Il Natale nella storia, e ai tempi del Covid19

Aperto da Eutidemo, 23 Novembre 2020, 13:14:05 PM

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Eutidemo

Il Natale nella storia.
Quello che oggi viene chiamato il "Natale", veniva festeggiato, sia pure con altre denominazioni da migliaia di anni; probabilmente era celebrato sin dal Neolitico, in quanto corrispondeva più o meno al "solstizio d'inverno", che costituiva (e tutt'ora costituisce) una ricorrenza di estrema importanza nelle società dedite all'agricoltura.
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Per quanto riguarda le genti indoeuropee:
- nel mondo celtico veniva denominato "Alban Arthan";
- nel mondo germanico veniva denominato "Yule";
- nel mondo latino veniva denominato "Saturnales" (plurale).
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E' da quest'ultima festa che, più direttamente, traggono origine le usanze del nostro "Natale"; come, ad esempio, quella di farsi gli auguri e di scambiarsi doni.
L'albero di Natale, invece,  sembra sia di origine celtica; ed infatti, poiché l'abete è una pianta sempreverde, i Druidi fecero di quest'albero un simbolo di vita e lo onoravano in varie cerimonie, soprattutto nell'"Alban Arthan" (il loro Natale)
Però anche i Romani,  alle calende di gennaio (il primo giorno di quel mese), usavano regalarsi un rametto di abete come augurio di buona fortuna.
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Tecnicamente, tuttavia, il "Natale" così come oggi viene denominato, sia pure quale festa pagana, nacque il 25 dicembre dell'anno 274 d.c., quando Aureliano, consacrando un tempio al dio Sole,  proclamò tale data il "Dies Natalis Solis Invicti"; da allora in poi tutti lo chiamarono sinteticamente "Natalis", trasformando l'"aggettivo" in un "sostantivo" (sebbene talvolta venisse celebrato con qualche giorno di differenza).
Tra l'altro anche il dio del Sole Mitra era nato in una "grotta", così come Cristo, almeno secondo il vangelo apocrifo dello "Pseudo Matteo"; laddove si racconta che il Santo Bambino venne partorito in una "grotta", dove restò tre giorni, ma poi venne portato dalla madre in una "stalla", dove pure rimase tre giorni.
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Tale festività del "Natale", però, venne acerrimamente combattuta ed osteggiata dai cristiani, in quanto si trattava di una festa pagana che non riuscivano in nessun modo a sradicare; per questo, una volta pervenuti, per così dire "al potere", se ne appropriarono, mantenendone immotivatamente inalterata la denominazione di "Natale".
Nei Vangeli, infatti, non viene indicato il giorno in cui Cristo è nato (nè, tantomeno, si parla di grotte o di stalle); però i primi cristiani festeggiavano tale ricorrenza il 6 o il 7 gennaio e, talvolta, anche il 28 marzo di ciascun anno.
Ma del  25 dicembre, festa pagana, non se ne era mai parlato come data di nascita di Gesù.
Tutt'ora, invero, i Cristiani Ortodossi della Chiesa di rito Bizantino, celebrano l'"Epifania" il 19 gennaio del nostro calendario, mentre il loro "Natale", come quello dei primi cristiani, cade ancora il 7 gennaio.
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La prima testimonianza della celebrazione del "Natale Cristiano" oggi più diffuso nel mondo, successiva al Cronografo del 354 d.c. risale al 380 d.c., e, cioè, ai sermoni di san Gregorio di Nissa; ed infatti, visto che i cristiani non riuscivano a sradicare tale festività pagana, come detto, se ne "appropriarono", lasciandone però invariata la denominazione.
Il che, in buona sostanza, è avvenuto anche per altre festività pagane, come, ad esempio, la "festa di San Giuseppe" che si celebra il 19 Marzo; la quale corrisponde alla vigilia dell'"equinozio di primavera", quando si svolgevano i "baccanali", i riti dionisiaci volti alla propiziazione della fertilità.
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A scanso di equivoci, questa mia premessa storica, sia pure molto sommaria e sintetica, non ha affatto lo scopo di sminuire il significato del Natale, ma, anzi, ha lo scopo di mettere in rilievo l'importanza; la quale è stata di matrice cristiana per gli ultimi 1.600 anni, ma, per circa i precedenti 10.000, ha comunque avuto una sua grande rilevanza "cultuale" (e "culturale") presso quasi tutte le popolazioni della terra dedite all'agricoltura.
Nè, con questo, intendo certo omologare il "Natale Cristiano" agli altri precedenti "Natali", comunque li si voglia denominare; ed infatti, depurato dalle "scorie" di precedenti analoghe festività pagane, per i cristiani il Natale ha un significato spirituale molto diverso (o, almeno, dovrebbe avercelo).
Ma questo, semmai, potrà costituire l'oggetto di un differente "THREAD".
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Il Natale nel mondo contemporaneo
Il Natale attuale, secondo me, va quindi considerato sotto due aspetti; ciascuno dei quali da valutare sotto tre profili.
Per venire al tema, infatti, la mia premessa giova a mettere in rilievo due aspetti da tenere tra di loro ben distinti:

1)
Quello strettamente "cristiano":
a)
Un Natale autenticamente cristiano non comporta minimamente la necessità di fare baldoria in compagnia o di scambiarsi regali (come ai tempi dei Saturnali); altrimenti dovremmo dedurne che le festività natalizie dovrebbero essere precluse sia ai frati Trappisti, e, ancor più di loro, agli Anacoreti.
b)
Un Natale autenticamente cristiano,  peraltro, non comporta neanche la necessità di riunirsi con i propri congiunti, perchè come sta scritto nel Vangelo, Gesù disse che i legami familiari non avevano per Lui nessuna particolare rilevanza "...in quanto chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre" (Mc 3,31-35).
c)
Un Natale autenticamente cristiano,  infine, comporta che "ogni giorno" Cristo venga generato nel nostro cuore, e non in modo particolare proprio il 25 dicembre, il quale è un giorno come tutti gli altri; ed infatti, anche se Gesù fosse davvero nato in tale giorno (e c'è solo una probabilità su 365 che questo sia veramente accaduto), dai Vangeli non risulta minimamente che Lui abbia mai festeggiato il suo compleanno, nè che la considerasse una ricorrenza particolarmente importante!

2)
Quello "tradizionale", che attinge "anche" ad usanze anche anteriori al cristianesimo e ad esso estranee
a)
Un Natale "tradizionale", senza fare un po' di baldoria in compagnia o di scambiarsi regali, in effetti, risulterebbe una festività alquanto "insipida"; ed invece, soprattutto in un anno triste come questo, di almeno un giorno di baldoria se ne sente il bisogno (sebbene non certo tutti sentano tale esigenza)
b)
Un Natale "tradizionale", senza riunioni familiari, risulterebbe una festività alquanto "triste"; questo, soprattutto considerando che, nel mondo moderno, questa è una delle poche circostanze nelle quali parenti, congiunti ed amici hanno occasione di pranzare e cenare insieme (come suol dirsi: "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi").
c)
Un Natale "tradizionale", senza albero e senza presepio (benchè ci sia poco di autenticamente cristiano in entrambi), necessita che, almeno davanti ai bambini, "si faccia finta" che Gesù sia davvero nato in tale giorno; non è vero, ma non fa male a nessuno!
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Il Natale ai tempi del Coronavirus.
Per concludere, vissuto sotto l'aspetto sub 1), il Coronavirus risulta assolutamente innocuo, mentre, vissuto sotto l'aspetto sub 2), potrebbe risultare "letale"; per cui mi occuperò soltanto di tale secondo aspetto, poichè non vorrei che il prossimo Natale passasse alla storia come il "NATALE OSSIMORO", cioè un"Natale Mortale".
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Il paradosso del "sorite" (mucchio).
Una delle aporie più famose, è quella cosiddetta "del sorite", vale a dire del "mucchio di sabbia": cioè, se quattro o cinque granelli di sabbia non costituiscono ancora un "mucchio", dopo l'aggiunta di quale granello di sabbia potremo definirlo "mucchio"?
Quand'è che l'assembramento di granelli diventa ufficialmente un  "mucchio"?
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Sembra incredibile, ma, nei dibattiti sul cenone natalizio, si fanno ragionamenti analoghi, e ci si pone la domanda (idiota) "Qual è il numero massimo consentito di persone a tavola per non correre il rischio di trasmettersi a vicenda il COVID?"
La risposta ovvia è "UNA SOLA PERSONA"; perchè, naturalmente, anche essendo in due, il rischio "teorico" di trasmettersi il virus non può mai escludersi in modo assoluto.
Se poi vogliamo correre un piccolo rischio, ci si può anche azzardare a cenare in coppia, con il terzo escluso;  ed infatti, come dicono i francesi: "Due è una compagnia, tre è una folla!"
In tre il rischio aumenta un altro po', in quattro ancora un po' di più, e così via; ma non esiste un numero preciso di persone al di sotto del quale non c'è alcun rischio a pranzare o cenare insieme,  nè c'è un numero preciso di persone al di sopra del quale il rischio diventa diventa tecnicamente una certezza.
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Se proprio vogliamo dilettarci nell' "l'esprit de géométrie", potremmo semmai dire che il rischio di contrarre il coronavirus, è:
- in proporzione diretta al numero delle persone sedute ad uno stesso tavolo;
"MA"
- in proporzione inversa alla vicinanza delle persone sedute a quel tavolo.
Ed infatti:
a)
Dieci persone sedute al tavolo da colazione nel salone principale della Reggia di Caserta, potrebbero considerarsi un numero accettabile, per contenere al minimo il rischio di un contagio reciproco.
TAVOLO 01.jpg
b)
Diversamente, tre persone sedute al tavolino dell'angolo cucina di un monolocale, potrebbero già considerarsi un numero eccessivo.
TAVOLO 02.jpg
Questo per dire che il numero dei partecipanti al cenone natalizio, non ha rilevanza in senso "assoluto", ma solo in senso "relativo".
c)
In ogni caso, ricordo che, quando io ero bambino, a Natale io ed i miei cuginetti avevamo un tavolo separato da quello degli aduti; credo che, almeno questo Natale, se tale usanza non fosse più in voga, dovrebbe essere provvisoriamente ripristinata.
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Mi sento quasi ridicolo a dover scrivere cose tanto ovvie; ma, viste le discussioni che sento fare in giro, mi è parso comunque opportuno parlarne!
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Precauzioni.
Una volta che si sia deciso di "correre il rischio" di un cenone o di un pranzo natalizio, valutando con buon senso il numero di persone da invitare, in relazione alla dimensione dell'ambiente e del tavolo, occorre, ovviamente, prendere ulteriori precauzioni; sulle più ovvie delle quali, come evitare baci ed abbracci, lavarsi bene le mani ecc., ritengo superfluo soffermarmi.
Ne aggiungerò solo qualcuna di cui non mi sembra di aver sentito molto parlare in giro.

1)
Innanzittutto, e questo dovrebbe valere anche per i pranzi e le cene quotidiane, sui tavoli dove si mangia in comune, andrebbero posati almeno uno o due "discreti" depuratori d'ambiente, siano essi a base di "ioni" o di altre metodoogie di disinfezione aerobica, purchè di buona marca; su INTERNET ed in FARMACIA se ne trovano di vario tipo e dimensione, a prezzi più che accettabili.
depuratori.jpg
Ovviamente, sia ben chiaro che "nessuno" di tali depuratori può garantire una "sicura" protezione dal COVID (nè da altri virus); però, se di buona marca, possono senz'altro contribuire a diminuire il rischio del contagio.
Il che non esclude l'uso di depuratori ambientali di più grandi dimensioni; i quali, però, salvo determinate circostanze, non sempre sono adatti ad un uso strettamente domestico.
Regalateli, così ravviverete un po' pure il commercio!

2)
La trasmissione del coronavirus è legata alle vie respiratorie, per cui, almeno ad oggi non esiste alcuna evidenza scientifica che la trasmissione possa avvenire attraverso il cibo; per cui, almeno in questo, potremmo stare "relativamente" tranquilli durante il cenone o il pranzo natalizio.
Tuttavia:
a) Se un cuoco contagiato tossisce o starnuta mentre lava l'insalata, io tanto tranquillo non mi sentirei; per cui, secondo me, chi cucina dovrebbe indossare mascherina e occhiali (se le mani sono costantemente lavate, i guanti non penso che servano).
b) In ogni caso, occorre sempre igienizzare le superfici e gli utensili per cucinare.
c) Occorre, poi, evitare potenziali contaminazioni tra cibi cotti e cibi crudi, in quanto, come altre forme di coronavirus, anche il covid19 è sensibile alle temperature di cottura; ma può attecchire sui cibi crudi o la cui temperatura, dopo la cottura, è scesa sotto i 60 gradi.
d) Infine, sarebbe bene che ognuno si servisse da sè il cibo, prendendolo dai vassoi comuni posati sul tavolo (senza ovviamente usare le proprie posate).
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Altri consigli sono benvenuti! :)
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Claudia K

Sul fronte precauzioni : ho trovato interessante quella sentita al volo in qualche notiziario odierno, e che rientrerebbe tra le misure tedesche.
Non più di dieci a tavola e a condizione che si siano sottoposti ad isolamento fiduciario nei dieci giorni precedenti.


Mi rendo conto della sua totale impraticabilità per una fascia larghissima di popolazione, ma ne apprezzo il rigore tipico di chi non è mai tentato dalle facilonerie dell'italico "volemose bene" = "facciamola semplice, che tanto speriamo di cavarcela".


Poi trovo che abbia anche qualcosa di "mistico", che è molto in sintonia con il Natale cristiano. Se il vero desiderio è quello di riunirsi con persone amate...in questo momento non immagino dono più amorevole dell'offrirsi reciprocamente la certezza di non risultarsi involontariamente dannosi, e il sacrificio (potendo materialmente affrontarlo) dovrebbe risultare gratificante per se stesso.


Altre misure non mi balenano. Nel senso che pranzi e cene natalizi, in Italia e dato il clima, comunque si svolgono in ambienti chiusi e comportano la permanenza, per parecchie ore e senza dispositivi di protezione, all'interno dello stesso ambiente in cui si parla, beve, mangia, ride. Per ore.
Situazione in cui, ci piaccia o meno, ogni starnuto o colpo di tosse (anche probabilissimi data la stagione) si traducono in attimi di panico, quanto meno pensando si presenti meno giovani o più fragili.
E mi chiedo molto seriamente se il gioco valga la candela (concludendo a titolo personale che proprio no).

Eutidemo

#2
Citazione di: Claudia K il 25 Novembre 2020, 00:08:36 AM
Sul fronte precauzioni : ho trovato interessante quella sentita al volo in qualche notiziario odierno, e che rientrerebbe tra le misure tedesche.
Non più di dieci a tavola e a condizione che si siano sottoposti ad isolamento fiduciario nei dieci giorni precedenti.


Mi rendo conto della sua totale impraticabilità per una fascia larghissima di popolazione, ma ne apprezzo il rigore tipico di chi non è mai tentato dalle facilonerie dell'italico "volemose bene" = "facciamola semplice, che tanto speriamo di cavarcela".


Poi trovo che abbia anche qualcosa di "mistico", che è molto in sintonia con il Natale cristiano. Se il vero desiderio è quello di riunirsi con persone amate...in questo momento non immagino dono più amorevole dell'offrirsi reciprocamente la certezza di non risultarsi involontariamente dannosi, e il sacrificio (potendo materialmente affrontarlo) dovrebbe risultare gratificante per se stesso.


Altre misure non mi balenano. Nel senso che pranzi e cene natalizi, in Italia e dato il clima, comunque si svolgono in ambienti chiusi e comportano la permanenza, per parecchie ore e senza dispositivi di protezione, all'interno dello stesso ambiente in cui si parla, beve, mangia, ride. Per ore.
Situazione in cui, ci piaccia o meno, ogni starnuto o colpo di tosse (anche probabilissimi data la stagione) si traducono in attimi di panico, quanto meno pensando si presenti meno giovani o più fragili.
E mi chiedo molto seriamente se il gioco valga la candela (concludendo a titolo personale che proprio no).


Non ero minimamente al corrente della precauzione dell'isolamento fiduciario nei dieci giorni precedenti il cenone, ma, secondo buon senso, mi sembra ottima.
Grazie dell'informazione!
E' strano che in Italia non se ne parli!

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