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Eutanasia e D.A.T.

Aperto da doxa, 27 Febbraio 2017, 21:32:33 PM

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doxa

Eutanasia si, eutanasia no; "testamento biologico" si, "testamento biologico no: sono due argomenti differenti. Quello bloccato alla Camera è il testamento biologico o D.A.T..
Due temi che fanno ampliare il dialogo nelle digressioni.

Per quanto riguarda il cosiddetto "testamento biologico" la gerarchia vaticana si sta piegando ad accettarlo, ma il contrasto dipende dai contenuti e dalle modalità  della regolamentazione. C'è anche da tener presente che un medico non è un esecutore testamentario.

Baylham ha in modo corretto evidenziato per l'eutanasia il problema economico. E' possibile, è logico, che una persona mantenuta in vita contro la sua volontà, e con forti spese di assistenza e cura da parte dei familiari e della collettività, debba anche trovare il modo per avere i soldi necessari per porre fine alla sua vita ?

Ma quello economico è solo uno dei tre problemi emergenti, gli altri due sono: quello giuridico e quello etico.

Per il problema giuridico il magistrato Carlo Nordio sull'odierno quotidiano "Il Messaggero" afferma che chi vuole mantenere le cose come stanno si basa sul Codice penale firmato nel 1930 da Mussolini e dal Re, che punisce con la galera fino a 15 anni l'omicidio del consenziente, e fino a 12 anni il cosiddetto suicidio assistito. Non si può fare in Italia quello che si può fare in Svizzera perché il medico verrebbe subito arrestato.
Questo codice punisce il suicidio assistito non perché vietato dalla Chiesa, ma perché in contrasto con l'ideologia dell'epoca, che riteneva il cittadino un suddito sottomesso alle funzioni dello Stato cui doveva servire.

Per il problema etico bisogna confrontarsi con la Chiesa cattolica, secondo la quale la vita è un bene indisponibile, in quanto dono di Dio. Se considerato "dono", chi lo riceve può farne ciò che vuole, altrimenti non si tratta di un "regalo" ma di un prestito, o di un usufrutto.
La Chiesa è sovrana e insindacabile ma solo per i suoi adepti, che accettano i precetti e le sanzioni. Invece il papa ed il clero parlano sempre erga omnes ed i laici, purtroppo, tacciono.

Per i non credenti la questione è diversa. Nessun argomento logico può negare il suicidio.

I filosofi di questo forum, e sono la maggioranza, sanno che i filosofi greci e romani lo hanno sempre giustificato. Penso a Socrate, a Seneca, a Cleante,  a Bruto e Cassio che lo hanno praticato sul loro corpo. Rommel lo accettò per salvare la famiglia. Disperato, scelse il suicidio anche Hitler, e via di seguito. Questo per dire che l'etica laica non ha mai ripudiato il suicidio.

donquixote

Citazione di: baylham il 28 Febbraio 2017, 17:26:11 PMRipeto che dal punto di vista economico lo Stato, la collettività, ha un risparmio di risorse economiche da queste pratiche che più che compensano il costo sostenuto. Partiamo dal caso specifico di Fabiano Antoniani, quanto sarebbe costato il suo mantenimento in vita al servizio sanitario ed assistenziale pubblico? Quanto costa al servizio sanitario ed assistenziale pubblico la cura palliativa di un malato terminale o in gravi condizioni di salute o di un depresso? Cinicamente il costo del suicidio assistito, dell'eutanasia è limitato, conveniente per lo Stato appunto. Sull'aborto la questione economica è più complessa, mi limito al fatto che il valore della vita umana si è svalutato con la crescita abnorme della popolazione, c'è una fortissima concorrenza sulle risorse. Basta leggere alcuni interventi su questo forum, rappresentativi degli sviluppi politici in corso, per capirlo. Un'azienda ospedaliera laziale ha assunto due ginecologi per praticare l'aborto. Subito dopo l'assunzione i due ginecologi potrebbero far valere il diritto all'obiezione di coscienza e l'azienda pubblica dovrebbe rivolgersi altrove con aggravio di costi per continuare il servizio. Penso che l'obiezione di coscienza debba comportare un sacrificio personale per chi la pratica, non per la collettività. Sul tema, la libertà individuale mi è cara, soprattutto se non è in conflitto con la libertà degli altri. Il suicidio assistito, l'eutanasia, l'aborto non hanno questo contrasto. Posso comprendere e accettare il desiderio di morire di fronte alla sofferenza del vivere, il desiderio di pace. Non c'è alcuna contraddizione con l'aiuto solidale e premuroso verso chi invece vuole vivere anche soffrendo.

Uno stato dovrebbe prendere le decisioni e fare le leggi secondo uno schema che per quanto sfaldato e in rovina negli stati odierni dovrebbe essere ancora riconoscibile, almeno a livello basico. Lo stato moderno si occupa principalmente del bene di ogni singolo cittadino, e il cittadino da parte sua dovrebbe fare qualcosa (e sul "cosa" c'è grande divisione) per il bene dello stato; tutti gli ideologi del contratto sociale parlano di necessario "do ut des" fra cittadini e stato perché l'accordo abbia un senso. Poi vi sono casi (definiamoli "limite") in cui questo "do ut des" non è possibile: ad esempio in caso di guerra il cittadino sacrifica la vita per il bene dello stato senza ricevere ovviamente nulla in cambio, mentre in altri casi lo stato si occupa di mantenere vita natural durante i cittadini che per una serie di ragioni non possono collaborare al suo bene. E per inciso il fatto che in Italia non vi sia una guerra da oltre 70 anni ha creato uno squilibrio a favore dei cittadini a cui le generazioni future dovranno rimediare.
Il dovere di uno stato è quindi quello di proteggere i propri cittadini (e magari anche quello di proteggersi dai violenti e dai mascalzoni) e di aiutarli nel momento in cui hanno più bisogno, ma non è certo quello di aiutarli a morire, così come i medici, nel giuramento di Ippocrate, non si impegnano certo ad aiutare i pazienti a morire (e questo vale anche per i pazienti che scientificamente vengono definiti "feti"). Se quindi per lo stato e i suoi "servitori" il principio della protezione della vita del cittadino deve prevalere sulla valutazione della sua convenienza economica, nel momento in cui  lo stato concede la possibilità ad un cittadino di suicidarsi in maniera "assistita" senza incorrere in punizioni di legge non si può pretendere che se ne accolli anche il costo economico. Se si facesse un mero discorso di convenienza economica allora lo stato dovrebbe fissare un "budget" massimo per la cura di ogni cittadino, esaurito il quale il medesimo dovrebbe pensarci da solo oppure lo stato dovrebbe sopprimerlo (dunque obbligarlo ad un suicidio assistito). Per quanto concerne l'aborto l'assurdità è ancora più evidente perchè, ragionando cinicamente solo dal punto di vista economico, se è vero che la popolazione è in aumento (ma non a casa nostra) è anche vero che è sempre più vecchia e lo stato spende la gran parte delle risorse per mantenere anziani inattivi e spesso non autosufficienti (quindi inutili al bene dello stato) anzichè favorire le nascite e il ringiovanimento della popolazione. Senza contare che nei paesi occidentali, ove il cambiamento e l'innovazione sono molto più presenti che altrove, l'esperienza degli anziani non è nemmeno di aiuto per i giovani evidenziando vieppiù la loro inutilità. Ma in ogni caso bisogna considerare che logica e razionalità vogliono che a fronte di un "diritto" preteso vi debba essere anche un dovere corrispondente, a fronte di una "libertà" una equivalente responsabilità; mi sembra quantomeno arrogante pretendere che lo stato conceda al cittadino delle "libertà" che allo stato stesso non provocano alcun beneficio ma magari un danno e si assuma inoltre le conseguenze (anche economiche) relative a tale concessione.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

donquixote

Citazione di: altamarea il 28 Febbraio 2017, 18:54:38 PMPer il problema etico bisogna confrontarsi con la Chiesa cattolica, secondo la quale la vita è un bene indisponibile, in quanto dono di Dio. Se considerato "dono", chi lo riceve può farne ciò che vuole, altrimenti non si tratta di un "regalo" ma di un prestito, o di un usufrutto. La Chiesa è sovrana e insindacabile ma solo per i suoi adepti, che accettano i precetti e le sanzioni. Invece il papa ed il clero parlano sempre erga omnes ed i laici, purtroppo, tacciono. Per i non credenti la questione è diversa. Nessun argomento logico può negare il suicidio. I filosofi di questo forum, e sono la maggioranza, sanno che i filosofi greci e romani lo hanno sempre giustificato. Penso a Socrate, a Seneca, a Cleante, a Bruto e Cassio che lo hanno praticato sul loro corpo. Rommel lo accettò per salvare la famiglia. Disperato, scelse il suicidio anche Hitler, e via di seguito. Questo per dire che l'etica laica non ha mai ripudiato il suicidio.



Fino a prova contraria nessuno, laico o meno, si può dare la vita, mentre a quanto pare se la può togliere. E se nessuno si può dare la vita significa che questa è a tutti gli effetti un bene indisponibile all'uomo, che può solo riceverlo in dono. Che poi questo dono lo riceva da Dio, dalla Natura  o da qualche raeliano o "pastariano" è del tutto irrilevante; quel che rileva è che la "vita" non è nelle mani dell'uomo, ma lo può essere al massimo la sua morte.
Nessuno nega a nessuno, anche filosoficamente parlando, la possibilità di suicidarsi, ma si possono però evidenziare un paio di questioni: prima di tutto il suicidio (tranne nei casi come quello di Socrate in cui è una punizione) è nei fatti una fuga dalle proprie responsabilità, un modo per sottrarsi a ciò che la vita ci riserva e che abbiamo paura di affrontare; dunque il suicidio è solitamente un espediente a cui ricorrono i vigliacchi. Poi se si parla addirittura di "suicidio assistito" va sottolineato un comportamento ancora più vigliacco poichè manca anche la forza e l'energia di darsi la morte da sé e si necessita di qualcuno che dia una mano. Inoltre il suicidio priva la società di qualcuno che avrebbe dovuto cooperare per il benessere generale, e quindi causa un danno sociale. Non si vede quindi perchè mai una società sana dovrebbe  favorire il suicidio addirittura fornendo assistenza gratuita per compierlo a spese di tutti.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Fharenight

#18
Un'altra superficialità, un altro errore del pensiero unico e relativista che sta riducendo l'umanità occidentale alla più completa autodistruzione. Non si può negare la vita per legge.

Per quanto io sia d'accordo che in determinate condizioni di disabilità non si abbia il coraggio o la voglia di continuare a vivere e si preferisca morire, tuttavia la morte non può diventare qualcosa regolata da una legge, deve essere vissuta nella propria intimità, nel privato; deve essere una decisione presa personalmente e magari con l'assistenza dei propri cari e coi propri medici di fiducia.  

Inoltre è ben diverso il caso in cui si lascia morire una persona nelle condizioni di vita vegetativa persistente da diversi anni, o nel periodo di grave sofferenza che precede la morte, per non incorrere nell'accanimento terapeutico, ma permettere il suicidio a persone depresse o consentire che il medico decida sulla sorte di alcuni pazienti, secondo me sarebbe un passo molto pericoloso.

Già assistiamo ad episodi terrificanti compiuti da alcuni medici o infernieri sui pazienti, a maggior ragione si darebbe campo libero  e si incentiverebbero sentimenti di disprezzo verso la vita delle persone assoggettate.

Se una persona vuole togliersi la vita, lo fa. Se  una persona è ammalata molto gravemente e rifiuta di curarsi, deve poterlo fare mettendola al corrente di tutte le conseguenze.

Il problema etico e giuridico nasce dal fatto che lo Stato, il medico, l'infermiere, devono impegnarsi per la difesa della vita, non per la morte, promuovere la salvaguardia della vita che viene sottinteso nel "primum non nocere".  Il problema etico e morale non può essere circoscritto alla religione, alla Chiesa e ai suoi "adepti", sarebbe terribile se fosse così.

Il riferimento ai filosofi greci e romani riguarda la speculazione filosofica sula giustificazione dell'atto in sé, non sulla liceità che debba farlo, garantirlo lo Stato. Poi rimango allibita che si faccia un discorso di risparmio di costi nell'uccidere anche un depresso anziché prodigarsi per la sua guarigione, o che si debba preferire la morte ad una persona anziana  anziché psendere denaro per la sua assistenza. Assurdo. E chi dà il diritto a ritenere che sia giusto così? Ma davvero siamo messi male.

Conobbi un ragazzo che soffriva di grave depressione e che era arrivato a un passo dal suicidio, per fortuna trovò persone che seppero aiutarlo e a poco a poco, con l'aiuto anche dei farmaci ne uscì egregiamente. Oggi è un bravissimo insegnante ed impegnato politicamente. All'epoca avrebbe scelto il suicidio assistito.

Inoltre, leggere che l'aborto non è in contrasto con la libertà degli altri, c'è da rabbrividire! E il feto cos'è? La libertà del nascituro che vorrebbe vivere dov'è? Il nascituro che si difende e si scosta continuamente mentre subisce l'aggressione dell'aspiratore durante un aborto, cos'è?

Qualcuno  afferma che lo Stato non deve sostituirsi alla coscienza morale di ogni persona e che si deve permettere di esercitare la propria volontà "nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo per gli altri", ma come si può pensare che l'affermazione di una mentalità così radicalmente nichilista non finisca con l'essere l"esiva per tutti"? Se per legge la vita non è più sempre sacra e sempre inviolabile, non lo sarà più nemmeno la mia, la vita di ognuno di noi.
Ad esempio, nel caso dei disabili mentali più o meno gravi, che si fa? Chi decide per loro? O chi decide se sono, almeno per quel tipo di consenso, capaci di intendere e di volere?
Sono d'accordo con quanto scritto nell'editoriale de "Il Foglio":


"Il diritto al suicidio assistito è un'altra cosa: anche se l'insistente campagna mediatica che lo definisce come un atto di civiltà è dilagante, è del tutto ragionevole rispondere "anche no". Introdurre il "diritto" al suicidio nella legislazione non è affatto una conseguenza inevitabile del riconoscimento della libertà individuale, come si afferma da varie parti con un salto logico occultato dalla retorica del dolore e della pietà.

Quello che, se si superano le controversie sull'idratazione e l'alimentazione artificiali, può essere utilmente introdotto nella legislazione è una decisione accertabile anche da parte di chi non è più in grado di esprimerla direttamente, quello che viene chiamato testamento biologico (che non ha nulla a che vedere col caso del dj che è in grado di esprimersi personalmente). Raccogliere una volontà preventiva (e revocabile) di non sottoporsi all'accanimento terapeutico può rendere meno problematica la decisione finale del medico e togliere ai congiunti responsabilità improprie, ma non può essere un atto che autorizza il suicidio assistito, e sarebbe bene che su questo tema si ragionasse con chiarezza ed equilibrio, senza soggiacere alle semplificazioni indotte dalla pressione mediatica ed emotiva."



E anche questa volta mi complimento con Donquixote il  cui pensiero condivido totalmente.

baylham

Il suicidio è un atto di vigliaccheria o di egoismo? Posso razionalmente giudicare che sia il contrario, un atto di eroismo e di altruismo.

Se la vita è un dono, il dono può essere sgradito a chi lo riceve.

Aiutare chi soffre a mettere fine alla sua sofferenza per me è un atto di umanità, porre un limite alla sofferenza. La vita è bella perché ci dà anche questa possibilità.

doxa

#20
Donquixote ha scritto:
Citazioneprima di tutto il suicidio (tranne nei casi come quello di Socrate in cui è una punizione) è nei fatti una fuga dalle proprie responsabilità, un modo per sottrarsi a ciò che la vita ci riserva e che abbiamo paura di affrontare; dunque il suicidio è solitamente un espediente a cui ricorrono i vigliacchi. Poi se si parla addirittura di "suicidio assistito" va sottolineato un comportamento ancora più vigliacco poichè manca anche la forza e l'energia di darsi la morte da sé e si necessita di qualcuno che dia una mano. Inoltre il suicidio priva la società di qualcuno che avrebbe dovuto cooperare per il benessere generale, e quindi causa un danno sociale. Non si vede quindi perchè mai una società sana dovrebbe  favorire il suicidio addirittura fornendo assistenza gratuita per compierlo a spese di tutti.

Scusa, Don, nel caso dei malati terminali o in vita vegetativa il suicidio, attivo o passivo non è una fuga dalle proprie responsabilità ma dal dolore, dalla disperazione. Non è paura di affrontare la vita. Non sono d'accordo con te nel considerare il suicidio "un espediente a cui ricorrono i vigliacchi". Il "Dj Fabo" desiderava una morte diversa, a casa sua, a Milano, con il rumore del traffico in via Giambellino. Invece è stato costretto ad andare in Svizzera e non per vigliaccheria ma perché non gli è stato possibile morire in Italia nel modo da lui voluto.

CitazionePoi se si parla addirittura di "suicidio assistito" va sottolineato un comportamento ancora più vigliacco poichè manca anche la forza e l'energia di darsi la morte da sé e si necessita di qualcuno che dia una mano.

Nel caso di Antoniani la morte è stata volontaria: non potendosi muovere ha schiacciato con i denti il pulsante collegato alla macchina che ha rilasciato la miscela letale di farmaci. Prima di morire ha provato una sensazione di liberazione dal dolore.

CitazioneInoltre il suicidio priva la società di qualcuno che avrebbe dovuto cooperare per il benessere generale, e quindi causa un danno sociale.

In quelle condizioni o nelle condizioni fisiche dei malati terminali come si può pensare alla cooperazione per il benessere generale ?  Quella morte causa un danno sociale ? Quale ?

CitazioneNon si vede quindi perchè mai una società sana dovrebbe  favorire il suicidio addirittura fornendo assistenza gratuita per compierlo a spese di tutti.

La soluzione non può essere la disparità tra malati: chi ha dai 10 ai 13 mila euro e la condizione di trasportabilità può andare in Svizzera per il suicidio assistito (ma il paziente lo pratica da solo)  e se invece è inchiodato in un letto e non ha disponibilità economiche deve aspettare la sua fine naturale in Italia, in un tempo indeterminato, perché in Italia  è ancora vigente il Codice penale scritto in epoca fascista.

La legge sull'eutanasia (come ho già scritto è altra cosa dal D.A.T.) permetterebbe di evitare questi pellegrinaggi crudeli verso la Svizzera o il Belgio, permetterebbe di morire in Italia senza eccessive spese. Si può esaminare la possibilità di non far cadere il costo sulla sanità nazionale, ma bisogna contemplare anche i casi dei poveri che non sono in condizioni economiche di potersi acquistare i farmaci necessari e vogliono farla finita.  

Fharenight

#21
Non so se la vita è un dono, checché ne dica la Chiesa; per  considerarla un dono dovrebbe consentirmi di viverla come la desidero fino alla morte o di scegliere di non morire mai, dovrebbe consentirmi di rimarere giovane o di modificare in meglio il corpo senza ricorrere a interventi chirurguci.
La vita che dal nulla ci porta all'esistenza è  più propriamente qualcosa che accade, che ci capita, è come uno spiraglio di luce nell'universo buio e silenzioso, è uno zampillo di acqua che sgorga all'improvviso nel deserto,  ed è perciò unica e  meravigliosa solo per questo, e solo per questo tutti gli esseri viventi hanno lo stesso diritto di vivere, la morte mette fine, spegne questo squarcio di luce.  E per natura siamo propensi a volere la vita, non la morte. Gioiamo di fronte ad una nascita, piangiamo di fronte a una morte, non il contrario. Nessuno festeggia la morte, tutti festeggiamo le nascite, i compleanni, il capodanno.

È certo che facciamo esperienza del dolore e della sofferenza, ma sperimentiamo anche la gioia, la serenità, l'amore, l'amicizia, la gratificazione, la soddisfazione, il piacere, la contemplazione di un bel paesaggio, la bellezza della natura, il rapporto con i nostri animali.
Quando siamo felici o innamorati, a cosa pensiamo, alla vita o alla morte? Vorremmo che quella felicità, quell'amore che ci rende appagati e piú completi finisse o piuttosto desideriamo che viva in eterno?

Perché desideriamo avere un figlio? Peché nel figlio vediamo la continuazione della vita, della nostra vita. Quidi è la vita che desideriamo innanzitutto, non la morte. Desiderare la  morte non è istintivo ma è un ripiegamento, è il risultato di  una sconfitta, di una profonda delusione.
La vita, dunque, va difesa, non la morte che comunque si impone inesorabilmente, perché la vita è quel lampo di luce che non si riaccenderà mai piú per tornare ad essere tenebra, e le  tenebre sono eterne e infinite, In questo senso allora la vita può essere considerata un dono.
Piuttosto dovremmo preoccuparci che non ci  siano abusi, evitare che si riduca tutto nel solito business sfruttando anche le condizioni di sofferenza per cui offrire la morte.
Non vedo per quale motivo il recarsi in una clinica per poche ore per andare a morire debba costare cosí tanto. Se non ricordo male, alcuni anni fa lo stesso ricovero in Svizzara costava sui 4000 euro, oggi leggo che è costato 15000 euro. Anche queste pratiche sono rientrate nello sfruttamento consumistico del  bisogno.

Oltretutto, mi sembrano strano che siano favorevoli alla cultura della morte innanzitutto coloro che si scandalizzano all'idea di bombadare le imbarcazioni degli immigrati. È un controsenso, perché se vogliamo metterla sul piano dei costi e della convenienza di tutta la collettività, è ovvio che questi sono un peso molto gravoso per noi, a maggior ragione perché sono incoscientemente piú proliferi di noi e le risorse del pianeta sono in via di esaurimento.

donquixote

Citazione di: altamarea il 01 Marzo 2017, 14:41:22 PMScusa, Don, nel caso dei malati terminali o in vita vegetativa il suicidio, attivo o passivo non è una fuga dalle proprie responsabilità ma dal dolore, dalla disperazione. Non è paura di affrontare la vita. Non sono d'accordo con te nel considerare il suicidio "un espediente a cui ricorrono i vigliacchi". Il "Dj Fabo" desiderava una morte diversa, a casa sua, a Milano, con il rumore del traffico in via Giambellino. Invece è stato costretto ad andare in Svizzera e non per vigliaccheria ma perché non gli è stato possibile morire in Italia nel modo da lui voluto.

Ciò che ho scritto io è valido in generale; ogni volta che esprimo un pensiero cerco di farlo prescindendo dai casi specifici e la mia opinione un poco più ampia sul suicidio l'ho espressa nel topic aperto da acquario. Mi aspettavo però un'obiezione basata sul caso particolare, ma siccome in queste situazioni i casi sono sempre molto diversi l'uno dall'altro (quello di Welby, di Luana e di dj Fabo non sono affatto simili) non si può trovare una legge che vada bene in tutti i casi, che se dovesse basarsi, come sarebbe giusto, sul principio di autodeterminazione delle persone dovrebbe essere fatta in modo talmente  generico da consentire a qualunque maggiorenne lo decida di suicidarsi con l'aiuto dello stato. Per questa ragione io ritengo che nei casi cosiddetti "eticamente sensibili" bisognerebbe stabilire dei principi etici generali e inserirli in Costituzione anzichè legiferare in modo ordinario. Lo Stato dovrebbe dichiarare nella sua Costituzione che l'eutanasia (o suicidio assistito) non è consentita, salvo eccezioni da esaminare a cura di commissioni appositamente costituite nei tribunali, che dovrebbero valutare caso per caso prendendo in considerazione tutti gli aspetti coinvolti (volontà personale e parentale, eventuale parere medico, responsabilità dell'aspirante suicida e altre varie ed eventuali da stabilire, fra cui anche il "bene comune"). Allo stesso modo la Costituzione dovrebbe stabilire che l'aborto non è consentito, salvo eccezioni che anche in questo caso dovrebbero essere esaminate di volta in volta. Mi sembra infatti alquanto strano che nonostante l'affermazione delle donne (evidentemente falsa) che l'aborto provoca nell'animo femminile una sofferenza psicologica enorme questi sono in costante aumento,  nonostante la diffusione di innumerevoli tipi di anticoncezionali per tutti i gusti e tutte le tasche e nonostante la possibilità della donna di abbandonare il bambino dopo il parto mantenendo l'anonimato. Le commissioni potrebbero inoltre valutare le condizioni economiche del richiedente e stabilire che, data la situazione non solo economica ma vista nel suo complesso se non si trovano strade diverse (tipo una colletta fra gli amici e i parenti del richiedente che anche in questo modo potrebbero mostrargli la propria solidarietà) lo stato si può fare carico dell'onere dell'intervento. Sarebbe un comportamento improntato alla cosiddetta "common law", o ai "mores" romani, e i precedenti potrebbero "fare giurisprudenza" e guidare le successive decisioni delle commissioni. Poi so bene che chi vorrà abortire lo farà lo stesso in modo clandestino a dispetto del parere della commissione, così come chi vorrà suicidarsi in maniera assistita potrà sempre andare in Svizzera, ma almeno costoro si assumano tutta la responsabilità delle conseguenze delle loro decisioni e dei loro gesti e lo stato non faccia nulla per facilitarli e soprattutto non li faccia passare da eroi ma magari li condanni a quella che ai tempi dei romani si chiamava "damnatio memoriae".
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Duc in altum!

**  scritto da Fharenight:
CitazioneNon so se la vita è un dono, checché ne dica la Chiesa; per  considerarla un dono dovrebbe consentirmi di viverla come la desidero fino alla morte o di scegliere di non morire mai, dovrebbe consentirmi di rimarere giovane o di modificare in meglio il corpo senza ricorrere a interventi chirurguci.
Ma se così fosse saresti tu Dio, mentre restiamo pur sempre creature, è questa la dimensione difficile da accettare.

Senza dimenticare che per chi ha fede che la vita è un regalo divino, e non un merito umano o un accidente causalistico, fino alla morte non desidera nient'altro che vivere quella vita e in quella determinata maniera così come gli è stata donata, coma irreversibile compreso, giacché: Dio mi ama e tutto quello che mi accade è il meglio per me (cit. don Cuba) -
So che è difficile da accettare, ma ancor di più da comprendere senza fede in Dio. Ecco perché, secondo me, bisogna lasciar interagire la coscienza con la fede, dandogli piena libertà di scelta, in tutto quel che concerne la bio-etica.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Jacopus

Un inciso . Don afferma che le interruzioni volontarie di gravidanza sarebbero in aumento. Mi piacerebbe conoscere la fonte di questa affermazione, poiche' i siti da me visionati dicono esattamente il contrario compreso quello del ministero della sanita .
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

sgiombo

#25
Citazione di: Jacopus il 28 Febbraio 2017, 00:33:25 AM
Uno stato di diritto non teocratico e non "teocratico mascherato" dovrebbe garantire il diritto a disporre della propria vita secondo protocolli e normative rigorose esattamente come accade con l'aborto. Ed infatti quasi tutti i paesi occidentali si sono dotati di una normativa su questa materia. La guerra che la Lega sta facendo contro questa battaglia civile e' in proposito curiosa. Infatti  alla fine si dimostra alleata della stessa mentalita' islamica che tende a non separare i precetti religiosi da quelli civili. Alla faccia del rispedire i maomettani sui loro cammelli. Abbiamo anche fra i lumbard doc dei validi maomettani che si vestono di verde, non a caso il colore simbolico dell'islam.
Sono piu' coerenti i difensori cattolici che almeno vedono nel dolore terreno la giusta retribuzione per ascendere in paradiso.
Al di la' di questa nota di colore la tematica e' complessa e per certi versi simile a quella sull'aborto.
Sono del parere che l'aborto debba essere permesso in modo regolamentato ma che debbano anche esservi dei potenti strumenti economici, di sostegno, preventivi affinche' non si giunga all'aborto. Lo stesso criterio dovrebbe essere adottato per le procedure di fine vita.
Ultimo sarcasmo: e' davvero buffo come nel corso della vita, se non abbiamo le maniglie giuste, possiamo essere sfanculati ad libitum e quando diciamo " basta" con delle serie motivazioni ci si viene a dire: "nooo .... guarda, la tua vita e' troppo preziosa"!

CitazionePur non essendo un estimatore dei "paesi occidentali" concordo con quasi tutto.

Però faccio notare che da medico ho conosciuto pazienti islamiche praticanti che hanno abortito, ho chiesto loro se ciò fosse compatibile con la loro religione e ho avuta letteralmente questa risposta: <<é compatibilissimo: e perché mai non dovrebbe esserlo porre fine a una vita non (non ancora) umana? Anche miliardi di spermatozoi non sono ancora uomini, e muoiono giustamente nell indifferenza generale>> (mi sembra che certi islamofobi siano molto meno laici -e razionalisti- degli islamici praticanti).

Per questo non sarei così sicuro che la posizione di altre religioni monoteistiche sull' eutanasia sia del tutto identica a quella cattolica (anche se non lo escludo; mi piacerebbe saperne di più in proposito).

donquixote

Citazione di: Fharenight il 01 Marzo 2017, 15:35:18 PMNon so se la vita è un dono, checché ne dica la Chiesa; per considerarla un dono dovrebbe consentirmi di viverla come la desidero fino alla morte o di scegliere di non morire mai, dovrebbe consentirmi di rimarere giovane o di modificare in meglio il corpo senza ricorrere a interventi chirurguci. La vita che dal nulla ci porta all'esistenza è più propriamente qualcosa che accade, che ci capita, è come uno spiraglio di luce nell'universo buio e silenzioso, è uno zampillo di acqua che sgorga all'improvviso nel deserto, ed è perciò unica e meravigliosa solo per questo, e solo per questo tutti gli esseri viventi hanno lo stesso diritto di vivere, la morte mette fine, spegne questo squarcio di luce. E per natura siamo propensi a volere la vita, non la morte. Gioiamo di fronte ad una nascita, piangiamo di fronte a una morte, non il contrario. Nessuno festeggia la morte, tutti festeggiamo le nascite, i compleanni, il capodanno. È certo che facciamo esperienza del dolore e della sofferenza, ma sperimentiamo anche la gioia, la serenità, l'amore, l'amicizia, la gratificazione, la soddisfazione, il piacere, la contemplazione di un bel paesaggio, la bellezza della natura, il rapporto con i nostri animali. Quando siamo felici o innamorati, a cosa pensiamo, alla vita o alla morte? Vorremmo che quella felicità, quell'amore che ci rende appagati e piú completi finisse o piuttosto desideriamo che viva in eterno? Perché desideriamo avere un figlio? Peché nel figlio vediamo la continuazione della vita, della nostra vita. Quidi è la vita che desideriamo innanzitutto, non la morte. Desiderare la morte non è istintivo ma è un ripiegamento, è il risultato di una sconfitta, di una profonda delusione. La vita, dunque, va difesa, non la morte che comunque si impone inesorabilmente, perché la vita è quel lampo di luce che non si riaccenderà mai piú per tornare ad essere tenebra, e le tenebre sono eterne e infinite, In questo senso allora la vita può essere considerata un dono. 

La vita, almeno quella umana, è un contenitore, e la libertà è ciò che ci consente di fornirla di un contenuto, di un "senso". Il compito dell'uomo su questa terra sta tutto nel comprendere con cosa riempire questo contenitore che chiamiamo vita, e la prima cosa da comprendere è che il "senso" è dentro di noi, non certo al di fuori. Le altre vite che ci girano attorno hanno un loro senso, e se possono a volte collaborare e a volte confliggere con la nostra non possono certo fornirle il senso che è dentro di noi e solo noi possiamo prima comprenderlo e poi manifestarlo. Chiunque cerca il senso della vita al di fuori di sé non potrà che rimanere deluso e accumulare sofferenza e infelicità, poichè si ridurrà al massimo a diventare la scimmia o lo schiavo di qualcun altro, o di un ideale, o di una utopia, o di un "sogno". Negli ultimi secoli il numero dei suicidi (calcolati in tempi di pace) è più che decuplicato, e vi sono paesi nel mondo occidentale in cui il suicidio è la prima causa di morte fra i giovani; mai come ora si cercano "modelli" nel mondo dello star-system, della carta patinata, e si è disposti a tutto per poter vivere una vita che non è la propria. Se questo è il trend non è difficile immaginare che più aumentano le illusioni e le aspettative e più aumenteranno le corrispondenti delusioni, costringendo le persone a "reinventare" costantemente la propria vita fino al punto da creare nella propria coscienza un cortocircuito esplosivo che se non si riuscirà a gestire non potrà che avere conseguenze funeste. L'unico "desiderio" che può fornire senso alla vita è quello di poter essere e manifestare quel che si è, e non certo quello di  assomigliare ad una top model, o di avere il conto in banca di qualche finanziere o il successo di qualche attore famoso, poichè questi escamotage non appartenendo a quel che siamo ci rimarranno sempre estranei e non potranno mai fornirci il senso che, inconsapevolmente o meno, ognuno va cercando.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

donquixote

Citazione di: Jacopus il 01 Marzo 2017, 20:52:47 PMUn inciso . Don afferma che le interruzioni volontarie di gravidanza sarebbero in aumento. Mi piacerebbe conoscere la fonte di questa affermazione, poiche' i siti da me visionati dicono esattamente il contrario compreso quello del ministero della sanita .

La fonte di questa affermazione è una anestesista che lavora da 20 anni in un grosso ospedale universitario e che forse si riferiva al suo ospedale e non a tutta Italia o a tutta Europa (anche se mi diceva che molte cliniche private non denunciano le IVG per salvaguardare la "privacy" delle clienti e le gabellano per interventi diversi o semplici visite ginecologiche); ma se in senso assoluto le IVG sono diminuite in Italia dagli anni '80 lo sono molto meno in rapporto ai "nati vivi", e centomila aborti all'anno non mi sembrano comunque cifre trascurabili (e in altri paesi europei sono più alte che in Italia), considerando che comunque qui da noi permane numerosa la pratica degli aborti clandestini e oltre un quarto delle donne ha abortito più di una volta.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Jacopus

Provo a chiarirmi le idee. Non è un argomento facile. Anzi è ambiguo, sfuggente. Facilmente preda di manipolazioni a scopo politico. Influenzato dagli sviluppi socio-culturali odierni.
Nel passato era molto più probabile terminare i propri giorni nel pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e mentali. Oggi il prolungamento della vita media e la raffinatezza dei dispositivi medici permette situazioni di vita non particolarmente gradevoli e vere e proprie situazioni di vita sospesa. E' vero che la vita è un dono e che nessuno sa a chi deve questa cortesia, ma sappiamo che dobbiamo alla medicina moderna la possibilità di continuare a vivere in modo incompleto e parziale, grazie a sussidi terapeutici e macchinari precedentemente sconosciuti, i quali sono gli unici responsabili dell'attuale dilemma etico.
Il diritto interviene proprio quando il problema diventa diffuso. Per analogia, prima del 1990 nessuna legge aveva disciplinato l'immigrazione in Italia.
In questo caso sono in ballo due valori tutelati costituzionalmente, la vita umana e l'autodeterminazione. Quando l'autodeterminazione decide per la fine della vita umana si crea inevitabilmente un contrasto che la legge deve saper bilanciare nel modo più equo e laico possibile, contemperando gli interessi singoli e quelli della collettività, in ordine ai principi etici sottostanti, mentre trascurerei quelli economici, che in questo settore non mi sembrano così impegnativi, a fronte dello sperpero di denaro pubblico e della fiacca lotta alla impressionante evasione fiscale praticata in Italia.
Detto questo, non credo che si possano enumerare tutti i più diversi strumenti tecnici per garantire questo obiettivo ma dovrebbe ad essere a tutti chiaro che siamo di fronte ad una tragedia. Tutti vorremmo vivere ed essere felici. La vita talvolta ce lo impedisce, a causa degli altri o della natura e chi decide di terminare lo fa con estremo dolore, sia che sia cosciente, sia che non lo sia e debbano decidere al suo posto i suoi parenti. Contemporaneamente bisogna fare attenzione perché sancire un istituto giuridico del genere è un affare delicato. Ci si potrebbe imbattere in parenti insofferenti (mai parola più giusta) che spingono il loro "caro" verso la dolce morte, o anche uno stato che attraverso i suoi organi pratichi una sorta di eugenetica soft.
Il fatto incontestabile che la felicità è un concetto relativo non cambia i termini del discorso. Effettivamente si potrebbe delimitare il percorso di aiuto a morire solo nei casi di forte disabilità fisica e di incoscienza che preclude ogni possibile diagnosi di recupero, escludendo tutti i casi più strettamente di natura psicologica, dove sono più preminenti le già discusse ragioni culturali, lasciando, in questa circostanza, al singolo individuo la responsabilità ad agire (visto che lo può fare). In questa prospettiva Lucio Magri non sarebbe stato aiutato a morire, mentre Englaro, Welby e Dj Fabo, sì. Precondizione generale la volontà dell'individuo, liberamente espressa o predisposta al di fuori di ogni condizionamento prefigurabile dall'esterno del soggetto.

Che questo principio sia ancora così fortemente contrastato a me pare piuttosto difficile da capire attraverso un semplice discorso di difesa di ogni forma di vita. Annoverandomi fra i "cultori del sospetto" (Marx, Nietzsche, Freud) ritengo che dietro questa lotta vi sia la lotta più vasta alla modernità e a ciò che essa rappresenta in termini di emancipazione dell'umanità (e non prendetemi per un illuminista ingenuo, per favore).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Fharenight

#29
Prima perla di saggezza: Jacopus: "La guerra che la Lega sta facendo contro questa battaglia civile e' in proposito curiosa. Infatti  alla fine si dimostra alleata della stessa mentalita' islamica che tende a non separare i precetti religiosi da quelli civili. Alla faccia del rispedire i maomettani sui loro cammelli. Abbiamo anche fra i lumbard doc dei validi maomettani che si vestono di verde, non a caso il colore simbolico dell'islam. "
Battuta sciocca, degna dell'enorme ipocrisia diffusa nell'area sinistroide. Non capisco perché determinati valori debbano per forza essere attribuiti alla religione, e - badate la malafede - non cattolica, ma... islamica (anche se sappiamo che l'islam non è una  vera religione).  Personalmente non ho fede, eppure sono d'accordo con i lumbard doc.

Seonda perla di saggezza: Sgiombo dice: "Pur non essendo un estimatore dei "paesi occidentali" concordo con quasi tutto.
Però faccio notare che da medico ho conosciuto pazienti islamiche praticanti che hanno abortito, ho chiesto loro se ciò fosse compatibile con la loro religione e ho avuta letteralmente questa risposta: <<é compatibilissimo: e perché mai non dovrebbe esserlo porre fine a una vita non (non ancora) umana? Anche miliardi di spermatozoi non sono ancora uomini, e muoiono giustamente nell indifferenza generale>> (mi sembra che certi islamofobi siano molto meno laici -e razionalisti- degli islamici praticanti).
Per questo non sarei così sicuro che la posizione di altre religioni monoteistiche sull' eutanasia sia del tutto identica a quella cattolica (anche se non lo escludo; mi piacerebbe saperne di più in proposito)."


Quanto mi girano le scatole quando per ignoranza, superficialità o puro spirito di anticlericalismo sento o leggo ingiustificate difese dell'islam. E certo che per l'islam si può abortire! Se aveste un po' di cognizioni su cosa sial'islam, forse (forse, molto forse) non si parlerebbe a vanvera. L l'islam non è propriamente una religione, dovrebbe essere chiaro a tutti,  ma anche molti occidentali (quasi sempre di mentalità sinistroide) fanno fatica a capirlo: Per l'islam si può anche ammazzare l'"infedele" o gli omosessuali, si possono lapidare le adultere o impiccare o decapitare un apostata o un traditore. Per l'islam una donna vale poco più di un animale, stesso valore viene dato ad una bambina, non per niente i più "nobili d'animo" si limitano a sposare bambine di 9 anni (ma anche più piccole), per quelli un po' più esigenti i bambini poveri li rapiscono o li comprano per farli diventare giocattoli sessuali, li travestono da donna per farli prostituire, se si rifiutano vengono uccisi.... https://www.youtube.com/watch?v=9MpnpcCLvtM
Per  loro non esiste infanzia da proteggere né adolescenza, figuratevi quale valore può avere un feto, un bambino in gestazione e non ancora nato. Inoltre con la poligamia, tra mogli e concubine, adulte e minorenni, vi pare che non si liberano di molti fardelli con l'aborto? E qualcuno non mi venga a dire che questo non islam, perché potrei diventare volgare.

Poi sono stufa anch'io di sentire dire improperi verso la Chiesa ogni qual volta la mentalità relativista non riesce ad ottenere quello che vuole, la legge che desidera (perlomeno non riesce ad ottenerla subito, dato che il pensiero unico relativista che domina ovunque, prima o poi eguaglia tutto e tutti in un unico calderone). N on è possibile scaricare le proprie frustrazioni sulla  Chiesa e farla diventare il capro espiatorio preferito. Ci vuole coraggio anche nel comprendere questo e finirla una buona volta. Come ha ben detto Don: " La Chiesa conta pochissimo di questi tempi (ed è peraltro presente anche in tutti i paesi europei che
hanno leggi di questo genere) e il pontificato di Francesco va inoltre nella direzione di una sempre più decisa "laicizzazione" della dottrina sociale."

Mentre qui, meravigliosamente, Jacopus sembra ragionare bene: "bisogna fare attenzione perché sancire un istituto giuridico del genere è un affare delicato. Ci si potrebbe imbattere in parenti insofferenti (mai parola più giusta) che spingono il loro "caro" verso la dolce morte, o anche uno stato che attraverso i suoi organi pratichi una sorta di eugenetica soft."

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