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Integralismo Islamico

Aperto da Mariano, 31 Ottobre 2020, 11:08:37 AM

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viator

#60
Salve anthonyi. Citandoti : "Chi vive in questa società, da miscredente, e ne gode i benefici, dileggiando ciò in cui gli altri credono è qualcuno che "sputa nel piatto in cui mangia".

Bravo, dici assai bene. I nazisti crearono il loro sistema sociale includente tutto ciò che permetteva ai tedeschi di vivere e magnare, quindi era ovvio che nessun tedesco se ne lamentasse poichè in tal modo avrebbe sputato nel piatto in cui doveva mangiare. Naturalmente ciò funzionava anche in tutte le altre tirannie e ideologie massificatorie del mondo, le quali - a dar retta a te - producevano benefici E SOLO BENEFICI per coloro che erano costretti a subirle.
Ma tu vivi proprio tra le nuvole !
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Gli aspetti sociologici attuali mi pare raccontino le incertezze tipiche di una fase di transizione culturale: festeggiamo ricorrenze religiose, soprattutto a scuola, dove però il crocifisso inizia ad esser visto come manipolatorio o persino "offensivo"; rivendichiamo il diritto alla blasfemia per poi magari criticare il dilagare di polarizzazioni acritiche (che la satira alimenta); il Papa apre le porte all'omosessualità, ma indugiamo ancora nel ricordare le crociate, Bruno, etc.; difendiamo la "satira", ma poi la troviamo inopportuna se prende di mira il nostro orticello (ponte di Genova, terremoti, Rigopiano, etc.).
Di certo la "satira" in questione, proprio come i "cinepanettoni", la pornografia, etc. parla il linguaggio degli adolescenti (non necessariamente quelli anagrafici, sicuramente quelli "interiori"): espressioni e umorismo da bagni di liceo, passione per l'antagonismo, ricerca dell'eccesso, avversione per la profondità e l'analisi concettuale, etc. magari sotto l'egida della fallacia di falsa dicotomia: se non fosse consentita la satira, l'alternativa certa è l'inquisizione o la dittatura (confondendo così la libertà di satira/blasfemia con quella d'espressione di opinione: per assurdo, bandire la prima non implicherebbe affatto bandire la seconda, così come proibire i vestiti da clown non comporterebbe incitare al nudismo).
Personalmente credo, come Sariputra, che mettere in circolo avversione (essenza della satira) e violenza (seppur solo verbale) contribuisca ad aumentare la complessiva quantità di tensione, avversione e violenza nella società, dando una direzione poco ospitale alla vita comune. Nondimeno, l'esposizione all'ostilità verbale potrebbe, in generale, servire anche a sviluppare anticorpi antisatira (per "saturazione satirica"), proprio come il bulletto che in classe manda tutti a quel paese, dopo un po' non risulta più offensivo per quasi nessuno (e viene magari compreso per la sua necessità di esternare frustrazioni nate altrove). Il problema potrebbe essere che nel frattempo quelli mandati a quel paese (circolo dell'antagonismo) mandano all'altro mondo i presunti amici del bulletto (talvolta il bulletto stesso); reazione di certo esecrabile e giustamente punita dalla maestra che tuttavia, a furor di classe, "deve" garantire al bulletto la libertà di sbeffeggiare alcuni compagni, consentendo che serpeggi tensione e antagonismo (nella consapevolezza che la goliardia è comunque una valvola di sfogo). Questo significa essere favorevoli all'abolizione della satira, voler ripristinare la censura, purghe varie e i campi in Siberia? Ovviamente (spero), no; una volta che si hanno chiare le dinamiche, (non) si può (non) accettare di stare al gioco, sapendo di essere liberi di poter pubblicare online una vignetta sacrilega e satirica (ognuno secondo le sue possibilità comiche), nella duplice certezza che il male lo fa chi uccide per quella vignetta e che non tutti possono "perdere tempo" a fare/leggere analisi serie e ragionate (che, a differenza della satira volgare, hanno utilità sociale in termini di consapevolezza politica, critica del sistema e antidoto ai totalitarismi).


P.s.
In fondo, nello sport (attività comunque basata sulla competizione) la provocazione e l'offesa all'avversario vengono in genere redarguite o sanzionate (secondo i canoni del gioco); tuttavia, quando ci sono di mezzo la "verità", la "libertà" e l'autoaffermazione, la sportività di base passa spesso in secondo piano (non mi riferisco solo ai terroristi, pur senza paragonarli minimamente a satiri, talentuosi o di bassa lega che siano).


P.p.s.
Citazione di: InVerno il 03 Novembre 2020, 14:46:12 PM
quando Hebdo fà una vignetta sull'Italia dipingendola come un pezzo di sterco a forma di stivale, è mosso dall'anti-italianità, dal considerarci rozzi creduloni, e dalla voglia di bastonarci perchè ci ritiene dei subumani?
Comunicazione di servizio: pare che quella copertina fosse una bufala.

Jacopus

"La satira è un genere della letteratura, delle arti e più in generale della comunicazione, caratterizzata dall'attenzione critica ai vari aspetti della società, mostrandone le contraddizioni e promuovendone il cambiamento" (da wikipedia. Chi vuole può approfondire).


Scambiare la satira per violenza e aggressione da bulletti non mi sembra corretto. E' forse vero, però, che la satira potrebbe essere inglobata in quel flusso di "mediocratizzazione" che investe tutto il mondo dell'arte (per cui al giorno d'oggi "suonare" uno strumento significa "mettere" dei dischi già registrati da altri), e pertanto finire per confondersi con il bullismo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

niko

Citazione di: anthonyi il 03 Novembre 2020, 17:35:29 PM[/size]
Citazione di: niko il 03 Novembre 2020, 11:17:52 AM[/size]Assolutamente d'accordo con la libertà di blasfemia, per avere il senso reale della violenza, di cosa sia violenza e cosa no agli occhi di Dio o della natura, bisogna cessare per un attimo di identificarsi con i simboli dell'io e iniziare ad identificarsi con il proprio e altrui corpo, ammazzare senza motivo un topo è violenza, rompere un crocifisso no, e sono sicuro che Dio sarebbe d'accordo.
[/size]Non esiste solo la violenza fisica, esistono altre forme di violenza. Rompere un crocifisso, o bruciare una bandiera, sono atti di violenza simbolica, feriscono coloro che al valore di quei simboli credono. C'è poi da notare che l'atto di oltraggio a un simbolo non è neanche indicativo di laicità, il laico dovrebbe essere indifferente ai simboli, invece, chi tenta di ferirli o distruggerli dimostra di dare loro un valore negativo.
[/size]


Ti do una risposta seria anche se penso che, siccome sei arrivato a dire cose veramente eccessive in un contesto democratico, ad esempio dire che la satira politica dovrebbe essere da vietare, stai un po' esagerando.


Il mio intervento sul crocifisso e sul topo, che tu hai riportato in parte, era imprescindibile dal seguito, e cioè io cominciavo con


"Assolutamente d'accordo con la libertà di blasfemia, per avere il senso reale della violenza, di cosa sia violenza e cosa no agli occhi di Dio o della natura, bisogna cessare per un attimo di identificarsi con i simboli dell'io e iniziare ad identificarsi con il proprio e altrui corpo, ammazzare senza motivo un topo è violenza, rompere un crocifisso no, e sono sicuro che Dio sarebbe d'accordo."


e continuavo con:


Più ci facciamo grandi, e più accadimenti che da un punto di vista modesto e limitato ci apparirebbero neutri siamo costretti a catalogare come violenti, il disegno di Maometto nudo è così, una cosa che può offendere solo un nevrotico che non si identifica con il proprio corpo ma con la propria mente.




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Tu poi appunto scrivi:


"Non esiste solo la violenza fisica, esistono altre forme di violenza. Rompere un crocifisso, o bruciare una bandiera, sono atti di violenza simbolica, feriscono coloro che al valore di quei simboli credono."


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E io volevo dire che appunto non esiste solo la cultura cristiana con il suo concetto di salvezza che rispetto all'immanenza dello stare al mondo è slancio verso l'infinito, idea che l'individuo sia significativo in un ambiente infinito e le anime individuali nel bene e nel male abbiano destino infinito, vita coestesa rispetto al tempo della totalità e perfino uno spazio eterno riservato nello spazio totale garantito dalla resurrezione dei corpi; oltre a quella cristiana, esiste, o almeno esisteva, pure la cultura greca col suo concetto della misura e del conosci te stesso, nel senso appunto di: "stai nei limiti del tuo corpo e prendi un po' più sul serio la morte", conosci te stesso anche fisicamente, non sei commensurabile ad un ambiente infinito e neanche a uno finito indefinitamente cangiante, quindi, stando nel tuo corpo, ti rendi meno vulnerabile all'offesa al simbolo, all'icona, al pupazzetto, al principio astratto, a tutto quello che entra in un cerchio di identificazione più grande del tuo corpo e che, data la sostanziale indifferenza della natura alle vicende umane, può farti soffrire più del dovuto quanto più ti fai grande e ti esponi (filo-sofia, vivi nascosto), e questa minore vulnerabilità, ti mette in condizione di stare con gli altri e dialogare; per quanto tu soffra quando si rompe il crocefisso, la verità è che il crocefisso non sei tu e questo ti mette in condizione di sopravvivere, non c'è nessuna resurrezione futura a cui siamo chiamati a partecipare, c'è verità sufficiente alla vita nella condizione umana, ma per coglierla dobbiamo stare nel corpo, capire che l'offesa al senso, al pensiero, non ricade realmente su di noi.


Se tu sei ferito quando il tuo simbolo è ferito, vuol dire che la tua identificazione con quel simbolo è totale, adatta a una società totalitaria, invece il senso della commedia e della tragedia, che alla società totalitaria sono l'antidoto, è forse che la tua identificazione totale con certi simboli è circoscritta nello spazio e tempo (il luogo fisico del teatro stesso), e puoi sopravvivere se non come individuo quantomeno come specie, all'eclissi del senso, alla fine dello spettacolo.


Il dolore non è colpa di nessuno e non ha senso, ha semmai valore come orizzonte di internità del vivente alla natura, come limite al senso.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Citazione di: Jacopus il 04 Novembre 2020, 13:08:13 PM
"La satira è un genere della letteratura, delle arti e più in generale della comunicazione, caratterizzata dall'attenzione critica ai vari aspetti della società, mostrandone le contraddizioni e promuovendone il cambiamento" (da wikipedia. Chi vuole può approfondire).


Scambiare la satira per violenza e aggressione da bulletti non mi sembra corretto.
Credo che la satira qui in questione sia principalmente quella antireligiosa, nella fattispecie quella di C.Hebdo; non a caso ho usato spesso fra virgolette alte la parola «satira» riferita a quel tipo di vignettistica, proprio perché secondo me
Citazione di: Phil il 01 Novembre 2020, 14:45:05 PM
La satira è infatti scherno basato su contenuti, non fine a se stesso.
Suppongo basti guardare l'ultima copertina su Erdogan per capire che quello di Hebdo non sia esattamente un sagace umorismo di contenuto, volto a risvegliare coscienze sopite.

viator

Salve. In questo "luogo virtuale" in cui abbondano la citazioni da Wikipedia, mi fa un certo effetto leggere continuamente riferimenti a dei "satiristi" evidentemente scambiati per "satiri".

Ciò naturalmente avviene perchè lo stravolgimento culturale in atto prevede, tra gli altri effetti, che :

       
  • La Bibbia del linguaggio sia diventata WP, la quale dovrebbe sopperire ad ogni ignoranza. Infatti, per il senso comune odierno, ciò che non compare in WP semplicemente NON ESISTE. Infatti .a voce "satirista" è introvabile in WP !!.
  • L' Enciclopedia Italiana (cosiddetta da me "La Quattrogatti") dà per sinonimi l'etica e la morale. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

In effetti le parole si prestano a differenti interpretazioni, ma affermare che l'Uno richieda la distinzione tra questo e quello mi sembra davvero troppo.

L'Uno che necessita di divisioni che Uno è?

Il solo supporlo è una contraddizione in termini.
Difatti chi lo suppone si riferisce a un ente Dio, non all'Uno.

E all'interno di ogni religione questo è ciò che differenzia l'autentica fede dalla superstizione.
L'autentica fede convive con il relativismo, non certo con "verità" rivelate.
È infatti il relativismo ciò che più si avvicina all'Uno, proprio perché l'Uno è lo stesso Nulla.

L'autentica bestemmia non è l'imprecazione volgare verso la divinità, ma la pretesa di conoscere la volontà di Dio!

Di modo che l'integralista è più lontano dall'Uno di quanto non lo sia l'autore satirico.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

InVerno

#67
I discorsi più pericolosi sono quelli più seri, mal capiterà chi vorrà trovare un atto di violenza nella storia perpetrato con una commedia in mano, peggio ancora capiterà chi cercherà uno stato liberale dove la satira è proibita. Discorsi seri sono invece quelli che con lessici arzigogolati e precauzioni lessicali, gira e ti rigira vuol lambire e far passare che tutto sommato "occhio per occhio", che altro ti puoi aspettare? E son tradizionalisti, dicono alcuni, ma fino ad Hammurabi bisogna arrivare? Ingiusto che sia, se dalle vaporose nuvole lessicali questi scendessero a dar pane al pane, non al satiro ma a loro spetterebbe l'ingiusta punizione, per apologia di reato, non di meno. Notoriamente non militano satiri tra le fila dei conservatori, impossibile sarà trovare un comico credente, cabarettisti in caserma militare, commedie di successo nelle teocrazie, satiri sul primo canale delle dittature. Ovunque qualcuno crede che la morale derivi dall'autorità di un santo in cielo o un beniamino terreno, chi si è sottomesso allo schema perfetto delle cose che ha sentito raccontare, sentirà mancarsi la terra sotto i piedi quando un giullare metterà alla berlina la contraddizione, il terrore che l'autorità o l'ideologia così perfettamente sentiti, non siano così coerenti come egli prima pensava desterà in lui solamente repulsione, l'idea di esser niente più che una scimmia che ogni tanto deve cagare, che s'ammala e incespica, che ha fame e deve patire, mal si addice all'idea così alta che ha di sé stesso, che della sua esistenza ha fatto il baricentro universale. Di tutto sanno e niente omettono, hanno la chiave Vera delle cose, incapaci anche solo di considerare, che il Cristo fatto uomo, fece del cul trombetta più di quanto gli piacerebbe immaginare. E pensare che la Divina Commedia fù scritta proprio sul solco della Bibbia, dell'allegoria e della finzione, e pensare che Maometto e nel corano elogiò la risata insieme al pianto, come forme massime dell'umano. Ma a loro che interessa?Sindacalisti dello spirito, hanno solo cose serie a cui pensare, difendono i diritti della categoria degli "offesi" qualunque sia la religione, chissà mai che a difendere gli altri, qualcosa capiti anche a loro. Eppure nonostante i terroristi si arroghino di rappresentare il popolo intero di una religione, ogni giorno un islamico davanti all'edicola passa, sbircia un Hebdo appeso e una risata gli scappa malandrina, di nascosto al suo signore. Perdono! Perdono! Se tanto ho osato! Sottomettimi, frustami, puniscimi, o lo farò da solo! No! Per Dio! Frusterò l'infedele che al peccato mi ha portato!
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Citazione di: InVerno il 04 Novembre 2020, 14:53:20 PM
I discorsi più pericolosi sono quelli più seri
Sono infatti i discorsi seri/pericolosi, una volta applicati e soppesati anche con vite umane, ad aver reso possibile la stampa della satira odierna (non certo la satira stessa). Nonostante l'anatema «una risata vi seppellirà», non è con lo scherno che sono stati seppelliti in occidente tutti quei contesti in cui la satira non aveva posto (e che hai ricordato: teocrazie, dittature, etc. per quanto non estinte ovunque). Per questo i cambiamenti, che talvolta hanno richiesto violenza, non sono avvenuti (e non sarebbero potuti avvenire) «con una commedia in mano»(cit.): la satira, essendo ancor meno seria ed argomentata della commedia, non può essere (pro)motrice di autentici cambiamenti sociali, ma solo di fugaci colpi di gomito e ghigni fuor dall'edicola (per chi ha umorismo confacente ai suddetti toni adolescenziali, che non è certo un reato).
Ribadisco che, secondo me, non si tratta di bandire la satira e la blasfemia (imparagonabili ad omicidi e stragi), né di "difendere" religioni o assolutismi (almeno nel mio caso), tuttavia non vedo nemmeno il motivo di osannarle come baluardi anti-totalitaristi o emblemi della libertà di espressione, forse confondendole con ben altro (sarebbe come affermare, per riprendere la tua immagine, che è lecito credere all'incarnazione di Cristo solo se nei vangeli c'è esplicita testimonianza delle sue "strombazzate"; forse l'importante è altro?).

P.s.
Credo che non sarebbe poi male se il terrorismo rispondesse «occhio per occhio» alla satira, ovvero satireggiando a sua volta, piuttosto che alimentare i necrologi.

anthonyi

Citazione di: niko il 04 Novembre 2020, 13:11:10 PM



Ti do una risposta seria anche se penso che, siccome sei arrivato a dire cose veramente eccessive in un contesto democratico, ad esempio dire che la satira politica dovrebbe essere da vietare, stai un po' esagerando.



Ciao niko, e io che credevo che un devoto difensore del libero pensiero, satirico e non, come te, difendesse anche il pensiero antidemocratico !
Comunque assunto che tu ritieni che le mie affermazioni siano antidemocratiche, questo vuol dire che pensi che la satira politica sia utile ad un buon funzionamento della democrazia.
Ora la satira politica cos'è, è l'arte di mettere in ridicolo o costruire ironia su personaggi pubblici che hanno ruoli politici.
Il meccanismo funzionale della satira non sono, comunque, gli argomenti politici, spesso troppo complessi per attecchire subito sull'umore del popolo che ascolta, ma versioni stilizzate, semplificate, e spesso falsificate degli stessi argomenti politici, in linea con movimenti politici che oggi vanno per la maggiore e che vengono definiti populisti.
Nella satira non c'è contraddittorio, il politico è messo alla berlina indipendentemente da quello che può essere il valore politico dei suoi atti, basta che ci sia un satiro che, per ragioni ideologiche, o perché pagato dal politico concorrente, abbia la capacità di attaccarlo.
Naturalmente il politico proprietario di mezzi di comunicazione è in posizione di forza, visto che può direzionare la satira politica contro i suoi avversari, e risulta anche difficile evitare questo, visto che la satira è un'arte e deve essere libera, diversamente dall'informazione che ha aspetti più tecnici e quindi è più facilmente regolabile per evitare deviazioni antidemocratiche.
Poi io sto riflettendo sulla definizione data in grassetto, e sul fatto che essa si applica perfettamente a quell'ironia mediatica e di popolo che si accaniva in Sicilia negli anni 70-80 del secolo scorso contro quei politici, giudici che mettevano in qualche modo in discussione il potere della mafia, anche quella era satira.
Dopo queste riflessioni, la mia conclusione è che la satira sia più antidemocratica che democratica.


anthonyi

#70
Citazione di: Jacopus il 04 Novembre 2020, 09:37:27 AM
CitazioneE invece, Jacopus, la cosa è stramaledettamente seria, proprio perché i morti ci sono, e sono morti uccisi da altri uomini.


Sto dicendo la stessa stramaledetta cosa. Non mi risulta però che sia la satira ad uccidere, a meno che non si voglia tirare fuori dall'armadio il vecchio trito discorso che se non ci fossero stati i partigiani non ci sarebbero state neppure le stragi nazifasciste.

CitazioneOra la tesi sostenuta da voi critici delle religioni è che una persona di fede dovrebbe avere una maggiore propensione ad uccidere di una persona atea, perché spinto dalla motivazione religiosa.
Ora guardando alla storia dell'umanità noi vediamo che i tre più grandi criminali della storia umana, Mao Tze Dong, Stalin e Hitler, rispettivamente circa 100, 50 e 25 milioni di morti, non hanno mai dato segno di grande fanatismo per alcuna religione, anzi, nei limiti delle loro possibilità, le culture religiose hanno cercato di distruggerle.



Anche in questo caso constato che diciamo la stessa cosa. Quando faccio riferimento al totalitarismo e alla teoria della dialettica dell'Illuminismo di Adorno-Horkheimer, mi riferisco ad una concezione totalitaria della società, che può virare dalle stragi di religione alle stragi delle dittature, ovvero dove si venera il mito dell'Uno. Da questo punto di vista si può dire quello che si vuole ma le società meno sanguinarie nella storia dell'uomo sono quelle liberali presenti nel mondo occidentale (tralasciando, per il momento, i morti che queste società si premurano di accumulare nei paesi fuori della Festung Europa).

CitazionePoi sinceramente il distinguo sulla religione pagana, contrapposta ai morti delle religioni monoteiste, non la capisco. La cultura romana era intrisa di violenza e di morte, andavano ad assistere a spettacoli e gare che erano carneficine e spesso i "dibattiti" tra parti avverse del loro tifo sfociavano in ulteriori morti. Questi erano i fedeli delle divinità pagane. Certo non si ammazzavano per Giove o per Saturno, semplicemente perché quelle divinità erano poco importanti, molto meno dell'imperatore di turno e delle ricchezze da spartire dei territori conquistati, ma per quanto riguarda queste ultime motivazioni di morti ne facevano molti di più di quanti ne avrebbero fatti tutte le crociate in Terrasanta e in Linguadoca.



Fare paragoni fra una società così antica e una moderna è sempre azzardato. Basti pensare a come erano differenti le concezioni della democrazia di allora e quella moderna. Si era immersi in una società dove la morte e la violenza erano molto più presenti, nella vita di ognuno. Credo però che la religione pagana e il pensiero filosofico greco siano in qualche modo collegabili, perlomeno nella presenza di una dialettica, di un polemos, che il cristianesimo tende ad azzerare, nella sua visione escatologica della Civitas Dei.

CitazioneRiguardo alle codificazioni binarie io credo che una sola sia importante, quella tra verità e menzogna, e non  deriva dal monoteismo ma dalla capacità degli uomini di parlare e di sbagliare, stesso dicasi per bene e male, che deriva dalla capacità degli uomini di agire secondo una morale oppure al di fuori di essa.


E' questa la visione classica. Tu stessi lo dici: vi è una sola distinzione importante. Una. La mela della conoscenza del bene e del male. Io parto da un presupposto diverso, ovvero che il bene e il male sono presenti in ognuno di noi, in modi e modelli operativi diversi. Proiettare il male fuori da noi stessi è ciò che promette il modello dell'Uno, il quale ha sempre bisogno, infatti, di un nemico. Il male e il bene invece sono una lotta interna in ogni uomo ed ogni uomo non sarà mai completamente l'incarnazione del bene o al contrario del male. E' ovvio che possono esserci persone più votate al male e persone più votate al bene, ma abbiamo tutti noi "l'ombra", il "doppelganger", che non ci fa essere mai così buoni, nè così cattivi. Riconoscendo il male che noi siamo, non lo proiettiamo più nelle figure del maligno, dello straniero, del ricco, del povero e così via, ma offriamo la via alla compassione, alla consapevolezza di essere tutti nella stessa barca.
In questo processo riconosco che il messaggio evangelico è stato un grande passo avanti rispetto alle altre religioni monoteistiche (anche se bisogno riconoscere che il NT ha molti presupposti nel VT), Gesù stesso pronunciò la famosa frase "chi è senza peccato scagli la prima pietra" (salvo poi contraddirsi in altre occasioni). Il sacrificio di Gesù è comunque un messaggio rivoluzionario da molti punti di vista, perchè pone il senso di colpa in senso collettivo. Funge da collante e apre alla carità. La laicizzazione di questo messaggio ha il significato di bloccare il ritorno del pensiero totalitario, del Dio geloso e che accoglie "solo" i suoi fedeli. Pertanto credo che anche la storia delle religioni possa aiutarci in questo cammino, che ovviamente è costellato di avversari di ogni tipo.


CitazioneLa satira invece confonde le idee, costruisce il caos concettuale, producendo una sensazione di libertà finta e pericolosa. Negli anni 60 del secolo scorso questa sensazione di libertà si sostanziò nell'idea di sesso e droga liberi, quante vite si sono distrutte per seguire questa falsa sensazione di libertà rispetto agli schemi morali preesistenti.



Anthony, su questo punto esprimo un forte distacco. Il sesso e la droga accostati alla satira mi sembra davvero troppo. La satira esiste almeno da quanto è nata la letteratura greca ed è un gioco. Un gioco di libertà e di vedere le cose in un modo diverso, magari anche per criticarle in modo divertente. Non c'è nessun caos, poichè la satira non ha mai pensato di governare il mondo, a differenza del pensiero totalitario, che invece ha un unico pensiero fisso: il potere.
CitazioneLa satira viene fuori da un desiderio istintivo di ribellione rispetto a qualcosa, senza che però ci sia un vaglio razionale che ti permetta di capire il senso sociale di questo qualcosa. Critichi la religione, critichi lo stato, critichi i vaccini, ma non capisci l'importanza di queste strutture e non puoi capirle perché coloro che potrebbero fartele capire sono dentro queste strutture che tu critichi a priori senza aver fiducia in esse.



E meno male che c'è qualcuno che critica. Il pensiero critico è l'anima stessa del pensiero filosofico. E se si critica facendo sorridere, forse si fa un doppio lavoro. Chi è contro ogni critica (compresa quella satirica) di solito apprezza il manganello. E qui torniamo al punto di partenza (o se vuoi al comicissimo intervento di Inverno).


Scusa Jacopus, come facciamo a dire la stessa cosa, tu accomuni le religioni monoteiste con la dittatura e la violenza, io no. Non vedo alcuna ragione per cui si possa pensare che una religione monoteista favorisca la dittatura e la violenza.
Alla base di quei sistemi sociali liberali dei quali parli c'è una, o più, religioni monoteiste, mentre le dittature sono prosperate in quei sistemi culturali costruiti sul principio che "la religione è l'oppio dei popoli".



Poi avrei una nota metodologica, se sei tu il primo a farmi il confronto tra politeismo e monoteismo, perché io non posso fare il confronto fra i sistemi sociali relativi. E se per te vale il discorso della diversità dei tempi, allora permetti che la stessa diversità è argomento sufficiente per spiegare le stragi crociate, che erano appunto figlie di quei tempi, e non possono perennemente essere imputate alla religione cristiana di oggi, che vive in ben altri tempi.


Infine sul rapporto tra cultura libertina e satira, tu potrai non condividere, ma si tratta delle stesse strutture (Forse si potrebbe anche dire archetipi) psicologiche.
C'è un sistema ordinato predefinito che può essere morale, religioso o politico.
L'istinto interiore che produce il desiderio irrazionale di rompere questo sistema ordinato produce, rispettivamente, la cultura libertina in sfregio alla morale comune, la blasfemia in offesa alla religione, la satira politica e la ribellione in sfregio al sistema politico.

davintro

Citazione di: InVerno il 04 Novembre 2020, 14:53:20 PM
I discorsi più pericolosi sono quelli più seri, mal capiterà chi vorrà trovare un atto di violenza nella storia perpetrato con una commedia in mano, peggio ancora capiterà chi cercherà uno stato liberale dove la satira è proibita. Discorsi seri sono invece quelli che con lessici arzigogolati e precauzioni lessicali, gira e ti rigira vuol lambire e far passare che tutto sommato "occhio per occhio", che altro ti puoi aspettare? E son tradizionalisti, dicono alcuni, ma fino ad Hammurabi bisogna arrivare? Ingiusto che sia, se dalle vaporose nuvole lessicali questi scendessero a dar pane al pane, non al satiro ma a loro spetterebbe l'ingiusta punizione, per apologia di reato, non di meno. Notoriamente non militano satiri tra le fila dei conservatori, impossibile sarà trovare un comico credente, cabarettisti in caserma militare, commedie di successo nelle teocrazie, satiri sul primo canale delle dittature. Ovunque qualcuno crede che la morale derivi dall'autorità di un santo in cielo o un beniamino terreno, chi si è sottomesso allo schema perfetto delle cose che ha sentito raccontare, sentirà mancarsi la terra sotto i piedi quando un giullare metterà alla berlina la contraddizione, il terrore che l'autorità o l'ideologia così perfettamente sentiti, non siano così coerenti come egli prima pensava desterà in lui solamente repulsione, l'idea di esser niente più che una scimmia che ogni tanto deve cagare, che s'ammala e incespica, che ha fame e deve patire, mal si addice all'idea così alta che ha di sé stesso, che della sua esistenza ha fatto il baricentro universale. Di tutto sanno e niente omettono, hanno la chiave Vera delle cose, incapaci anche solo di considerare, che il Cristo fatto uomo, fece del cul trombetta più di quanto gli piacerebbe immaginare. E pensare che la Divina Commedia fù scritta proprio sul solco della Bibbia, dell'allegoria e della finzione, e pensare che Maometto e nel corano elogiò la risata insieme al pianto, come forme massime dell'umano. Ma a loro che interessa?Sindacalisti dello spirito, hanno solo cose serie a cui pensare, difendono i diritti della categoria degli "offesi" qualunque sia la religione, chissà mai che a difendere gli altri, qualcosa capiti anche a loro. Eppure nonostante i terroristi si arroghino di rappresentare il popolo intero di una religione, ogni giorno un islamico davanti all'edicola passa, sbircia un Hebdo appeso e una risata gli scappa malandrina, di nascosto al suo signore. Perdono! Perdono! Se tanto ho osato! Sottomettimi, frustami, puniscimi, o lo farò da solo! No! Per Dio! Frusterò l'infedele che al peccato mi ha portato!


Come più volte detto, l'idea per cui contestare il senso e l'opportunità di una certa azione, come può essere la pubblicazione di contenuti satirici determina necessariamente il giustificare reazioni violente a tale azione, è un passaggio logico del tutto arbitrario e forzato. Ho l'impressione che si voglia come sostenere una visione dualista manichea per cui da un lato ci sarebbero gli spiriti illuminati, pronti a ridere di qualunque cosa, a trovare intelligente, divertente, e magari anche culturalmente formativa una vignetta in cui si rappresentano le Persone della Trinità come partecipanti a un'orgia, e dall'altra giustificatori e fiancheggiatori del terrorismo e del fondamentalismo religioso. Rivendico la libertà di sentirmi ben lontano da entrambe le posizioni. Il senso dell'umorismo è dato dal carattere delle persone, non è qualcosa che si possiede più o meno a seconda delle convinzioni religiose/ideologiche: il meccanismo per il quale, quanto più un certo valore, spirituale o materiale, è rivestito di una certa importanza dal soggetto, tanto più si è portati a indignarsi nel momento in cui lo si trova irriso, vilipeso, e dunque sminuito dagli altri (l'offendersi ha a che fare con l'estetica, percepiamo il bello e il brutto come affinità o dissonanza tra una certa preferenza soggettiva interna e il modo in cui nel mondo esterno il valore espresso dalla preferenza si presenta come esaltato o disprezzato, un certo colore mi appare "brutto" perché simbolicamente legato a qualcosa che per me è un disvalore), è un meccanismo umanamente universale, indipendente dal contenuto con cui gli individui riempiono le loro personali scale di valore. Un ateo, non meno di un credente, possiede un suo sistema di priorità valoriali, e nella misura in cui lo possiede maturerà una disposizione a offendersi, in relazione ai suoi valori, come la matura il credente: cambiano i contenuti, i tasti sensibili in relazione a cui essere sensibili e ad offendersi, ma non la disposizione all'offesa in senso formale e generico. E in ciò non c'è nulla di male, anzi. L'offendersi non è, entro i limiti in cui la si riesca a controllare, evitando che porti a commettere atti violenti ispirati alla vendetta verso chi ci ha offeso, di per sè una disposizione viziosa, è l'altra faccia della medaglia della sensibilità, dell'avere una coscienza morale: il giorno in cui smetteremo completamente di offenderci sarà il giorno in cui cesseremo di avere una sensibilità, cioè di vivere, proprio perché sarà il giorno in cui non avremmo più nulla di importante, di esistenzialmente motivante di cui dispiacersi nel trovarlo irriso e ridicolizzato. Tanto più voglio bene a una persona tanto più mi arrabbierò nel vederla umiliata, e, dal punto di vista del credente in una religione come il Cristianesimo, Dio è persona come e più di un amico, di un genitore, di una persona cara, e se al non credente tutto ciò appare ridicolo, nulla gli impedisce di continuare a trovarlo tale, senza che il continuare a trovarlo tale necessità di esteriorizzare la sua posizione in termini irrispettosi.

InVerno

Citazione di: Phil il 04 Novembre 2020, 18:06:26 PM
Citazione di: InVerno il 04 Novembre 2020, 14:53:20 PM
I discorsi più pericolosi sono quelli più seri
Sono infatti i discorsi seri/pericolosi, una volta applicati e soppesati anche con vite umane, ad aver reso possibile la stampa della satira odierna (non certo la satira stessa). Nonostante l'anatema «una risata vi seppellirà», non è con lo scherno che sono stati seppelliti in occidente tutti quei contesti in cui la satira non aveva posto (e che hai ricordato: teocrazie, dittature, etc. per quanto non estinte ovunque). Per questo i cambiamenti, che talvolta hanno richiesto violenza, non sono avvenuti (e non sarebbero potuti avvenire) «con una commedia in mano»(cit.): la satira, essendo ancor meno seria ed argomentata della commedia, non può essere (pro)motrice di autentici cambiamenti sociali, ma solo di fugaci colpi di gomito e ghigni fuor dall'edicola (per chi ha umorismo confacente ai suddetti toni adolescenziali, che non è certo un reato).
Ribadisco che, secondo me, non si tratta di bandire la satira e la blasfemia (imparagonabili ad omicidi e stragi), né di "difendere" religioni o assolutismi (almeno nel mio caso), tuttavia non vedo nemmeno il motivo di osannarle come baluardi anti-totalitaristi o emblemi della libertà di espressione, forse confondendole con ben altro (sarebbe come affermare, per riprendere la tua immagine, che è lecito credere all'incarnazione di Cristo solo se nei vangeli c'è esplicita testimonianza delle sue "strombazzate"; forse l'importante è altro?).
In che cosa questo distingue la satira da altre forme d'arte? Seriamente, qui pare d'aver trovato l'umidità in fondo al pozzo quando si dice che dall'arte non nascono rivoluzioni culturali e progressi sociali, che da un quadro, da un film, o da narrazione ne sia mai nata una? Quale sarà la prossima stramba equivalenza? Che con la satira non si è mai scoperto un vaccino o un nuovo pianeta?
Hai premuto spesso sulla "qualità di Hebdo", e ipotizzo che "adolescenziale" sia riferito a loro, è un tasto che non voglio schiacciare, in confidenza ti dico, la trovo comicità spicciola e spesso triviale, non è di mio gusto, non la compro, questo è l'unica cosa che può dire un liberale. Il problema nasce quando qualcuno viene incaricato di dividere l'alto dal basso, sono i prodromi del minculpop che dovrebbero spaventare. Vent'anni, non di più non di meno, abbiam passato a discutere dei limiti della satira per colpa dei berluscones offesi. Lo vedi che cosa c'è in giro dopo cotanta discussione? La tabula rasa.. Questo è l'unico e prevedibile risultato di chi si affacenda a distinguere l'alto dal basso a seconda dell'offesa, neanche avesse avuto successo di trovar la quadra di questo immaginario dilemma, il solo fatto che la discussione è nata, è stata varichina sulle radici di un fiore. Il mese scorso, un ragazzino di 19 anni che faceva satira sul premier ceceno Kadyrov (il presidente del taglia teste) è stato costretto a chiedere scusa mentre si metteva una bottiglia nel culo. Qualcuno si è offeso? Kadyrov l'ha detto chiaro, se ne frega dell'imbarazzo del Cremlino, il professore "se l'è cercata", il tagliateste è stato provocato. Kadyrov è stato criticato aspramente da tanti, ma ciò che gli ha dato realmente fastidio, è un ragazzino che gli ha ricordato la scimmia demente che è, perchè in fondo in fondo, quando si guarda allo specchio, è quello che vede.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

InVerno

Citazione di: davintro il 04 Novembre 2020, 20:47:55 PM
Come più volte detto, l'idea per cui contestare il senso e l'opportunità di una certa azione, come può essere la pubblicazione di contenuti satirici determina necessariamente il giustificare reazioni violente a tale azione, è un passaggio logico del tutto arbitrario e forzato. Ho l'impressione che si voglia come sostenere una visione dualista manichea per cui da un lato ci sarebbero gli spiriti illuminati, pronti a ridere di qualunque cosa, a trovare intelligente, divertente, e magari anche culturalmente formativa una vignetta in cui si rappresentano le Persone della Trinità come partecipanti a un'orgia, e dall'altra giustificatori e fiancheggiatori del terrorismo e del fondamentalismo religioso. Rivendico la libertà di sentirmi ben lontano da entrambe le posizioni. Il senso dell'umorismo è dato dal carattere delle persone, non è qualcosa che si possiede più o meno a seconda delle convinzioni religiose/ideologiche: il meccanismo per il quale, quanto più un certo valore, spirituale o materiale, è rivestito di una certa importanza dal soggetto, tanto più si è portati a indignarsi nel momento in cui lo si trova irriso, vilipeso, e dunque sminuito dagli altri (l'offendersi ha a che fare con l'estetica, percepiamo il bello e il brutto come affinità o dissonanza tra una certa preferenza soggettiva interna e il modo in cui nel mondo esterno il valore espresso dalla preferenza si presenta come esaltato o disprezzato, un certo colore mi appare "brutto" perché simbolicamente legato a qualcosa che per me è un disvalore), è un meccanismo umanamente universale, indipendente dal contenuto con cui gli individui riempiono le loro personali scale di valore. Un ateo, non meno di un credente, possiede un suo sistema di priorità valoriali, e nella misura in cui lo possiede maturerà una disposizione a offendersi, in relazione ai suoi valori, come la matura il credente: cambiano i contenuti, i tasti sensibili in relazione a cui essere sensibili e ad offendersi, ma non la disposizione all'offesa in senso formale e generico. E in ciò non c'è nulla di male, anzi. L'offendersi non è, entro i limiti in cui la si riesca a controllare, evitando che porti a commettere atti violenti ispirati alla vendetta verso chi ci ha offeso, di per sè una disposizione viziosa, è l'altra faccia della medaglia della sensibilità, dell'avere una coscienza morale: il giorno in cui smetteremo completamente di offenderci sarà il giorno in cui cesseremo di avere una sensibilità, cioè di vivere, proprio perché sarà il giorno in cui non avremmo più nulla di importante, di esistenzialmente motivante di cui dispiacersi nel trovarlo irriso e ridicolizzato. Tanto più voglio bene a una persona tanto più mi arrabbierò nel vederla umiliata, e, dal punto di vista del credente in una religione come il Cristianesimo, Dio è persona come e più di un amico, di un genitore, di una persona cara, e se al non credente tutto ciò appare ridicolo, nulla gli impedisce di continuare a trovarlo tale, senza che il continuare a trovarlo tale necessità di esteriorizzare la sua posizione in termini irrispettosi.
Qualcuno più sagace di me, sicuramente nel produrre aforismi, disse "Un individuo deficiente del senso dell'umorismo, più che una persona stupida, è una sfida alla nostra idea di cosa voglia dire essere umani". Personalmente diffido fortemente delle persone che non sanno ridere, sopratutto di sé stesse, ma perlomeno degli altri, le persone che non sanno ridere non conoscono limiti, non ne presuppongono, sono infinite, sia nella loro arroganza che (molto più raramente, ma possibile) nella loro umiltà, in entrambi i casi, mi spaventano perchè sono capaci di un efferatezze incompatibili con ciò che definisco umano. E anche per questo che le figure teologiche non ridono mai, perchè devono dimostrare d'essere oltreumani, persino Platone si diceva non ridesse mai, mentre Socrate pare apprezzasse essere preso in giro da Aristofane, e già questo ai filosofi dovrebbe dire tanto su quali diversi archetipi si prefigurano. Potremmo discutere molto su che cosa significhi il riso, il ghigno, quali siano le congruenze e le difformità con i primati, ma in riassunto si potrebbe dire: è una costatazione della propria limitatezza che costringe ad un meccanismo autodifensivo. A questo serve mostrare i denti. Qui il problema non è il manicheismo, né atei contro credenti, gli ebrei per esempio sono spesso forieri di un senso dell'humor che dovrebbe essere ricordato perlomeno alla pari del cosidetto "humor inglese", è un modo trasversale ai gruppi, che forse è meglio catturato dall'idea dell'"integralismo" che sia esso ateo o religioso o politico o chessia, c'è chi vede alla realtà in maniera netta e pulita, e chi la vede come una sporca contaminazione tra campi, non si andrà mai d'accordo, ma l'importante sarebbe rimanere liberi di non esserlo. E poi, seriamente, nella vita un pò di pelle spessa aiuta, perchè l'unico modo per cui una commedia possa trafiggere al cuore più di una tragedia, è viverle all'inverso, trarre giovamento dalle tragedie e dolore dalle commedie, ed un pò è che ciò che sospetto accada nella mente di qualche squilibrato tagliateste.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

@InVerno

Ispirandomi al tuo «mal capiterà chi vorrà trovare un atto di violenza nella storia perpetrato con una commedia in mano»(cit.) mi è venuto da sottolineare che non può essere altrimenti, perché la violenza (fisica) e i cambiamenti sociali non sono fatti dalla satira e della commedia (è una precisazione banale, forse avevo sopravvalutato la banalità stessa della tua affermazione).
Con "adolescenziale" mi riferivo non solo ad Hebdo, ma, sempre banalmente, a tutte quelle forme di satira che presentano appunto i tratti adolescenziali che ho accennato sopra (e che credo molti di noi potranno associare alla propria adolescenza o al proprio "adolescente interiore").

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