Il jobs act francese ha qualche difficoltà ad essere approvato.

Aperto da Freedom, 11 Aprile 2016, 14:52:49 PM

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Freedom

In Francia in generale e a Parigi in particolare il jobs act alla francese incontra parecchie difficoltà ad essere approvato.
Sono circa dieci giorni che i movimenti contestano con forza e hanno occupato Place de la Republique notte e giorno. Non so se faranno la fine dei turchi (quando vennero sgomberati dalla polizia a viva forza) o se otterranno una modifica sostanziale alla legge in via di approvazione ma di sicuro hanno dimostrato schiena dritta di fronte ad una iniziativa legislativa che non li ha trovati d'accordo.

Poiché la compressione del costo del lavoro e dei diritti in area € sta raggiungendo limiti sino a pochi anni fa impensabili potrebbe essere l'inizio di una svolta a livello europeo.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

Mi piacerebbe risponderti in maniera più profonda, che significherebbe sapere cosa sia in sostanza il job act francese, anche se ne immagino i contenuti.
Come il job act italiano ,sono manovre politiche per asservire i capitalisti.Sembrerà un'affermazione ideologica ,ma è un dato di fatto.
Dare elasticità al mercato del lavoro e abbassare il costo del lavoro in generale. E' la solita politica che a suo tempo fu definita dei due tempii, ma che mette in gioco il diritto del lavoratore, dell prestatore d'opera subordinato,quindi il rapporto di prestazione con il datore di lavoro spostando l'ago della bilancia del diritto e togliendo democrazia nel mondo del lavoro.
Non servirà a nulla, perchè se viene precarizzato il rapporto di lavoro succede che anche chi lavora non avendo sicurezze sul futuro tenderà a consumare meno. Quindi  la domanda interna negli Stati difficllmente aumenterà, ma soprattutto  non è vero che gli investimenti internazionali arriveranno e che gli industriali competono sul costo del lavoro. I settori a basso valore aggiunto sono già stat delocalizzati a suo tempo (come il tessile) nei Paesi asiatici. Sono i costi di capitale quelli più importanti e direi anche la qualità imprenditoriale di avere una "vision" di mercati costruendo innovazioni di prodotto e di processo, cosa gli italiani hanno eseguito poco abituati come sono ad essere sostentati dallo Stato con favori come il credito agevolato, le decontribuzioni, agevolazioni fiscali.
Nonostante tutto ciò l'economia non parte. E' il processo di avvitamento della deflazione, non cresce il consumo interno per mancanza di disponibilità di denaro spendibile da parte del consumatore soprattutto nell'incertezza economica, e la precarizazione aumenta tutto questo,.

La differenza fra francesi e italiani e che i primi hanno sempre avuto più coscienza del diritto rispetto agli italiani .
Secondo aspetto i sindacati italiani dei lavoratori sono collusi con i partiti e con lo Stato. Nulla hanno fatto per organizzare proteste contro la legge pensionistica Fornero che è un delirio sui diritti (non a caso hanno vinto persone di casse mutue diverse dai dipendenti privati con sentenze dei tribunali) e il job act  italiano è un altrettanto delirio sul diritto in quanto si passa dal reintegro all'indennizzo, minando l'impianto dello Statuto dei lavoratoti ,che fu una forma di bilanciamento dei diritti nei rapporti del lavoro costruendo una forma di democrazia economica nel mondo del lavoro.

Chi ha coscienza ha anche l'indignazione della rivolta; chi non lo ha ha la servilità della disperazione individualistica, incapace di socializzare i propri problemi.Così da altre parte vanno in piazza e dimostrano volontà di diritto e da noi si suicidano.(spiace scriverlo).

Freedom

Sono totalmente in accordo con quanto scrivi e non sento la necessità di aggiungere nulla alla tua disamina. Sintetica (nel senso che non analizza la legge punto per punto) ma, a mio modo di vedere, esaustiva nei contenuti.

Ti vorrei solo mettere una pulce nell'orecchio: sicuro che "i capi" lavorino realmente per la ripresa economica? Perché molti, tra i quali il sottoscritto, stanno cominciando ad avanzare dei dubbi......
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

La crisi nata negli Usa ha dimostrato per l'ennesima volta che in  economia  la virtualità della quantità di denaro finanziario  che circola in tutto il mondo  non può superare più di un tanto la quantità dei beni materiali che producono fisicamente agricoltura e industria.
Significa che la virtualità non può superare la soglia della realtà , in quanto più grande è la quantità di denaro circolante in conto capitale  e più grande sono gli interessi che maturano . e superando troppo il valore della quaniità delle produzioni o genera inflazioni gigantesche oppure ,visto che l'attuale ordinamento economico tiiene sotto controllo inflazione e debito pubblico, improvvisamente crollano i rendimenti e i titoli di credito diventano "spazzatura".

Ora quindi il ciclo economico deve ripartire con la creazione di ricchezza materiale  e reale , poi il loro valore aggiunto servirà di nuovo al sistema finanziario che intanto dovrà rifinanziare gli investimenti produttivi .

Non sono un economista di professione e non ho dei dati importanti. 
Io temo che vi siano problematiche nel mondo produttivo industriale. C'è sovrabbondanza di lavoratori rispetto alla quantità prodotta e consumata. Ma sono i lavoratori che hanno un reddito e quindi loro consumano e risparmiano. Ma le imprese industriali sono in competizione globale e quindi abbassano i costi per mantenere i margini di guadagno .
Uno scopo del job act, e lo si è visto dal recente viaggio del nostro premier negli USA, dovrebbe essere attirare investimenti internazionali.

Se il metabolismo economico , produrre, generare reddito, consumo, risparmio, tasse, che alimentano la domanda di beni strumentali e  finali, di finanza alle banche di finanza allo Stato, il circuito si altera e muta strutturalmente il sistema che deve essere riconfigurato. 

Quindi penso che noi stiamo riconfigurandoci verso un altro salto del sistema capitalistico del libero mercato e mi piacerebbe capire come sarà e come ne usciremo, perchè le vecchie ricette, le vecchie medicine non stanno facendo ripartire nulla..

Se sta mutando strutturalmente il capitalismo e infatti gli Stati singoli risentono oltre che economicamente anche politicamente il clima sfavorevole ,l'altro aspetto che mi interessa è come verrà gestita la produzione e distribuzione delle ricchezze economiche, perchè temo che nasceranno prima o poi grosse tensioni sociali, quando i risparmi di un'intera generazione che mantiene la nuova ,finiranno inesorabilmente. Tanto più è profonda e duratura una crisi ,tanto più velocemente nascono miserie e vengono risucchiati i risparmi privati.

Freedom

Bè la mia "pulce nell'orecchio" voleva avanzare il sospetto che "i capi" non stiano realmente lavorando per risolvere la crisi.

Rilevo che sono nove anni di crisi (cominciata nell'agosto 2007 con i subprime) ininterrotta, anzi in netta progressione: prima il debito privato, poi la recessione, poi il debito pubblico, poi ancora recessione (più forte), poi disoccupazione, infine deflazione. Una crisi di rara profondità e intensità.

Possibile che nessuna ricetta funzioni?
O forse la crisi è propedeutica a togliere salari/stipendi e diritti?
Questa la domanda che alcuni cominciano a porsi.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

Citazione di: Freedom il 12 Aprile 2016, 16:58:51 PMPossibile che nessuna ricetta funzioni? O forse la crisi è propedeutica a togliere salari/stipendi e diritti? Questa la domanda che alcuni cominciano a porsi.

La ricetta classica è che nelle crisi economiche qualcuno deve pagare. Questo è rapporto di forza.

Gli investimenti produttivi sono recepiti in nuove linee o sistemi altamente integrati ,con maggiore produttività e minor lavoratori.
Significa che da decenni e sarà sempre più acuito il problema,  gli investimenti sono intensivi e non espansivi, sostitutivi con innovazioni e miglioramenti ,ma non aumentano le capacità produttive totali ,perchè devono saturare gli impianti il più possible e questo lo fanno attraverso la flessibilità ed elasticità produttiva in cui si lavora solo su richiesta di mercato, per tener bassi i costi dei magazzini e della logistica. I costi saranno sempre più finanziari e non di lavoro umano, ma in macchine e sistemi flessibili.

Il punto chiave del capitalismo è che ad un certo tempo o si dovrà diminuire le ore lavoro per fare lavorare tutti (non sicuramente in questo periodo) oppure pochi lavoreranno per mantenere molti che non lavorano, o ancora rimane una popolazione abbastanza stabile di lavoratori, ma con stipendi bassi.

La ricetta macroeconomica funzionerà sempre meno perchè le aziende nelle crisi aumentando la competizione sui mercati devono affinare i processi aziendali e ridurre i costi se vogliono mantenere i margini di profitto. A loro importa di più lo sgravio fiscale e contributivo e soprattutto linee di credito privilegiato, perchè tanto il numero di lavoratori rimane più o meno lo stesso ,utilizzando le flessibilità dei lavoratori  ,ma tendente per forza verso un declino.
In altre parole la microeconomia è mutata più velocemente delle ricette  classiche della macroeconomia.
Se a questo aggiungiamo la terziarizzazione di funzioni aziendali, la delocalizzazione, abbiamo un quadro che rende quella ricetta  con sempre meno effetti sui lavoratori e come lauti favori agli imprenditori.

In economia il lavoro è un mercato con una domanda e un'offerta, se il lavoro diminuisce non possono aumentare gli stipendi se non in maniera globalmente poca con le contrattazioni sindacali. Ma il sindacato non può decidere il numero dei lavoratori ,perchè è il mercato delle merci che decide quali linee produttive possono essere saturate e altre tipologie di produzione invece diminuire se no fermare in attesa di richieste di prodotto, di merce.
E' destino che ,con questo sistema economico a sempre più alta e performante tecnologia, il lavoro diminuisca,soprattutto nei Paesi avanzati dove i mercati sono saturi e il numero demografico della popolazione è abbastanza stabile (con gli immigrati però)

Il politico dovrebbe invece di fare riforme quasi inutili, pensare a ricette veramente alternative, non lo fanno perchè squasserebbe gli equilibri di privilegiati e temono di perdere voti e consensi, così vige un immobilismo in attesa che da qualche parte inizi la ripresa e tutti si attacchino al carro del locomotore.
Un esempio ,il reddito da lavoro e il reddito su rendite immobiliari  deve per forza essere trattato in maniera diversa se si vogliono cercare risorse produttive. Il lavoro è trasformazione e creazione di valore aggiunto, tutti gli altri settori campano su quel valore aggiunto prodotto e quella ricchezza viene mal distribuita.

Freedom

Hai scritto un post che ha toccato veramente tanti aspetti della crisi attuale. Sono francamente impressionato dalla tua capacità di sintesi (in poche parole hai evidenziato quasi tutti i gangli decisivi del momento attuale).
Citazione di: paul11 il 13 Aprile 2016, 18:52:58 PM
Il lavoro è trasformazione e creazione di valore aggiunto, tutti gli altri settori campano su quel valore aggiunto prodotto e quella ricchezza viene mal distribuita.
Comincio dunque da queste ultime parole perché mi pare che esse siano la chiave per poi sviscerare tutto il resto del tuo ragionamento. La definizione che fai del lavoro è quella classica e, in un certo qual modo, quella più autentica. Pur tuttavia, nei fatti, è stata parzialmente superata dalla finanziarizzazione dell'economia. Considerata dai più, e a spregio, fittizia. Ma tant'è, oggi, il capitale, i quattrini veri non li fa più con il valore aggiunto sui beni e/o servizi. Anche perché il valore aggiunto, come giustamente osservi tu (senza tuttavia trarne tutte le conseguenze) è in grande crisi: margini ridotti, domanda in diminuzione sia per sovrapproduzione che per effetto di disoccupazione che non potrà, nel tempo, che crescere.
Se non si comprende questo cambio di paradigma epocale non si può capire dove vuole andare il capitale.
Chi comanda oggi, in altre parole, non sono più gli Stati nazionali con le loro industrie e i loro servizi. E' dunque tramontato, in un certo senso, persino il dominio USA, sino a pochi anni fa reale centro del potere planetario. Chi mena il gesso oggi, dicevo, è un centro più o meno invisibile. Toni Negri lo chiama Impero, un mio conoscente molto preparato lo chiama Currency Board https://it.wikipedia.org/wiki/Currency_board
Io non sono così sottile e preparato e non riesco ad andare così in profondità. E dunque mi limito a citare quelli che sono chiamati i "maggiordomi" ma che per quanto ne so io sono quelli che sburattinano: banchieri centrali, ceo e ministri e presidenti del consiglio vari.
Quello che tuttavia appare incontrovertibile e che mi trova d'accordo è che esiste un potere sovranazionale che dirige politicamente e macroeconomicamente il mondo.
Citazione di: paul11 il 13 Aprile 2016, 18:52:58 PM
La ricetta classica è che nelle crisi economiche qualcuno deve pagare. Questo è rapporto di forza.
Concordo. E, nell'attuale situazione di debolezza della forza lavoro, è del tutto evidente che è quest'ultima che deve pagare il prezzo. E lo sta facendo da anni: prima nei Paesi cosiddetti poveri o ultraliberisti, successivamente, per osmosi, in area €. Oggi sono a buon punto: il lavoro sta procedendo con straordinaria efficacia e rapidità. I salari e stipendi ed i diritti direi che sono tornati al livello dei primi anni '50. Considerando che, come osservi giustamente, gli addetti necessari non potranno che calare il problema non potrà che acuirsi significativamente negli anni a venire. Il welfare necessita solo di alcune decisive privatizzazioni nella sanità e nella scuola e poi direi che è fatta.

Se siamo dunque sostanzialmente d'accordo sullo stato delle cose e sull'evoluzione futura voglio argomentare la mia ipotesi e cioè che ritengo la crisi assolutamente in linea con gli obiettivi perseguiti dalle classi dominanti e dunque volontariamente non risolta.
Non voglio spingermi a sostenere che la crisi sia stata artatamente prodotta, non è questo il modus operandi delle elites: esse promuovono, aiutano, correggono ma non creano dal nulla. Hanno dunque cavalcato una crisi spontaneamente scaturita da diverse contraddizioni e l'hanno usata per tosare il gregge che cominciava a diventare realmente fastidioso. Ora non smetteranno sino a lavoro concluso e cioè sino alla riduzione in schiavitù della......plebe.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

La finanziarizzazione è un grande bluff e la dimostrazione è l'enorme bolla finanziaria e lo dice il termine stesso.
Non è vero che denaro faccia denaro.attenzione è carta moneta convenzionale alla fine anche se sono mille diverse tipologie di titoli.
L'economia è molto più semplice di quanto vogliono far credere. Se persino banche sono fallite e siamo in questi anni arrivati al quasi fallimento di Stati (anche se non esiste un fallimento di uno Stato, chi mi dice il valore venale del Foro imperiale a Roma e del Monte Bianco o dell'Acropoli di Atene?) semmai indica convenzioni e termini che mutano definizioni anche nella cultura economica..
Quabdo mai dal dopoguerra si era parlato di fallimento di banche e Stati, le cattedrali della sicurezza.
Il problema semmai è l'effetto deleterio . Il vero problema è che il fare soldi su soldi che vuol dire speculare sui mercati finanziari mette in crisi i settori produttivii. Per produrre la teoria ci dice che ci vuole:capitale, lavoro e materie prime. Il capitale ha assunto dei tre fattori produttivi una quota così rilevante che quelle speculazioni finanziarie mutano i tassi di prestito e speculano sulle merci e sulle materie prime di tutto il mondo.  In altre parole quella finanziarizzazione muta le condizioni del mondo produttivo e spesso lo fa così velocemente che i piani industraili, le strategie a breve periodo delle aziende deve adattarsi in quanto mutano i margini di gudagno arrivando a vendere anche in perdita e quindi indebitandosi. Se tieni conto che l'evoluzione dell'industrializzazione, e lo si vede nelle fabbriche moderne,e fatta da sistemi,strumenti,macchine operative che sono capitali investiti e devono avere un ritorno economico attraverso la produzione, significa che il capitale produttivo, il capitale nel prodotto finito non è mai stato influenzato così tanto in questi anni nella storia dell'umanità dal gigantismo finanziario..

Sì il welfare muta, Deve fare scelte di spesa. Deve proteggere chi ha poco o nulla dandogli assistenza gratutia e man mano far pagare i servizi.Quel termine reddito ISEE serve a dare più o meno in funzione del reddito esenzioni, Ma questo lo ritengo necessario, non è più possibile dare a tutti  indistintamente. e noi oggi paghiamo anche errori del passato, quando si faceva credere che l'economia era un barile senza fondo pieno di soldi da dare a tutti.

No, le classi dominanti non vogliono le crisi, l'economia è come la scienza, un meccanismo inarrestabile una forma di meccanismo autonomo. Le crisi alzano il livello di scontro sociale, alloro conviene la pace sociale, che lo sfruttato sia felice così continua a farsi sfruttare, La crisi aumenta la coscienza nelle persone. Semmai hanno imparato storicamente a gestire molto bene l'informazione e i mass media e l'individualismo fa loro buon gioco, perchè il debole vince solo se si coalizza.

L'egoista non vuol maii perderci ,è un avido e un ingordo e questo è anche il suo punto debole. Nuovi ingordi si affacciano con la globalizzazione per spartirsi poteri,domini,mercati e comprare i politici facendosi guerra anche fra loro. Il denaro è potenza e dominio oltre le necessità oltre gli sfizi.E' il desiderio del comando di avere in mano i destini.

io penso che si continuerà questa situazione socio economica più o meno per anni.
Non ci sono condizioni perchè non possa che essere così.
E'solo questione di coscienza,volontà e attuazione, questo insegna la storia.

Freedom

Citazione di: paul11 il 14 Aprile 2016, 01:09:41 AM
La finanziarizzazione è un grande bluff e la dimostrazione è l'enorme bolla finanziaria e lo dice il termine stesso.
Bè le bolle sono ricorrenti nell'economia. Non solo in quella moderna (i tulipani olandesi, le ferrovie). E riguardano anche quanto di più solido possiamo pensare (bolla immobiliare appena accaduta).
Citazione di: paul11 il 14 Aprile 2016, 01:09:41 AM
Non è vero che denaro faccia denaro.attenzione è carta moneta convenzionale alla fine anche se sono mille diverse tipologie di titoli.
Basta pensare alle fees incassate negli ultimi 20 anni o ai differenziali di tassi e divise o ancora ai premi sul swap/call/put per rilevare che denaro crea denaro. Piuttosto puoi affermare che non si crea valore aggiunto. Ma questo è un altro discorso.
Citazione di: paul11 il 14 Aprile 2016, 01:09:41 AM
L'economia è molto più semplice di quanto vogliono far credere. Se persino banche sono fallite e siamo in questi anni arrivati al quasi fallimento di Stati (anche se non esiste un fallimento di uno Stato, chi mi dice il valore venale del Foro imperiale a Roma e del Monte Bianco o dell'Acropoli di Atene?)
Le banche sono sempre fallite e sempre falliranno. Semmai si può obiettare che è il sistema che non può fallire. E questo è vero. Almeno sino ad oggi. Per quanto riguarda il fallimento degli Stati anche questo evento è accaduto e continuerà ad accadere. Penso all'Argentina, alla Grecia, etc. Solo che falliscono con modalità diverse rispetto al passato e al nostro immaginario. Il fatto che certi beni sono non quantificabili in denaro non è rilevante ai fini del fallimento. Semmai è una problematica che può interessare i creditori. E comunque non disperare nelle incredibili potenzialità dell'avidità umana: durante il fallimento greco si parò, non per scherzo, di prezzare alcune isole dell'Egeo.......
Citazione di: paul11 il 14 Aprile 2016, 01:09:41 AM
Il problema semmai è l'effetto deleterio. Il vero problema è che il fare soldi su soldi che vuol dire speculare sui mercati finanziari mette in crisi i settori produttivii.
E' il contrario: poiché i settori produttivi classici sono in crisi (sovrapproduzione, margini ridotti, calo della domanda) si è passati alla finanza.
Citazione di: paul11 il 14 Aprile 2016, 01:09:41 AM
Sì il welfare muta, Deve fare scelte di spesa. Deve proteggere chi ha poco o nulla dandogli assistenza gratutia e man mano far pagare i servizi.Quel termine reddito ISEE serve a dare più o meno in funzione del reddito esenzioni, Ma questo lo ritengo necessario, non è più possibile dare a tutti  indistintamente. e noi oggi paghiamo anche errori del passato, quando si faceva credere che l'economia era un barile senza fondo pieno di soldi da dare a tutti.
Condivisibile ma non parlavo del welfare a tutti indiscriminatamente. Parlavo della privatizzazione di esso. Credo che certe funzioni debbano restare pubbliche. Poi sono d'accordo con te e che vada ridotta la platea dei beneficiari. O forse volevi significarmi che solo privatizzando si può ottenere un risultato apprezzabile?
Citazione di: paul11 il 14 Aprile 2016, 01:09:41 AM
No, le classi dominanti non vogliono le crisi, l'economia è come la scienza, un meccanismo inarrestabile una forma di meccanismo autonomo. Le crisi alzano il livello di scontro sociale, alloro conviene la pace sociale, che lo sfruttato sia felice così continua a farsi sfruttare, La crisi aumenta la coscienza nelle persone. Semmai hanno imparato storicamente a gestire molto bene l'informazione e i mass media e l'individualismo fa loro buon gioco, perchè il debole vince solo se si coalizza.
Può essere.
Resto convinto (ma è solo un'ipotesi) che, fermo restando che la pace sociale conviene anche alle classi dominanti, la priorità, oggi, è ridurre il costo del lavoro. Deflazionare a tutti i livelli ma soprattutto la mano d'opera.
Insomma fra i due mali quello minore.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

-I cicli economici sono come dei metabolismi con delle manifestazione esterne periodiche,seguite dagli indici appunto economici.
Crisi profonde come quella del 1929 e questa a noi vicina ,spesso segnano  cambiamenti strutturali del libero mercato, le diverse fasi del capitalismo
-E' vero,  sono stato poco chiaro nello scrivere i soldi non generano soldi. Non dimentichiamo mai che il denaro è un titolo,  non è nulla finchè non è cosa fisica,mobile o immobile. Nella repubblica di Weimar conseguente alla crisi del 1929 si comprava il pane con un carretto di denaro. Ciò che intendo dire è che alla fine quel denaro "deve essere bruciato" per riequilibrare il rapporto moneta (virtualità)e ricchezza fisica materiale Ed è proprio il rientrare nell'equilibri oche le politche si squilibrano;così come una problematica di giustizia è quella fra produzione e distribuzione della ricchezza, così è la politica di chi paghi gli oneri del debito, sappiamo come va  a finire.
-sì ma le banche sono i santuari del capitalismo ,per l'importante ruolo di intermediazione fra risparmi e investimenti ,
oggi le banche falliscono non per questo originale ruolo, ma perchè speculano loro stessi finanziariamente ,sono usciti dal ruolo d intermediazione diventando attivi agenti economici .Se sbagliano strategia d'investimento e il capitale di sicurezza e di  rischio non è sufficente allora la conseguenza è fatale. E' curioso ,dal punto di vista del diritto, che vi sia il risarcimento del danno del risparmiatore senza una pena del dirigente che ha sbagliato strategia. Così è ancora la comunità che ripaga il danno e il dirigente avrà l'ennesima buonuscita andando a fare danni altrove. Il problema di diritto è la responsabilità privato/sociale che accade anche nelle ristrutturazioni economiche . L'azienda rischia il fallimento per errori di strategia di investimento e pagano i lavoratori a loro volta sorretti dall'ombrello sociale(cioè la fiscalità sociale di tutti di nuovo entra in gioco). Rendiamoci conto che la deresponsabilità nel diritto nelle sedi civili e penali significa deresponsabilizzare il governo politico ed economico Un amministratore delegato di grandi aziende  percepisce sui due milioni di euro annui :riflettiamoci.
- c'è un 'interpretazione di causa effetto diversa.
la finanza storicamente è cresciuta perchè l'evoluzione tecnologia permise di aumentare le capacità produttive, man mano che i mercati crescevano nella domanda di beni .Se il giro di affari e il valore aggiunto dei settori produttivi aumenta ,la finanza avendo in mano i capitali ne ha ancora di più perchè lavora sull'interesse del capitale.Aggiungi che la concentrazione nella competizione porta alla fine che pochi hanno moltissimo.Non c'è bisogni di avere dati alla mano per capire che qualche decennio fa la ricchezza globale del pianeta è nettamente superata dalla quantità nella globalizzazione dei mercati .Sono sempre ancora oggi i pochi che hanno un giro di affari elevatissimo se aggiungiamo le controllate. Guarda alla deregulation delle banche in Italia, ha portato a fusioni e concentrazioni per competere globalmente.
- sì ,sono d'accordo lo Stato deve garantire dei settori economici  cruciali per la sicurezza sociale.
- e' una favola che il costo del lavoro è il problema, serve al capitalista per farsi dare del denaro privilegiato dallo Stato, inItalia c'è chi vive da sempre nella crisi di ristruturazioni. Pensa all'opificio con 100 lavoratori e due macchine operatrici , oggi esistono 2 operai e 100 macchine operatrici a loro volta diventati sistemi integrati,ma elastici e modulabili. ma soprattutto l'incremento continuo della produttività orario ,significa che se aumento la produttivtà  a costi costanti oppure stessa produttività ma meno costi (riferito al lavoratore, aumento la produttività ma il numero di persone è costante, stessa produttività ma diminuzione dei lavoratori), abbasso i costi di produzione) In realtà si variabilizza ancora di più l'utilizzo del lavoratore, ma il problema vero è quindi del capitale e non del lavoro è che devo ammortizzare l'investimento in macchine  e capitale.
Poi c'è un concetto contrattuale:  i tre mezzi di produzione sono capitale, lavoro, materie prime .Chi fra questi è la parte debole contrattuale per cui si agisce abbassando i costi?

Freedom

Noto, con sorpresa, che il jobs act alla francese continua a suscitare significative resistenze in tutta la Francia. Sia da un punto di vista del territorio (non è interessata solo Parigi ma la contestazione è estesa in diverse altre importanti città) che delle categorie sociali (non solo lavoratori dipendenti ma, anche, studenti, disoccupati, etc.)

E' incredibile il confronto con l'Italia poiché qui da noi ci sono state flebilissime, praticamente irrilevanti proteste.

Vediamo come va a finire e vediamo soprattutto se "l'infezione" non abbia a propagarsi qui da noi....... 8)
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Freedom

Il Governo francese si dichiara pronto a rivedere la legge.

Ed intanto anche il Belgio sembra intenzionato ad entrare in partita.

Ed ora anche il Belgio ...
A costituire un ulteriore elemento di preoccupazione non solo per il governo francese ma per tutto l'establishment dell'Unione Europea – il Jobs Act italiano e la Loi Travail, così come l'accordo in Spagna tra Psoe e Ciudadanos, sono il frutto di una strategia continentale comune dei poteri forti – c'è ora il possibile allargamento della protesta al Belgio.
Proprio ieri, all'insegna dello slogan "Adesso basta", le maggiori sigle sindacali del paese sono scese in piazza a Bruxelles contro le misure del governo di Charles Michel che aumentano la flessibilità del lavoro e la precarietà dei contratti. In particolare, ad essere contestata, è la cosiddetta Legge Peeters (dal nome del Ministro del Lavoro Kris Peeters) che, presentata il mese scorso, prevede tra le altre cose l'aumento dell'orario di lavoro settimanale fino a 45 ore, allo scopo di rendere il paese più competitivo e produttivo. In realtà alcuni articoli prevedono addirittura che in alcune circostanze e sulla base delle necessità della produzione si possa arrivare addirittura a 50 ore settimanali, ovvero 11 al giorno; così come per il Jobs Act e la Loi El Khomri, il dispositivo contiene una detassazione per le imprese ma in questo prevede anche un aumento delle imposte indirette per i cittadini, con la lievitazione dell'Iva sull'elettricità, sul tabacco, sull'alcool e sulla benzina.
I sindacati del paese – la socialista Fgtb, la cristiana Csc e la liberale Gslb hanno chiamato i lavoratori alla mobilitazione immediata.
Ben 60 mila le persone scese in strada ieri nonostante il clima pesante determinato dagli attentati dei mesi scorsi e da una militarizzazione del territorio che non ha nulla da invidiare a quella messa in atto dal governo francese. Il corteo ha sfilato senza problemi fino alla Gare du Midi, quando scontri sono scoppiati tra gruppi di dimostranti e i reparti antisommossa, che hanno impiegato gli idranti, i lacrimogeni e le granate stordenti per disperdere giovani e lavoratori. Numerosi i feriti e i contusi, su entrambi i fronti, e alla fine 23 persone sono state fermate dalla polizia.
Per il 31 maggio i sindacati e le organizzazioni giovanili raccolte in una coalizione hanno annunciato altre azioni di protesta, in particolare nei servizi pubblici, mentre per il 24 giugno è stato già indetto uno sciopero generale.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

cvc

La differenza fra questa crisi e quella del '29 è che qui non c'è un altro Keynes. Il Job Act francese vuole facilitare i licenziamenti per far si che le imprese assumano di più. Ma in questo modo si aumentano i flussi di lavoro, non l'occupazione. Vale a dire che vi saranno più licenziati e più assunti, ma la percentuale di occupazione rimane invariata. È del tutto irresponsabile che in periodo di crisi si facilitino i licenziamenti, specialmente se gli ammortizzatori sociali sono insufficienti. Così come è stupido costringere gli stati a ridurre il debito pubblico proprio mentre le cose vanno male. Sarò impazzito io, ma a me sembra l'esatto contrario. Si dovrebbe ridurre il debito quando l'economia cresce e dare un po' di respiro durante le recessioni. A parte che la crisi è la condizione normale del capitalismo, perchè esso è contrario per natura alla redistribuzione della ricchezza, perché è implicito che nel capitalismo i ricchi devono diventare più ricchi, e quando ciò non avviene più va al diavolo i sistema, così che chi aveva lavorato per produrre ricchezza si ritrova in mutande. Ma è naturale che nella difficoltà bisogna proteggere chi possiede solo il proprio lavoro e dare la possibilità all'economia di indebitarsi ragionevolmente per ripartire ed avere modo poi di rientrare dal debito in periodi migliori. Si strumentalizzano le crisi, Marshall aveva iniziato a studiare l'economia perché si chiedeva come mai nei periodi di boom economico c'è tuttavia gente che muore letteralmente di fame. Ora vedi uno che vive di stenti e dici che è la crisi, dimenticando quelli  che sono miserabili anche quando il pil cresce.
Comunque è demenziale pensare ancora che per aumentare la richiesta di lavoro sia sufficiente abbassarne il costo, come si trattasse di una qualunque merce.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

la vecchia ricetta di politica economica : risparmio privato - intermediazione finanziaria-investimenti produttivi- piu' occupazione-crescita della domanda dei beni intermedi e finali-imposizione fiscale-investimenti pubblici, non funziona più e prima che cene facciamo una ragione noi dovrebbe farlo la classe politica occidentale, il capitalista ovviamente non gli importa, perchè persegue il profitto e il costo del lavoro è da diminuire e flessibilizzare.
Non funziona perchè la tecnologia è stata decisiva nell'aumento esponenziale della produttività per addetto  e quindi la piena saturazione delle capacità produttiva continuerebbe a produrre dei surplus dell'offerta di beni
Il just-in time, come tecnica nacque proprio per evidenza de isuprlus produttivi che producevano stock di prodotti finiti invenuti a scapito del prezzo finale che diminuiva e diminuzione del margine di profitto conseguente. Oggi si produce "in time" sulla domanda e adatto che per l'impresa capitalistica l'uomo è una risorsa quanto la macchina operatrice in linea dentro la fabbrica o la materia prima, accade che lo "flessibilizza" già in entrata e uscita quindi vuole mano libera sul licenziamento, non solo sull'utilizzo nella politica egli orari.

Detto più semplicemente la domanda mondiale di un bene è x.Per produrre x ci vorrà sempre meno utilizzo di persone umane perchè le produttivtà orarie sono cresciute esponenzialmente. Ma se ci sono pochi occupati, c'è meno redditto e meno capacità di creare domanda di beni finali ,e allora si produce meno, quindi ......... meno occupati-meno domanda di mercato dei beni-meno risparmio - meni investimenti- qualità dei servizi degli Stati (assistenza,previdenza,ecc) che diventa scadente- meno investimenti pubblici.

E' altrettanto ovvio che ogni Stato vivrà la propria contraddizione da gestire in funzione dell asua struttura economica e della sua efficieneza nelle infrastrutture, perchè sono comunque anch'essi fattori competitivi.Quindi in Germania meglio dell'Italia, ma attenzione non è che la Germani possa fingere che il problema non lo coinvolga.
 Il problema  non è risolvibile internamente dal pensiero e soprattutto dalla capacità di azione economica del capitalismo , la sua logica è il profitto per cui è ovvio che tende ad abbassare i costi.
Se mi son fatto capire, è cortocircuitato  il ciclo economico , non è possible trovare vecchie soluzioni keynesiane del tipo loStato "se ne frega" del debito e investe, perchè il suo debito è sul mercato finanziario , lo Stato è ora di smettere di pensare che sia "al di sopra" dei mercati ,questo lo hanno fatto credere fino agli anni Settanta-Ottanta ,quando dicevano che era "irredimibile", ma generava pesanti inflazioni economiche. Quello è passato,non è possible come leggo anche da "seccenti" economisti ripristinare vecchi politche, innanzitutto perchè è cambiata la forma organizzata dell'impresa in maniera strutturale nelle fasii  di continue ristrutturazioni, riconversioni industriali e ricapitalizzazioni.
Il mio personale parere è che se si vuole essere ancora civili, si deve passare ad un socialismo per forza, perchè l'unica soluzione di questo problema economico è lavorare tutti e lavorare meno in maniera "secca" che vuol dire per il capitalista smettere di guadagnare e speculare come ha fatto fino ad oggi ,Allora sì che la tecnologia non è ancora il "luddismo" ottocentesco, cioè toglie post idi lavoro, ma verrebbe vissuto come utilizzo e sostituzione del lavoro umano affinchè si tolga fatica e tempo di lavoro dal tempo di vita.

Quindi o più imbarbarimento o più civiltà.

cvc

Citazione di: paul11 il 27 Maggio 2016, 11:03:30 AM
la vecchia ricetta di politica economica : risparmio privato - intermediazione finanziaria-investimenti produttivi- piu' occupazione-crescita della domanda dei beni intermedi e finali-imposizione fiscale-investimenti pubblici, non funziona più e prima che cene facciamo una ragione noi dovrebbe farlo la classe politica occidentale, il capitalista ovviamente non gli importa, perchè persegue il profitto e il costo del lavoro è da diminuire e flessibilizzare.
Non funziona perchè la tecnologia è stata decisiva nell'aumento esponenziale della produttività per addetto  e quindi la piena saturazione delle capacità produttiva continuerebbe a produrre dei surplus dell'offerta di beni
Il just-in time, come tecnica nacque proprio per evidenza de isuprlus produttivi che producevano stock di prodotti finiti invenuti a scapito del prezzo finale che diminuiva e diminuzione del margine di profitto conseguente. Oggi si produce "in time" sulla domanda e adatto che per l'impresa capitalistica l'uomo è una risorsa quanto la macchina operatrice in linea dentro la fabbrica o la materia prima, accade che lo "flessibilizza" già in entrata e uscita quindi vuole mano libera sul licenziamento, non solo sull'utilizzo nella politica egli orari.

Detto più semplicemente la domanda mondiale di un bene è x.Per produrre x ci vorrà sempre meno utilizzo di persone umane perchè le produttivtà orarie sono cresciute esponenzialmente. Ma se ci sono pochi occupati, c'è meno redditto e meno capacità di creare domanda di beni finali ,e allora si produce meno, quindi ......... meno occupati-meno domanda di mercato dei beni-meno risparmio - meni investimenti- qualità dei servizi degli Stati (assistenza,previdenza,ecc) che diventa scadente- meno investimenti pubblici.

E' altrettanto ovvio che ogni Stato vivrà la propria contraddizione da gestire in funzione dell asua struttura economica e della sua efficieneza nelle infrastrutture, perchè sono comunque anch'essi fattori competitivi.Quindi in Germania meglio dell'Italia, ma attenzione non è che la Germani possa fingere che il problema non lo coinvolga.
Il problema  non è risolvibile internamente dal pensiero e soprattutto dalla capacità di azione economica del capitalismo , la sua logica è il profitto per cui è ovvio che tende ad abbassare i costi.
Se mi son fatto capire, è cortocircuitato  il ciclo economico , non è possible trovare vecchie soluzioni keynesiane del tipo loStato "se ne frega" del debito e investe, perchè il suo debito è sul mercato finanziario , lo Stato è ora di smettere di pensare che sia "al di sopra" dei mercati ,questo lo hanno fatto credere fino agli anni Settanta-Ottanta ,quando dicevano che era "irredimibile", ma generava pesanti inflazioni economiche. Quello è passato,non è possible come leggo anche da "seccenti" economisti ripristinare vecchi politche, innanzitutto perchè è cambiata la forma organizzata dell'impresa in maniera strutturale nelle fasii  di continue ristrutturazioni, riconversioni industriali e ricapitalizzazioni.
Il mio personale parere è che se si vuole essere ancora civili, si deve passare ad un socialismo per forza, perchè l'unica soluzione di questo problema economico è lavorare tutti e lavorare meno in maniera "secca" che vuol dire per il capitalista smettere di guadagnare e speculare come ha fatto fino ad oggi ,Allora sì che la tecnologia non è ancora il "luddismo" ottocentesco, cioè toglie post idi lavoro, ma verrebbe vissuto come utilizzo e sostituzione del lavoro umano affinchè si tolga fatica e tempo di lavoro dal tempo di vita.

Quindi o più imbarbarimento o più civiltà.
Che il mercato sia saturo siamo d'accordo. Il problema è anche quello di decidere cosa produrre e per chi. Se si deve produrre solo per gli interessi capitalistici allora vanno benissimo i beni  voluttuari che stimolano l'ego illudendo il povero di essere benestante. Ma si potrebbe creare occupazione, ad esempio, lavorando per la prevenzione dei disastri geologici, per la sanità, per la sicurezza, tutti settori di competenza statale. Io non dico di ripristinare le politiche keynesiane del passato, ma magari di prestare attenzione a chi diceva cose del tipo che il mercato da solo non regola efficientemente l'occupazione, che non può essere la sola domanda a decidere la produzione dei beni, che la finanza non può essere grande dieci volte l'economia reale.  Oramai il mondo economico è stato reso del tutto omogeneo, non è più la società di Smith il cui c'era quello bravo a fare il pane che faceva il pane, quello bravo a fare la birra che faceva la birra e così via. E poi ci si recava al mercato per scambiare i beni in eccedenza con quelli di cui si era scarsi. Ora siamo tutti o imprese o lavoratori, o produttori o consumatori, o lavoratori o disoccupati, o di destra o di sinistra. Non c'è più eterogeneità, tutto è omogeneo e le ricette economiche sono sempre le stesse: tagliare i costi e massimizzare i profitti, lasciar fare al mercato, privatizzare. Non siamo più capaci di pensare, la tecnologia ci condiziona al punto che tutto deve essere assimilabile tecnologicamente, tutto deve essere uno o zero. Io credo che invece di essere ossessionati dall'efficienza bisogna anzitutto puntare alla piena occupazione, anche a costo di de-automatizzare alcuni processi produttivi e di servizi. L'uomo è fatto per muoversi e non per avere una socialità virtuale o per vivere di sussidi. Non si tratta di moltiplicare i pani e i pesci ma di dire a Lazzaro "alzati e cammina!"
Logico che qualcuno deve rinunciare a qualcosa, non si può equiparare il diritto del povero di essere meno povero a quello del ricco di essere più ricco.
Ma il punto credo sia che il mondo è diventato talmente complesso che l'uomo comune fatica a farsi una rappresentazione del mondo che gli consenta di orientarsi in esso. A volte, sarà una mia impressione, mi pare che siamo tutti animali allo sbando, che capiscono che da soli non ce la possono fare, che cercano una corrente da seguire e non la trovano, si adattano ad una tendenza pur sapendo che non condurrà da nessuna parte, mentono a se stessi per darsi speranza, hanno orrore del disperato perché sanno quanto facilmente possono diventare come lui. E tuttavia questa massa di animali al macello è subito pronta a commuoversi e intenerirsi non appena qualcuno o qualcosa riesce in qualche modo a far riaffiorare un barlume di umanità.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

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