Funivia Stresa-Mottarone: considerazioni di carattere giuridico

Aperto da Eutidemo, 29 Maggio 2021, 14:45:55 PM

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Eutidemo

Per quanto mi è stato dato di apprendere dai "mass-media", sembra che la magistratura intenda procedere contro gli indagati (il titolare della società che ha in gestione l'impianto e il direttore dell'esercizio e capo servizio della funivia) ai sensi dell'art. 432 del Codice Penale; il quale punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi "pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria".
***
Mi sembra anche, però, che uno o tutti gli indagati abbiano già confessato di aver omesso di rimuovere i forchettoni rossi aventi la funzione di bloccare il freno della cabinovia; in tal caso, quindi, secondo me non andrebbe tanto applicato l'art. 432 del Codice Penale, quanto, piuttosto, l'art. 437 del Codice Penale, il quale:
- al comma 1 punisce  con la reclusione da sei  mesi  a cinque anni "chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia";
- al comma 2 lo punisce con la reclusione da tre a dieci anni "se dal fatto deriva un disastro o un infortunio".
***
Ora, in effetti, tale norma è volta a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, e non disastri o infortuni di altro genere, per cui è da decenni in corso un acceso dibattito giurisprudenziale.
Ed infatti:
A) Alcune sentenze della Cassazione hanno ritenuto che il bene giuridico tutelato possa essere costituito soltanto dalla sicurezza sul lavoro di una comunità ristretta di lavoratori o anche di singoli lavoratori, in quanto tale disposizione incrimina espressamente la rimozione o l'omissione dolosa di cautele destinate a prevenire infortuni sul lavoro, i quali riguardano di solito singoli soggetti e non indistinte collettività di persone (cfr. Cass. I, n. 2033/1990, Cass. I, n. 12464/2007, Cass. IV n. 57673/2017).
B) Altre sentenze della Cassazione, invece, hanno ritenuto  che, pur essendo necessario che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi s'inseriscano in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno in astratto, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, la fattispecie si configura anche se viene compromessa l'integrità fisica di "persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro", sufficiente, secondo l'apprezzamento del giudice di merito, a realizzare la condizione di una "indeterminata estensione del pericolo" (cfr. Cass. IV, n. 10812/1989; Cass. I, n. 18168/2016, Cass. I, n. 4890/2019).
***
Tale secondo orientamento, a mio parere, è senz'altro più conforme non solo allo "spirito", ma anche alla "lettera" della legge.
Ed infatti:
- nel comma 1 viene fatto espresso riferimento alla rimozione di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire "disastri o infortuni sul lavoro";
- nel comma 2, però, si aggrava la pena semplicemente  "se dal fatto deriva un disastro o un infortunio", senza minimamente precisare che che debba necessariamente trattarsi di "un disastro o un infortunio sul lavoro".
Per cui: "Ubi lex voluit, dixit, ubi noluit tacuit!".
D'altronde, secondo me, sarebbe assurdo il contrario, per cui gli indagati, se riconosciuti colpevoli, rischiano fino a 10 anni di galera!
***
Ma questa è solo la mia opinione!
;)
***

sapa

Ciao Eutidemo, trovo la pena di 10 anni di reclusione decisamente inadeguata, se sarà acclarato il dolo, nel caso in questione. 14 morti, causati da un impianto difettoso manomesso ad arte per evitare di doverlo bloccare, non possono generare una pena di poco più di 8 mesi di carcere/vittima. Qui c'è stato un disastro, un' ecotombe che, probabilmente, in tempi pre-covid sarebbe stata di proporzioni doppie o triple. Io spero che sia previsto anche un cospicuo risarcimento, che se da una parte andrebbe a "ristorare", seppure in modo  simbolico, i parenti delle vittime, dall'altra funzionerebbe da contrappasso e deterrente per qualsiasi altro caso del genere. Hai voluto anteporre la tua avidità, alla sicurezza dei tuoi clienti? Fili in carcere per almeno 20 anni e, quando ne esci, ti trovi a dover far la fila alla Caritas per far pranzo e cena.Ogni tanto, devo dire, vorrei che si tornasse alla legge del taglione, con farabutti di questo genere! A presto.

Jacopus

#2
Concordo con Sapa e mi domando se non ci siano gli estremi per contestare un reato più grave. In sostanza hanno manomesso un sistema di sicurezza e sapevano che una possibile conseguenza era la morte dei passeggeri. Se io guido un auto sapendo che i freni sono guasti e uccido tredici persone, sono al confine fra l'omicidio colposo e l'omicidio volontario, perché era prevedibile  e probabile una conseguenza del genere.
Una seconda considerazione è relativa al funzionamento della giustizia in Italia. Questi pesci "relativamente piccoli" sono comunque finiti in galera, poi di vedrà con quale imputazione. Pesci più grossi, mi riferisco alla Banda Benetton, possono tranquillamente continuare la propria vita ridente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

#3
Salve. Eutidemo ha ragione, ma si sofferma sul più ridicolo dei capi di imputazione.


Sapa ha ragione, peccato che il ragionamento "anni o mesi di carcere x nr.di vittime" sia giuridicamente infantile........ed inoltre egli consideri che un risarcimento ("ristoro") possa contenere qualcosa di puramente simbolico, tipo distintivo da apporre con una spilletta................mentre invece e fortunatamente esso risarcimento deve risultare solidamente prosaico, concreto, materiale, monetario, economicamente massiccio etc.etc.


jacopus mi sembra che penalmente non ci prenda con l'omicidio in quanto (pregherei Eutidemo di fornirmi la sua opinione) la dinamica e le conseguenze dei fatti (come citati e descritti sinora dagli organi di informazione) secondo me configurano il reato di STRAGE COLPOSA. Come infatti dovrebbe essere anche per "Ponte Morandi". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Citazione di: Eutidemo il 29 Maggio 2021, 14:45:55 PM
Per quanto mi è stato dato di apprendere dai "mass-media", sembra che la magistratura intenda procedere contro gli indagati (il titolare della società che ha in gestione l'iempianto e il direttore dell'esercizio e capo servizio della funivia) ai sensi dell'art. 432 del Codice Penale; il quale punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi "pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria".
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Mi sembra anche, però, che uno o tutti gli indagati abbiano già confessato di aver omesso di rimuovere i forchettoni rossi aventi la funzione di bloccare il freno della cabinovia; in tal caso, quindi, secondo me non andrebbe tanto applicato l'art. 432 del Codice Penale, quanto, piuttosto, l'art. 437 del Codice Penale, il quale:
- al comma 1 punisce  con la reclusione da sei  mesi  a cinque anni "chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia";
- al comma 2 lo punisce con la reclusione da tre a dieci anni "se dal fatto deriva un disastro o un infortunio".
***
Ora, in effetti, tale norma è volta a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, e non disastri o infortuni di altro genere, per cui è da decenni in corso un acceso dibattito giurisprudenziale.
Ed infatti:
A) Alcune sentenze della Cassazione hanno ritenuto che il bene giuridico tutelato possa essere costituito soltanto dalla sicurezza sul lavoro di una comunità ristretta di lavoratori o anche di singoli lavoratori, in quanto tale disposizione incrimina espressamente la rimozione o l'omissione dolosa di cautele destinate a prevenire infortuni sul lavoro, i quali riguardano di solito singoli soggetti e non indistinte collettività di persone (cfr. Cass. I, n. 2033/1990, Cass. I, n. 12464/2007, Cass. IV n. 57673/2017).
B) Altre sentenze della Cassazione, invece, hanno ritenuto  che, pur essendo necessario che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi s'inseriscano in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno in astratto, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, la fattispecie si configura anche se viene compromessa l'integrità fisica di "persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro", sufficiente, secondo l'apprezzamento del giudice di merito, a realizzare la condizione di una "indeterminata estensione del pericolo" (cfr. Cass. IV, n. 10812/1989; Cass. I, n. 18168/2016, Cass. I, n. 4890/2019).
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Tale secondo orientamento, a mio parere, è senz'altro più conforme non solo allo "spirito", ma anche alla "lettera" della legge.
Ed infatti:
- nel comma 1 viene fatto espresso riferimento alla rimozione di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire "disastri o infortuni sul lavoro";
- nel comma 2, però, si aggrava la pena semplicemente  "se dal fatto deriva un disastro o un infortunio", senza minimamente precisare che che debba necessariamente trattarsi di "un disastro o un infortunio sul lavoro".
Per cui: "Ubi lex voluit, dixit, ubi noluit tacuit!".
D'altronde, secondo me, sarebbe assurdo il contrario, per cui gli indagati, se riconosciuti colpevoli, rischiano fino a 10 anni di galera!
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Ma questa è solo la mia opinione!
;)
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Ciao eutidemo, si dice non vendere la pelle dell'orso prima di averlo catturato, a me sembra che prima di discutere sulla gravità della pena bisogna accertarsi che pena ci sia per tutti i responsabili, a tutt'oggi l'unico ad aver ammesso le sue colpe e solo 1, l'operatore della funivia, i due suoi superiori invece fanno finta di non saperne niente.
Singolare l'affermazione del proprietario della funivia che dice di fronte al giudice che la sicurezza non è sua competenza, che lui si occupa soltanto di affari.
Dimostrare che è stato lui ad ordinare, o comunque ad acconsentire, ad apporre i forchettoni non credo sarà così facile, quanto meno ci vorrà un Pm molto bravo!

Jacopus

La differenza, Anthonyi, risiede nel fatto che il gestore è uno stretto osservante del capitalismo, per cui le vite umane sono infinitamente meno pregiate del Dio denaro. L'operaio invece si è empaticamente sentito dalla parte dei vinti. Sul fatto che non sia possibile dimostrarlo è una possibilità effettiva, visto che una delle qualità più ambite del capitalismo è cercare di farla franca sempre e comunque, alla stregua della criminalità organizzata.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

#6
Citazione di: Jacopus il 29 Maggio 2021, 20:59:59 PM
La differenza, Anthonyi, risiede nel fatto che il gestore è uno stretto osservante del capitalismo, per cui le vite umane sono infinitamente meno pregiate del Dio denaro. L'operaio invece si è empaticamente sentito dalla parte dei vinti. Sul fatto che non sia possibile dimostrarlo è una possibilità effettiva, visto che una delle qualità più ambite del capitalismo è cercare di farla franca sempre e comunque, alla stregua della criminalità organizzata.
Da un punto di vista capitalistico imprenditoriale la performance del proprietario non è certo eccezionale, tenuto conto che si è probabilmente giocato tutte le ricchezze legalmente detenute, anche se dovesse scansare la pena comunque la responsabilità civile rimane.
Indipendentemente dal valore che il capitalista imprenditore assegna alla vita umana, il prezzo di questa si determina in maniera indipendente.




Eutidemo

#7
Visto il numero degli interventi, cercherò di rispondere a tutti con una sola replica (l'ordine di risposta è puramente casuale).
:)
***
Per rispondere ad Anthony, è sottinteso che ai sensi dell'art. 27, comma 2, della Costituzione "l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva"; e, questo, anche se ha confessato, perchè è il giudice a stabilire se la confessione sia valida o meno.
Questo, però, non significa affatto che non si possa discutere circa gravità delle pene eventualmente applicabili in base alle imputazioni ipotizzate; sarebbe come dire che non si possa discutere circa l'ipotetico viaggio di nozze preferito, fino a che non ci si è sposati.
***
Per rispondere a Viator, il "reato" di "strage colposa" non esiste; anzi, ai fini della sussistenza del "delitto" di strage, di cui all'art. 422 c.p., il "fine di uccidere", proprio perché integra il "dolo specifico" del reato, non può essere mai surrogato neanche dal "dolo eventuale".
Quest'ultimo è un tipo di "dolo" in cui l'agente compie un'azione, non con l'intenzione di commettere un certo tipo di reato, però prevedendo e accettando che le conseguenze della sua condotta potrebbero eventualmente portare a realizzarlo; per esempio, può essere il caso del delinquente che incendia la casa per riscuotere i soldi dell'assicurazione, e uccide per caso una vecchietta che abita nell'appartamento a fianco (l'omicidio non era né il fine ultimo né un mezzo per conseguire lo scopo, ma poteva essere previsto).
Come ho detto, però, il "delitto" di strage, di cui all'art. 422 c.p., prevede un "dolo specifico", per cui quello "eventuale" non è in nessun caso ipotizzabile.
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Per rispondere a Jacopus, nel caso di specie, non si può certo parlare di "omicidio doloso", perchè il freno non era stato manomesso allo specifico fine di uccidere qualcuno.
Per quanto, invece, riguarda l'"omicidio colposo", il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, al termine del suo primo  sopralluogo al Mottarone, aveva dichiarato: "Per ora procediamo per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose; però, poi, dobbiamo verificare anche la fattispecie dei reati di attentato alla sicurezza dei trasporti, anche in base alla natura pubblica o meno dell'impianto".
Poi, però, sembra che abbia modificato l'impianto accusatorio, anche se non so bene in quale senso (anche tenuto conto dell'intervento del GIP).
***
Per rispondere a Sapa, se, come sicuramente avverrà, i parenti delle vittime si costituiranno parte civile nel procedimento penale, otterranno senz'altro cospicui risarcimenti per le perdite subite; tuttavia, poichè per legge gli impianti di funivia sono obbligati a stipulare contratti assicurativi per coprire eventuali danni agli utenti, saranno le assicurazioni a pagare, nei limiti del "massimale" previsto.
Non saprei dire quale sia il regolamento provinciale a cui poter fare riferimento per conoscere gli obblighi assicurativi nel caso di specie, in quanto il Mottarone è suddiviso fra il Verbano-Cusio-Ossola e la provincia di Novara; comunque, in genere, a seconda del tipo di impianto funicolare, le province fissano un "minimale" di circa 2.500.000 euro per vittima (per maggiori dettagli, vedi, ad es.il decreto della Provincia di Bolzano n. 611 del 13 novembre 2006, ed altri simili).
Circa la commisurazione degli anni di reclusione al numero delle vittime, non è una cosa prevista dalla legge; però, se le vittime sono molte, il giudice può tenerne conto nella determinazione della pena.
***
Circa la mia personale tesi ermeneutica riguardante la fattispecie delittuosa ipotizzabile nel caso di specie, "melius re perpensa", mi è però insorto qualche dubbio circa la sua effettiva validità.
Ed infatti, io avevo osservato che, nel comma 2 dell'art.437 c.p. (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro), si aggrava la pena semplicemente  "se dal fatto deriva un disastro o un infortunio", senza minimamente precisare che che debba necessariamente trattarsi di "un disastro o un infortunio sul lavoro"; per cui avevo scritto che, secondo me, il disastro o l'infortunio poteva benissimo riguardare anche terze persone, che non fossero soltanto i lavoratori addetti all'impianto funicolare.
Tuttavia non possiamo ignorare che, nel comma 1, è chiaramente precisato che gli  "apparecchi o segnali" rimossi, ai fini della configurabilità sia del reato base sia della sua aggravante, non sono di ogni genere e tipo, bensì soltanto quelli "destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro".
Ora, in effetti, sebbene io non sia un tecnico, mi sembra logico supporre che il  sistema frenante della funivia del Mottarone fosse precipuamernte destinato a prevenire "disastri o infortuni nel trasporto dei passeggeri", e non, in modo specifico, a salvaguardare il personale dipendente da "disastri o infortuni sul lavoro"; come, ad esempio, nel caso delle "imbracature" per i lavori di manutenzione e riparazione delle funi "fuori cabina".
Se, tuttavia, nella cabina era previsto del "personale di sorveglianza", si potrebbe eccepire che che il  sistema frenante della funivia era rivolto anche ai fini della loro sicurezza; per cui, si sarebbe pur sempre in presenza di un impianto "destinato a prevenire disastri o infortuni sul lavoro".
Però, in effetti, sarebbe come dire che il  sistema frenante di un torpedone turistico sia  "destinato a prevenire disastri o infortuni sul lavoro" a tutela dell'autista, e non, soprattutto, per garantire la sicurezza nel trasporto dei passeggeri.
Per cui, forse, l'ipotesi dell'art.432 c.p. comma 3, che punisce con la reclusione da tre a dieci anni chi mette in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, nel caso in cui dalla sua condotta illecita derivi un "disastro", non sarebbe poi così peregrina; sempre che ne ricorrano le specifiche condizioni, soprattutto per quanto concerne la natura "pubblica" del trasporto!
In fondo la pena sarebbe la stessa!
***
Un saluto a tutti. :)
***

Alexander


Eutidemo

Ciao Alexander. :)
La circostanza per la quale il giudice non ha ritenuto che sussistessero i "presupposti" e le "condizioni" per la custodia cautelare, non significa affatto nè una anticipata archiviazione del procedimento, nè, tantomeno, una sentenza anticipata di assoluzione nel caso di rinvio a giudizio.
***
Ed infatti, i PRESUPPOSTI, in "estrema sintesi", sono:
1) Teorica applicabilità, per i fatti imputati, dell'ergastolo o della reclusione superiore a certi limiti.
2)  Gravi indizi di colpevolezza.
***
Però i presupposti di cui sopra non bastano, in mancanza di determinate CONDIZIONI; e, cioè, se non ricorre almeno una delle seguenti esigenze di misure cautelari, e, cioè:
a)  Quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a "situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova", fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio;  ma tali  "situazioni di concreto ed attuale pericolo" non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti.
b) Quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione; però le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.
c) Quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta altri particolari gravi delitti (sul cui dettaglio sorvolo).
***
Dopo aver valutato tali elementi, il Gip ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia, Gabriele Tadini, e liberato completamente Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio; ma, come ho detto, questo, almeno per ora, non implica nè una anticipata archiviazione del procedimento, nè, tantomeno, una sentenza anticipata di assoluzione nel caso di rinvio a giudizio, per nessuno dei tre.
***
Un saluto! :)
***

sapa

Citazione di: Eutidemo il 30 Maggio 2021, 13:55:59 PM
Ciao Alexander. :)
La circostanza per la quale il giudice non ha ritenuto che sussistessero i "presupposti" e le "condizioni" per la custodia cautelare, non significa affatto nè una anticipata archiviazione del procedimento, nè, tantomeno, una sentenza anticipata di assoluzione nel caso di rinvio a giudizio.
***
Ed infatti, i PRESUPPOSTI, in "estrema sintesi", sono:
1) Teorica applicabilità, per i fatti imputati, dell'ergastolo o della reclusione superiore a certi limiti.
2)  Gravi indizi di colpevolezza.
***
Però i presupposti di cui sopra non bastano, in mancanza di determinate CONDIZIONI; e, cioè, se non ricorre almeno una delle seguenti esigenze di misure cautelari, e, cioè:
a)  Quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a "situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova", fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio;  ma tali  "situazioni di concreto ed attuale pericolo" non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti.
b) Quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione; però le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.
c) Quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta altri particolari gravi delitti (sul cui dettaglio sorvolo).
***
Dopo aver valutato tali elementi, il Gip ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia, Gabriele Tadini, e liberato completamente Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio; ma, come ho detto, questo, almeno per ora, non implica nè una anticipata archiviazione del procedimento, nè, tantomeno, una sentenza anticipata di assoluzione nel caso di rinvio a giudizio, per nessuno dei tre.
***
Un saluto! :)
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Ciao Eutidemo, come al solito ti ringrazio per le spiegazioni giuridiche e procedurali. Qui, però, la liberazione del proprietario dell'impianto e del direttore d'esercizio a meno di 1 settimana dai fatti lasciia un po' interdetti. Perchè qui noi abbiamo un capo-servizio, cioè un dipendente, che ha ammesso la sua colpa, dichiarando però che della cosa erano al corrente altre persone, tra le quali ha annoverato i 2 rilasciati. Probabilmente, la cosa non è dimostrabile attraverso l'analisi di documenti o di intercettazioni, quindi vale la parola di 1contro quella degli altri 2, ma mi risulta difficile che un operaio, di fatto, si assuma una responsabilità tale, lasciando del tutto all'oscuro i suoi superiori e il proprietario dell'impianto. Non sussiste, quindi, il dubbio che, rilasciando Nerini e Perocchio, questi possano tentare di "comprare" la testimonianza di altri addetti, forse informati dei fatti, costituendo ciò un inquinamento delle prove?

Eutidemo

Ciao Sapa. :)
Innanzittutto devi tenere conto del fatto che, ai sensi del terzo comma dell'art.192 c.p.p., la cosiddetta "chiamata di correo" deve essere suffragata da "altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità"; i quali, nel caso in esame, per adesso probabilmente mancano.
In ogni caso, e proprio per tale motivo, al posto del GIP incaricato, io avrei fatto esattamente la stessa cosa che ha fatto lui!
***
Cioè, avrei lasciato completamente liberi Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio, e poi li avrei messi sotto stretta ma "molto discreta" sorveglianza; e, ciò, proprio allo scopo di coglierli "col sorcio in bocca", mentre eventualmente cercavano di "comprare" la testimonianza favorevole di altri addetti, forse informati dei fatti.
***
Ovviamente, io ignoro sia le motivazioni sia gli ipotetici scopi della liberazione dei due; però so che spesso questo avviene per le ragioni che ti ho appena spiegato.
***
Mi sono assicurato che nè Luigi Nerini nè Enrico Perocchio siano iscritti a questo FORUM; altrimenti mi sarei guardato bene dal metterli sull'avviso.
;)
***
Ed infatti anche io penso che siano colpevoli.
***
Un saluto! :)
***

sapa

Citazione di: Eutidemo il 31 Maggio 2021, 05:43:51 AM
Ciao Sapa. :)
Innanzittutto devi tenere conto del fatto che, ai sensi del terzo comma dell'art.192 c.p.p., la cosiddetta "chiamata di correo" deve essere suffragata da "altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità"; i quali, nel caso in esame, per adesso probabilmente mancano.
In ogni caso, e proprio per tale motivo, al posto del GIP incaricato, io avrei fatto esattamente la stessa cosa che ha fatto lui!
***
Cioè, avrei lasciato completamente liberi Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio, e poi li avrei messi sotto stretta ma "molto discreta" sorveglianza; e, ciò, proprio allo scopo di coglierli "col sorcio in bocca", mentre eventualmente cercavano di "comprare" la testimonianza favorevole di altri addetti, forse informati dei fatti.
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Ovviamente, io ignoro sia le motivazioni sia gli ipotetici scopi della liberazione dei due; però so che spesso questo avviene per le ragioni che ti ho appena spiegato.
***
Mi sono assicurato che nè Luigi Nerini nè Enrico Perocchio siano iscritti a questo FORUM; altrimenti mi sarei guardato bene dal metterli sull'avviso.
;)
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Ed infatti anche io penso che siano colpevoli.
***
Un saluto! :)
***
Buongiorno Eutidemo, penso che sia senza dubbio come dici tu. Visto, però, che, mentre il proprietario dell'impianto si è saggiamente astenuto dai commenti, l'altro, il Perocchio, ha rilasciato dichiarazioni di innocenza, arrivando a dire che " se avesse saputo della manomissione, avrebbe sicuramente fermato l'impianto", qualora si dimostrasse che entrambi sapevano, venga tenuto conto dell'aggravante di mendace dichiarazione e mancato pentimento! Almeno questo....Un saluto anche a te.

Eutidemo

Ciao Sapa. :)
La falsa testimonianza è un reato, mentre gli "imputati", invece, non essendo interrogati in qualità di "testimoni" hanno il pieno diritto non solo di "tacere", ma anche di "mentire" spudoratamente; ed infatti, solo nel caso in cui le dichiarazioni mendaci siano dirette verso terzi, accusandoli falsamente di reati, esse possono generare una azione penale per  "calunnia", in applicazione dell art. 368 c.p.m contro chi le ha pronunciate.
Negli altri casi, invece, no; e non costituiscono neanche un'aggravante!
***
Quindi Luigi Nerini e Enrico Perocchio, in caso di condanna, non potrebbero in nessun caso vedersela aumentata per aver mentito; ed infatti l'art.61 c.p. non prevede tale "aggravante" (neanche nel caso del commento di Perrocchio).
***
Per quanto, invece, riguarda Gabriele Tadini, in materia di "attenuanti generiche", secondo la Cass. pen. n. 42208/2017, tra gli elementi positivi che possono suggerire la necessità di attenuare la pena comminata per il reato, rientra anche la "confessione spontanea"; potendo, tuttavia, il giudice di merito escluderne la valenza, in determinate circostanze.
Ad esempio quando essa :
- sia contrastata da altri specifici elementi di disvalore emergenti dagli atti;
- si sostanzi nel prendere atto della ineluttabilità probatoria dell'accusa;
- sia volta esclusivamente all'utilitaristica attesa della riduzione della pena;
- la collaborazione giudiziaria o processuale sia comunque probatoriamente inerte o neutra  (nel senso che non abbia neppure agevolato il giudizio di responsabilità di coimputati, per essere questi già confessi o per altro plausibile motivo).
***
Un saluto! :)
***

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