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Integralismo Islamico

Aperto da Mariano, 31 Ottobre 2020, 11:08:37 AM

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InVerno

Citazione di: anthonyi il 03 Novembre 2020, 17:21:25 PM
è proprio per questo che io la considero una forma di violenza, uno sfogo che magari a volte è utile socialmente perché è alternativo ad altre forme di sfogo violento, assai più pericolose.
Ma come tutte le forme di violenza ha anche meccanismi di trascinamento, non dovremmo dimenticare il ruolo che ha avuto, tra le due guerre, la satira-propaganda contro altri popoli europei a favorire la guerra tra loro.
Il connubio tra satira e violenza è così indissolubile che quasi mi verrebbe da consolidarlo in equazione biunivoca, la storia testimone. Tutto cominciò con la pubblicazione del libro satirico "La mia risata" di Adolf Hitler, dove lo stesso si divertiva a fare battute di bassa lega sul fatto che il naso degli ebrei si bagnava quando bevevano la zuppa, e che la barba degli ebrei era così lunga che vi inciampavano da soli. Nacque da lì un famoso circolo di cabarettisti vestiti di nero, le SS, acronimo per "Stiamo Sbellicandoci", che si riunivano alla sera disegnando vignette sui gay, e battute sugli zingari. Nel frattempo, preso dall'invidia, il cosidetto "uomo dalla battuta di ferro" creò dei circoli di satiriasi forzata nelle lande estreme siberiane, dove gli invitati erano costretti a costruire vignette sugli orsi e scherzi sul lavoro, tutti battevano i denti, non si capiva se per il freddo o per le risate.In entrambe le nazioni la satira era libera e non censurata, anzi, venivano elargiti profumati emolumenti per chi facesse la parodia più tagliente del leader o dell'ideologia nazionale, la polizia era incaricata di cercare le vignette più simpatiche e mandare in viaggio premio i commediografi. La satira non conobbe più fausti così elevanti, ma a sprazzi si ripresentò in sudafrica durante  l'apartheid, in Cina durante il "grande balzo", e nei famosi campi di reclutamento comici di Bin Laden, ancora oggi sopravvive in Nord Korea sulla rivista "In pasto ai cani - storie di satiri di successo". Erdogan, che possiede entrambi i tratti tipici dell'autoironia (essere di destra e religioso) starà sicuramente preparando qualche battutaccia delle sue..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

baylham

Qualunque posizione religiosa e politica e ordine da esse derivanti necessita della forza e della violenza delle istituzioni per mantenersi, ateismo compreso.
L'ordine e le istituzione politiche migliori sono quelli che consentono la massima libertà agli individui, soprattutto la libertà di espressione. Le religioni tradizionali non sono in grado minimamente di garantire questa libertà, come la storia ha dimostrato, esprimono valori inaccettabili in qualunque società minimamente umana.

Certamente esistono dei limiti anche alla libertà di espressione, soprattutto quello di cercare di non limitare, infastidire l'altrui libertà. Le vignette satiriche furono pubblicate su una rivista, nessuno era obbligato a comprarla e a leggerla, il lettore era ben consapevole del genere di contenuti che avrebbe trovato.

Nella religione, nella politica, nell'arte, nella filosofia ci sono cose culturalmente, intellettualmente alte e basse, belle e brutte, così come ci sono nell'ironia, nell'umorismo, nella satira. La satira, comicità, ironia stupida, brutta è controproducente per chi la fa.

Ipazia

In ogni caso un dio che ha bisogno di tagliagole e piromani per tutelare il suo onore é la cosa più satirica che si possa immaginare. Battesse mai un colpo personalmente mostrando che non è soltanto un dio immaginario. Hai voglia poi a prendertela coi satirici dopo averli invitati a nozze.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

#48
Citazione di: Mariano il 03 Novembre 2020, 19:06:01 PM

Salve viator, hai perfettamente ragione notando che ho utilizzato confusamente i termini "etica" e "morale", ma mi sembra che anche tu, indipendentemente da approfondimenti filosofici che anch'io non sono in grado di fare, fai una gran confusione.
Indagando sul vocabolario Treccani ritengo però di capire che comunemente sono termini considerati sinonimi.
In ogni caso è vero, si tratta di buon senso comprendere che un delinquente che mostra in pubblico comportamenti morali è semplicemente un ipocrita.
Ricambio i saluti.

Salve Mariano. La "confusione" che ti  - e mi - attribuisci non è dovuta a noi ma appunto alla cultura corrente, visto che addirittura la "Quattrogatti" (vedere a quali tragici livelli è giunta la cultura italica) è fonte di osceno fraintendimento. Alla faccia di chi mi fa regolarmente notare che le fonti del sapere e del linguaggio sarebbero dizionari, enciclopedie etc.

Quando parlo di delinquenti, etica e morale, non lo faccio per evidenziare l'ipocrisia del delinquente ma solo per dimostrare come appunto l'etica sia cosa in sè profondamente diversa dalla morale. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

Citazione di: Jacopus il 03 Novembre 2020, 19:24:36 PM
Per Davintro. La metafora del funerale non regge. La satira si esercita in luoghi specifici ad essa dedicati. Se vai su Lercio non ti puoi aspettare un passo teologico serio. E su Lercio ci puoi andare e non andare, per il funerale non hai scelte e chi satireggerebbe in quel contesto meriterebbe come minimo degli insulti.
Ma vediamo la cosa dalla prospettiva opposta. Io potrei benissimo sentirmi infastidito e offeso dal fatto che una setta condiziona la mia vita, occupando posti di lavoro, condizionando norme sociali, dividendo il mondo in "buoni e cattivi", propagando idee fantasiose che distolgono dai veri problemi. Chi decide "chi offende chi" e "come offende chi offende chi"?
In realtà sono le idee granitiche, quelle che richiamano l'Uno, come vengono riassunte in modo esemplare da Adorno, a essere suscettibili e permalose.  Le idee intelligenti sono quasi sempre autoironiche o perlomeno dubitano di sé  stesse. L'Uno di Adorno ha assunto forme molto diverse, Dio, Stalin, Luigi XIV, lo Stato moderno, la Fabbrica, l'Esercito. E tutti alla fine hanno chiesto e richiedono un tributo di sangue. Il sangue è il corrispettivo dell'Uno. Solo se uccidi e non hai paura di morire, vivi nell'Uno.
Molte sono le cose che non apprezzo di questa attuale società ma la libertà di opinione e di satira non ha prezzo e si porta appresso anche il benessere.
Probabilmente abbiamo dimenticato i tempi precedenti a questa libertà. Ricordo che una decina di anni fa, quando imprecavo liberamente contro Berlusconi, mio suocero mi diceva sottovoce di stare attento, di non sparlare così, perché non si sa mai. In ciò rievocava olio di ricino e delitto Matteotti. Non vorrei condurre tutto ad una reductio ad hitlerum, ma il succo della faccenda è sempre quello. Dentro di noi, ognuno di noi c'è un piccolo Hitler, che la vita, gli incontri, il destino, fa crescere oppure  miniaturizza. La libertà di satira fa parte di quegli strumenti che rimpiccioliscono l'Uno, lo rendono umano. Ed infatti quell'Uno fu superato per la prima volta dagli antichi Greci, che adoravano degli dei molto umani. Fummo poi ributtati indietro per un paio di millenni e solo negli ultimi 70 anni godiamo di una libertà degna di questo nome.
Pertanto, viva la reciproca libertà di satira. Satireggiate pure l'uomo laico e agnostico. Ve ne sarà grato e non vi terrà il broncio.


Alcuni appunti in ordine sparso. Per quanto riguarda il dover andarsi a cercare la satira in luoghi predisposti, direi che l'onnipervasità dei mass media nel nostro più intimo quotidiano renda quasi completamento vano l'evitare (volendolo evitare) di imbattersi in contenuti satirici. Basta aprire google per fare una ricerca, entrare in un social per una qualsivoglia ragione, accendere la Tv per trovarsi la condivisione di un link, un avviso di breaking news, un programma tv in cui trovare elementi satirici più o meno offensivi anche senza "andarseli a cercare". La vignetta di Charlie Hebdo sulle tre Persone della Trinità che fanno la orgia non me lo sono certo andata a cercare, me la sono trovata, e ancora sento la rabbia di fronte, non tanto per l'offesa alla fede cristiana (che personalmente non ho), ma per la grossolanità, l'ignoranza teologica e filosofica, di un gruppo di persone che, con tutta probabilità non sanno che alla Trinità hanno creduto figure di un'intelligenza smisurata come S.Agostino o S.Tommaso d'Aquino, relegandola alla stessa stregua di una favoletta per bambini. Considerando tutto ciò, l'analogia col funerale non è poi così campata per aria. Circa il punto centrale della discussione, è proprio una posizione relativista (quantomeno presentata come tale, dato che sussiste sempre l'argomento per cui il principio di tolleranza a cui il relativista si ispira dovrebbe nella sua ottica essere assunto come valore fondativo di tutti gli altri, autocontraddicendosi come tale, ma non vorrei riaprire anche qua il discorso sulle aporie del relativismo, già ampiamente dibattuto in tante altri discussioni più attinenti) quella che rigetta ogni Assoluto di valore, che dovrebbe tener conto del decentrarsi empatico di cui parlavo, cioè del mettersi nei panni di un credente, che esprime una sensibilità e un sistema di valori diverso, prima di mettersi in condizione di offenderli. Altrimenti si cade in una sorta di rispetto della libertà unilaterale: da un lato il relativista, l'ateo, l'agnostico rivendica la libertà di far satira nei modi che individualisticamente ritiene migliori, e al tempo stesso impone al fedele a rassegnarsi a vedere dileggiati i valori in cui crede con il disagio psicologico che ciò comporta, e verso cui al satirico sembra non interessare. Contrariamente alle premesse di partenza a cui il relativista dice di attenersi, apertura alla molteplicità dei diversi punti di vista, in realtà è solo il suo punto di vista unilaterale a tener banco: "dato che per me Dio non ha un significato valoriale posso tranquillamente irriderlo, non importa cosa sentano gli altri". E a nulla vale l'invito "Satireggiate pure l'uomo laico e agnostico": è una concessione sterile, in quanto la grande maggioranza dei credenti non ha, probabilmente, alcun interesse a rispondere con le stesse armi della satira alle offese, magari vuole semplicemente essere lasciata in pace a vivere la propria fede, senza entrare in conflitto con chi la pensa diversamente, non saprebbe che farsene di questa concessione. E ciò si svela nell'ultima frase del messaggio "Ve ne sarà grato e non terrà il broncio": insomma la reciprocità dello sberleffo non viene accettata dal laico/agnostico per porsi, nobilmente, in un'ottica di rispetto egualitario del tipo "come tu puoi sopportare le mie offese, anch'io per correttezza accetto di sopportare le tue eventuali, perché la mia e la tua sensibilità siano riconosciute di egual valore", ma, al contrario, perché si sa già in partenza che offesa non ci sarà e non si rischia nulla! Molto comodo... Di fatto, questo astrarre lo sberleffo da ogni riserva morale, apparentemente posto come reciproco fra le parti in nome della comune tolleranza, diventa uno schema solo apparentemente simmetrico e reciproco, ma in realtà schema in cui il relativista si trova in una posizione di forza, avendo egli rinunciato ad adesioni a valori assoluti in rapporto a cui coltivare una naturale sensibilità alle occasioni in cui li vede vilipesi, mentre al contrario al credente si impone di sopportare l'offesa, sapendo che lui non potrebbe rivalersi, non avendo dall'altra parte alcun valore sensibile da colpire. Uno schema del genere non può che esser visto che come imposizione da subire, dal punto di vista socio-culturale, dal religioso. Come detto, solo un empatico mettersi nei panni dell'altro, provare a immaginare cosa l'altro potrebbe sentire, dall'una e dall'altra parte, è la base di un rapporto realmente egualitario e reciproco di rispetto fra le parti.


Tutto questo, lo ribadisco evidenziandolo anche graficamente, staccandolo dal resto del discorso, non ha davvero nulla a che fare nè col rispetto della libertà di espressione dal punto di vista giuridico, che resta fondativo di una società liberale, né tantomeno con il giudizio sulle violenze fisiche che in nome della religione offesa vengono portate, giudizio da parte mia di totale condanna, di assoluta ingiustificabilità, di gravità enormemente maggiore delle offese satiriche. Sarebbe un''ovvietà, ma voglio evidenziarlo al massimo, perché noto come questo argomento ricorra continuamente nei messaggi di molti utenti, quando penso che il senso della discussione aperta non riguardasse ciò, e se questo ricorrere fosse motivato anche dal fatto di non esser stato chiaro su questo punto, sull'ovvia condanna di ogni reazione violenta, mi dispiacerebbe enormemente e mi sentirei mortificato.

Jacopus

Secondo me Davintro, è proprio la satira l'antidoto alla violenza. La satira è un modo umile per dire la stessa cosa che scrisse Shakespeare "siamo fatti della stessa materia dei sogni". Insomma "non prendiamoci troppo sul serio". Penso che se Dio/Allah/Geova esistesse, non sarebbe poi così scontento che qualche sua creatura si possa fare qualche risata sul suo conto. Se fosse così mi risulterebbe quasi simpatico.
Anche in questo noto la superiorità della religione pagana, laddove era possibile truffare la divinità, almeno momentaneamente.
Ma lasciamo perdere questo aspetto, perché rischio di diventare a mia volta satirico e non ne ho alcuna intenzione, visto che non c'è niente da ridere nei tanti cadaveri che tutte le religioni dell'Uno si sono lasciati dietro, spesso affermando di aver così solo fatto del bene ( la beffa qui è tutta dalla parte delle religioni ma è intrisa di sangue).
Fai anche una distinzione fra satira e libertà di opinione. La prima no, la seconda sì. A mio parere la satira è ancora più importante della libertà di opinione. È libertà allo stato puro. Prova a vedere qualche spettacolo di Dario Fo e respirerai la libertà.
Distinzione relativistici/assolutistici.  In sostanza affermi che i relativistici avendo superato lo stadio del soggetto centrato solo su di sé, devono essere empatici. Chissà perché l'empatia nell'altro senso non funziona. C'è qualcosa che mi sfugge.
Gli assolutistici in effetti non si divertono a ironizzare. Preferiscono da che mondo è mondo, un nemico. Eventualmente, se non c'è un impero del male a portata di mano, va bene anche il relativismo.
L'Uno ha bisogno di codici binari: bene-male, buono-cattivo, amico-nemico, familiare-barbaro, angelo-demone, ricco-povero. La satira toglie questa certezza, al punto da prendere in giro anche sé stessa ed infatti la sublimazione della satira è l'autoironia. Ma l'Uno non ammette deroghe  mentre l'uomo satirico può concepirsi "relativisticamente" come contemporaneamente derisorio ed anche comprensivo.
Parli giustamente di empatia. Direi che la vera empatia dovremmo mostrarla quando deprediamo molti paesi arabi. Non mi sembra un messaggio evangelico rispettare qualche dio esotico, non deridendolo, ma schiacciare con pugno di ferro tante comunità arabe.
Sul punto che cerchi di scindere: violenza (non ammessa) e censura della satira (ammessa), credo che il punto sia proprio nel meccanismo demistificatore della satira, che spunta in partenza ogni delirio ( eventuale) di potenza dell'Uno. La satira ha lo stesso ruolo del bambino nella favola "i vestiti nuovi dell'imperatore". Si tratta di conquistare un occhio divergente, rispetto all'Uno e a un certo concetto di soggettività che si è instaurato saldamente nel mondo moderno. Ma questo è (forse) un altro discorso.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Citazione di: viator il 03 Novembre 2020, 19:06:56 PM
Salve anthonyi. Citandoti : "La religione entra nella vita di ciascuno di noi prima che acquisiamo una coscienza indipendente e svolge soprattutto una funzione educativa".

!!! Pazzesco ! Secondo il tuo punto di vista, il fatto che dei neonati, a pochi giorni dalla nascita, vengano consacrati ad una ideologia religiosa......poi quindi debbano venir "educati" in quella direzione........farebbe parte dell' "ordine naturale e positivo delle cose". E il bello è che quindi - al termine di tale da te auspicato percorso - tu parli di ACQUISIZIONE DI UNA COSCIENZA INDIPENDENTE.

Sicuramente non è un ordine naturale ma, come tu hai correttamente interpretato le mie posizioni, si tratta di un ordine positivo. Con indipendente io non intendevo certamente una indipendenza dal proprio passato, ma dal proprio presente. Chi è educato può fare delle scelte perché l'educazione lo ha reso cosciente degli effetti di quelle scelte, chi non è educato va allo sbaraglio.

anthonyi

Citazione di: davintro il 03 Novembre 2020, 21:23:44 PM


Altrimenti si cade in una sorta di rispetto della libertà unilaterale: da un lato il relativista, l'ateo, l'agnostico rivendica la libertà di far satira nei modi che individualisticamente ritiene migliori, e al tempo stesso impone al fedele a rassegnarsi a vedere dileggiati i valori in cui crede con il disagio psicologico che ciò comporta, e verso cui al satirico sembra non interessare. Contrariamente alle premesse di partenza a cui il relativista dice di attenersi, apertura alla molteplicità dei diversi punti di vista, in realtà è solo il suo punto di vista unilaterale a tener banco: "dato che per me Dio non ha un significato valoriale posso tranquillamente irriderlo, non importa cosa sentano gli altri". E a nulla vale l'invito "Satireggiate pure l'uomo laico e agnostico": è una concessione sterile, in quanto la grande maggioranza dei credenti non ha, probabilmente, alcun interesse a rispondere con le stesse armi della satira alle offese, magari vuole semplicemente essere lasciata in pace a vivere la propria fede, senza entrare in conflitto con chi la pensa diversamente, non saprebbe che farsene di questa concessione. E ciò si svela nell'ultima frase del messaggio "Ve ne sarà grato e non terrà il broncio": insomma la reciprocità dello sberleffo non viene accettata dal laico/agnostico per porsi, nobilmente, in un'ottica di rispetto egualitario del tipo "come tu puoi sopportare le mie offese, anch'io per correttezza accetto di sopportare le tue eventuali, perché la mia e la tua sensibilità siano riconosciute di egual valore", ma, al contrario, perché si sa già in partenza che offesa non ci sarà e non si rischia nulla! Molto comodo... Di fatto, questo astrarre lo sberleffo da ogni riserva morale, apparentemente posto come reciproco fra le parti in nome della comune tolleranza, diventa uno schema solo apparentemente simmetrico e reciproco, ma in realtà schema in cui il relativista si trova in una posizione di forza, avendo egli rinunciato ad adesioni a valori assoluti in rapporto a cui coltivare una naturale sensibilità alle occasioni in cui li vede vilipesi, mentre al contrario al credente si impone di sopportare l'offesa, sapendo che lui non potrebbe rivalersi, non avendo dall'altra parte alcun valore sensibile da colpire.



Degna di essere incorniciata, davintro, a questa perfetta rappresentazione io aggiungerei un punto, tutti noi viviamo in una società che è stata costruita grazie alla fede e ai valori di tanti che prima di noi a questi hanno creduto. E' grazie a questa fede e a questi valori che dobbiamo tutto ciò che abbiamo, credenti o miscredenti. Chi vive in questa società, da miscredente, e ne gode i benefici, dileggiando ciò in cui gli altri credono è qualcuno che "sputa nel piatto in cui mangia".

paul11

Citazione di: Mariano il 03 Novembre 2020, 15:25:16 PM
Premetto, a scanso di equivoci, che gli esecrandi atti di violenza che ci riportano le cronache sono tutti da condannare senza alcuna giustificazione.
Gradirei però un approfondimento sul significato di etica, etica che a mio avviso non ha nulla a che fare con la legge, ma che deve far parte dei valori fondamentali di una Società.
Ad esempio uccidere o rubare sono vietati dalla legge, ma sono anche principi etici, mentre chi offende l'onore o il prestigio del presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni: e moralmente ritengo che possa essere accettato.




Come avevo già scritto la legge non è equivalente alla morale nella filosfia moderna,  Kant:
da wikipedia:
....che distingue una "dottrina della virtù" dalla "dottrina del diritto". Nel diritto l'uomo si sottomette alla legge per rispettarne la formalità esteriore senza considerare il motivo della sua azione ma solo perché così prescrive la norma, mentre nella morale ci si vuole comportare secondo il dettato morale indipendentemente da qualsiasi motivo e conseguenza della propria azione: si realizza così la virtù come soggezione della volontà all'"imperativo categorico".


Scindendo il piano giuridco da quello morale, significa che lo Stato normifica per sanzioni, quindi il comportamento da etico passa a  legittimo, legale ( e non c'entra nulla con l'etica comportamentale rispetto ad una morale e relative virtù) in forza di atti sanzionatori da parte dello Stato che legifera.
Lascia la morale, che è sottomessa alla legge, al piano individuale, tipico del pensiero moderno  acuito dagli anglosassoni, quell'individualismo che è anche nella sfera economica , quel concetto formale edonistico .


La ricaduta è che una comunità , uno Stato diventa una formula giuridica territoriale , un'entità astratta come concetto che diventa pratica nel momento in cui costruisce confini fisici, dove vale la sua giurisdizione.

Un popolo si identifica per "sangue" (stirpe) e morale, se si toglie la morale qualche pazzo invoca il sangue e forme di razzismo scioviniste. Tolta la morale o ridotta a simulacro individualista, si esalta la libertà e finisce l'uguaglianza e men che meno  la fratellanza.

Quando la satira raschia il barile, perchè poco sagace e intelligente, e necessita di vignette oscene per vendersi al pubblico, dimostra di essere asservito a qualcosa o qualcuno....altro che liberi.

davintro

Citazione di: Jacopus il 03 Novembre 2020, 22:04:14 PM
Secondo me Davintro, è proprio la satira l'antidoto alla violenza. La satira è un modo umile per dire la stessa cosa che scrisse Shakespeare "siamo fatti della stessa materia dei sogni". Insomma "non prendiamoci troppo sul serio". Penso che se Dio/Allah/Geova esistesse, non sarebbe poi così scontento che qualche sua creatura si possa fare qualche risata sul suo conto. Se fosse così mi risulterebbe quasi simpatico.
Anche in questo noto la superiorità della religione pagana, laddove era possibile truffare la divinità, almeno momentaneamente.
Ma lasciamo perdere questo aspetto, perché rischio di diventare a mia volta satirico e non ne ho alcuna intenzione, visto che non c'è niente da ridere nei tanti cadaveri che tutte le religioni dell'Uno si sono lasciati dietro, spesso affermando di aver così solo fatto del bene ( la beffa qui è tutta dalla parte delle religioni ma è intrisa di sangue).
Fai anche una distinzione fra satira e libertà di opinione. La prima no, la seconda sì. A mio parere la satira è ancora più importante della libertà di opinione. È libertà allo stato puro. Prova a vedere qualche spettacolo di Dario Fo e respirerai la libertà.
Distinzione relativistici/assolutistici.  In sostanza affermi che i relativistici avendo superato lo stadio del soggetto centrato solo su di sé, devono essere empatici. Chissà perché l'empatia nell'altro senso non funziona. C'è qualcosa che mi sfugge.
Gli assolutistici in effetti non si divertono a ironizzare. Preferiscono da che mondo è mondo, un nemico. Eventualmente, se non c'è un impero del male a portata di mano, va bene anche il relativismo.
L'Uno ha bisogno di codici binari: bene-male, buono-cattivo, amico-nemico, familiare-barbaro, angelo-demone, ricco-povero. La satira toglie questa certezza, al punto da prendere in giro anche sé stessa ed infatti la sublimazione della satira è l'autoironia. Ma l'Uno non ammette deroghe  mentre l'uomo satirico può concepirsi "relativisticamente" come contemporaneamente derisorio ed anche comprensivo.
Parli giustamente di empatia. Direi che la vera empatia dovremmo mostrarla quando deprediamo molti paesi arabi. Non mi sembra un messaggio evangelico rispettare qualche dio esotico, non deridendolo, ma schiacciare con pugno di ferro tante comunità arabe.
Sul punto che cerchi di scindere: violenza (non ammessa) e censura della satira (ammessa), credo che il punto sia proprio nel meccanismo demistificatore della satira, che spunta in partenza ogni delirio ( eventuale) di potenza dell'Uno. La satira ha lo stesso ruolo del bambino nella favola "i vestiti nuovi dell'imperatore". Si tratta di conquistare un occhio divergente, rispetto all'Uno e a un certo concetto di soggettività che si è instaurato saldamente nel mondo moderno. Ma questo è (forse) un altro discorso.


brevi precisazioni su alcuni punti della mia posizione che temo non siano stati compresi, probabilmente per mia colpa.
Non faccio un distinguo tra satira (che non andrebbe bene) e libertà di opinione (invece ammessa), bensì fra piano giuridico in cui ogni espressione della libertà di opinione dovrebbe essere garantita, e piano morale dell'opportunità a non violare certi limiti di buon gusto e rispetto, considerando però pienamente all'interno della libertà di opinione anche la satira. Satira peraltro che personalmente apprezzo e mi diverte in molte sue forme, semplicemente rivendicando il diritto di riservarmi la possibilità di trovarla a volte non divertente o, per l'appunto irrispettosa.


Da qui deriva anche che non è vero che sarei favorevole alla censura, al contrario della violenza: sono entrambe sbagliate, considerando la censura come strumento politico di controllo delle idee,  ho parlato di "foro intimo della coscienza" come luogo di discernimento dell'opportunità di pubblicare o meno un certo contenuto.


Infine, l'empatia che auspica è reciproca, non unidirezionale, se mi sono concentrato sul punto di vista della necessità di provare empatia del satirico è perché il contesto in cui stiamo discutendo riguarda le vignette blasfeme, se si parlasse di un vignettista cattolico integralista che rappresenta in modo volgare e offensivo una coppia omosessuale o una qualunque personalità al di fuori della chiesa, la contestazione riguardo l'assenza di empatia sarebbe, da parte mia, la stessa

Jacopus

CitazioneE' grazie a questa fede e a questi valori che dobbiamo tutto ciò che abbiamo, credenti o miscredenti. Chi vive in questa società, da miscredente, e ne gode i benefici, dileggiando ciò in cui gli altri credono è qualcuno che "sputa nel piatto in cui mangia".


Addirittura? In realtà io penso un'altra cosa. Che il nostro benessere nasce da una fusione di diverse tradizioni culturali. Non nego l'importanza che ha avuto il pensiero cristiano nella costruzione dell'identità occidentale. Ma accanto ad essa, e più in profondità, ha agito da un lato la riscoperta bassomedioevale del pensiero greco (scolastica) che ha posto le basi per il grande salto modernista, offerto dal metodo scientifico prima e dal sistema borghese-liberale poi. Quindi, almeno da parte mia, nessun problema a riconoscere l'importanza del cristianesimo, così come pure per il pensiero liberal-borghese.
Ma proprio perché "non" sputo nel piatto dove mangio, sono indotto ad un pensiero critico nei confronti anche della mia tradizione culturale  che non è esente da bias, catene, traumi e ingiustizie. La dialettica, dall'antica Grecia fino ad Hegel ed oltre è un frutto occidentale di un certo peso, un piatto dal quale mi servo costantemente, con molta gratitudine.
Uno di questi bias è stato messo alla luce da uno fra i maggiori filosofi politici del XX secolo, H. Arendt, comunemente noto come totalitarismo, a cui la Arendt dava un significato politico, ma che altri hanno traslato, connettendo il significato politico con uno più strettamente psicosociale. Stiamo parlando, anche in questo caso di un piatto occidentale degnissimo, ricco di rappresentanti di un certo spessore che non citerò per non sembrare il solito citazionista, gente comunque in gamba. Questa visione del mondo propone una umanità che accetta un pensiero dominante/dominato, che gran parte delle religioni simbolizzano per renderlo più potente e aderente a necessità che non sono solo religiose. È un pensiero che ha addirittura un retroterra di migliaia di anni di storia culturale e biologica e che viene sintetizzato nella figura del maschio alfa o del padre ancestrale. Una figura dalla quale stiamo cercando di emanciparci realmente solo da poche decine di anni. Già questo fatto mette in luce un altra considerazione. Ovvero che i piatti antichi si possono mettere in vetrina per iniziare ad usare altri piatti, se questi ci sembrano più "giusti".
E uno dei sistemi più comuni per minare la diade "dominante-dominato" è la satira. Mi sovviene proprio ora che il libro al centro del "nome della rosa" fa proprio al caso nostro. Il papa nero del monastero, il cieco Jorge, ha intriso di veleno una rarissima copia di un libro di Aristotele che parla di "commedia e di riso". Ciò perché la religione dell'Uno non può ammettere che vi sia spazio per la commedia e il riso. L'Uno è un combattente, un crociato che scinde il bene dal male, l'angelico dal demoniaco. Il riso invece fa di-vertire. Interessante. Già la parola ci dice che ridere ci dà una direzione nuova, divergente. Ci mette davanti ad uno specchio per mostrarci che non siamo così importanti, che possiamo essere anche più di Una sola identità. "Unus et multi in me", fa dire la Yourcenair al suo Adriano.
La satira pertanto non è un modo volgare e pacchiano per sbeffeggiare il modo di vivere altrui. Certo, può essere anche questo, ma è in realtà uno specchio della comedie humaine, un modo per dire "ecco il mio doppelganger", sorridiamo, non prendiamoci troppo sul serio, tolleriamo e poi, perché no, riprendiamo i nostri riti, le nostre funzioni e le nostre cerimonie, senza per questo sentirci feriti.
Temo che la ferita provata dai mussulmani derivi dal modo in cui ci comportiamo a livello economico con loro. È una dislocazione, direbbero gli psicologici. Se il mondo fosse più equo, forse potremmo ridere più liberamente l'uno dell'altro e in quel riso trovare un piccolo briciolo di libertà e di reciproco riconoscimento.
Ovviamente il discorso qui è piuttosto "alto". Ad un livello "basso" occorre anche riconoscere che esiste un mondo per il quale non è la funzione nobile della satira ad interessare ma il livello scandalistico delle provocazioni, a sua volta latore di click, di popolarità e di vendite. Ma di questo non possiamo incolpare la satira quanto piuttosto un altro demone unidimensionale, ovvero il selvaggio libero mercato, un'altra affascinante e modernissima maschera dell'Uno adorniano.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

niko

#56
Ci mancava solo la gente che pensa di essere al di là del diritto di satira perché vive di assoluti e la gente che su un forum di filosofia si sente in dovere di difenderla...


io non so come funziona in chiesa e presso i popoli astemi, ma nelle osterie della mia città girava un detto che diceva:


"Chi si offende paga da beve", così nella tavolata non si offendeva mai nessuno e si finiva sempre pe pagà "alla romana".


A proposito di tradizioni

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 03 Novembre 2020, 22:04:14 PM
Secondo me Davintro, è proprio la satira l'antidoto alla violenza. La satira è un modo umile per dire la stessa cosa che scrisse Shakespeare "siamo fatti della stessa materia dei sogni". Insomma "non prendiamoci troppo sul serio". Penso che se Dio/Allah/Geova esistesse, non sarebbe poi così scontento che qualche sua creatura si possa fare qualche risata sul suo conto. Se fosse così mi risulterebbe quasi simpatico.
Anche in questo noto la superiorità della religione pagana, laddove era possibile truffare la divinità, almeno momentaneamente.
Ma lasciamo perdere questo aspetto, perché rischio di diventare a mia volta satirico e non ne ho alcuna intenzione, visto che non c'è niente da ridere nei tanti cadaveri che tutte le religioni dell'Uno si sono lasciati dietro, spesso affermando di aver così solo fatto del bene ( la beffa qui è tutta dalla parte delle religioni ma è intrisa di sangue).
Fai anche una distinzione fra satira e libertà di opinione. La prima no, la seconda sì. A mio parere la satira è ancora più importante della libertà di opinione. È libertà allo stato puro. Prova a vedere qualche spettacolo di Dario Fo e respirerai la libertà.
Distinzione relativistici/assolutistici.  In sostanza affermi che i relativistici avendo superato lo stadio del soggetto centrato solo su di sé, devono essere empatici. Chissà perché l'empatia nell'altro senso non funziona. C'è qualcosa che mi sfugge.
Gli assolutistici in effetti non si divertono a ironizzare. Preferiscono da che mondo è mondo, un nemico. Eventualmente, se non c'è un impero del male a portata di mano, va bene anche il relativismo.
L'Uno ha bisogno di codici binari: bene-male, buono-cattivo, amico-nemico, familiare-barbaro, angelo-demone, ricco-povero. La satira toglie questa certezza, al punto da prendere in giro anche sé stessa ed infatti la sublimazione della satira è l'autoironia. Ma l'Uno non ammette deroghe  mentre l'uomo satirico può concepirsi "relativisticamente" come contemporaneamente derisorio ed anche comprensivo.
Parli giustamente di empatia. Direi che la vera empatia dovremmo mostrarla quando deprediamo molti paesi arabi. Non mi sembra un messaggio evangelico rispettare qualche dio esotico, non deridendolo, ma schiacciare con pugno di ferro tante comunità arabe.
Sul punto che cerchi di scindere: violenza (non ammessa) e censura della satira (ammessa), credo che il punto sia proprio nel meccanismo demistificatore della satira, che spunta in partenza ogni delirio ( eventuale) di potenza dell'Uno. La satira ha lo stesso ruolo del bambino nella favola "i vestiti nuovi dell'imperatore". Si tratta di conquistare un occhio divergente, rispetto all'Uno e a un certo concetto di soggettività che si è instaurato saldamente nel mondo moderno. Ma questo è (forse) un altro discorso.

E invece, Jacopus, la cosa è stramaledettamente seria, proprio perché i morti ci sono, e sono morti uccisi da altri uomini.
Ora la tesi sostenuta da voi critici delle religioni è che una persona di fede dovrebbe avere una maggiore propensione ad uccidere di una persona atea, perché spinto dalla motivazione religiosa.
Ora guardando alla storia dell'umanità noi vediamo che i tre più grandi criminali della storia umana, Mao Tze Dong, Stalin e Hitler, rispettivamente circa 100, 50 e 25 milioni di morti, non hanno mai dato segno di grande fanatismo per alcuna religione, anzi, nei limiti delle loro possibilità, le culture religiose hanno cercato di distruggerle.
Poi sinceramente il distinguo sulla religione pagana, contrapposta ai morti delle religioni monoteiste, non la capisco. La cultura romana era intrisa di violenza e di morte, andavano ad assistere a spettacoli e gare che erano carneficine e spesso i "dibattiti" tra parti avverse del loro tifo sfociavano in ulteriori morti. Questi erano i fedeli delle divinità pagane. Certo non si ammazzavano per Giove o per Saturno, semplicemente perché quelle divinità erano poco importanti, molto meno dell'imperatore di turno e delle ricchezze da spartire dei territori conquistati, ma per quanto riguarda queste ultime motivazioni di morti ne facevano molti di più di quanti ne avrebbero fatti tutte le crociate in Terrasanta e in Linguadoca.
Riguardo alle codificazioni binarie io credo che una sola sia importante, quella tra verità e menzogna, e non  deriva dal monoteismo ma dalla capacità degli uomini di parlare e di sbagliare, stesso dicasi per bene e male, che deriva dalla capacità degli uomini di agire secondo una morale oppure al di fuori di essa.
La satira invece confonde le idee, costruisce il caos concettuale, producendo una sensazione di libertà finta e pericolosa. Negli anni 60 del secolo scorso questa sensazione di libertà si sostanziò nell'idea di sesso e droga liberi, quante vite si sono distrutte per seguire questa falsa sensazione di libertà rispetto agli schemi morali preesistenti.
La satira viene fuori da un desiderio istintivo di ribellione rispetto a qualcosa, senza che però ci sia un vaglio razionale che ti permetta di capire il senso sociale di questo qualcosa. Critichi la religione, critichi lo stato, critichi i vaccini, ma non capisci l'importanza di queste strutture e non puoi capirle perché coloro che potrebbero fartele capire sono dentro queste strutture che tu critichi a priori senza aver fiducia in esse.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 03 Novembre 2020, 23:33:17 PM

Mi sovviene proprio ora che il libro al centro del "nome della rosa" fa proprio al caso nostro. Il papa nero del monastero, il cieco Jorge, ha intriso di veleno una rarissima copia di un libro di Aristotele che parla di "commedia e di riso". Ciò perché la religione dell'Uno non può ammettere che vi sia spazio per la commedia e il riso. L'Uno è un combattente, un crociato che scinde il bene dal male, l'angelico dal demoniaco.

Le costruzioni letterarie sono solo la prova dei molteplici tentativi che vengono fatti per sostenere certe visioni ideologiche, fammi indovinare: Qual'era la posizione ideologica dello scrittore del "Nome della rosa" ?

Jacopus

#59
CitazioneE invece, Jacopus, la cosa è stramaledettamente seria, proprio perché i morti ci sono, e sono morti uccisi da altri uomini.


Sto dicendo la stessa stramaledetta cosa. Non mi risulta però che sia la satira ad uccidere, a meno che non si voglia tirare fuori dall'armadio il vecchio trito discorso che se non ci fossero stati i partigiani non ci sarebbero state neppure le stragi nazifasciste.

CitazioneOra la tesi sostenuta da voi critici delle religioni è che una persona di fede dovrebbe avere una maggiore propensione ad uccidere di una persona atea, perché spinto dalla motivazione religiosa.
Ora guardando alla storia dell'umanità noi vediamo che i tre più grandi criminali della storia umana, Mao Tze Dong, Stalin e Hitler, rispettivamente circa 100, 50 e 25 milioni di morti, non hanno mai dato segno di grande fanatismo per alcuna religione, anzi, nei limiti delle loro possibilità, le culture religiose hanno cercato di distruggerle.



Anche in questo caso constato che diciamo la stessa cosa. Quando faccio riferimento al totalitarismo e alla teoria della dialettica dell'Illuminismo di Adorno-Horkheimer, mi riferisco ad una concezione totalitaria della società, che può virare dalle stragi di religione alle stragi delle dittature, ovvero dove si venera il mito dell'Uno. Da questo punto di vista si può dire quello che si vuole ma le società meno sanguinarie nella storia dell'uomo sono quelle liberali presenti nel mondo occidentale (tralasciando, per il momento, i morti che queste società si premurano di accumulare nei paesi fuori della Festung Europa).

CitazionePoi sinceramente il distinguo sulla religione pagana, contrapposta ai morti delle religioni monoteiste, non la capisco. La cultura romana era intrisa di violenza e di morte, andavano ad assistere a spettacoli e gare che erano carneficine e spesso i "dibattiti" tra parti avverse del loro tifo sfociavano in ulteriori morti. Questi erano i fedeli delle divinità pagane. Certo non si ammazzavano per Giove o per Saturno, semplicemente perché quelle divinità erano poco importanti, molto meno dell'imperatore di turno e delle ricchezze da spartire dei territori conquistati, ma per quanto riguarda queste ultime motivazioni di morti ne facevano molti di più di quanti ne avrebbero fatti tutte le crociate in Terrasanta e in Linguadoca.



Fare paragoni fra una società così antica e una moderna è sempre azzardato. Basti pensare a come erano differenti le concezioni della democrazia di allora e quella moderna. Si era immersi in una società dove la morte e la violenza erano molto più presenti, nella vita di ognuno. Credo però che la religione pagana e il pensiero filosofico greco siano in qualche modo collegabili, perlomeno nella presenza di una dialettica, di un polemos, che il cristianesimo tende ad azzerare, nella sua visione escatologica della Civitas Dei.

CitazioneRiguardo alle codificazioni binarie io credo che una sola sia importante, quella tra verità e menzogna, e non  deriva dal monoteismo ma dalla capacità degli uomini di parlare e di sbagliare, stesso dicasi per bene e male, che deriva dalla capacità degli uomini di agire secondo una morale oppure al di fuori di essa.


E' questa la visione classica. Tu stessi lo dici: vi è una sola distinzione importante. Una. La mela della conoscenza del bene e del male. Io parto da un presupposto diverso, ovvero che il bene e il male sono presenti in ognuno di noi, in modi e modelli operativi diversi. Proiettare il male fuori da noi stessi è ciò che promette il modello dell'Uno, il quale ha sempre bisogno, infatti, di un nemico. Il male e il bene invece sono una lotta interna in ogni uomo ed ogni uomo non sarà mai completamente l'incarnazione del bene o al contrario del male. E' ovvio che possono esserci persone più votate al male e persone più votate al bene, ma abbiamo tutti noi "l'ombra", il "doppelganger", che non ci fa essere mai così buoni, nè così cattivi. Riconoscendo il male che noi siamo, non lo proiettiamo più nelle figure del maligno, dello straniero, del ricco, del povero e così via, ma offriamo la via alla compassione, alla consapevolezza di essere tutti nella stessa barca.
In questo processo riconosco che il messaggio evangelico è stato un grande passo avanti rispetto alle altre religioni monoteistiche (anche se bisogno riconoscere che il NT ha molti presupposti nel VT), Gesù stesso pronunciò la famosa frase "chi è senza peccato scagli la prima pietra" (salvo poi contraddirsi in altre occasioni). Il sacrificio di Gesù è comunque un messaggio rivoluzionario da molti punti di vista, perchè pone il senso di colpa in senso collettivo. Funge da collante e apre alla carità. La laicizzazione di questo messaggio ha il significato di bloccare il ritorno del pensiero totalitario, del Dio geloso e che accoglie "solo" i suoi fedeli. Pertanto credo che anche la storia delle religioni possa aiutarci in questo cammino, che ovviamente è costellato di avversari di ogni tipo.


CitazioneLa satira invece confonde le idee, costruisce il caos concettuale, producendo una sensazione di libertà finta e pericolosa. Negli anni 60 del secolo scorso questa sensazione di libertà si sostanziò nell'idea di sesso e droga liberi, quante vite si sono distrutte per seguire questa falsa sensazione di libertà rispetto agli schemi morali preesistenti.



Anthony, su questo punto esprimo un forte distacco. Il sesso e la droga accostati alla satira mi sembra davvero troppo. La satira esiste almeno da quanto è nata la letteratura greca ed è un gioco. Un gioco di libertà e di vedere le cose in un modo diverso, magari anche per criticarle in modo divertente. Non c'è nessun caos, poichè la satira non ha mai pensato di governare il mondo, a differenza del pensiero totalitario, che invece ha un unico pensiero fisso: il potere.
CitazioneLa satira viene fuori da un desiderio istintivo di ribellione rispetto a qualcosa, senza che però ci sia un vaglio razionale che ti permetta di capire il senso sociale di questo qualcosa. Critichi la religione, critichi lo stato, critichi i vaccini, ma non capisci l'importanza di queste strutture e non puoi capirle perché coloro che potrebbero fartele capire sono dentro queste strutture che tu critichi a priori senza aver fiducia in esse.



E meno male che c'è qualcuno che critica. Il pensiero critico è l'anima stessa del pensiero filosofico. E se si critica facendo sorridere, forse si fa un doppio lavoro. Chi è contro ogni critica (compresa quella satirica) di solito apprezza il manganello. E qui torniamo al punto di partenza (o se vuoi al comicissimo intervento di Inverno).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

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