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I bulli e la scuola

Aperto da doxa, 20 Aprile 2018, 22:28:50 PM

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Jacopus

#105
Le societa' si sono sempre dotate di reazioni contro chi commetteva atti "negativi". La ricetta tradizionale vuole che al male si risponda con il male: e' la logica "retributiva" gia' divulgata da un famoso passo della Bibbia. Da allora pero' ne abbiamo fatta di strada. Voler restare a quel modello e' indice di qualche malfunzionamento sociale. E' evidente e ormai verificato che laddove le pene sono miti i reati sono in percentuale minore.
Nel caso di un bullo, chiamiamolo Donald, avere un diritto sanzionatorio mite non significa "perdonare". Donald dovra' svolgere delle attivita' riparative e formative che siano in grado di rimodellare i suoi comportamenti e prima ancora le sue credenze e i suoi ideali. Metterlo in galera rientra esattamente nel suo modello di mondo, ma la sua condanna serve soprattutto alla sete di vendetta della societa'. Forse con la privazione della liberta  si puo' ottenere qualcosa anche dal bullo, ma nel migliore dei casi sara' un soggetto represso e pronto ad esplodere in una fase problematica della sua vita. Ad esempio una alternativa e'  la riconciliazione con la vittima,  che quando la vittima lo consente ha un valore catartico e di cambiamento grandissimo, incomensurabile rispetto ad una condanna. Ma come ho gia' scritto ogni persona ed ogni bullo e' una storia a se'. Non e  escluso che in certi casi piu' difficili e minati da multiproblematicita' non vi siano alternative alla carcerazione. Ma anche in questo caso occorre tener presente il costo del carcere in termini di stigma, di apprendimento di una carriera delinquenziale che potrebbe rendere quel soggetto ancora piu' pericoloso.
Ancora una volta echeggia il motto di "Canetti": o ci salviamo tutti o non ci salviamo". Il percorso contro il bullismo e' un percorso che ci riguarda tutti e va fondato ad esempio in una distribuzione piu' equa delle risorse culturali, visto che la violenza e' spesso associata alla deprivaziond culturale. Il discorso si fa lungo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Angelo Cannata

Non c'è da meravigliarsi che ciò che ho proposto sia stato frainteso: infatti nella società massificata e banalizzata il perdono ha anch'esso un significato tra i più banali: dimenticare. Ma il perdono non può essere un dimenticare, perdono è educare e riconsiderare il passato. Il passato non va e non può essere dimenticato. Non ho parlato di inerzia, di non fare nulla, di reagire al bullo con una pacca sulla spalla dicendogli che lo perdoniamo e non se ne parla più. Ho parlato di educare. Mi pare che non dovrebbe esserci bisogno di spiegare cosa significa questa parola.

stefano

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Maggio 2018, 21:38:32 PM
Alcune settimane fa sono venuto a conoscenza di un episodio di bullismo.
Io considero questo ragazzo un mio maestro di spiritualità, io non sarei stato capace di reagire con un animo così ricco, nobile e profondo; ho un'infinità di cose da imparare da lui:

Inghilterra: un branco di bulli lo picchia, lui scrive un post su Facebook: "Le vere vittime siete voi"

Qui il suo messaggio originale in inglese.
Se è cosi che quel ragazzo ha detto io non posso che rispettarlo e tenermi il risentimento
tutto per me perche lui è abbastanza forte da superare il trauma dell'aggressione.
Infatti  qui si tratta di un'aggressione,a quanto si puo capire il branco ha colpito alla cieca,
non sapeva chi era lui,non era stato individuato come vittima.Cosi è comprensibile che lui 
abbia rifiutato il ruolo di vittima e anzi lo abbia rigettato sui suoi aggressori dicendogli 
"le vere vittime siete voi"
D'accordo,è una mia interpretazione,ma secondo me per rifiutare il ruolo di vittima lui si è
posto al di sopra dei suoi aggressori,e questo è comprensibile.
Nessuno accetta il ruolo di vittima,questo è molto importante da considerare.
Il bullismo propriamente detto invece comprende oltre all'aggressione anche l'oppressione
e l'individuazione di una vittima.Opprimere è una cosa molto piu grave dell'aggressione cioe
è un'aggressione ripetuta e,nel caso del bullismo totale,mirata all'annientamento di qualcuno che 
si conosce e che viene scelto come vittima.
Qui si scopre il lato piu oscuro del problema:l'ho gia detto ma visto che
non si vuol capire lo ripeto.La vittima del bullismo sa di essere vittima,di essere stato scelto
come vittima perche isolato e senza difese,tutto questo è troppo umiliante da sopportare,tanto da
arrivare alla rimozione di tutto il suo risentimento.Nessuno accetta il ruolo di vittima ma lui è
stato costretto ad accettarlo,lui non si puo permettere di dire "le vere vittime siete voi"
Si capisce ora la differenza che ci puo essere tra un'aggressione e un caso di bullismo totale? 
Ora tu Angelo forse pretendi che anche in questo caso la vittima ti dica
che "le vere vittime sono loro"? Non credo che se,per sua fortuna,riuscisse a esprimere tutto quello
che ha dentro,lo scieglieresti come maestro di spiritualità.Lui ti direbbe cose molto dure,saresti 
capace almeno di rispettarle?
Sinceramente non capisco perche continui a sottovalutare le coseguenze di una simile oppressione e umiliazione.
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Maggio 2018, 07:49:37 AMNon c'è da meravigliarsi che ciò che ho proposto sia stato frainteso: infatti nella società massificata e banalizzata il perdono ha anch'esso un significato tra i più banali: dimenticare. Ma il perdono non può essere un dimenticare, perdono è educare e riconsiderare il passato. Il passato non va e non può essere dimenticato. Non ho parlato di inerzia, di non fare nulla, di reagire al bullo con una pacca sulla spalla dicendogli che lo perdoniamo e non se ne parla più. Ho parlato di educare. Mi pare che non dovrebbe esserci bisogno di spiegare cosa significa questa parola.
Tu invece fraintendi o meglio ignori quello che io ho detto e cioe che il punto di partenza di un percorso
educativo dovrebbe essere proprio il risentimento rimosso della vittima.

Angelo Cannata

Mi sembra che tu ti riferisca all'aggressione psicologica che si viene a verificare nel caso del bullismo; aggressione che consiste nel privare la vittima delle sue consapevolezze, consapevolezza delle sue risorse, le sue forze, la sua dignità, le sue possibilità, la sua capacità di coraggio, di agire.

Mi sembra pure che tu attribuisca l'acquisizione di queste consapevolezze al risentimento, più o meno come quando in un esercito si fa leva sullo spirito di gruppo, l'autoincitamento, il mostrare i muscoli, tutto un insieme di gesti che hanno l'effetto di rendere i soldati più efficienti.

Bisogna vedere qui il tipo di efficienza che andiamo cercando. Nell'esercito si cerca l'efficienza nell'uccidere, annientare il nemico, e i risultati si vedono: dopo la vittoria si viene a creare una società che ha acquisito la consapevolezza di quanto sia importante uccidere e annientare i nemici. Se è questo il tipo di società che ci poniamo come fine, non posso che darti ragione.

Io mi pongo come fine una società che possieda il massimo di capacità di crescita in tutte le direzioni. L'impero romano, specialista nel conquistare, uccidere, annientare, dominare, finì sopraffatto da intrighi, disonestà, brame di potere, vuoto di cultura intellettuale.

Dunque, se è di consapevolezza che vogliamo armare la vittima, bisogna decidere di quale tipo di consapevolezze pensiamo di arricchirla, dotarla, armarla. Tu pensi che il risentimento sia un'ottima risorsa affinché ogni vittima si arricchisca delle migliori consapevolezze che la aiuteranno a non farsi sopraffare e soprattutto ad avviare le migliori crescite in sé stessa?

Su questo non mi sembra che ci sia gran che da discutere, perché proprio la psicologia ha molto da dire in proposito. Non è certamente il risentimento la migliore arma in mano alla vittima del bullismo. Il risentimento ti dà solo la logica di reagire alla violenza con altra violenza.

Ciò che dà risorse, consapevolezza, forze, ciò che dà tutto il meglio che ci è possibile raggiungere è il lavoro di educazione, formazione, da fare per tutti, come ho già detto, vittime, bulli, società. Non ci sono altre vie, men che meno la via del risentimento.

doxa

#109
Angelo ha scritto:
Citazioneil perdono non può essere un dimenticare, perdono è educare e riconsiderare il passato. Il passato non va e non può essere dimenticato. Non ho parlato di inerzia, di non fare nulla, di reagire al bullo con una pacca sulla spalla dicendogli che lo perdoniamo e non se ne parla più. Ho parlato di educare.


Chi dovrebbe educare è capace di educare il bullo ? Nei nostri post finora è mancato il "convitato di pietra": il counselor, capace di relazione interpersonale, che offre al "reo" un percorso di consapevolezza, valorizzando i suoi punti di forza.

Nella canzone "Azzurro" Adriano Celentano si lamentava di non trovare nemmeno "un prete per chiacchierar". Proprio il chiacchierar dei fondamentali della vita, per esempio con un prete che ha avuto un percorso di formazione pastorale ma anche psicologica, è importante per il "deviante" disponibile all'ascolto.  

Counseling significa "relazione di aiuto". E' evidente che in tal senso la Chiesa cattolica ha millenaria  esperienza, anche come agenzia educativa.   Ma di solito il clero, in particolare  il vecchio clero, all'interpersonale relazione pastorale non sa aggiungere le tecniche comunicativo-relazionali, non ha la capacità di ascolto, l'empatia.

Angelo Cannata

Uno dei motivi dell'autosfiducia di questa società verso sé stessa, che ha portato a tante reazioni distruttive, tra cui il bullismo, è stato proprio l'ipocrisia di ritenersi capaci, capaci di educare, di essere superiori in qualcosa, indotti dal ruolo a trascurare o a nascondere i propri errori e limiti.

Perciò è inevitabile oggi concludere che tutti abbiamo l'obbligo di essere educatori e tutti l'obbligo di ammettere la nostra incapacità ad esserlo. Non ci possiamo sottrarre, né all'uno né all'altro obbligo, perché non esistono, non sono mai esistiti maestri ed educatori che non avessero le loro ipocrisie e non sono mai esistite persone che potessero ritenersi esenti dal dover dare il loro contributo a educare.

Non esistono padri che non abbiano l'obbligo di ammettere di essere anche fratelli, cioè persone che hanno anch'esse bisogno di imparare e correggersi.

In questo senso anche qualsiasi agenzia educativa, qualsiasi counselor, qualsiasi aiutante, qualsiasi Chiesa, deve fare lo stesso, adempiere ai due obblighi che ho detto.

Elia

Citazione di: Lou il 10 Maggio 2018, 18:53:04 PM
Citazione di: baylham il 08 Maggio 2018, 11:13:25 AM
Il bullismo è una modalità di comportamento, non è una tara, un difetto.
Non vedo come si possa eliminare una modalità di comportamento che ha basi biologiche e sociali. Piuttosto andrebbe studiato e compreso.
La reazione al bullismo è già prevista da codici penali e amministrativi,  non considero valide ed utili ulteriori sanzioni verso il bullismo. L'ulteriore disciplina, autoritarismo non è la risposta che condivido, esaspera i conflitti, facendo leva proprio sulla forza e sulla violenza che si vuole contrastare. Ordine e disciplina vanno bene come obiettivi per personalità autoritarie, rigide. Il loro campione di insegnante è ben rappresentato dal protagonista del film Class Enemy di Bicek.
Ricordo nuovamente che i giovani sono la parte più debole e fragile della società, certamente i meno responsabili del suo ordine.
Sinceramente sono più preoccupato del bullismo dell'autorità che del bullismo dei giovani verso l'autorità.
La mia risposta al bullismo l'ho già indicata: la partecipazione di insegnanti, studenti e genitori al sistema scolastico, che cerchi di migliorare l'istituzione nella sua normalità e quotidianità, puntando soprattutto sull'educazione e sulla conoscenza. Non ritengo che il bullismo sia il problema principale per la scuola italiana. Ad esempio il sovraffollamento delle classi è un problema più grave e serio.
Sono molto in accordo con quanto espresso. Essendo il bullismo una modalità di comportamento essa innanzitutto ha da essere compresa e chi ha il compito di educare (nel significato di "tirar fuori" le abilità e le capacità etc.) e formare -insegnanti e genitori - non possono evitare il momento della comprensione di questo fenomeno per poter attuare misure che, lungi dal rifugio in un autoritarismo che è ben capace di riproporre le stesse dinamiche poste in atto dai bulli, riescano a coinvolgere gli attori di tali comportamenti in un percorso dove ognuno possa arrivare da sè a comprendere che vi possono essere alla base di atteggiamenti bulli energie e risorse che possono essere convogliate in un progetto costruttivo di sè e di conseguenza della società. Per  tutto ciò ci vuole forse, a mio parere, innanzitutto fiducia - più che autorità, e come educatori forse rischieremo che la fiducia sia disattesa, ma anche che l'autorevolezza, orfana di imposizione, generi comportamenti meno mortificanti e percorsi ( e forse che sia che il percorso camminato è esso stesso un contenuto? ) dove la violenza, in ogni sua forma,  abbia sempre meno diritto di cittadinanza.


Ah sì? E perché, fin'ora, come si è operato, di grazia, potrei saperlo? Il Buonismo è fallito, ora cosa facciamo, si può essere ancora più buonisti? Credo di sì. Credo che chi segue una certa mentalità di sinistra non sia più capace di vedere limiti, (come si evince dai commenti di Cannata, di Jacopus e dai quasi a mio avviso deliranti commenti di baylham), pertanto continuerà a sbattere la testa contro i muri, si vedrà sanguinante e rintontito e continuerà a sostenere che i muri sono una creazione della mente, finché non morirà a causa dei ripetuti traumi cranici.
Di tale sfacelo è indicativo già il solo fatto che ci riferiamo a questi deprecabili episodi definendoli con un eufemismo: "bulli", "bullismo", quando dovrebbero essere chiamati per quello che sono in realtà: degli atti di teppismo, di delinquenza minorile.
Mi sembra strano che un delinquentello debba essere "educato" a scuola da un insegnante. Sarebbe un po' come catturare uno dei latitanti capi mafia pluriomicidi e invece di assicurarlo nella cella di un carcere lo si invita a frequentare un corso di spiritualità e di cultura generale (magari tenuto da Angelo Cannata  :D ); insomma, non solo non verrebbe punito ma gli si regalerebbe uno svago a spese della collettività con la speranza che possa prendere coscienza del male procurato, pentirsi, pagare in qualche modo il male causato alle sue vittime e redimersi. Mah, sarà... Sarà che voi di mentalità di sinistra vedete molto ma molto lontano, oltre, appunto, ogni limite logico e reale.

" I ladri e le prostitute vi sorpasseranno nel regno dei cieli. "; vero, Gesù pronunciò queste parole, ma in un'ottica un tantino diversa dalla tua interpretazione; si riferiva ai ladri e alle prostitute che si sarebbero pentiti; nello stato di pentimento sono migliori di chi non ruba, non si prostituisce ma che magari pecca con calunnie e cattiverie di vario genere credendosi migliore di un ladro o di una prostituta. Gesù voleva dimostrare che possiaamo scivolare tutti nel male, nel peccato, che si può uccidere e ferire fisicamente una persona, ma si può uccidere e ferire mortalmente anche con le parole ed il comportamento, come fanno i "bulli". Il bullo non è meno colpevole di un ladro, entrambi causano danni ad altri. Poi, come dice Socrate78, se io mi impegno ed ho lavorato su me stesso per essere una persona per bene, sono e devo sentirmi migliore, altrimenti non ci sarebbe neppure la voglia, il desiderio di essere migliori; a che pro? Posso lasciarmi corrompere, ho tutto da guadagnarci, perché decido di rimanere integerrimo e leale? Per un senso di giustizia e lealtà che riconosco ed ho coltivato in me, di cui vado fiero, dunque mi sento migliore di uno che si corrompe con 30 denari.
Se lasciamo passare l'idea che siamo sempre tutti uguali si attenua anche l'impegno ad essere migliori perché si è portati a giustificare tutto, al lassismo. E concludo citando a propossito le parole di Socrate78 che condivido.
"Quest'atteggiamento del bullo fragile dà origine ad un buonismo vomitevole, vedo già una marea di psicologi e insegnanti dire: "Povero bullo fragile, povero caso umano", mentre il vero caso umano, la vittima che magari giunge ad ammalarsi di depressione o anoressia, viene magari trascurata. Se un bullo che poi è di fatto un criminale che giunge a molestare sessualmente, a scatenare risse, a ricattare, viene solo considerato "fragile" egli se ne accorgerà e si sentirà autorizzato a fare peggio."
"L'egemonia di sinistra ha creato un deserto e l'ha chiamato cultura".
(M.V.)

Angelo Cannata

#112
Elia, scusa, ma trovo molte improprietà in ciò che hai scritto.

Anzitutto il tono: iniziare con "Ah sì?", "di grazia", significa già in partenza usare sarcasmo, il che, tanto per rimanere in argomento, può essere considerato proprio una forma di bullismo, cioè un tentativo di intimidire gli interlocutori minacciandoli di esporli al ridicolo, attraverso il sarcasmo, nel caso in cui non aderiscano alle tue opinioni.

La parola "buonismo" significa già in sé una cosa negativa, quindi dire che è fallito significa non dire niente: lo si chiama buonismo proprio perché lo si considera fallimentare già a priori.

Non vedo cosa c'entri col discorso l'essere di destra o di sinistra: a che serve inserire nella discussione illazioni politiche?

Se uno muore sbattendo la testa su un muro, questa non è affatto una dimostrazione che il muro esiste. È la vecchia mentalità di pensare di poter argomentare attraverso la violenza o attraverso comportamenti, ma né l'una né gli altri possiedono forza argomentativa: come argomentazioni si demoliscono in un attimo.

Mostri un concetto molto povero e banale di cosa significhi "educare": non si riduce certamente ad invitare a un corso. Ci sono un mare di azioni che è possibile porre in atto per educare. L'educare è un cammino che si progetta, si studia, si organizza, vi si collabora, lo si corregge dopo averlo iniziato, si coinvolgono vari tipi di persone, anche indirettamente. Altro che sbrigarsela con un invito a un corso.

Per quanto riguarda la frase di Gesù che hai citato, la tua interpretazione non rispetta il testo. Sia di Gesù che di tutti quelli che concorsero alla stesura del vangelo non possiamo presupporre che si trattasse di persone ingenue o stupide. Se Gesù avesse voluto fare distinzione tra le prostitute che si pentono e quelle che non si pentono, non ci sarebbe stato motivo di riferirsi né a loro, né ai ladri: se ciò che fa la differenza fosse stato il pentirsi, Gesù avrebbe parlato del pentirsi; come mai ha parlato invece di pubblicani e prostitute, sul cui pentimento non dice nulla? Se ha parlato di pubblicani e prostitute, vuol dire che la sostanza del suo discorso era un'altra; vuol dire che per lui l'essenza che permette di sorpassare altri nel Regno non consiste nel pentirsi, ma in qualcos'altro, che egli individuava nei pubblicani e nelle prostitute. Comunque, non mi metto ora qui ad approfondire tutta la questione.

Per quanto riguarda il ritenersi migliore, vedo che fai confusione tra orizzonte da raggiungere e orgoglio nella misura in cui lo si ritiene raggiunto. Sono due cose molto diverse. Tutti abbiamo dovere e necessità di puntare all'essere migliori, ma ciò non ci autorizza affatto a ritenere di essere più avanti rispetto ad altri dopo che abbiamo raggiunto una qualsiasi meta. Questo ritenersi arrivati più avanti è accettabile soltanto in contesti dal significato impoverito e ristretto, come nel confronto tra un professionista e uno che nello stesso campo è un principiante. Ma nel discorso sui bulli il contesto è tutt'altro che impoverito e ristretto, non si parla dell'essere migliori in campi specifici e misurabili, si parla dell'essere migliori come persone, come cuore, come esseri umani. A questo livello diventa chiaro che la meta non può mai considerarsi raggiunta ed ecco spiegato come mai dobbiamo inseguirla sempre, ma non siamo mai autorizzati a ritenerci più avanti di alcun altro. Io posso ritenermi più bravo di un altro in matematica, o nel calcio, o nella capacità di imparare cose a memoria, ma nulla mi autorizza a ritenermi più essere umano di altri esseri umani, migliore nel cuore rispetto ad altre persone. L'essere tutti uguali su questo livello porta esattamente all'opposto del lassismo o del giustificare tutto: porta ad impegnarsi al massimo per capire cos'è il meglio dell'essere umano per realizzarlo in sé stessi sempre di più, cosa significa avere un cuore che ama per coltivarlo sempre meglio nella nostra persona.

Riguardo alla fragilità del bullo e al suo essere vittima, dovrebbe essere ovvio che questo modo di esprimersi cerca di guardare dietro le apparenze. Se il bullo fosse una persona forte e sicura del fatto suo, non avrebbe alcun bisogno di fare il bullo; se lo fa, vuol dire che ha problemi riguardo alla fiducia nelle proprie forze e nelle proprie idee. Questo può essere considerato buonismo solo da chi si rifiuta di andare oltre le apparenze. D'altra parte, considerare il bullo una vittima che reagisce alla proprie debolezza cercando di opprimere gli altri, non significa per niente trattarlo come un povero addolorato da confortare: non gli servirebbe a niente, non sarebbe educativo per lui. Temere che il bullo venga trattato come un poverino da consolare significa non avere idea di cosa voglia dire educare.

Socrate78

No invece, Angelo, anzi, proprio nel fatto di essere migliori come cuore, come persone, è possibile dire e comprendere se si è più avanti di altri o meno! Ci mancherebbe, perché lo si vede SUBITO se si è obiettivi con se stessi. Ci si accorge di come si è, lo si sa.Ad esempio se io mi accorgo che sono invidioso, non ho alcuna compassione per chi soffre e sono cinico ed indifferente, se faccio una valutazione obiettiva devo per forza dire: " Purtroppo sono decisamente peggiore, anzi, in questo momento faccio moralmente piuttosto schifo!"; se invece sento che voglio davvero il bene del prossimo, ho intenzione di accoglierlo, di aiutarlo nella difficoltà, allora se permetti mi sento in diritto di sentirmi migliore di chi per il proprio tornaconto non esista a rubare, causare danni gravi, addirittura uccidere. Infatti è giusto distinguere tra discernimento e giudizio assoluto. Il discernere tra bene e male, tra situazioni di vita positive e negative, è alla base del percorso morale, perché se io non posso dire di essere migliorato o peggiorato, allora è decisamente assurdo e impossibile iniziare qualsiasi percorso, in base a che cosa ne valuti i risultati? In base a NULLA, letteralmente. Il giudizio assoluto, invece, è quando si dice che se una persona, in quel momento della sua vita, si comporta molto male allora continuerà così sempre e non cambierà mai, ecco, questo è il giudizio tipico dei farisei condannati dallo stesso Gesù, che etichettano, incasellano gli altri in base a schemi rigidi. Io sono convinto che Gesù non intendesse dire che i pubblicani e le prostitute siano migliori rispetto agli altri, ma che forse il loro stesso peccato impediva a loro di insuperbirsi, poiché in fondo sapevano di essere molto indietro moralmente.

Angelo Cannata

Non esistono persone obiettive, né con sé stesse, né con altri, né con alcunché. Qualsiasi nostro giudizio è sempre filtrato e inquinato da un mare di condizionamenti: il nostro DNA, il nostro carattere, la nostra cultura, le persone che abbiamo conosciuto, il periodo storico di cui facciamo parte, la parte geografica del pianeta in cui viviamo, il fatto stesso di ragionare attraverso un cervello umano, il modo in cui ci sentiamo in quel preciso momento, fisicamente e psicologicamente: l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Ognuno sceglie i criteri in base a cui giudicare: io potrei dirti in questo momento che mi sento perfettamente obiettivo nel ritenermi l'uomo migliore del pianeta. Come faresti a smentirmi? Come faresti a dimostrare che i tuoi criteri sono più oggettivi dei miei?

Allo stesso modo, anche ciò che chiamiamo moralità è assolutamente indimostrabile nella sua eventuale oggettività. Per certuni può essere del tutto morale uccidere o perfino sterminare intere popolazioni: come farai a dimostrare loro che ciò è immorale?

Se tu ritieni possibile un giudizio oggettivo su sé stessi, te ne dico uno qui subito e ti sfido a dimostrarmi che non è vero o non è oggettivo:

io sono migliore di qualsiasi altra persona al mondo, come persona, come cuore, come tutto. Non solo, ma tutti gli altri, oltre a non essere migliori di me, non valgono proprio niente, non meriterebbero neanche di essere chiamati essere umani, non meriterebbero neanche di vivere.

Vediamo come farai a dimostrarmi che non è vero.

Socrate78

Allora, se tutto è relativo, anche l'assoluto, non vale assolutamente la pena di impegnarsi in nessun percorso etico, ma è molto triste e pericoloso, non trovi? Significa che chiunque può crearsi la propria etica in base a cui può fare anche le azioni più perverse per il proprio interesse. Se ti rifai a Gesù, che a volte citi, posso dire che egli fu in molti casi molto rigido nel formulare giudizi, ad esempio quando parla di punizioni eterne (la famosa Geenna) dice: "Se il tuo membro ti è di scandalo, taglialo: sarebbe meglio che tu vivessi senza quel membro piuttosto che far precipitare corpo e anima nella Geenna", oppure quando dice che i farisei fanno le opere del loro padre, cioè del diavolo. Insomma, se non si poteva distinguere tra bene e male non avrebbe detto quelle frasi, giusto? Ora, ritornando alla frase che hai citato, io ti posso dire che quell'uomo che si ritiene migliore ha molta strada da fare per il semplice fatto che disprezza l'umanità intera, e quindi il suo cuore è perverso, disprezzo e odio sono infatti negativi. E' appunto nella condizione del perfetto fariseo. Per quanto riguarda, Angelo, il fatto che spesso citi secondo cui un'azione è bene per me e male per un altro, devo dirti che secondo me è sempre opportuno mettere al primo posto il benessere altrui e solo secondariamente il nostro: non danneggiare noi stessi, ma operare per il bene comune. Se tutti agissero in questo modo, non ci sarebbero guerre, il debole verrebbe aiutato, i beni materiali equamente divisi, ecc. Io non posso dire di essere un santo,  ma nemmeno sono una persona che non sa riconoscere il bene dal male e che è disposta a qualsiasi cosa per il proprio interesse!

Angelo Cannata

Non possiamo inventarci l'assoluto per il nostro bisogno di moralità. L'assoluto, se c'è, deve dimostrarsi per sua capacità, non possiamo essere noi a decidere che è assoluto solo perché ne abbiamo bisogno. Se c'inventiamo l'assoluto per paura che altrimenti sarebbe, come hai scritto, triste e pericoloso, potremo dire che quest'assoluto su cui poggiamo è davvero assoluto?

Tu preferisci far finta di avere un assoluto su cui poggiare, pur di non vivere in una condizione che senti triste e pericolosa? Ritieni meno pericoloso far finta di avere un assoluto su cui poter fare affidamento?

Socrate78

Beh, ma nel caso del bene e del male quest'"assoluto" lo si può sperimentare nella convivenza umana, o no? Ad esempio se tu vivi in una comunità in cui nessuno ti aiuta e se lo fa lo fa solo in cambio di favori gravosi, come ti sentiresti? Saresti in pieno diritto nel giudicare che vivi in una marea di persone incapaci di amare (in senso generico), egoiste e ciniche, e quindi l'assoluto morale si manifesterebbe in modo chiaro nel giudizio secondo cui tu vivi in un mondo cattivo. Non c'entra niente la religione in questo caso, ma è un'evidenza di esperienza, davanti a cui tutte le culture, le religioni crollano, è una valutazione obiettiva basata sulla ragione. Lo stesso filosofo Socrate riteneva che una definizione di bene assoluto esistesse, infatti si opponeva alla sofistica che invece si basava sul relativismo in base al quale era solo l'individuo la misura di tutte le cose.

Angelo Cannata

Non puoi fondare l'assoluto sul come mi sentirei se nessuno mi aiutasse. Si può benissimo pensare che il mondo debba essere fondato sulla disonestà, sull'incoerenza, su qualsiasi cosa vogliamo. Quindi il fatto che nessuno mi aiuterebbe e che ciò mi farebbe sentire male non dimostra nessuna morale, nessuna oggettività. Socrate poteva pensare quello che voleva, non è che se una cosa la pensa Socrate diventa vera. L'evidenza e l'esperienza non dimostrano niente: ciò che è evidente per me può essere di nessuna evidenza a te. Ciò che sperimentiamo può essere tutto un inganno. Non c'è modo di dimostrare alcunché di assoluto.

Socrate78

Allora a questo punto per coerenza con la tua visione sarebbe opportuno eliminare tutte le leggi e le regole, infatti se non c'è un assoluto su cui si fondano esse sono solo oppressione che limita la libertà del singolo, ma il risultato qual è? Si arriva all'Homo homini lupus di Hobbes, guerra di tutti contro tutti.

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