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Integralismo Islamico

Aperto da Mariano, 31 Ottobre 2020, 11:08:37 AM

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Phil

Non conoscevo i "safe spaces" universitari, ma mi sembrano comunque confermare come nel nostro occidente (oggi, non mezzo secolo fa) non ci sia autentico rischio di una censura che istituisca un piano inclinato che un Kadyrov possa cavalcare per arrivare al potere (un campus universitario non è socialmente paragonabile ad un'edicola che, come hai giustamente osservato, non è comunque l'unica sede di discussioni critiche, siano esse satiriche o accademiche).
Come tutti i contesti regolamentati (dal calcetto al parco fino ai summit dell'Onu), si tratta di capire quale è lo scopo e quali le potenzialità e i rischi di tali spazi "safe" nelle università. Anzitutto, "safe" da cosa e per chi? Se si tratta di uno spazio che cerca di non diventare l'ennesimo ricettacolo di scurrilità, violenza verbale, luoghi comuni e (pseudo)argomentazioni da bar, allora il dibattito conseguente ne trarrebbe giovamento in termini di contenuti e serietà (che in un università, a mio avviso, non stonano affatto). Se si tratta invece di uno spazio in cui non si può criticare la posizione altrui, in cui ognuno può trincerarsi nella sua "filter bubble", con la certezza che a nessuno è consentito fargliela "scoppiare" (dialetticamente), allora credo non ne segua nemmeno un discorso: tutti in silenzio, ognuno con la sua verità autoprodotta o forse, peggio ancora, tutti a declamare la propria verità, a turni alterni, e nessuno a dialogare, in una babele di monologhi narcisistici (per non dire autistici).
Chiaramente, questi sono due estremi; verosimilmente i "safe spaces" attuali suppongo risultino qualcosa nel mezzo, ma si tratta comunque di discernere il ruolo di offesa ed argomentazione: si può difendere qualcuno dalle offese pur esponendolo ad una "spietata" controargomentazione, perché risparmiare offese non comporta l'astenersi dal confronto ragionato (che magari può mettere a disagio, ma non offendere, ed è una differenza che per essere rilevata non richiede una commissione di psicologi e semiologi). Banale osservare come, in generale, il ruolo del filtro, della regolamentazione, della selezione, etc. sia tanto socialmente funzionale (necessario) quanto potenzialmente deleterio.

Concordo che le università possano essere utili e formative anche in quanto "dangerous space", ma solo se il "danger" che vi si affronta non è quello della volgarità o dello scherno, ma quello della controargomentazione, senza "diti medi" e con molta "sostanza". Come già osservato, sebbene credo che esporsi alla satira (e anche all'offesa verbale) possa aiutare a "farsi gli anticorpi", tuttavia se un'istituzione culturale decide di lasciare alla strada, alle copertine satiriche e ai social la produzione di tali "anticorpi" (ruolo quindi non abolito ma solo demandato a dove è più spontaneo), per provare a privilegiare discorsi, argomentazioni e dibattiti seri "filtrati" nella forma, non nei contenuti, non mi sento di biasimarla (altrimenti diventa solo un'altra palestra di irrobustimento del carattere e ci si dimentica che oltre a saper incassare un'offesa può giovare anche imparare a controargomentare seriamente).

InVerno

Ma certo che la china per arrivare a Kadyrov è lunga, non è un buon motivo per cominciare a scenderla ora, enfasi su "ora", perchè si prospettano già sufficienti mezzi per auto isolarsi nella propria bolla a prova di scandalo. Il secondo rischio, non meno problematico, è che anzichè un despota a regolamentare il linguaggio ci sia uno stupido. Il "safe space" inizia ovviamente per buone intenzioni, tutelare le minoranze da agenti agressivi, e finisce con il bannare i libri di HarryPotter per essere "transfobici" (https://www.mirror.co.uk/news/world-news/book-shop-bans-jk-rowling-22697670) Edward Said e Mark Twain per essere offensivi (https://www.vox.com/2015/6/3/8706323/college-professor-afraid) e Nabokov per essere misogino e incitare alla pedofilia (mi risparmio di cercare la notizia, non so se è successo, ma allo stesso tempo sono sicuro che è successo). E' un pò l'istituzionalizzazione di quello che successe in Italia qualche anno fa, quando al Papa non fu concesso di parlare all'università. Se succede una volta, pur gravemente, uno ci mette una pietra sopra, se le persone si organizzano in maniera tale da avere i mezzi per farlo accadere ogni qualvolta si sentono "offesi" è  l'istituzionalizzazione della stupidità, ed è quello che si vede sempre più spesso nelle università americane ed è una china che si scende in fretta a quanto pare.  C'è un altro motivo per cui regolamentare il linguaggio è china scivolosa, oltre alla natura del linguaggio in sè, è che sembra di non averne mai abbastanza,  una "mela tira l'altra", finchè non dici esattamente quello che penso io, si può sempre correggere, limare, è un lavoro di falegnameria fatto di seghe mentali.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

La nascita di "safe spaces" presuppone una certa forma di libertà, ovvero la libertà di scelta "programmatica" o gestionale, senza limitare radicalmente la libertà altrui; da non confondere con il caso in cui il "safe space" sia istituzionalizzato e forzato dal potere politico. (E)semplificando: se non vuoi vendere Harry Potter per motivi tuoi, sei libero di farlo, in fondo resto libero di acquistarlo altrove; se quell'università ha delle restrizioni sulla satira al suo interno, posso magari organizzarmi al suo esterno; se non è concesso al Papa di fare una lectio in aula, questo non gli impedisce certo di esprimersi in molti altri modi su molti altri canali, etc.
Sarebbe meglio se al posto di questa autoregolamentazione privata ci fosse l'obbligo statale di non poter scegliere se vendere o meno Harry Potter, non poter mettere delle "norme di condotta" nelle università o scegliere liberamente chi accettare come relatore, etc.?
Per inciso va notato come sia più non-violento (in tutti i sensi) rifiutare di vendere un testo che si ritiene inopportuno, piuttosto che pubblicare un testo violento (linguisticamente parlando) e, finché è la scelta di "obiezione" di un privato (non di un governo), mi pare ciò non leda alcuna libertà e non alimenti tensioni sociali.

Finché la risorsa di informazione/senso/culto/etc. resta reperibile, seppur non in tutti i luoghi possibili (a discrezione del privato che li gestisce), credo che non ci siano rischi di omologazione o sterilizzazione del dibattito. Nel momento in cui saranno le biblioteche pubbliche a mettere per legge all'indice Harry Potter, Twain, etc. allora scopriremo quanto è davvero inclinato quel piano che ora sembra, a parer mio, tutto sommato piuttosto "accogliente".
Chiaramente i casi singoli che fanno notizia, proprio finché fanno notizia, non sono necessariamente campanelli d'allarme, bolle in movimento sulla livella che indicano una pendenza preoccupante.

InVerno

Le librerie sono ovviamente libere di vendere quello che gli pare, la notizia in questo caso è che il concetto di "safe space" è già uscito dalle università, che sia per motivi di marketing o meno, è un fenomeno culturale che rimbalza per spazi più o meno privati ed è destinato a cogliere l'opinione pubblica.  Qui non è il problema la satira di per sè, che è solo un modo espressivo, ma come gestire l'offesa e lo scandalo provocato da qualsiasi discorso, e il concetto di "safe space" è la "modernità più postmoderna", ripeto la mia opinione, ovvero che siano in circolazione discorsi seri molto più scandalosi della satira, e la seconda possa essere presa di mira solo per "comodità".
Più tangente la questione pubblica\universitaria il secondo articolo, anche se più personalistico. Il papa può avere altri posti da cui parlare, li ha sicuramente, ma il papa è anche una persona particolare. Oh, io parlo, ma da rappresentate d'istituto feci una raccolta firme per cacciare un professore,  non per le sue idee, ma perchè leggeva il giornale, non è che non capisco o aborro determinate forme democratiche nell'istruzione, ma faccio anche delle distinzioni (siccome poi la raccolta non andò a buon fine perchè molti erano spaventati di perdere la media, ne guadagnai solo delle metaforiche scudisciate dal suddetto, che mi perseguitò a piacere per il resto del ciclo scolastico, ma fui contento comunque di farlo e lo rifarei, e sono anche contento che la maggior parte dei professori fecero quadrato intorno al pover'uomo, anzichè aiutarmi, ognuno al suo posto, e viva Polemos, padre di tutte le cose).
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Socrate78

Charlie Hebdo se la prende con tutti i simboli religiosi, tranne che con la religione ebraico, poiché il 70% delle azioni di quel giornale è in mano ad un ebreo.

Mariano

Se non sbaglio oggi per televisione ho sentito che, dopo i tafferugli a Parigi per le proteste degli immigrati a piazza della repubblica, si pensa di vietare ai giornalisti di pubblicare le immagini delle azioni della polizia: viva la libertà di espressione.

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