individuale una faccenda come l'aborto è pura follia.
Un cosiddetto "principio di realtà" dovrebbe essere esattamente quel principio che frena l'assolutizzazione di una posizione morale aprioristicamente, che realisticamente appunto non è mai giusta "di per se" ma se relazionata a diversi fattori, che nella sua versione "assoluta" possono venire meno. Almeno cosi la intendo io. Detto questo, e lasciando perdere l'esempio della castità che è solo uno degli infiniti esempi possibili, inutile perniciare su questo, ribatto a quello sotto. E' molto semplice guarda, il principio antico è "la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri". Il feto non è considerato un "altro" essere umano. La persona che passa sotto la tua casa che gli crolla in testa, si. E ci risiamo: il feto di X mesi è un essere umano? Io non voglio rispondere, dico solo chi non vorrei rispondesse al posto mio nell'atto legiferativo: astrologi, giardinieri, allevatori, ingegneri, preti, astrofisici,  vigili urbani.. etc etc, nella mia lunga lista (incompleta) ci sono anche io, e tu?

maral

#21
Citazione di: donquixote il 19 Aprile 2016, 14:51:54 PM
Sarebbe anche corretto, però, che chi si fa forte di argomenti come questi e come quello più sopra avesse anche il buon gusto di portarli alla logica conclusione.
Se una persona viene ritenuta talmente responsabile dalla legge da consentirgli di  decidere della vita e della morte di un altro essere, a maggior ragione dovrà poterle essere consentito di drogarsi liberamente, di andare in auto a duecento all'ora e senza cinture allacciate, oppure in moto senza casco... dovrà essere talmente responsabile da riconoscere a distanza una Wanna Marchi e non farsi truffare, e se dovesse capitare non dovrebbe lamentarsi con lo stato e pretendere che la legge corra in suo soccorso. E chi afferma il primato della responsabilità individuale abbia il coraggio di contestare le leggi che la limitano, quali che siano, e non avalli ad esempio tutte quelle migliaia di leggi sui controlli alimentari, o dei giocattoli destinati ai bambini, e rifiuti in linea di principio qualsiasi intrusione dello stato nella vita altrui. Se tutti sono ritenuti responsabili al punto di poter decidere se uccidere o meno un altro essere umano, e se in particolare questa responsabilità è demandata alla sola madre, perché allora lo stato si intromette se una madre decide di uccidere il proprio bimbo di due o tre anni, che fino a prova contraria dipende ancora totalmente da lei quasi come se fosse ancora nel suo grembo?
Ognuno pensi e decida quel che vuole, ma almeno sia coerente, e risolvere tutti questi problemi attraverso la ributtante ipocrisia di non attribuire la qualifica di essere umano ad un feto passibile di aborto secondo la legge è francamente insopportabile.
No, mi pare che la situazione di un feto che dipende interamente e direttamente dalla madre, che fa parte del suo corpo perché è nel suo corpo, e tutte le altre, compresa quella di un bambino appena nato che non è più nel corpo della madre, ma nascendo si trova già partecipe, esposto come oggetto diretto di un contesto sociale, sia assai diversa. Con questo non voglio dire che il contesto sociale debba essere escluso nel caso del feto, ma che la responsabilità di questo contesto è in primo luogo verso la madre, perché è la madre che è direttamente esposta alla dimensione sociale nelle sue scelte e azioni. Dunque chi, dal di fuori, si preoccupa della vita dei nascituri (per ragioni religiose o meno), dovrebbe interessarsi del contesto sociale per renderlo favorevole affinché la madre possa scegliere per la vita dell'essere che porta in grembo (e così dovrebbe essere per il padre, poiché questo è il suo compito principale finché il figlio è nel grembo materno: tutelare e proteggere comunque la madre che lo porta, riconoscendola nella sua assoluta dignità di unità vivente). E sinceramente, non per essere provocatorio, ma io credo che il buon Dio nel far sì che tra gli umani fosse un individuo femminile il diretto responsabile della vita dell'essere che porta in grembo, e non un'istituzione scientifica, politica o religiosa ha fatto la cosa di gran lunga migliore che mai potesse essere fatta.
Devo però ammettere che con i progressi delle scienze biologiche, con quello che esse possono ormai fare sull'ontogenesi, tutto questo mio discorso rischia di venire a cadere di senso. Alla fine la gestante potrà essere davvero una pura e semplice macchina e, dato che le macchine non hanno responsabilità, ma devono solo funzionare, la scelta sarà tutta in capo ai soli tecnici che le gestiscono (finché le gestiranno) secondo programma e ogni discorso religioso o etico sarà solo una vecchia favola per bambini, compresa la coscienza con tutte le sue lecite o illecite obiezioni.

acquario69

Citazione di: maral il 20 Aprile 2016, 13:42:43 PM
tutto questo mio discorso rischia di venire a cadere di senso. Alla fine la gestante potrà essere davvero una pura e semplice macchina e, dato che le macchine non hanno responsabilità, ma devono solo funzionare, la scelta sarà tutta in capo ai soli tecnici che le gestiscono (finché le gestiranno) secondo programma e ogni discorso religioso o etico sarà solo una vecchia favola per bambini, compresa la coscienza con tutte le sue lecite o illecite obiezioni.
io non penso affatto che siano favole per bambini,a me sembra esattamente il contrario.perché tolte quelle (che appunto favole non sono) non resterà infatti più nulla e privati di coscienza equivale a non esserci,come morti..il che sarà logica conseguenza l'estinzione.

e allora si (anche se sarà troppo tardi) che si potrà constatare chiaramente chi erano i bambini e le loro favole mortifere

Freedom

Ho l'ardire di tentare una sintesi conclusiva. Anche perché dovrebbe essere il risultato finale di ogni argomento trattato. Almeno per quelli che non rientrano nei massimi sistemi..... :) 

Secondo me il diritto alla vita del nascituro deve prevalere sulle pur comprensibili istanze della madre. Faccio una grande fatica a dirlo perché, lo dico con onestà intellettuale, nel referendum del 1981 votai per la NON abrogazione della legge. Cioè in favore dell'aborto.

Pur tuttavia oggi ritengo che il nascituro abbia l'inviolabile diritto alla vita. Se poi penso al fatto che è totalmente indifeso la mia convinzione si rafforza. Inoltre ritengo che il padre DEBBA ripeto DEBBA avere voce in capitolo. Mi piace immaginare, per esempio, una situazione nella quale la madre, una volta messo alla luce il bambino, lo dà al padre che se occuperà. Mentre lei non lo farà. In generale ritengo corretto riconoscere alla madre il diritto di non occuparsi del nascituro.

Penso anche che una civiltà che non riconosce questa, a mio giudizio incontrovertibile verità cioè la difesa della vita SEMPRE E COMUNQUE, non è una civiltà che avrà una grande prospettiva. Insomma la vita è il valore numero uno. Superiore a qualunque altro.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

InVerno

Io sono d'accordo sia con Maral che con Freedom(è possibile?). Aggiungo però due cose
- Trovo assolutamente rivoltante, che gli stessi che sono contrari all'aborto (e non parlo di persone in questo forum, parlo di società in generale), sono contrari allo stesso tempo, o comunque ostacolano attivamente, l'educazione sessuale e l'uso dei contraccettivi. Una società dove l'educazione sessuale è lasciata al mistero (o nei migliori dei casi al porno), che ostacola l'uso dei preservativi, e anche quello dell'aborto..non so, comincio ad essere malizioso su chi propugna questa tripletta, perchè il risultato è ovvio, e ad un certo punto uno comincia a pensar male..
- Altresi non capisco perchè quando si parla di aborto si da sempre per scontato di parlare di un feto sano e pimpante, mentre accade più spesso di quanto si creda che si parli invece di un feto con gravi malformazioni, ed una coppia che non ha deciso "per sport" di abortire, ma perchè ha fatto una lunga riflessione su se stessi, e magari anche sugli altri (perchè poi questi genitori hanno bisogno dell'aiuto di tantissime persone, e non parlo solamente del SSN a cui sono felice di pagare le tasse anche perchè aiutino queste persone)
- Ci sono autorevoli studi che mettono in chiaro che una società dove la donna ha controllo del suo corpo, e la filiazione è un atto scientemente scelto e controllato è una società che si solleva, anche dalla povertà più bieca. Ho sentito spesso parlare di questo a riguardo di Africa.. e qui mi ricollego al punto uno e a quale propaganda viene fatta in Africa riguardo il controllo delle nascite dagli stessi che un giorno son "volontari" e l'altro "anti-tutto (aborto, contraccettivi, educazione)".

and1972rea

Citazione di: maral il 18 Aprile 2016, 22:50:42 PM
E chi dovrebbe cristianamente decidere in merito se non la madre, colei che porta nel suo grembo quella vita a lei affidata? Forse i preti o i vescovi che non porteranno mai in grembo loro vita alcuna? In nome di chi pretendono di parlare costoro? Non è forse Dio che ha affidato per natura alla madre (e non certo al prete) la vita della sua creatura?
Per quanto riguarda l'uccisione degli innocenti, la storia ci insegna ampiamente che qualsiasi istituzione laica o religiosa che fosse, non ha mai avuto alcuno scrupolo a sacrificarne la vita ai propri interessi, ci fosse o meno l'anticristo sotto.
Poi se i medici anti abortisti confidano nella santità della loro posizione, non saranno certo turbati da una piccolezza mondana come il  venire esclusi dall'impiego nel settore pubblico per porre in atto le loro scelte di fede, anzi!
Credo che lo Stato laico abbia innanzitutto il dovere di difendere il più debole all'interno di quel recinto di regole (che delimitano il gioco competitivo e a volte duro fra le libertà individuali )sulle quali si fonda il patto sociale di coloro che vogliono vivere gli uni insieme agli altri in modo pacifico e costruttivo; se nei patti di quelle persone ci debba essere o meno il diritto di difendere alcuni deboli a discapito di altri deboli presunti meno meritevoli, bé , questa è una decisione che diventa fondamento di un certo tipo di società piuttosto che di un altro. Io , personalmente, preferirei vivere nella comunità degli uomini che difendono e coltivano la vita fin dal suo principio,e che preferiscono il male minore di chi ha un poco di più rispetto al male peggiore di chi non ha null'altro che l'intera propria vita racchiusa in un fragissimo principio del proprio corpo.

maral

#26
Citazione di: and1972rea il 24 Aprile 2016, 13:38:09 PM
Credo che lo Stato laico abbia innanzitutto il dovere di difendere il più debole all'interno di quel recinto di regole (che delimitano il gioco competitivo e a volte duro fra le libertà individuali )sulle quali si fonda il patto sociale di coloro che vogliono vivere gli uni insieme agli altri in modo pacifico e costruttivo; se nei patti di quelle persone ci debba essere o meno il diritto di difendere alcuni deboli a discapito di altri deboli presunti meno meritevoli, bé , questa è una decisione che diventa fondamento di un certo tipo di società piuttosto che di un altro. Io , personalmente, preferirei vivere nella comunità degli uomini che difendono e coltivano la vita fin dal suo principio,e che preferiscono il male minore di chi ha un poco di più rispetto al male peggiore di chi non ha null'altro che l'intera propria vita racchiusa in un fragissimo principio del proprio corpo.
Ma la vita nel suo principio, per quanto possa dispiacere al contesto sociale che vorrebbe farne una questione propria, è affidata alla madre. Questo nel senso che quella vita non è scindibile dal corpo vivente della madre in cui quell'esistenza si esprime e per corpo vivente intendo non solo la funzione biochimica, ma soprattutto il modo di sentire della madre. Non siamo in presenza di un contenitore biologico e di un contenuto concepibile in modo separato, ma di un'unità biologica e psichica che la società con le sue regole (e il padre che in un certo qual modo dovrebbe rappresentarla) può tutelare solo nella sua interezza e unicità, riconoscendo pienamente l'unità di madre-figlio. Quando il bambino nasce e l'unità primigenia si scinde, allora alla competenza materna si dovrà aggiungere quella sociale che diventerà sempre più importante mano a mano che il bambino acquisisce l'autonomia di un soggetto sociale. E purtroppo questo spesso non accade, perché quella stessa dimensione sociale (paterna) che tanto vuole predicare su ciò che non è di sua diretta competenza, poi si arresta nell'indifferenza di un sine cura verso ciò che invece le dovrebbe effettivamente competere: costruire un soggetto in grado di interagire socialmente nel rispetto della sua individualità e differenza.

and1972rea

Citazione di: maral il 30 Aprile 2016, 07:46:56 AM

Ma la vita nel suo principio, per quanto possa dispiacere al contesto sociale che vorrebbe farne una questione propria, è affidata alla madre. Questo nel senso che quella vita non è scindibile dal corpo vivente della madre in cui quell'esistenza si esprime e per corpo vivente intendo non solo la funzione biochimica, ma soprattutto il modo di sentire della madre. Non siamo in presenza di un contenitore biologico e di un contenuto concepibile in modo separato, ma di un'unità biologica e psichica che la società con le sue regole (e il padre che in un certo qual modo dovrebbe rappresentarla) può tutelare solo nella sua interezza e unicità, riconoscendo pienamente l'unità di madre-figlio. Quando il bambino nasce e l'unità primigenia si scinde, allora alla competenza materna si dovrà aggiungere quella sociale che diventerà sempre più importante mano a mano che il bambino acquisisce l'autonomia di un soggetto sociale. E purtroppo questo spesso non accade, perché quella stessa dimensione sociale (paterna) che tanto vuole predicare su ciò che non è di sua diretta competenza, poi si arresta nell'indifferenza di un sine cura verso ciò che invece le dovrebbe effettivamente competere: costruire un soggetto in grado di interagire socialmente nel rispetto della sua individualità e differenza.
Ma il corpo vivente della madre non potrebbe a sua volta sussistere né fisicamente, né moralmente, se scisso dal corpo della società,  la quale , quindi, alla fine, é la sola a poter decidere sia della vita della madre che di quella del figlio. La madre , se astratta da un qualsiasi consorzio di persone, sarebbe destinata all'annientamento sia morale che fisico, il suo bene diviene giocoforza soggiogato al patto sociale cui essa decide di aderire. La vita nel suo principio , in ultima analisi, è affidata al corpo della società in cui il corpo della madre vive e si nutre di ogni bene fisico e morale dentro e oltre le proprie necessità.

maral

Certo, la vita della madre è determinata dal contesto sociale in cui vive (e questo vale per qualsiasi nostro atto), ma è essenziale che la società riconosca questa vita di madre che è lei a esercitare in quanto è lei a portare in grembo il figlio la cui vita è parte della sua vita, non il medico che l'assiste, non il prete, non "la società". La società allora abbia a cura la madre e abbia cura della sua scelta che la sua vita, socialmente condizionata, a sua volta determina. Il patto sociale consiste in questo, non nella prevaricazione a vantaggio della componente più astratta e quindi più potente.

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