Ius soli o ius sanguinis ?

Aperto da doxa, 18 Giugno 2017, 17:11:25 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

doxa

#90
L'altro giorno alla Camera dei deputati  c'è stata la noiosa, ripetitiva, stantia  cerimonia del  regalo del "ventaglio" a Laura Boldrini prima della pausa estiva. La presidente  o presidentessa della Camera davanti alle telecamere con voce solenne ha esternato il  "Boldrini-pensiero" sui migranti, per informarci che lo "ius soli" (= "diritto del suolo"; acquisizione della cittadinanza come causa del fatto di nascere sul suolo di uno Stato, indipendentemente dalla cittadinanza  dei genitori),  è "necessario" e va approvato entro la fine della legislatura, pena il montare della rabbia popolare".

Credo che questa donna sia scollegata dal Paese e dalla realtà. La Boldrini "soffia sul fuoco" con la sua affermazione: "senza ius soli ci sarà rabbia". Rabbia di chi ? dell'estrema sinistra ? O della presidente della Camera ?  E continua: "Integrazione oppure alimentiamo il risentimento". Risentimento di chi ? Degli stranieri o di parte del popolo italiano ?  

Inoltre, ha detto:  "Mi auguro che venga approvato entro la fine di questa legislatura perché è giusto e necessario. Rimandarlo sarebbe un torto. Che, come tutti i torti, non porta bene" .
Non porta bene alla Boldrini alle prossime elezioni politiche ? O al popolo italiano, che per la maggior parte se ne frega di questo problema ? Strana questa minaccia da parte della terza carica dello Stato, la quale "informa": "La cittadinanza che cos'è, se non lo strumento principe per l'integrazione ? Impedire a chi nasce in un paese di essere cittadino è impedire l'integrazione che è strumento di sicurezza. Senza dare a queste persone la possibilità di sentirsi parte di una società, alimentiamo, rabbia, risentimento, senso di esclusione.

Eppure mi sembra che in Francia ed in Inghilterra a numerosi figli di immigrati di seconda e terza generazione, nati in Francia o in Gran Bretagna e di cultura musulmana, non basta la cittadinanza per vincere l'utopia jihadista.

Mi domando chi verrebbe assalito da attacchi d'ira se lo ius soli come lo vuole il PD non dovesse essere approvato ? Neppure gli irriducibili boldriniani si strapperebbero le vesti !

L'attuale legge italiana fissa a 18 anni il momento in cui un ragazzo nato da genitori immigrati può chiedere di diventare cittadino italiano. Questa legge può essere rielaborata ma non stravolta, come vuole il PD. Sarebbe le legge più permissiva d'Europa. L'Italia diventerebbe il distributore automatico di passaporti e di cittadinanza, anche europea, con tutto quel che ne deriva in fatto di immigrazione selvaggia.  

Da una parte il premier Gentiloni e il ministro dell'interno  Minniti girano l'Europa minacciando di chiudere i porti italiani alle navi che sbarcano i migranti perché non ce la facciamo più, dall'altra la presidente della Camera che nega l'emergenza ed invita a tenere le porte aperte agli immigrati, che vuol far diventare italiani. Come spiegare questi contrasti  alle altre nazioni europee ?

Anche in Francia si discute lo ius soli,  ma senza l'urgenza tattico-politica che c'è nella sinistra italiana, o meglio cattocomunista, che non sa cos'è il pragmatismo e continua a rincorrere le chimere.

L'automatismo nell'acquisizione della cittadinanza è un principio difendibile ?  Credo che gli stranieri la cittadinanza se la debbano meritare. Non basta nascere in Italia per diventare italiani. Devono aver voglia di essere italiani, devono manifestare il desiderio di far parte della nazione. Serve l'educazione, la conoscenza della nostra lingua, l'adesione alle nostre  leggi ed ai nostri valori, all'insieme dei diritti e doveri.

La nazionalità non deve essere solo un'eredità ma anche un merito. Non basta solo essere nato in uno Stato. Invece ci sono figli di immigrati che pretendono di ottenere la nazionalità per principio, senza chiederla. Per loro i diritti precedono i doveri.
L'automatismo può diventare un'esca per decine di  migliaia di migranti economici. Il loro arrivo per mare è un modo per forzare la mano all'Italia e all'Europa.

E' determinante tenere separata la logica della compassione da quella della responsabilità. E' importante distinguere i rifugiati politici dagli immigrati economici. Purtroppo in Italia questo criterio non c'è per motivi politici e religiosi, con l'imprimatur di papa Francesco.

doxa

#91
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, ma anche storico e politico, ha pubblicato oggi, 21-7-2017, sul "Corriere della Sera" un articolo titolato: "Il rinvio dello ius soli è una sconfitta per i cattolici", dal quale si ha la conferma della trama politica della Chiesa cattolica in combutta col PD ed altri partiti di sinistra in favore dei migranti. E si capisce la fretta di Renzi, della Boldrini e dei cattocomunisti a far votare la legge.

Questo è il testo dell'articolo di Andrea Riccardi: "Il rinvio della legge sullo ius soli è una sconfitta non solo per il premier Paolo Gentiloni o per Matteo Renzi, ma anche per la Chiesa, la sua leadership e i soggetti cristiani del paese. Su questo bisognerebbe riflettere. Ma, prima di addentrarsi nella questione, un'osservazione non solo lessicale: perché parlare di ius soli? La legge non tratta di ius soli com'è invalso dire, ma piuttosto di ius culturae. Riconosce la cittadinanza al bambino che ha seguito cinque anni di scuola o al nato, figlio di straniero se possiede un lungo permesso di soggiorno. Parlare di ius soli amplifica la portata della legge. E' la terminologia inappropriata imposta dagli oppositori nel dibattito.

Al di là di questa precisazione, il mondo cattolico teneva molto all'approvazione della legge. Francesco aveva firmato, in modo insolito per il papa, un appello per la cittadinanza ai bambini. Il presidente della Cei, card. Bassetti, e il segretario, mons. Galantino, ne hanno parlato pubblicamente. Quest'ultimo ha denunciato «gazzarre ignobili in aula». E' pure intervenuto il Sostituto della Segreteria di Stato, Angelo Becciu. Si è sentita con chiarezza la parola del card. Bagnasco. L'Avvenire ha puntualmente insistito, parlando correttamente di ius culturae.

Ne sono nate polemiche, ad esempio con la Lega che raccomandava ai vescovi di occuparsi degli italiani poveri e non degli stranieri. Non sono state solo posizioni di vertice, ma c'è un «popolo» cospicuo di cattolici (e non) in favore, che tra l'altro hanno sostenuto in questi anni una parte importante dell'integrazione e dell'accoglienza. Tuttavia non ha significato molto come ricadute concrete sulla volontà del legislatore e anche come mobilitazione.

Sono lontani, anche per scelta della Chiesa, i tempi in cui il card. Ruini, teneva sul tavolo la mappatura dei parlamentari e li seguiva sulle leggi «calde» per la Cei. Dal 2011, Benedetto XVI, anche forte di un rapporto con il premier Mario Monti (da lui molto stimato), aveva lasciato cadere alcuni aspetti della costruzione ruiniana che esercitava un'influenza diretta sulla politica, dopo la fine della mediazione della Dc. Papa Francesco ha inaugurato una nuova stagione, convinto che la Chiesa non è un partito politico e che un partito cattolico non è necessario, ma invitando i cattolici a impegnarsi in politica. La domanda, però, non riguarda il modello dei rapporti tra Chiesa e politica, bensì questioni concrete come una legge così a cuore ai cattolici e al papa. Il distacco da quelli che venivano chiamati «i giorni dell'onnipotenza» (alludendo a Pio XII) porta al tempo dell'irrilevanza? Assai spiacevole, quando si tratta di bambini e vite umane. Forse la parola e l'impegno dei cattolici restano solo una mera esortazione o una testimonianza?

Non tutti i cattolici poi sono d'accordo con le priorità della Cei. Non solo i tradizionalisti, che vedono all'orizzonte un'invasione islamica. Spesso quei cattolici che, in passato, facevano volentieri riferimento alla Cei o che si spendevano in difesa dei «valori non negoziabili»: sono, con l'appoggio di taluni ecclesiastici, cristallizzati nella critica al papa, accusando la Chiesa di deriva sociale. Se ne potrebbe parlare come nuovi «cattolici adulti», anche se non gradirebbero questa definizione che fu applicata piuttosto ai cattolici democratici. In passato era stata richiesto dalla Chiesa, in qualche modo, a tutti di difendere e farsi carico di alcune posizioni cattoliche. Ma si potrebbe dire oggi con don Milani (pur in altro senso): «l'obbedienza non è più una virtù». Che sta succedendo? Certo si verifica un'assenza di comunicazione tra cattolici, accompagnata dalla mancanza di dibattito che non sia quello insultante e polemico. Al convegno ecclesiale di Firenze, fu lanciata la proposta di metodo «sinodale», ma poco è avvenuto, anzi la frammentazione si è cristallizzata e nel mondo cattolico non c'è confronto.


Da un punto di vista politico, la vicenda della legge sulla cittadinanza si è misurata con Ap di Angelino Alfano, il quale ne ha ottenuto il rinvio. Gran parte dei suoi parlamentari è contrario non solo per questioni di principio ma per vicinanza alla destra. Non si capisce come Ap possa accreditarsi quale centro di ispirazione cattolica, quando non ha sintonia con il sentire di questo mondo. Si discute ancora sull'idea di un centro, in cui sarebbe più forte la presenza politica dei cattolici, ma non se ne vedono la realizzazione e l'identità culturale. Lo scarso rilievo sulla legge per la cittadinanza — non la sconfitta che presuppone una vera battaglia combattuta — potrebbe far meditare i cattolici sulla cultura della mediazione (risalente a Montini), che si poneva il problema dei contenuti, dei metodi e delle collaborazioni necessarie per cambiare la società. Non per contare confessionalmente, ma per evitare diritti infranti e delusioni di una parte, non così minoritaria del paese. Se non c'è una cultura, variegata certo, di carattere sociale e politico, i cattolici e la Chiesa restano confinati alla categoria dell'esortazione o della testimonianza".

Discussioni simili (1)