Il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati

Aperto da Eutidemo, 16 Luglio 2021, 15:23:19 PM

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Eutidemo

Il 2 luglio è iniziata la raccolta delle firme previste dalla Costituzione per i sei quesiti referendari "per la giustizia giusta", proposti dal Partito Radicale e dalla Lega; mi soffermerò solo sul primo quesito, che, secondo me, è il più importante, e che riguarda la "responsabilità civile dei magistrati" (sebbene gli altri quesiti siano quasi tutti correlati al primo).
Come risulterà dalla mia sintetica trattazione, il difetto principale del referendum, è che si tratta di una materia troppo complicata per sottoporla ad un voto popolare; per cui, anche solo per tale motivo, secondo me, sarebbe stato molto meglio non proporlo neanche.
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Il quesito "topico" è il seguente:
"Volete voi che sia abrogata la Legge 13 aprile 1988, n. 117 (risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 2, comma 1, limitatamente alle parole "contro lo Stato"; art. 4, comma 2, limitatamente alle parole "contro lo Stato"; art. 6, comma 1, limitatamente alle parole "non può essere chiamato in causa ma"; art. 16, comma 4, limitatamente alle parole "in sede di rivalsa,"; art. 16, comma 5, limitatamente alle parole "di rivalsa ai sensi dell'articolo 8"? "
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Il quesito in questione, quindi, interviene sul testo della legge n. 117 del 13/04/1988 (c.d. legge Vassalli), la quale disciplina il "risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati", abrogandolo.
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Che cosa significa il testo del quesito referendario?
In parole povere, con l'eventuale abrogazione delle disposizioni in questione, si mira a consentire al cittadino di agire direttamente contro il magistrato per il risarcimento dei danni conseguenti ad una sua eventuale "responsabilità civile", senza lo schermo dello Stato, che era stato voluto e disciplinato dalla menzionata legge Vassalli; cioè, il cittadino potrà ottenere il risarcimento del danno subito esattamente come prima, con l'unica differenza che, se passa il referendum,  potrà perseguire direttamente il magistrato.
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La legge attuale, invece (cioè, come detto, la L. n. 117/1988), prevede che chi "chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con <<dolo o colpa grave>>nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali" (art. 2 comma 1), ma non direttamente contro il magistrato; sul quale poi si rivarrà lo Stato.
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Ed infatti, attualmente, il magistrato risponde solo in esito all'azione di "rivalsa", che, in sintesi, il Presidente del Consiglio dei ministri, entro due anni dal risarcimento al cittadino,  ha l'obbligo di esercitare nei confronti del giudice:
- nei casi di diniego di  giustizia da parte sua;
- nei casi in cui la violazione manifesta della legge ovvero il travisamento del fatto o delle prove, sono stati determinati da <<dolo o negligenza inescusabile da parte sua>>.
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Vale a dire che l'attuale legge prevede, quindi, un sistema basato:
- sulla responsabilità diretta dello Stato nei confronti del cittadino leso (in funzione compensativo-satisfattoria);
- sulla responsabilità, in sede di rivalsa, del magistrato (in funzione preventivo-punitiva)
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Però, ATTENZIONE!
Tale attuale sistema  non si applica nel caso di responsabilità civile per "fatti costituenti reato"; ed infatti, l'art. 13 della legge n. 117/1988, prevede che, in tale ipotesi, l'azione civile è "già oggi" esperibile:
- sia nei "confronti dello Stato";
- sia "direttamente nei confronti del magistrato".
Quindi non è affatto vero che, attualmente, il cittadino non possa mai rivalersi direttamente nei confronti del magistrato.
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La proposta referendaria, quindi, è finalizzata a consentire al cittadino di agire per il risarcimento dei danni derivanti dalla responsabilità civile del magistrato direttamente nei suoi confronti, solo nelle ipotesi ipotesi residuali nelle quali tale "azione diretta" é attualmente preclusa.
Ma, a parte i casi di "colpa grave", se il giudice ha operato "con dolo", quasi sempre si configura un reato; per cui già adesso il magistrato è perseguibile direttamente dal cittadino che si costituirà "parte civile" nel processo penale nei suoi confronti.
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D'altronde, almeno a quanto mi sembra di capire, il quesito non colpisce affatto il medesimo inciso "contro lo Stato", contenuto anche all'art. 4 comma 1, della legge 117/1988 ("L'azione di risarcimento del danno contro lo Stato ecc."); per cui, a mio avviso, è lecito affermare che non verrebbe abrogata la possibilità di azione giudiziale del cittadino contro lo Stato.
La quale, quindi, permarrebbe "tel quel", solo che:
- verrebbe affiancata dall'azione diretta nei confronti del magistrato;
- non verrebbe invece "toccata" l'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato medesimo.
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Il che, sempre che io abbia ben capito il combinato disposto che risulterebbe dalla approvazione del quesito, potrebbe dar luogo a qualche problema ermeneutico; per non dire molta confusione!
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Ed infatti:
- i criteri su cui attualmente si fonda la responsabilità civile dello Stato nei confronti del cittadino (art. 2);
- i criteri su cui si fonda l'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato (art. 7);
non mi sembra che siano perfettamente sovrapponibili.
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Dico questo, in quando:
- per un verso, l'art. 2, nel testo già novellato dalla legge 27/02/2015 n. 18, fa riferimento ai concetti di "dolo e colpa grave";
- per un altro verso, invece, l'art. 7 circoscrive l'azione di rivalsa ai casi in cui la condotta attenzionata sia connotata da "dolo o negligenza inescusabile".
Il che non mi pare affatto che sia esattamente la stessa cosa.
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Ed infatti, secondo la giurisprudenza della Cassazione,  la cosiddetta "negligenza inescusabile" implica un "quid pluris" rispetto alla "colpa grave" delineata dall'art. 2236 c.c.: secondo la Cassazione, invero, la colpa stessa deve risultare "non spiegabile", vale a dire priva di agganci con le particolarità della vicenda, che potrebbero rendere comprensibile, anche se non giustificato, l'errore del magistrato (Cass. 5 luglio 2007, n. 15227).
Pertanto, secondo una più recente sentenza dei giudici di legittimità, la grave violazione di legge determinata da "negligenza inescusabile" ricorre "allorquando nel corso dell'attività giurisdizionale si sia concretizzata una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma stessa ovvero una lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico o l'adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore o la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo o ancora lo sconfinamento dell'interpretazione nel diritto libero" ​(Cass. 26 maggio 2011, n. 11593).
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Puntualizzata tale differenza, l'approvazione del quesito referendario  comporterebbe  che:
-  qualora il cittadino intendesse proporre l'azione diretta nei confronti del magistrato, evocando lo stesso in giudizio da solo o unitamente allo Stato, costui risponderebbe secondo i criteri individuati nell'art. 2, e dunque, solo per "dolo e per colpa grave";
- diversamente, il magistrato perderebbe, sia "de iure" che "de facto",  la possibilità di giovarsi di quel maggiore schermo che é costituito dal parametro della "negligenza inescusabile",  la quale resterebbe prerogativa dei soli casi in cui fosse ancora necessaria l'azione di rivalsa.
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Tale "scombinato disposto" delle due forme di responsabilità ("diretta" e di "rivalsa"), secondo me appare molto poco "giuridicamente logico", in quanto la condotta del magistrato finirebbe per essere valutata secondo un diverso parametro solo in ragione:
- della scelta del cittadino di agire direttamente nei sui confronti;
- della scelta del cittadino di agire nei confronti dello Stato.
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Tra l'altro, in un certo modo, uno "scombinato disposto" del genere, potrebbe, più o meno indirettamente ledere:
-  l'art.3 della Coatituzione, perchè due giudici potrebbero subire un trattamento giurisdizionale differenziato, solo a seconda della scelta procedurale del cittadino;
- l'art.24 comma 2 della Costituzione, il quale sancisce che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
- l'art.24 comma 4 della Costituzione, il quale sancisce che la legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.
Però su tali aspetti dovrei rifletterci meglio!
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Per passare, poi, ad un'altra inconguità del quesito referendario, molto poco comprensibile appare anche l'intervento che si mira a operare nella rubrica dell'art. 13, da cui si vorrebbe espellere l'inciso "per fatti costituenti reato"; salvo poi a lasciarlo inalterato nel testo del comma 1 del citato articolo ("Chi ha subìto un danno in conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato. In tal caso l'azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie").
Che diamine di senso ha?
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A parte tali incongruenze, ovviamente, non è certo secondario il problema della compatibilità con la Costituzione della "responsabilità diretta del giudice", correlata all'intangibile principio dell'"indipendenza della magistratura", quale si configurerebbe in caso di successo referendario.
Ed infatti:
a)
Un magnate della finanza o un personaggio politico molto potente (o entrambe le cose insieme, come a volte capita), potrebbe tenere sospesa sulla testa di un povero magistrato di provincia la "spada di Damocle" di una causa diretta di risarcimento danni, sostenuta da un battaglione composto dai migliori e più strapagati avvocati del Paese; è un effetto intimidatorio solo ipotetico ed eventuale, ma che, purtroppo, non si può certo escludere (come di fatto accade nei Paesi dove vige tale "responsabilità diretta").
Il che, in atto o in potenza, potrebbe costituire un indebito strumento di pressione nei confronti del giudice; tale da "indurlo ad una giurisprudenza difensiva ispirata a compiacenza giudiziaria".
b)
A parte tale aspetto generale, in particolare, se il referendum venisse approvato, potrebbe sussistere il pericolo di azioni di responsabilità – del tutto pretestuose – proposte al solo scopo di presentare una "istanza di ricusazione" nei confronti del magistrato coinvolto nell'azione civile; e "liberarsi in tal modo di magistrati scomodi, o temuti, o sgraditi" (come sostenuto da R. Martino, "Colpa grave del magistrato, responsabilità dello Stato e limiti del sindacato sul provvedimento giurisdizionale", in Giustizia Civile, Giuffré, 2016, 3, p. 639-640).
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Peraltro, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza del 3 febbraio 1987, n. 26, ebbe modo di  sottolineare come la "la peculiarità delle funzioni giudiziarie e la natura dei relativi provvedimenti suggeriscono condizioni e limiti alla responsabilità dei magistrati, specie in considerazione dei disposti costituzionali appositamente dettati per la Magistratura (artt. 101-113 Cost.), a tutela della sua indipendenza e dell'autonomia delle sue funzioni".
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Io, pertanto, voterò sicuramente contro l'approvazione del Referendum.
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Jacopus

#1
Questo è lo Zeitgeist, Eutidemo. Siamo nell'epoca in cui tutti rivendicano diritti e risarcimenti e dove viene spernacchiato ogni potere pubblico e ogni simbolo del "limite". Le relazioni sociali passano sempre di più attraverso la loro compravendita o quantificazione economica. Il sapere giuridico viene usato come semplice atto strumentale diretto allo scopo, direbbe Weber.
Nel corso di questo processo accade pure che apprendisti stregoni non maneggino con la necessaria perizia la legislazione, favorendo così, ancora una volta, il sapere giuridico manipolatorio, fatto di azioni dilatorie, di ricorsi verso leggi contraddittorie o ineseguibili o che contrastano qualche principio ugualmente tutelato dalla legge. La conseguenza finale è un aumento delle disparità  di usufruire della Giustizia, massima per le classi abbienti, minima per quelle povere. Sarebbero ben altre le riforme da perseguire per un miglioramento complessivo dell'organizzazione della giustizia in Italia.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Eutidemo

Citazione di: Jacopus il 16 Luglio 2021, 15:57:59 PM
Questo è lo Zeitgeist, Eutidemo. Siamo nell'epoca in cui tutti rivendicano diritti e risarcimenti e dove viene spernacchiato ogni potere pubblico e ogni simbolo del "limite". Le relazioni sociali passano sempre di più attraverso la loro compravendita o quantificazione economica. Il sapere giuridico viene usato come semplice atto strumentale diretto allo scopo, direbbe Weber.
Nel corso di questo processo accade pure che apprendisti stregoni non maneggino con la necessaria perizia la legislazione, favorendo così, ancora una volta, il sapere giuridico manipolatorio, fatto di azioni dilatorie, di ricorsi verso leggi contraddittorie o ineseguibili o che contrastano qualche principio ugualmente tutelato dalla legge. La conseguenza finale è un aumento delle disparità  di usufruire della Giustizia, massima per le classi abbienti, minima per quelle povere. Sarebbero ben altre le riforme da perseguire per un miglioramento complessivo dell'organizzazione della giustizia in Italia.
Sono d'accordo con te!
L'unico aspetto dell'attuale legislazione che non condivido, è quello per il quale il magistrato non risponde degli errori che commette per "colpa grave", bensì soltanto per quelli che commette per "negligenza inescusabile"; il che, a mio parere, costituisce una tutela un tantino eccessiva, anche considerando la sua condizione di magistrato.
Secondo me, basterebbe intervenire legislativamente solo su quello!
;)

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