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I bulli e la scuola

Aperto da doxa, 20 Aprile 2018, 22:28:50 PM

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Lou

#90
Citazione di: baylham il 08 Maggio 2018, 11:13:25 AM
Il bullismo è una modalità di comportamento, non è una tara, un difetto.
Non vedo come si possa eliminare una modalità di comportamento che ha basi biologiche e sociali. Piuttosto andrebbe studiato e compreso.
La reazione al bullismo è già prevista da codici penali e amministrativi,  non considero valide ed utili ulteriori sanzioni verso il bullismo. L'ulteriore disciplina, autoritarismo non è la risposta che condivido, esaspera i conflitti, facendo leva proprio sulla forza e sulla violenza che si vuole contrastare. Ordine e disciplina vanno bene come obiettivi per personalità autoritarie, rigide. Il loro campione di insegnante è ben rappresentato dal protagonista del film Class Enemy di Bicek.
Ricordo nuovamente che i giovani sono la parte più debole e fragile della società, certamente i meno responsabili del suo ordine.
Sinceramente sono più preoccupato del bullismo dell'autorità che del bullismo dei giovani verso l'autorità.
La mia risposta al bullismo l'ho già indicata: la partecipazione di insegnanti, studenti e genitori al sistema scolastico, che cerchi di migliorare l'istituzione nella sua normalità e quotidianità, puntando soprattutto sull'educazione e sulla conoscenza. Non ritengo che il bullismo sia il problema principale per la scuola italiana. Ad esempio il sovraffollamento delle classi è un problema più grave e serio.
Sono molto in accordo con quanto espresso. Essendo il bullismo una modalità di comportamento essa innanzitutto ha da essere compresa e chi ha il compito di educare (nel significato di "tirar fuori" le abilità e le capacità etc.) e formare -insegnanti e genitori - non possono evitare il momento della comprensione di questo fenomeno per poter attuare misure che, lungi dal rifugio in un autoritarismo che è ben capace di riproporre le stesse dinamiche poste in atto dai bulli, riescano a coinvolgere gli attori di tali comportamenti in un percorso dove ognuno possa arrivare da sè a comprendere che vi possono essere alla base di atteggiamenti bulli energie e risorse che possono essere convogliate in un progetto costruttivo di sè e di conseguenza della società. Per  tutto ciò ci vuole forse, a mio parere, innanzitutto fiducia - più che autorità, e come educatori forse rischieremo che la fiducia sia disattesa, ma anche che l'autorevolezza, orfana di imposizione, generi comportamenti meno mortificanti e percorsi ( e forse che sia che il percorso camminato è esso stesso un contenuto? ) dove la violenza, in ogni sua forma,  abbia sempre meno diritto di cittadinanza.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

stefano

#91
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Maggio 2018, 08:19:43 AMQuando dico che la democrazia e il libero pensiero sono migliori dei sistemi autoritari, mi riferisco ad una critica di tipo storico. Storicamente è possibile infatti trovare elementi, prove, che dimostrano che i popoli democratici sono riusciti a portare avanti progressi culturali impossibili nei sistemi autoritari. Se però cominciamo a spostare il discorso sui significati esistenziali, sulla filosofia, sulla criticabilità radicale di ogni cosa, allora anche della democrazia vengono fuori difetti, contraddizioni, mancanza di sensi, di significati.
Scusami Angelo se ti faccio un appunto ma certe cose magari sarebbe meglio dirle prima,per evitare equivoci.Ora io per esempio ci ho fatto la figura di porcelletto del web al quale è meglio non gettare perle (e questo non è piacevole), ma se tu scrivi che la tua critica "vale contro qualsiasi cosa non aiuti a vivere un orientamento di vita che faccia crescere" e che "la democrazia rientra tra queste",io che non sono un filosofo posso pensare che la democrazia a te vada un po stretta e che vorresti liberartene.Comunque sono contento del chiarimento anche se tardivo.Quindi per te la democrazia in se non è sufficiente per dare contenuti di crescita e io sono d'accordo,infatti la democrazia puo solo assicurare l'esercizio del libero pensiero,non è educativa,non offre contenuti di crescita,per fortuna,altrimenti assomiglierebbe a una dittatura.
Se si vuole si possono apprezzare i suoi valori di libertà,uguaglianza nei diritti e nei doveri,ma non è obbligatorio.
E' obbligatorio invece rispettare l'autorità democratica.
Ora tornando al discorso dei bulli,tu Angelo se ho ben capito vorresti offrirgli una via di salvezza dicendogli "Caro bullo,tu hai sbagliato ma anche noi abbiamo sbagliato,questa società non offre contenuti di crescita,non sappiamo verso dove educarti,tu cosa proponi?Parliamone facciamo un percorso insieme"
Susami Angelo ma tutto questo mi sembra irreale e asettico.Posso immaginare che il bullo non si scomponga piu di tanto e ti risponda "Bene caro insegnante tu hai sbagliato,io ho sbagliato,siamo pari,tutti sbagliamo,arrivederci e grazie"
Non credi che sarebbe meglio avere una reazione piu "umana" nei confronti del bullo? Sbattergli in faccia che quello che ha fatto è odioso,schifoso,e che la dovrebbe pagare cara se non fosse che è ancora un moccioso minorenne? Qui non si tratta di uno studente che si è ribellato a un sistema perche autoritario,qui si tratta di un bullo che ha approfittato della libertà concessagli da un sistema perchè democratico.Uno che cerca i compagni piu deboli per opprimerli,proprio perche piu deboli,ottusamente,vigliaccamente.
E tutto questo perche si,in fondo anche noi sbagliamo...Io invece gli direi:sono un essere umano,non sono uno stinco di santo,ho i miei difetti,ammettiamo pure che non ho contenuti di crescita (che poi il bullo si chiederà:ma che cavolo sono questi contenuti di crescita) Ammettiamo tutto,io ho sbagliato ma tu caro bullo non solo hai sbagliato,tu fai come lo sciacallo che fiuta i punti deboli della vittima per azzannare  e maciullare.Io ho sbagliato e forse c'è anche dentro di me un piccolo bullo che ogni tanto cerca di venire fuori ma so quali sono i limiti del rispetto sia nei confronti dei compagni,sia nei confronti delle istituzioni democratiche.
Non credi Angelo che prima di proporre al bullo il tuo cammino di crescita,(che sicuramente sarà molto interessante e educativo anche se non so cos'è : leggerò il tuo blog),non credi che sia meglio prima fargli sbattere il muso su quel rispetto che lui ha violato? Chi è lui per mettersi al di sopra degli altri? Non è forse educativo pretendere rispetto per gli altri,e ancora di piu per i piu deboli?
In conclusione: l'educazione è una tecnica,uno studio per indurre i giovani verso qualcosa che abbia contenuti,nel tuo caso un cammino di crescita- io sinceramente ho sempre avuto qualche dubbio su questo ma non sono un esperto e rispetto la tua intenzione.Ora però ti chiedo:questa educazione deve essere sempre cosi asettica e controllata oppure qualche volta ci vuole anche una reazione "umana" di indignazione?

Angelo Cannata

#92
Anzitutto ti chiedo scusa per aver citato quella frase pesante di Gesù; so che è molto offensiva, ho solo voluto riportare il testo così com'è. Diciamo che anch'io ho fatto un po' il bullo con la scusa di citare il Vangelo.

Per quanto riguarda il tipo di discorso che ho proposto e che tu hai citato, ciò che ho descritto è la struttura di fondo, non il comportamento in dettaglio. Cioè, la mia intenzione non è certo quella di immaginare la scena esatta del maestro, che si mette davanti al bullo e gli fa il discorsetto sul reciproco aver sbagliato. Nel concreto, il messaggio che ho descritto sarà da attuare attraverso tutta una serie di comportamenti ben pianificati, studiati, e anche con la prontezza istantanea ad aggiustare ogni cosa man mano che si procede. Si tratta di un procedimento che potrà durare anche mesi, portato avanti con le azioni più diverse che si possano immaginare. Però la struttura di fondo di queste azioni, il messaggio di fondo da voler comunicare, ritengo che debba essere questo: "Riconosco i miei errori, tu sei disposto a riconoscere i tuoi?". Se il bullo, attraverso i suoi comportamenti, intenderà comunicarmi l'"Arrivederci e grazie" che hai detto, allora sì che mi riterrò in diritto, come istituzione o come professore, a passare alla punizione, come a dire: io ti ho dato tutto, ti ho dato il mio riconoscimento di aver sbagliato, ti ho dato l'intera mia disponibilità a collaborare insieme per vedere cosa si può fare, se rifiuti questo mi vedo costretto a comunicarti un'altra cosa: non avevo alcuna intenzione di scherzare, così come tu non hai scherzato; vediamo cosa succede a far provare a te cosa significa non scherzare. Il tutto sempre con riserva di cercare altri provvedimenti che siano migliori della punizione: la punizione è e rimane comunque un fallimento del processo educativo, quindi dovrà essere sempre e comunque accompagnata dalla ricerca di cosa si possa fare di meglio.

Per quanto riguarda quella che hai chiamato "reazione più umana", non la trovo proprio ricca del meglio di ciò che è umano, per un motivo: da come l'hai descritta essa contiene un messaggio di sottofondo: "Io sono migliore di te". Questo è un messaggio micidiale, perché non esistono in questo mondo persone migliori di altre. È proprio quest'ipocrisia una della cause inconsapevoli che porta il bullo a comportarsi come tale. La procedura che ho descritto ("Io riconosco il mio sbaglio, tu riconosci il tuo?") mira invece proprio a chiarire questo malinteso: il professore deve far capire al bullo che egli, come professore, non è migliore del bullo, lo sa e vuole che se ne sia consapevoli insieme. Ovviamente scatta lo stesso meccanismo del riconoscere l'errore: così come io, riconoscendo il mio errore, pretendo che anche tu riconosca il tuo, allo stesso modo voglio vedere se capirai che anche tu non sei migliore di alcun altro.

Ciò che invece hai descritto tu non mi sembra altro, in fondo, che un dare via libera al risentimento, sulla base di sentirsi migliore dell'altro perché l'altro ha fatto il bullo e io no. In questo senso mi vengono in mente vari comportamenti di Gesù, attraverso i quali egli cercò proprio di far capire questo a coloro che si ritenevano migliori: i ladri e le prostitute vi sorpasseranno nel regno dei cieli. Nel Vangelo vengono spesso portati a modello delinquenti, ladri e prostitute, proprio per far capire che non esistono persone migliori delle altre. Esistono solo persone che camminano in maniere diverse, ciascuna in base alla storia personale e mondiale che ha alle proprie spalle, come proprio bagaglio che l'ha formato e condizionato.

Non vedo cosa ci sarebbe di asettico in tutto ciò. Controllato sì: controllato perché io voglio controllare cosa sto comunicando e anche non cadere nel tranello di diventare peggiore del bullo, rispetto al quale sono tentato di ritenermi migliore.

Socrate78

Invece io ti ripeto Cannata: Il tuo relativismo non mi piace affatto e distrugge ogni valore assoluto. Io voglio continuare a credere che esistano valori assoluti per cui se li seguo posso a buon diritto considerarmi migliore di chi non lo fa, adesso dimmi, non dovrei ritenermi migliore ad un mafioso, ad un usuraio senza cuore e scrupoli, ad un assassino o ad uno stupratore magari anche sadico? Peccherò di superbia, ma ritengo che sia una sana superbia, io sono migliore rispetto a questi soggetti, lo stesso Gesù che tu hai citato ha detto "Maledetti voi, via da me..." con riferimento appunto ai soggetti peggiori, bugiardi, senza amore, senza pietà, privi di compassione, come certi bulli dimostrano di essere con le loro azioni. Io credo che Gesù fosse assai meno "buonista" di come viene descritto e molto più severo e giudice.

Angelo Cannata

Se pensi di poterti ritenere migliore di certe persone, significa che pensi di poter giudicare il loro cuore. Tu ti ritieni in grado di giudicare il cuore di una persona?

Socrate78

#95
La risposta è SI, mi ritengo in grado quantomeno di intuire che cosa può esserci nel loro cuore, soprattutto se il male non ha circostanze attenuanti come il degrado familiare o determinate patologie. Infatti le azioni da che cosa provengono? Dal cuore appunto, lo ha detto anche Gesù: "E' dal cuore dell'uomo che provengono gli omicidi, le calunnie, la fornicazione, ecc.", quindi anche restando in ambito evangelico è ammesso giudicare il cuore in rapporto alle azioni. Infatti se si vuole il bene del prossimo non lo si diffama o peggio lo si uccide, ovvio no? Ora veniamo al problema principale, cioè ai "bulli", qualche tempo fa un gruppo di sedicenni è stato denunciato per il reato di "riduzione in schiavitù e abuso sessuale" perché per nove mesi circa aveva abusato sessualmente di un dodicenne con ritardo mentale, lo avevano costretto a fare cose umilianti incatenandolo e trattandolo come se fosse appunto uno schiavo, in tutti i sensi. I ragazzi non provenivano da famiglie povere, disagiate e sembra che a scuola non se la cavassero nemmeno tanto male. Ora, che cosa può esserci nel loro cuore? Il male, ecco che cosa c'è, anzi, per me quei bulli sono molto peggio addirittura di un pedofilo, perché un pedofilo può agire in quel modo in quanto presenta una patologia della sessualità, ma quei bulli non possono appellarsi a nessuna patologia per attenuare la gravità dei loro atti!

Angelo Cannata

Di conseguenza il tuo cuore è migliore del cuore di qualsiasi bullo.

stefano

#97
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Maggio 2018, 11:33:41 AMNel Vangelo vengono spesso portati a modello delinquenti, ladri e prostitute, proprio per far capire che non esistono persone migliori delle altre. Esistono solo persone che camminano in maniere diverse, ciascuna in base alla storia personale e mondiale che ha alle proprie spalle, come proprio bagaglio che l'ha formato e condizionato.  
Angelo,è chiaro che Gesù non ce l'avesse con ladri e prostitute cioe con persone che umanamente
e drammaticamente sbagliavano.Il bullismo non c'entra niente con il dramma di chi ha sbagliato,
è una cosa che si fa per gioco,agevolmente,gratuitamente.Se paragoni il bullismo alla semplice
delinquenza giovanile allora credo proprio che lo stai sottovalutando.Come dice Socrate78 qui
non ci sono attenuanti perche si tratta di pura oppressione umana.Ed è anche vero che il bullismo
non è una forma di disadattamento sociale,da curare,ma al contrario una forma di super adattamento.
Il bullo infatti  sa bene cosa gli serve per vivere:opprimere il piu debole e ossequiare il piu forte.
Lui sa che seguendo questa semplice regola non avrà mai nessun problema.Il bullo è si,antisistema,nel
senso che va contro il sistema dell'uguaglianza democratica ma non è un antisociale.Lui sa che questo
sistema si puo facilmente aggirare e trarne vantaggi per se.E' una socialità,la sua,fatta di ossequio
e oppressione,che trova molti riscontri purtroppo nella realtà di tutti i giorni anche al di fuori
delle aule scolastiche.Il bullismo opprime e soprattutto lo fa con chi si trova senza difese perche
isolato.Chi si trova in queste drammatiche condizioni è costretto a subire l'oppressione dei bulli
che si coalizzano con grande facilità perchè socialmente molto adattabili.
Il bullo infatti riesce precocemente a capire tutto cio che c'è di peggio e quindi di vantaggioso
nella socialita umana.Cercare attenuanti,spostare la colpa sul sistema sociale qui non ha nessun senso.
Che la socialità umana abbia dei lati oscuri lo sappiamo tutti ma a nessuno è permesso giocare al massacro,
se uno sceglie per opportunismo di essere il peggiore è una responsabilità tutta sua.
Ora,Angelo,secondo il tuo ragionamento,se io fossi perseguitato da un bullo non avrei nemmeno il
diritto,sempre che ne fossi in grado, di provare risentimento perche già questo sarebbe la prova
che io mi sento migliore di lui e quindi sarei un ipocrita.Oppure,faccio un altro esempio.
Mettiamo che il perseguitato sia mio fratello,sarebbe naturale per me essere preso e magari accecato
dal risentimento.Ma tu mi diresti:"non va bene dare il via libera al risentimento,questa è la prova che
tu ti senti migliore del persecutore,quindi sei un ipocrita"
Questo è quello che intendo per "asettico":squalificare il risentimento della vittima e di suo fratello
perche visti solo dal tuo punto di vista tecnico-educativo.Anche l'educatore è fratello della vittima
(o no?)e dovrebbe anche lui avvertire questo risentimento,anzi dovrebbe avvertirlo tanto forte da farlo
sentire anche al persecutore.Proprio questo dovrebbe essere il punto di partenza di un percorso
educativo:il risentimento della vittima.Il tuo percorso educativo invece partirebbe da una sorta di
assoluzione iniziale,asettica,che mette sullo stesso piano l'oppressione e il risentimento.
Non si possono fare giochetti,non si puo arrivare a considerare oppressore e oppresso come vittime
l'uno dell'altro(perche è questo in definitiva quello che stai facendo).
Non si possono fare giochetti coi sentimenti umani,il risentimento di un oppresso non ha niente a che vedere
con la presunzione del fariseo che giudica gli altri per sentirsi migliore.
E'qualcosa di profondo,una condanna nascosta,soffocata,che chiede di avere voce.Nessuno puo assolvere l'oppressore.
Solo la vittima lo puo fare se lo vorrà altrimenti avrà tutto il diritto di condannarlo.E di questa condanna bisognerà tenerne conto.
Non è vero che "ci sono solo persone che camminano in modo diverso",ci sono anche persone che impediscono ad altre di camminare.

Angelo Cannata

In sostanza anche tu, come, a quanto sembra, Socrate78, ritieni che il tuo cuore sia migliore del cuore di qualsiasi bullo?

doxa

Vi voglio far leggere sul bullismo un articolo scritto dall'arcivescovo di Chieti-Vasto e pubblicato domenica scorsa, 13 maggio, sul quotidiano "Il Sole 24 Ore.

Il titolo dell'articolo è: "Bullismo, si impone un esame di coscienza per tutti".

La cronaca recente ci ha abituati al ritorno di una parola, che vorremmo non dover utilizzare mai: bullismo. Il termine sta a indicare i comportamenti verbali, fisici e psicologici di sopraffazione. Si tratta di comportamenti reiterati nel tempo, che un individuo o un gruppo di individui mettono in atto a danno di persone più deboli: proprio così il bullismo è segno e prodotto di una triplice forma di fragilità.

La prima è quella della vittima e può collegarsi a caratteristiche personali, sociali o culturali, per le quali il protagonista dell'atto di sopraffazione si sente più forte del suo bersaglio, libero di agire a suo piacimento e per suo interesse a danno di altri. Dall'offesa alla minaccia, dall'esclusione dal gruppo alla calunnia, dalla presentazione negativa e caricaturale della vittima all'appropriazione indebita di oggetti che le appartengono, fino alla violenza fisica e alla costrizione esercitata sull'altro perché compia atti contrari alla propria volontà, le espressioni del bullismo sono tante e diverse.

Tutti questi comportamenti presuppongono nel colpevole il convincimento che la vittima non sia in grado di difendersi o di reagire in maniera corrispondente al male intenzionalmente arrecatole. Alla base degli atti di bullismo c'è, dunque, la percezione di un'asimmetria della relazione, che crea in chi li compie una falsa percezione di impunibilità, di presunzione di forza e di dispotismo, nella scelta tanto dei tempi come dei modi degli atti di sopraffazione su chi è o appare più debole. Naturalmente, la fragilità della vittima può essere del tutto inconsapevole nella sua origine, legata a fattori psicologici o di educazione o a minore vigore fisico e più lente capacità reattive. Tutto questo porta spesso chi è vittima di bullismo a vergognarsi di ciò che subisce e di conseguenza a non farne parola, specialmente con chi potrebbe intervenire a sua protezione, come genitori, docenti o educatori. L'introiezione della violenza subita è però il fattore che sulle lunghe può creare il maggior danno nella vittima, perché ne indebolisce l'autostima e può spingerla col tempo a reazioni incontrollate, dannose per sé e per gli altri.

Alle forme di sopraffazione, poi, si aggiunge oggi quella che viene chiamata "cyber-bullismo" o "bullismo elettronico", attuato mediante messaggi molesti inviati alla vittima tramite sms, o in fotografie e filmati di azioni o momenti in cui non desidera essere ripresa, spediti ad altri e immessi in rete per diffamarla, minacciarla o crearle isolamento e disagio. Tutto quest'insieme di azioni e reazioni rivela l'altra dimensione di fragilità che entra in gioco nel bullismo: quella del colpevole. Chi mette in atto azioni da bullo è spesso una persona psicologicamente immatura, che cerca autogratificazione e affermazione di sé in comportamenti sopra le righe, dove la violenza espressa è per lo più inversamente proporzionale alle risorse morali e spirituali del protagonista.

Definire vigliaccheria l'azione di bullismo è solo parzialmente giusto: spesso, motivazioni di quel comportamento sono l'insicurezza, la paura, il senso di inadeguatezza di fronte alle sfide della vita, oltre che l'incapacità di percepire l'agire buono e onesto come espressione di forza interiore, positiva per sé e per gli altri, incommensurabilmente più ricca della violenza espressa nell'atto di sopraffazione sul più debole. La fragilità di chi compie atti di bullismo va perciò attentamente considerata, perché manifesta spesso vere e proprie patologie, specialmente psicologiche, in particolare nel campo degli affetti e delle emozioni, che vanno curate più che punite, e in ogni caso richiedono un attento processo rieducativo.

L'aiuto maggiore che si può offrire a chi si comporta da bullo è fargli prendere coscienza della propria debolezza, aiutandolo a percepirne la gravità, come l'urgenza di trovare vie di superamento e di crescita. Solo portando il protagonista di azioni di bullismo a un'adeguata presa di coscienza della propria fragilità lo si potrà aiutare ad uscirne: aiuto, questo, che esige un'interazione fra attori ed agenzie educative e implica il coinvolgimento della famiglia, della scuola, del mondo dell'associazionismo e dell'intero contesto sociale.
È qui che va considerata una terza, decisiva fragilità: quella del contesto in cui vengono messi in atto comportamenti da bullo. Le agenzie educative risultano non di rado ignave di fronte a fenomeni di bullismo: chi avrebbe autorità e responsabilità per intervenire, spesso non lo fa, preferendo sminuire la valutazione della gravità del fenomeno per timore o per un malinteso presupposto di tolleranza nei confronti del colpevole. Così, genitori che preferiscono prendere le parti di chi si macchia di atti di bullismo per semplice partito preso a favore dei figli, o docenti che non vogliono avere o creare grane a nessuno, o educatori incapaci di intervenire con la necessaria autorevolezza, contribuiscono a determinare la fragilità dell'ambiente sociale in cui il bullismo può emergere e prosperare.
Questa terza forma di fragilità è forse la più pericolosa, perché è quella che crea più ostacoli al superamento del fenomeno e alla sua cura opportuna. Non di rado, il bullo percepisce l'atteggiamento di deresponsabilizzazione e di ignavia di chi dovrebbe e potrebbe educarlo come elemento a suo favore, sentendosene avvantaggiato e perfino stimolato a giustificare il suo "delirio di onnipotenza". Da parte della vittima, poi, la percezione dell'impunità del colpevole dovuta a un clima di ignavia e di disimpegno può aggravare enormemente il proprio senso di fragilità e di fallimento di fronte alle sfide delle relazioni e in generale della vita. Chi tace davanti al male è almeno colpevole quanto chi lo mette in atto: il bullo prepotente interpreta l'altrui silenzio come implicita complicità e ne ricava alimento per il proprio agire violento. Lo spettatore passivo, che partecipa all'evento senza prendervi parte per ignavia o paura, finisce con l'essere corresponsabile della fragilità collettiva di fronte al male che viene compiuto. L'incapacità della folla di reagire ad atti di violenza in pubblico denuncia un declino tanto della sensibilità emotiva quanto della capacità reattiva, che finisce col favorire o comunque consentire il bullismo.

Nessuno, insomma, può sottrarsi al dovere di vigilare su questa fragilità collettiva e di operare sia a livello di prevenzione e di educazione, che nel possibile frangente di pericolo, perché la legge della forza non abbia a prevalere sulla forza della legge e sul dovere del rispetto della dignità di ogni persona. Il campanello di allarme ci riguarda tutti e diventa interrogativo inquietante e stimolo cocente a un esame di coscienza tanto sulle risorse etiche e spirituali, personali e collettive, quanto sulle fragilità di ciascuno in rapporto al proprio impegno, al senso ultimo della vita e alla responsabilità verso il bene comune.

Socrate78

Scusami, ma chi l'ha detto che il bullo è "fragile" e persino malato? Dal punto di vista logico è proprio l'affermazione ad essere assolutamente fragile, non certo il bullo! Infatti in che cosa consisterebbe tale fragilità? Non è detto chiaramente, viene ripetuto solo all'infinito ciò che viene detto da psicologi, psichiatri e similari, ma qui secondo me vale il detto secondo cui se si ripete una bugia mille volte ecco che diventa una dogmatica verità. Il bullo cerca autogratificazione e allora? Tutti in fondo cerchiamo autostima e autogratificazione, ma non per questo facciamo del male, quindi il fatto che agiscano per ottenere autostima e piacere personale non è affatto un attenuante che li rende deboli, ma anzi è un aggravante! L'affermazione si fonda sul principio d'autorità, non sulla ragione pura: infatti il pseudo-ragionamento è questo: se gli psichiatri definiscono il bullo come fragile allora lo è. Io però non mi accontento di ripetere ciò che gli strizzacervelli dicono, voglio indagare con la mia testa e secondo me esistono bulli davvero fragili per estrazione sociale ma altri che sono solo arroganti, provenienti da buone famiglie e magari pure bravi a scuola, che meriterebbero punizioni anche corporali o addirittura la galera se proprio devo essere sincero! Quest'atteggiamento del bullo fragile dà origine ad un buonismo vomitevole, vedo già una marea di psicologi e insegnanti dire: "Povero bullo fragile, povero caso umano", mentre il vero caso umano, la vittima che magari giunge ad ammalarsi di depressione o anoressia, viene magari trascurata. Se un bullo che poi è di fatto un criminale che giunge a molestare sessualmente, a scatenare risse, a ricattare, viene solo considerato "fragile" egli se ne accorgerà e si sentirà autorizzato a fare peggio.

stefano

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Maggio 2018, 07:57:37 AMIn sostanza anche tu, come, a quanto sembra, Socrate78, ritieni che il tuo cuore sia migliore del cuore di qualsiasi bullo?

Io non mi sento migliore,mi sento offeso.Sono offeso per quello che il bullo ha fatto a mio fratello
come per quello che potrebbe fare a me se mi trovassi in condizioni di isolamento e senza difese.
Non mi interessa di essere migliore di un bullo ma lo odio per quello che ha fatto e dico che è giusto
che ne paghi il prezzo.Se Dio mi dicesse che il bullo è dieci volte migliore di me gli risponderei:
"va bene,però il bullo deve pagare per quello che ha fatto e se è dieci volte migliore,allora deve
pagare dieci volte di piu".Migliore o peggiore è un discorso che non ha senso,siamo tutti uguali,ma è
il bullo che lo deve imparare,non io.

Angelo Cannata

La mentalità del "fargliela pagare" è la vecchia, barbara, mentalità di reagire alla violenza con altra violenza. Si tratta di un modo di fare che da quando il mondo esiste non ha fatto altro che confermare la barbarietà della natura in cui vige la legge del più forte. Che cosa hai ottenuto dopo che "gliel'hai fatta pagare"? Il bullo è rimasto bullo, non ha capito niente né del suo errore né delle prospettive verso cui dovrebbe orientarsi, semmai ha aggiunto odio verso chi gliel'ha fatta pagare. I giustizieri ancora peggio, perché hanno rinforzato nel loro cuore l'ipocrisia di sentirsi migliori, di poter usare violenza senza bisogno di chiedersi il perché, di essere in diritto di usarla.

Invece bisogna avere uno scopo e lo scopo è che il bullo cambi, cambi le sue idee, il suo livello di maturità, le sue sensibilità, le sue prospettive, i suoi ideali, cambi mentalità. Il cambiamento non glielo dai facendogliela pagare, ma portando avanti modi per educarlo. Questi modi potranno anche fallire, ma almeno avrai tentato di migliorare il mondo, cosa che con il farla pagare è garantito che viene invece ostacolata.

Quindi il problema va posto in questi termini: primo: abbiamo tutti necessità di cambiare, progredire, arricchire le nostre mentalità. Secondo: per farlo ci vuole attività educativa. Terzo: quali attività educative, come singoli e come società, possiamo mettere in atto per favorire il progresso delle mentalità?

Una volta impostato così il problema ci si stacca finalmente dal livello biologico del fargliela pagare e si passa al livello superiore del crescere, crescere tutti, vittime, bulli e società intera.

Angelo Cannata

Alcune settimane fa sono venuto a conoscenza di un episodio di bullismo.
Io considero questo ragazzo un mio maestro di spiritualità, io non sarei stato capace di reagire con un animo così ricco, nobile e profondo; ho un'infinità di cose da imparare da lui:

Inghilterra: un branco di bulli lo picchia, lui scrive un post su Facebook: "Le vere vittime siete voi"

Qui il suo messaggio originale in inglese.

Socrate78

Io, mi dispiace, ma resto dell'idea che i bulli debbano essere sanzionati per quello che fanno, il perdono a tutti i costi funziona solo in un mondo ideale, in cui nemmeno il bullismo per definizione esisterebbe. Non è detto che il bullo se viene punito non rifletta sulle sue azioni, ma è possibile che se venga sempre perdonato egli continui e perseveri nel suo agire lesivo, allora secondo questa legge del perdono incondizionato nemmeno più le sanzioni stabilite dalla legge dovrebbero esistere, visto che non si deve per definizione giudicare nessuno. Non esisterebbero più reati, né tribunali. Almeno se il bullo è punito severamente viene messo, finché dura quella sanzione, nella condizione di non nuocere, ma se lo si perdona a prescindere questo non accade e forse si fa pure beffe di te. Prendiamo l'esempio del gruppo di teppisti che ha aggredito il ragazzo: secondo te, Angelo, se leggono ciò che ha scritto si ravvedono? Secondo me sarebbe ingenuo crederlo, è possibile ed anzi secondo me probabile che ci ridano sopra e continuino con la loro condotta prepotente e barbara. E poi, una soluzione ad un problema (in questo caso il bullismo) non è detto che sia efficace solo perché è "gentile", o sbaglio?

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