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Essi Vivono

Aperto da acquario69, 11 Luglio 2016, 03:49:40 AM

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donquixote

Citazione di: Phil il 15 Luglio 2016, 16:40:10 PMConcordo che il "dare a ciascuno il suo" sia un'ideale normativo di giustizia (la cui "quantificazione" pone come sempre non pochi problemi di opinabilità...), ma si scontra comunque con la realtà in cui "ciascuno fa il suo"; per cui i mercanti fanno i mercanti, i politici fanno i politici, i calciatori fanno i calciatori, i criminali fanno i criminali, etc... per evitare che ciascuno persegua "il suo (interesse)" occorrerebbe una potere centrale molto invadente e direttivo, ma siamo sicuri che si rivelerebbe poi sempre un saggio padre con adeguato ed integerrimo senso della misura? Anche questa impostazione ha una sua casistica storica (e rimpiangerla ha pur sempre una sua dignità politica...).

Non sono affatto d'accordo con la necessità di un potere molto invadente e direttivo, che avrebbe tra l'altro l'effetto opposto a quello auspicato. In un contesto culturale corretto, sensato e giusto l'interesse di un mercante, come quello di un calciatore, sarà quello di fare al meglio il proprio mestiere e guadagnare quel che basta per mantenere la propria famiglia, e non certo quello di scalare posizioni di potere o guadagnare quel che basterebbe per far vivere nel lusso le sue prossime 5 generazioni, anche perchè così facendo priverebbe i propri discendenti della possibilità di mostrare il loro valore ed essere utili alla propria comunità rendendoli pigri e apatici, quindi procurando loro un danno esponendoli alla riprovazione sociale. Le imposizioni "per legge" sono sempre deleterie, poichè è nel quadro culturale di riferimento animato dallo spirito comunitario che ognuno dovrà trovare naturalmente il proprio ruolo, e se questo gli viene in qualche modo imposto tenderà a rifiutarlo. Per quanto riguarda il criminale questo verrà isolato ed escluso dalla comunità ancor prima che le forze dell'ordine possano accorgersi di lui, per cui la sua carriera sarà sicuramente breve.



Citazione di: Phil il 15 Luglio 2016, 16:40:10 PMLa proclamazione di uguaglianza (egalitè, fraternitè, libertè) credo resti semplicemente una proclamazione ornamentale, un motto demagogico, ma in pratica, se non erro, questa uguaglianza non si concretizza spesso: davvero tutte le persone (oggettivamente diverse) ricevono le stesse "cose"(cit.)? Le disparità sociali sono piuttosto palesi (e quasi addirittura tutelate), privilegi e discriminazioni abbondano, e "la legge è uguale per tutti" suona come una frase da Bacio Perugina... Soprattutto se si parla di diritti, terrei d'occhio il modo concreto in cui questi aulici diritti si inseriscono nella società, spesso mortificando, nell'innestarsi, tutta la loro universalità e favorendo una sterile dissipazione di possibilità:

Se l'uguaglianza non si concretizza, e non potrà mai farlo, è semplicemente perchè è totalmente contronatura: la scuola è (più o meno) uguale per tutti, ma se tu insegni le stesse cose a persone diverse loro le elaboreranno in modo diverso per cui le conseguenze saranno naturalmente differenti e creeranno disparità sociale. La disparità sociale non è un male in sè, lo è nel momento in cui ti trovi un numero sterminato di persone che hanno le attitudini a fare tutt'altro che ricoprirono ruoli non adatti a loro perchè assegnati con criteri totalmente sbagliati (il mercato, le aspirazioni personali, la smania di successo, la truffa in qualche concorso pubblico, la raccomandazione sbagliata di qualche potente eccetera) e quindi saranno disfunzionali alla comunità nel suo complesso, mentre se tale disparità verrà attuata mettendo ciascuno al posto che per attitudine gli compete (e tale attitudine verrà inoltre sviluppata con adeguata educazione) allora sarà anche più semplice rendersi conto che se uno ricopre un determinato ruolo (magari di particolare prestigio) è perchè merita di farlo, e questo diminuirà di molto l'invidia sociale che non può che aumentare vedendo sempre più emeriti cretini in posizioni di potere: il privilegio e la discriminazione non stanno nelle prebende o negli oneri  che questi comportano, ma nel fatto che tali prebende e tali oneri siano assegnati a persone che non li meritano.


Citazione di: Phil il 15 Luglio 2016, 16:40:10 PMQuesto è appunto un caso in cui l'uguaglianza formale è fuorviante e, cozzando con la realtà, viene filtrata dalle reali esigenze, per cui anche se, di diritto, tutti possiamo essere farmacisti o militari o avvocati, di fatto, solo alcuni "diseguali", ed in numero necessario/richiesto, troverà collocazione (con tutte le ripercussioni degli "scartati" che aumenteranno ulteriormente la disuguaglianza sociale: disoccupazione e affini...).

Io parlo di uguaglianza sostanziale, che poi si ripercuote anche in quella formale (che però è perlomeno equivoca), come proclamata dal preambolo della dichiarazione dei diritti umani del 48. In ogni caso se questa, tenendo presente quanto ho scritto qui sopra a proposito delle esigenze della comunità e dei ruoli che in essa dovranno essere coperti, è fuorviante, lo è ancora di più la sua proclamazione in linea di principio poiche non potendo mai essere realizzata in quanto innaturale la sua mera enunciazione creerà nella mente delle persone una sorta di alienazione poichè i molti si sentiranno in qualche modo "discriminati" pur magari senza esserlo affatto.

Citazione di: Phil il 15 Luglio 2016, 16:40:10 PMCome accennavo nel post precedente, non sottovaluterei la socialità "etologica" dell'essere umano: la solitudine dell'individualità non ha mai affascinato la massa (che pur contiene le debite eccezioni-minoranze), e una società di "superuomini (o oltreuomini) nietzschiani" mi pare improbabile, così come quella formata in maggioranza da misantropi solipsisti... magari si tratterà di appartenere ad una collettività dispersa nel territorio (e riunita dalla tecnologia), per cui il vicino-di-casa non sarà anche vicino-di-visione-del-mondo, ma la ricerca del collettivo, del branco, del gruppo, credo sia un istinto atavico inestirpabile (seppur alienabile, contestualizzabile, rivisitabile...). Ma non voglio insistere troppo...

L'individualismo ha ben poco a che fare con la solitudine: si può essere estremamente individualisti pur senza essere per niente asceti o misantropi. La tendenza è ad essere da un lato il più possibile indipendenti e autonomi e sfruttare l'altro per soddisfare le proprie esigenze, poi vi saranno innumerevoli occasioni di condivisione che però saranno sempre e solamente di una superficialità assoluta (il tifo per la medesima squadra, la condivisione di una passione o magari un "interesse" comune da perseguire) che non identificheranno mai gli appartenenti ad una comunità ma caratterizzeranno una massa di singoli individui senz'altra cosa in comune che quella condivisione in quel dato, singolo, momento. E comunque si sa che spesso uno si sente più solo in mezzo a un milione di persone che magari seduto solitario il poltrona con un bel libro fra le mani.

Citazione di: Phil il 15 Luglio 2016, 16:40:10 PMQuesta parabola storica (sviluppo interno unitario, espansione esterna, soppressione della diversità/esportazione dei modelli, ampliamento-dispersione, implosione-frammentazione), converrai, non è tipica solo della società contemporanea: è esattamente quella di ogni impero (leggendola mi è subito venuto in mente l'impero romano); alcune caratteristiche di cui viene colpevolizzato l'uomo moderno, quasi fosse una forma corrotta dell'uomo dei secoli precedenti, credo siano piuttosto tipiche dell'uomo in quanto tale (praticamente i famigerati sette peccati capitali), da almeno duemila anni ad oggi; anche se, inevitabilmente, sono cambiate le forme, gli spazi e i tempi, con cui l'uomo asseconda i propri vizi...

Per quanto vi siano delle similitudini sono più importanti e cogenti le innumerevoli differenze, di cui elenco solo quelle che mi paiono decisive. Ai tempi dell'impero circa l'80% della terra non sapeva chi fossero i romani, mentre ora l'invasione (sia pur non strettamente militare ma "culturale") ha coperto la totalità del globo. In secondo luogo la tecnologia a disposizione dei romani di allora poteva provocare danni alquanto limitati, per nulla paragonabili all'oggi. In terzo luogo i romani non esportavano un "way of life" basato sul consumo delle risorse terrestri ma si limitavano a saccheggiare le (limitate) ricchezze altrui o a schiavizzare gli abitanti per le loro esigenze. Se il mondo ha potuto serenamente sopravvivere al crollo dell'impero romano (e gran parte di esso nemmeno se n'è accorto) non potrà certo farlo in questa occasione. L'uomo moderno è sempre l'uomo corrotto che viene descritto nel racconto biblico del peccato originale con la differenza sostanziale, e decisiva, che se l'uomo antico ne era consapevole e cercava in qualche modo di limitarsi quello moderno considera invece come positive queste sue caratteristiche e le esalta fino a corrompere, complice anche l'abnorme aumento della popolazione, l'intero globo.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Phil

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AM
In un contesto culturale corretto, sensato e giusto l'interesse di un mercante, come quello di un calciatore, sarà quello di fare al meglio il proprio mestiere e guadagnare quel che basta per mantenere la propria famiglia, e non certo quello di scalare posizioni di potere o guadagnare quel che basterebbe per far vivere nel lusso le sue prossime 5 generazioni
Temo che quel calciatore e, soprattutto, quel mercante, se esistono, siano una esemplare ed encomiabile minoranza ad un passo dall'estinzione... e magari si estingueranno definitivamente prima che tu finisca di leggere queste righe...
Sperare che un giorno la maggioranza sia così saggia, morigerata ed altruista, è senza dubbio legittimo, ma forse un po' utopico... se l'umanità attuale non lo è, ricorderei anche che, per quel che so, non lo è mai stata finora (per cui non si può colpevolizzare l'uomo moderno di colpe che ha avuto anche l'uomo medievale, l'uomo antico, etc.).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMè nel quadro culturale di riferimento animato dallo spirito comunitario che ognuno dovrà trovare naturalmente il proprio ruolo
[corsivo mio]
Una comunità animata da uno spirito comunitario così spontaneamente virtuoso è dipinta solo nelle epoche d'oro di un passato mai esistito (mitologia taoista e altre...).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMLa disparità sociale non è un male in sè, lo è nel momento in cui ti trovi un numero sterminato di persone che hanno le attitudini a fare tutt'altro che ricoprirono ruoli non adatti a loro perchè assegnati con criteri totalmente sbagliati (il mercato, le aspirazioni personali, la smania di successo, la truffa in qualche concorso pubblico, la raccomandazione sbagliata di qualche potente eccetera) e quindi saranno disfunzionali alla comunità nel suo complesso, mentre se tale disparità verrà attuata mettendo ciascuno al posto che per attitudine gli compete (e tale attitudine verrà inoltre sviluppata con adeguata educazione) allora sarà anche più semplice rendersi conto che se uno ricopre un determinato ruolo (magari di particolare prestigio) è perchè merita di farlo,
[corsivo mio; non a caso, hai scritto "mettendo", non "lasciando che ognuno si metta naturalmente" al posto che gli compete... lapsus freudiano?]
"Aspirazioni personali"(cit.) inserite nei "criteri totalmente sbagliati"(cit.)... "la accendiamo o chiediamo il parere del pubblico"? Gerry Scotti a parte, è un'associazione sintomatica del lapsus di cui sopra?
Il talento e la predisposizione naturale devono infatti fare i conti con la libera scelta: una valutazione delle competenze mi rivela che sono molto portato per la matematica, ma personalmente preferirei fare l'avvocato... a questo punto, ho vado ad intasare l'albo dei principi del foro, oppure qualcuno me lo proibisce, di forza (ed ecco il rischio del potere "invadente"), perché non sono adatto e non ce n'è bisogno... la libera scelta dei singoli non può coincidere mai con l'effettivo fabbisogno di uno stato numeroso e complesso (è come sperare che ad ogni concorso ci sia coincidenza esatta fra numero di candidati e posti disponibili...).
Esempio banale: una squadra sportiva funziona perché è il potere centrale dell'allenatore che decide, in
base al talento ed al suo "occhio clinico", chi deve coprire un determinato ruolo e chi no, non sono certo i giocatori a sceglierlo (e se i giocatori sono scontenti abbandonano quella squadra...). La società è una
squadra in cui ognuno può scegliere quasi liberamente il suo ruolo: la disfunzione e i disequilibri sono
inevitabili... per questo alcuni mestieri sono "intasati" ed altri invece vengono svolti da persone
inizialmente estranee alla società (v. immigrati).
Con ciò non voglio augurarmi che un giorno ci sia qualcuno che decida delle vite altrui come fa un giocatore di dama con le sue pedine, ma voglio solo ricordare che la soluzione degli squilibri non può essere trovata solo dalla fiducia in un'"ottimistica entropia sociale" (utopia?).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMLa tendenza è ad essere da un lato il più possibile indipendenti e autonomi e sfruttare l'altro per soddisfare le proprie esigenze, poi vi saranno innumerevoli occasioni di condivisione che però saranno sempre e solamente di una superficialità assoluta [...] che non identificheranno mai gli appartenenti ad una comunità ma caratterizzeranno una massa di singoli individui senz'altra cosa in comune che quella condivisione in quel dato, singolo, momento
Tuttavia, non sottovaluterei la portata esistenziale/psicologica dell'appartenenza a uno o più gruppi: credo che ogni comunità estesa, con migliaia di persone, ha sempre avuto i suoi sottogruppi (nei vari ambiti della vita), proprio come quella attuale... persino nelle classi scolastiche di 25 persone si formano spontaneamente "gruppetti" e "fazioni", giusto?
E quella "superficialità assoluta"(cit.) credo sia invece per molti preziosa: se appartieni ad un gruppo in cui ti riconosci (ed almeno uno lo stiamo condividendo ora!), prova ad allontanartene per un po'... scoprirai che quella "superficialità assoluta" era fatta di relazioni sociali per te tutt'altro che irrilevanti... e, sempre secondo me, noterai che l'individualismo è egemonico solo nella gestione dei propri averi, ma non nella gestione del bisogno (innato?) delle proprie relazioni...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AME comunque si sa che spesso uno si sente più solo in mezzo a un milione di persone che magari seduto solitario il poltrona con un bel libro fra le mani
Eppure, la maggioranza della comunità cerca la solitudine del libro o quella in mezzo a milioni di persone?

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMPer quanto vi siano delle similitudini sono più importanti e cogenti le innumerevoli differenze, di cui elenco solo quelle che mi paiono decisive. Ai tempi dell'impero circa l'80% della terra non sapeva chi fossero i romani, mentre ora l'invasione (sia pur non strettamente militare ma "culturale") ha coperto la totalità del globo. In secondo luogo la tecnologia a disposizione dei romani di allora poteva provocare danni alquanto limitati, per nulla paragonabili all'oggi. In terzo luogo i romani non esportavano un "way of life" basato sul consumo delle risorse terrestri ma si limitavano a saccheggiare le (limitate) ricchezze altrui o a schiavizzare gli abitanti per le loro esigenze
Attenzione: i romani hanno conquistato tutto quello che potevano conquistare nel loro tempo disponibile: in Africa si sono fermati perché "ci sono solo leoni" (hic sunt leones), in America non potevano certo arrivarci, ed in Asia credo abbiano trovato pane per i loro denti... non direi che i romani avrebbero potuto fare come l'uomo moderno, ma non l'hanno fatto perché avevano una cultura meno corrotta e più comunitaria...
proprio al riguardo avevo già anticipato che:
Citazione di: Phil il 15 Luglio 2016, 16:40:10 PMinevitabilmente, sono cambiate le forme, gli spazi e i tempi, con cui l'uomo asseconda i propri vizi...
Secondo me, l'unico ambito in cui uomo moderno non ha inventato nulla di nuovo, è proprio quello del suo
"atteggiamento vizioso" (verso i simili, verso il pianeta e verso se stesso...).

P.s. Chiarisco che non voglio affatto fare l'apologia dell'uomo moderno, ma solo sconsigliare di avere nostalgia di un passato edulcorato dalla distanza storica, quando, in fondo, alcuni tratti essenziali dell'uomo si sono solo trasformati, ma il loro nucleo essenziale è rimasto, per me, lo stesso da sempre...

donquixote

Citazione di: Phil il 16 Luglio 2016, 16:52:54 PMTemo che quel calciatore e, soprattutto, quel mercante, se esistono, siano una esemplare ed encomiabile minoranza ad un passo dall'estinzione... e magari si estingueranno definitivamente prima che tu finisca di leggere queste righe... Sperare che un giorno la maggioranza sia così saggia, morigerata ed altruista, è senza dubbio legittimo, ma forse un po' utopico... se l'umanità attuale non lo è, ricorderei anche che, per quel che so, non lo è mai stata finora (per cui non si può colpevolizzare l'uomo moderno di colpe che ha avuto anche l'uomo medievale, l'uomo antico, etc.).

Citazione di: Phil il 16 Luglio 2016, 16:52:54 PMP.s. Chiarisco che non voglio affatto fare l'apologia dell'uomo moderno, ma solo sconsigliare di avere nostalgia di un passato edulcorato dalla distanza storica, quando, in fondo, alcuni tratti essenziali dell'uomo si sono solo trasformati, ma il loro nucleo essenziale è rimasto, per me, lo stesso da sempre...

Prova a fare qualche ricerca sulla vita quotidiana e l'organizzazione sociale e vedrai che ad esempio il mercante, anche in Europa, era considerato fino a qualche secolo fa ad un livello infimo poichè speculava sul lavoro altrui senza metterci niente del proprio, così come il banchiere che era assimilato all'usuraio. Se si vive in un quadro di riferimento culturale che esprime riprovazione nei confronti di certe professioni, di certi comportamenti, di certi stili di vita è più difficile che questi si espandano, e senza alcun bisogno di interventi dall'alto. Se una comunità esalta l'onestà ognuno tenderà ad essere onesto e reprimere le pulsioni delinquenziali; se una comunità esalta il coraggio e lo spirito di sacrificio il vile e l'ignavo se ne staranno nascosti; se una comunità esalta la sobrietà e l'equilibrio come stile di vita il riccastro esibizionista verrà deriso e non certo lodato; se una comunità esalta il possesso di doti spirituali e nel contempo disprezza quello di oggetti materiali nessuno tenderà a "produrre" più dello stretto necessario perchè non avrà a chi venderlo; se una comunità disprezza e condanna i debitori nessuno tenderà a contrarre debiti. Se invece, come nell'era moderna, si santifica il commercio e il profitto, in qualunque maniera questo venga conseguito,  allora  i mercanti e gli usurai saranno i più invidiati ed emulati; se conterà più il possesso di beni materiali che spirituali allora si dovrà produrli in misura sempre più massiccia consumando le risorse della terra; se non conterà essere onesti e svolgere al meglio il proprio mestiere ma invece solo avere fama e successo allora tutti i mezzi saranno leciti per raggiungere l'obiettivo; se sarà nota di merito avere alti debiti allora spunteranno usurai da ogni angolo e chiunque cercherà ogni occasione possibile per contrarre prestiti o accendere mutui; se l'equilibrio non sarà più un punto di riferimento ma questo sarà sostituito dalla crescita economica progressiva perseguita con ogni mezzo allora bisognerà ribaltare il rapporto domanda/offerta facendo prevalere quest'ultima con la creazione di bisogni fittizi in modo che la gente acquisti sempre più oggetti di cui non saprà che farsene, e via elencando. Non mi sembra così complicato comprendere che il contesto sociale è determinante nello sviluppo della personalità umana. La stessa persona in contesti diversi si comporterebbe in maniera totalmente diversa, poichè nonostante sia sempre la stessa il contesto consentirà di esaltare determinate qualità e reprimere o controllare determinati difetti, e viceversa. Se quindi una persona è inscindibile (o quasi) dal contesto culturale di riferimento come si fa ad affermare che

Citazione di: Phil il 16 Luglio 2016, 16:52:54 PMUna comunità animata da uno spirito comunitario così spontaneamente virtuoso è dipinta solo nelle epoche d'oro di un passato mai esistito (mitologia taoista e altre...)

 Basta leggere qualche testo serio di antropologia per vedere come vi sono (o vi sono stati, prima che arrivassimo noi) popoli che da svariate migliaia di anni vivevano nello stesso identico modo: molti popoli dell'Africa, gli Aborigeni australiani, le tribù indiane d'America, gli indios sudamericani, gli eschimesi e gli Innu del Labrador, molte popolazioni asiatiche... e ovunque in maniera spontanea e senza soldati agli ordini di un qualche tiranno che controllavano i cittadini 24 ore su 24. Se l'uomo è sempre uguale dappertutto (e comunque non lo è) come si spiega questo se non con il contesto culturale? E il contesto culturale lo creano gli uomini: ma se gli uomini sono sempre gli stessi come mai i contesti sono così diversi o addirittura opposti? Come si spiega che i cinesi che migliaia di anni fa erano in possesso di innovazioni tecnologiche che noi nemmeno ci sognavamo hanno abbandonato il loro sviluppo per privilegiare una cultura basata sull'equilibrio con la natura e non sulla sua aggressione? E lo stesso hanno fatto poi i greci e successivamente anche gli arabi? Come si spiega che gli indiani hanno vissuto per migliaia di anni secondo le regole della cultura vedica nonostante i vari dominatori che si susseguivano nelle loro terre? E se l'uomo è sempre uguale a se stesso come si spiega che nel giro di tre/quattro secoli l'uomo occidentale ha impresso una accelerazione tecnologica al mondo che non è nemmeno paragonabile a quella avvenuta da quando l'uomo è apparso sulla terra fino all'anno domini 1600?


Se non vuoi fare l'apologia dell'uomo moderno allora hai del tempo da perdere, perchè far finta di non vedere per poi dire "l'uomo di duemila anni fa è più o meno lo stesso uomo di adesso" mi sembra davvero una frase scritta tanto perchè non avevi di meglio da fare. Se i romani di allora fossero stati come quelli di adesso perchè mai non hanno inventato tutte le diavolerie tecnologiche odierne in modo da dominare il resto del mondo ancora fuori dal loro controllo? Considerando anche il fatto che per farlo avrebbero avuto a disposizione un numero di anni almeno doppio di quelli che son serviti a noi per arrivare dove siamo arrivati, e possedevano conoscenze tecniche tali da permettergli ad esempio di costruire ponti o acquedotti tuttora funzionanti mentre noi costruiamo cose che al massimo durano poche decine di anni.


Citazione di: Phil il 16 Luglio 2016, 16:52:54 PM[corsivo mio; non a caso, hai scritto "mettendo", non "lasciando che ognuno si metta naturalmente" al posto che gli compete... lapsus freudiano?] "Aspirazioni personali"(cit.) inserite nei "criteri totalmente sbagliati"(cit.)... "la accendiamo o chiediamo il parere del pubblico"? Gerry Scotti a parte, è un'associazione sintomatica del lapsus di cui sopra? Il talento e la predisposizione naturale devono infatti fare i conti con la libera scelta: una valutazione delle competenze mi rivela che sono molto portato per la matematica, ma personalmente preferirei fare l'avvocato... a questo punto, ho vado ad intasare l'albo dei principi del foro, oppure qualcuno me lo proibisce, di forza (ed ecco il rischio del potere "invadente"), perché non sono adatto e non ce n'è bisogno... la libera scelta dei singoli non può coincidere mai con l'effettivo fabbisogno di uno stato numeroso e complesso (è come sperare che ad ogni concorso ci sia coincidenza esatta fra numero di candidati e posti disponibili...).

Non è affatto un lapsus il "mettendo", come anche inserire le aspirazioni personali nei criteri sbagliati, perchè per "aspirazioni personali" si intende la ricerca della fama e del successo. In ogni tempo e luogo vi sono professioni che più di altre assicurano fama e successo, e sono anche quelle più ambite, ma se uno non è adatto a svolgerle anzichè conseguire fama e successo andrà incontro a insuccessi e frustrazioni perchè sarà sempre sopravanzato da quelli più bravi e talentuosi di lui. Se tu hai il talento del ragioniere ma vuoi fare a tutti i costi l'avvocato pur non essendone portato perchè assicura più guadagno e più successo  accumulerai povertà e fallimenti oltre a causare un doppio danno alla comunità che oltre a ritrovarsi un avvocato inutile si sarà dovuta privare di un ragioniere di talento. La tua vita sarà dunque infelice e ricca di rimpianti. Il potere che tu chiami "invadente" è quello dei genitori, degli insegnanti, della gente che ti sta intorno dunque quello della comunità nel suo complesso (non certo quello di un poliziotto che ti obbliga con la forza a far qualcosa o a non farla) che ti aiuterà a scoprire le tue predisposizioni e a svilupparle ai massimi livelli, in modo tale da fornire senso alla tua vita poichè farai ciò che sarai più adatto a fare e la comunità potrà avvalersi di una persona che nel suo ambito è in grado di dare il meglio di sé e te ne sarà riconoscente, mentre sarà pronta a disconoscerti se ti dimostrerai un avvocato meno che mediocre. Questo discorso ovviamente è da considerare inserito nel contesto "comunitario" di cui parlavo prima e non ha più alcun senso nelle attuali condizioni di caos e confusione nelle quali nessuno è più in grado di valutare il talento o la bravura di nessuno ma tutti faranno riferimento esclusivamente all' "immagine" che ognuno è in grado di fornire di se stesso, tanto è vero che io conosco avvocati di scarsissima levatura che hanno gran successo mentre altri veramente molto bravi faticano a sopravvivere.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Phil

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMSe una comunità esalta l'onestà ognuno tenderà ad essere onesto e reprimere le pulsioni delinquenziali; se una comunità esalta il coraggio e lo spirito di sacrificio il vile e l'ignavo se ne staranno nascosti; se una comunità esalta la sobrietà e l'equilibrio come stile di vita il riccastro esibizionista verrà deriso e non certo lodato; se una comunità esalta il possesso di doti spirituali e nel contempo disprezza quello di oggetti materiali nessuno tenderà a "produrre" più dello stretto necessario perchè non avrà a chi venderlo; se una comunità disprezza e condanna i debitori nessuno tenderà a contrarre debiti 
Sarei ben lieto di vivere in una società che appoggia realmente, e non solo formalmente (come talvolta capita in quella attuale), questi valori e queste virtù, ma non sono sicuro sia realizzabile... nè che si sia mai realizzata, poiché se è vero che 
Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMvi sono (o vi sono stati, prima che arrivassimo noi) popoli che da svariate migliaia di anni vivevano nello stesso identico modo: molti popoli dell'Africa, gli Aborigeni australiani, le tribù indiane d'America, gli indios sudamericani, gli eschimesi e gli Innu del Labrador, molte popolazioni asiatiche... e ovunque in maniera spontanea e senza soldati agli ordini di un qualche tiranno che controllavano i cittadini 24 ore su 24 
è anche vero che i numeri, in antropologia e sociologia, hanno la loro importanza: non credo fossero gruppi di milioni di persone con la densità e le interazioni che abbiamo oggigiorno (un gruppo-comunità di 100 persone non può avere la stessa organizzazione, le stesse problematiche e lo stesso sviluppo storico di un gruppo mille volte più grande...). Non a caso avevo già precisato che parlavo di uno "stato numeroso e complesso" (auto-cit.). Quegli esempi virtuosi sono replicabili nelle metropoli?

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMNon mi sembra così complicato comprendere che il contesto sociale è determinante nello sviluppo della personalità umana. La stessa persona in contesti diversi si comporterebbe in maniera totalmente diversa, poichè nonostante sia sempre la stessa il contesto consentirà di esaltare determinate qualità e reprimere o controllare determinati difetti, e viceversa 
Vero, dal punto di vista individuale... ma quando parliamo di comunità molto numerose e con una strutturazione economica che va ben oltre il baratto, i peccati capitali, come ricordavo, sono sempre stati gli stessi... (almeno per ora...).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PME il contesto culturale lo creano gli uomini: ma se gli uomini sono sempre gli stessi come mai i contesti sono così diversi o addirittura opposti? 
Forse qui c'è il nocciolo del fraintendimento: non ho scritto né voluto dire che "gli uomini sono sempre gli stessi"... ho parlato di alcuni suoi comportamenti/tendenze, giudicati "viziosi", che lo accomunano nel corso della storia e a prescindere delle latitudini. Non credo sia una coincidenza che in quasi tutti i contesti culturali i divieti siano gli stessi: non uccidere, non rubare, non mentire, rispettare l'autorità vigente, etc.... probabilmente la fallibilità dell'uomo presenta i medesimi punti deboli in quasi tutte le culture; è a questa "radice comune" che mi riferivo...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMCome si spiega che i cinesi che migliaia di anni fa erano in possesso di innovazioni tecnologiche che noi nemmeno ci sognavamo hanno abbandonato il loro sviluppo per privilegiare una cultura basata sull'equilibrio con la natura e non sulla sua aggressione? E lo stesso hanno fatto poi i greci e successivamente anche gli arabi? Come si spiega che gli indiani hanno vissuto per migliaia di anni secondo le regole della cultura vedica nonostante i vari dominatori che si susseguivano nelle loro terre? 
Davvero queste popolazioni non avevano gli stessi difetti umani delle altre? O si tratta solo di declinazioni differenti delle stesse essenziali criticità? 
I cinesi hanno abbandonato lo sviluppo perché rispettavano madre natura? Hanno davvero detto "adesso basta, potremmo inventare altre mirabolanti strumentazioni, ma non vogliamo inquinare..."? 
Mi scuso, se è il caso, per la mia mancanza di chiarezza espositiva: non sostengo affatto che tutte le popolazioni abbiano le stesse potenzialità o debbano seguire lo stesso identico percorso... il filo conduttore è l'atteggiamento umano essenziale quando si trova in comunità "sostanziose", non certo le contingenze storiche, o politiche, o tecnologiche...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMcome si spiega che nel giro di tre/quattro secoli l'uomo occidentale ha impresso una accelerazione tecnologica al mondo che non è nemmeno paragonabile a quella avvenuta da quando l'uomo è apparso sulla terra fino all'anno domini 1600? 
Come accennato sopra, i percorsi delle società e delle culture sono ovviamente differenti; ciò che è comune sono alcune tendenze comportamentali-etiche metacontestuali dell'uomo in quanto animale sociale...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PM  Se non vuoi fare l'apologia dell'uomo moderno allora hai del tempo da perdere, perchè far finta di non vedere per poi dire "l'uomo di duemila anni fa è più o meno lo stesso uomo di adesso" mi sembra davvero una frase scritta tanto perchè non avevi di meglio da fare. 
Ammetto di avere del tempo libero, ma, per dovere di cronaca, la frase esatta è
Citazione di: Phil il 16 Luglio 2016, 16:52:54 PMin fondo, alcuni tratti essenziali dell'uomo si sono solo trasformati, ma il loro nucleo essenziale è rimasto, per me, lo stesso da sempre...
Parlo di "tratti essenziali" e, giusto alla riga precedente, di ""atteggiamento vizioso" (verso i simili, verso il pianeta e verso se stesso...)"(cit.), per cui alludo (perdonami la ridondanza) ad alcuni "difetti di fabbrica" costanti nelle epoche, che vengono sempre a galla nella vita comunitaria di massa (secondo me, quindi, non ha nemmeno troppo senso distinguere fra uomo moderno o antico, per cui quello dell'apologia della modernità è un falso problema...).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMSe i romani di allora fossero stati come quelli di adesso perchè mai non hanno inventato tutte le diavolerie tecnologiche odierne in modo da dominare il resto del mondo ancora fuori dal loro controllo? Considerando anche il fatto che per farlo avrebbero avuto a disposizione un numero di anni almeno doppio di quelli che son serviti a noi per arrivare dove siamo arrivati, e possedevano conoscenze tecniche tali da permettergli ad esempio di costruire ponti o acquedotti tuttora funzionanti mentre noi costruiamo cose che al massimo durano poche decine di anni. 
Ricorderei che noi deriviamo da quei romani; non ha molto senso chiedersi perché l'uovo non era già gallina, o perché la gallina non è più uovo... no?  ;)

acquario69

#19
Phil@
è anche vero che i numeri, in antropologia e sociologia, hanno la loro importanza: non credo fossero gruppi di milioni di persone con la densità e le interazioni che abbiamo oggigiorno (un gruppo-comunità di 100 persone non può avere la stessa organizzazione, le stesse problematiche e lo stesso sviluppo storico di un gruppo mille volte più grande...). Non a caso avevo già precisato che parlavo di uno "stato numeroso e complesso" (auto-cit.). Quegli esempi virtuosi sono replicabili nelle metropoli?

Vero, dal punto di vista individuale... ma quando parliamo di comunità molto numerose e con una strutturazione economica che va ben oltre il baratto, i peccati capitali, come ricordavo, sono sempre stati gli stessi...

ma le citta così come le conosciamo noi e la metropoli poi,(conseguenza quest'ultima del suo stesso processo - economicista/sviluppista - mercantile prima e industriale poi e fra parentesi nascita dell'usura e in seguito delle banche e delle loro lobby congenite,Che tanto Oggi ci riguarda,e infatti "essi vivono", riguarda proprio grazie a quel cambiamento paradigmatico di cui sopra,dalla comunità in armonia con l'ambiente stesso all'individualismo egocentrico e che da quel punto in poi la "quantità" ,da tutti i suoi punti di vista (compreso il suo inevitabile aumento progressivo della popolazione e la complessità in generale) ne sarebbe stata la sua logica conseguenza..cosa che infatti prima di allora non si era e non si sarebbe mai potuto verificare.



Davvero queste popolazioni non avevano gli stessi difetti umani delle altre? O si tratta solo di declinazioni differenti delle stesse essenziali criticità?
I cinesi hanno abbandonato lo sviluppo perché rispettavano madre natura? Hanno davvero detto "adesso basta, potremmo inventare altre mirabolanti strumentazioni, ma non vogliamo inquinare..."?
Mi scuso, se è il caso, per la mia mancanza di chiarezza espositiva: non sostengo affatto che tutte le popolazioni abbiano le stesse potenzialità o debbano seguire lo stesso identico percorso... il filo conduttore è l'atteggiamento umano essenziale quando si trova in comunità "sostanziose", non certo le contingenze storiche, o politiche, o tecnologiche...

i cinesi,ad esempio,avevano scoperto la polvere da sparo ma ne facevano uso pirotecnico,sono stati gli occidentali moderni a concepirla come strumento e arma di distruzione



Ricorderei che noi deriviamo da quei romani; non ha molto senso chiedersi perché l'uovo non era già gallina, o perché la gallina non è più uovo... no?

gli antichi romani non avevano proprio nulla in comune con noi e lo stesso vale per il medioevo...noi deriviamo unicamente e proprio da quel mercante che poi si tramuterà inesorabilmente nel "borghese (piccolo piccolo)" dei nostri giorni..il solo esemplare rimasto.

Phil

Citazione di: acquario69 il 17 Luglio 2016, 02:39:09 AMi cinesi,ad esempio,avevano scoperto la polvere da sparo ma ne facevano uso pirotecnico,sono stati gli occidentali moderni a concepirla come strumento e arma di distruzione
... e quando gli occidentali hanno riutilizzato l'invenzione cinese per scopi bellici, i cinesi si sono tirati indietro dall'assimilarla perché andava contro la loro cultura, oppure, alla fine, hanno detto: "non male questi occidentali, bella idea!", confermando che, appena messa alla prova, la loro visione del mondo (comprendente l'uccidere solo con lama) è anch'essa orientata al desiderio di progresso e alla competitività (dovendo anche difendersi dagli occidentali), attitudini tipicamente, meta-storicamente, umane...


Citazione di: acquario69 il 17 Luglio 2016, 02:39:09 AMgli antichi romani non avevano proprio nulla in comune con noi e lo stesso vale per il medioevo...noi deriviamo unicamente e proprio da quel mercante che poi si tramuterà inesorabilmente nel "borghese (piccolo piccolo)" dei nostri giorni..il solo esemplare rimasto
Tuttavia, allargando ancora la prospettiva: quel mercante da chi deriva? Se poi questa derivazione dal passato sia anche una deriva etico-culturale è una questione di opinioni e di paradigmi interpretativi...

Quando parlo di un filo che lega l'uomo nei secoli, a prescindere dalle culture e dalle epoche, parlo del comun denominatore che la storia consente di rintracciare nel comportamento umano: come mai leggendo alcuni testi di Seneca o Sun-Tzu o altri, li troviamo attuali, saggi e ricchi di insegnamenti utili?
Perchè (marzullianamente mi faccio la domanda e mi rispondo, ma spero di avere anche vostre risposte differenti...) alcune attitudini della vita in società hanno ovviamente cambiato forma e contesto, ma il "meccanismo" di base è restato il medesimo...
Banalizzando: i furfanti, gli avidi, i criminali, gli sfruttati, gli arrivisti, i corrotti, i doppiogiochisti etc., sono personaggi che, se non erro, esistono da sempre nel racconto del genere umano; anche se, ovviamente, l'arrivista o l'avido dell'antico Egitto non compiva le stesse azioni dell'arrivista o dell'avido contemporaneo, ma il loro fine e la loro attitudine è decisamente assimilabile...

acquario69

Citazione di: Phil il 17 Luglio 2016, 11:13:03 AM
... e quando gli occidentali hanno riutilizzato l'invenzione cinese per scopi bellici, i cinesi si sono tirati indietro dall'assimilarla perché andava contro la loro cultura, oppure, alla fine, hanno detto: "non male questi occidentali, bella idea!", confermando che, appena messa alla prova, la loro visione del mondo (comprendente l'uccidere solo con lama) è anch'essa orientata al desiderio di progresso e alla competitività (dovendo anche difendersi dagli occidentali), attitudini tipicamente, meta-storicamente, umane...


Tuttavia, allargando ancora la prospettiva: quel mercante da chi deriva? Se poi questa derivazione dal passato sia anche una deriva etico-culturale è una questione di opinioni e di paradigmi interpretativi...

Quando parlo di un filo che lega l'uomo nei secoli, a prescindere dalle culture e dalle epoche, parlo del comun denominatore che la storia consente di rintracciare nel comportamento umano: come mai leggendo alcuni testi di Seneca o Sun-Tzu o altri, li troviamo attuali, saggi e ricchi di insegnamenti utili?
Perchè (marzullianamente mi faccio la domanda e mi rispondo, ma spero di avere anche vostre risposte differenti...) alcune attitudini della vita in società hanno ovviamente cambiato forma e contesto, ma il "meccanismo" di base è restato il medesimo...
Banalizzando: i furfanti, gli avidi, i criminali, gli sfruttati, gli arrivisti, i corrotti, i doppiogiochisti etc., sono personaggi che, se non erro, esistono da sempre nel racconto del genere umano; anche se, ovviamente, l'arrivista o l'avido dell'antico Egitto non compiva le stesse azioni dell'arrivista o dell'avido contemporaneo, ma il loro fine e la loro attitudine è decisamente assimilabile...


a me sembra che la differenza sia enorme...innanzitutto diciamo grossolanamente che quelli se ne stavano in santa pace a casa loro.. poi ovviamente come dici anche tu si sono dovuto forzatamente adeguare,altrimenti venivano minacciati di essere eliminati (come infatti e' accaduto ad altri,tipo indiani d'America e aborigeni)
ad ogni modo questo indica secondo me e in primo luogo un "involuzione" in tal senso e non il contrario.

===

io credo che sul comun denominatore non ci piove,(sia nel "bene" che nel "male") poi pero subentra appunto l'atteggiamento (la scelta) e in base come questo viene indirizzato,quindi non solo dal singolo ma come questo viene implicitamente subordinato all'ambiente e la società in cui vive,da cui prenderà d'esempio e formerà la sua stessa forma mentis...ora per non ripetere cose già dette,mi rifaccio a quanto già scritto da donquixote;

...Se una comunità esalta l'onestà ognuno tenderà ad essere onesto e reprimere le pulsioni delinquenziali; se una comunità esalta il coraggio e lo spirito di sacrificio il vile e l'ignavo se ne staranno nascosti; se una comunità esalta la sobrietà e l'equilibrio come stile di vita il riccastro esibizionista verrà deriso e non certo lodato; se una comunità esalta il possesso di doti spirituali e nel contempo disprezza quello di oggetti materiali nessuno tenderà a "produrre" più dello stretto necessario perchè non avrà a chi venderlo....

inoltre se come accade oggi e già da diverso tempo,che si e' eliminato qualsiasi punto di riferimento e l'unico "criterio" sostenuto e' quello del singolo,"atomizzato" e senza limiti alla sua pseudo libertà, (ma il bello e' che si crede pure il più libero della storia dell'umanità) chiaro che tutto salta a prescindere e non potrà che alimentare caos ed autodistruzione,come mi sembra chiaro stia accadendo in maniera sempre più esponenziale e mai verificatosi prima d'ora

Jacopus

Questa discussione e' diventata l'arena fra due partiti: il partito plautiano, secondo il quale l'uomo e' sempre lo stesso avido, arraffatore, corrotto di sempre e il partito marcusiano che vede nell'uomo occidentale ogni male e sventura.
Vorrei promuovere un terzo partito: il partito adorniano che ritiene l'uomo occidentale fautore di meccanismi di pensiero nello stesso tempo positivi e negativi. Lo sviluppo tecnologico ha permesso un livello di vita mai raggiunto prima. Sto ora scrivendo davanti ad uno smarphone a proposito di questioni che duemila anni fa erano riservate ad una ristretta elite. Cio' che ha funzionato per me, pero' non funziona per la maggioranza del mondo. L'uomo occidentale ha fallito il suo obiettivo universalistico, da raggiungere sulla terra, sia nella versione liberale che in quella marxista. Resta l'opzione religiosa che infatti mostra segni di rafforzamento.
La scommessa allora potrebbe essere quella di riattivare quella vena sotterranea del pensiero occidentale che pure esiste, che antepone gli interessi collettivi agli interessi individuali.
Sono attualmente in Francia, una Francia rurale ma comunque altamente occidentalizzata. Le differenze di relazione fra gli individui si notano, cosi' come la differente ripartizione fra luoghi pubblici e privati. Paragone tutto a favore della Francia ovviamente.
Come al solito il modello manicheista "tutto egoismo/tutta generosità" non e' reale. Le societa' sono un po' egoiste ed un po' generose e tendono a decadere quando la parte egoista tende a sopprimere la parte generosa. La pericolosita' della situazione attuale e' la globalizzazione e la mancanza di modelli alternativi al capitale. Anzi un modello pseudo-alternativo c'e' e si chiama radicalismo religioso ma si cadrebbe dalla padella alla brace.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

A scanso di equivoci: per ora ho parlato solo di vizi e "difetti di fabbrica" dell'uomo, perchè il discorso è partito da una critica all'uomo moderno, e volevo ricordare come tali pecche fossero tipiche dell'uomo tout court; ma non per questo ritengo che l'uomo sia solo un ricettacolo di impulsi negativi, iniqui o sconsiderati, ci sono indubbiamente anche potenzialità positive (disperse nella massa), e non solo quelle che hanno alimentato lo sviluppo tecnologico...

paul11

#24
Citazione di: Jacopus il 17 Luglio 2016, 23:30:56 PMQuesta discussione e' diventata l'arena fra due partiti: il partito plautiano, secondo il quale l'uomo e' sempre lo stesso avido, arraffatore, corrotto di sempre e il partito marcusiano che vede nell'uomo occidentale ogni male e sventura. Vorrei promuovere un terzo partito: il partito adorniano che ritiene l'uomo occidentale fautore di meccanismi di pensiero nello stesso tempo positivi e negativi. Lo sviluppo tecnologico ha permesso un livello di vita mai raggiunto prima. Sto ora scrivendo davanti ad uno smarphone a proposito di questioni che duemila anni fa erano riservate ad una ristretta elite. Cio' che ha funzionato per me, pero' non funziona per la maggioranza del mondo. L'uomo occidentale ha fallito il suo obiettivo universalistico, da raggiungere sulla terra, sia nella versione liberale che in quella marxista. Resta l'opzione religiosa che infatti mostra segni di rafforzamento. La scommessa allora potrebbe essere quella di riattivare quella vena sotterranea del pensiero occidentale che pure esiste, che antepone gli interessi collettivi agli interessi individuali. Sono attualmente in Francia, una Francia rurale ma comunque altamente occidentalizzata. Le differenze di relazione fra gli individui si notano, cosi' come la differente ripartizione fra luoghi pubblici e privati. Paragone tutto a favore della Francia ovviamente. Come al solito il modello manicheista "tutto egoismo/tutta generosità" non e' reale. Le societa' sono un po' egoiste ed un po' generose e tendono a decadere quando la parte egoista tende a sopprimere la parte generosa. La pericolosita' della situazione attuale e' la globalizzazione e la mancanza di modelli alternativi al capitale. Anzi un modello pseudo-alternativo c'e' e si chiama radicalismo religioso ma si cadrebbe dalla padella alla brace.

...sì, l'egoista c'è sempre stato, ma c'è sempre stata anche la virtù in qualunque civiltà.
Allora o si decide di seguire il modello del saggio virtuoso o quello del mercantilismo senza scrupoli  il cui modello è avere un sacco di soldi, i water dorati e ostentare la propria potenza.
Le vie di mezzo sono quelle che stanno perseguendo le moltitudini, ovvero degli ambigui.

Qualunque civiltà ha seguito delle parabole, il cui apogeo era grande cultura,economia e giustizia,Le decadenze della parabola discendente sono sempre accompagnate da comportamenti coerenti alla decadenza ovvero bassi livelli di costume ,quindi nessuna virtù.Se la storia ci insegna i segni dei tempi ,ci sta avvertendo.

La comunità si è arrresa nel momento in cui la potenza esterna oltre quella comunità invadeva senza ostentazione fisica.
Quei pochi potenti che si spartiscono enormi poteri globali, hanno costruito formalismi  per cui il contadino della comunità nella pianura Padana deve abbandonare la coltivazione del grano perchè la borsa merci mondiale ha deciso che il prezzo del grano è speculato dalle multinazionali o transnazionali.
Il potere finanziario mondiale della Federal Reserve statunitense, della BCE europea, dal Fondo Monetario Internazionale decidono sulla testa di tutte le comunità mondiali.Il problema è come siamo arrivati a questo visto che nessuna comunità locale li ha mai votati democraticamente,Chi li ha scelti, come si compongono, chi gli ha dato questi poteri con quale mandato popolare  e perchè?
A me non interessa se la comunità nel Burkina  Faso funziona bene o male, sono affari loro e spero bene per loro,, finchè non mi chiamano in causa.Mi interessa dove vivo avere servizi che funzionano, persone oneste e virtuose, costruire fiducie e non diffidenze,E questo posso solo farlo a misura di comunità locale.
Quando tutto sfugge e condiziona così potentemente la comunità dall'esterno, quella comunità o esplode o implode, se i poteri del proprio destino le sono ora esterni.Oggi più che mai abbiamo volontà che passano sopra le nostre teste e non siamo più padroni del nostro destino.

donquixote

Citazione di: Jacopus il 17 Luglio 2016, 23:30:56 PMQuesta discussione e' diventata l'arena fra due partiti: il partito plautiano, secondo il quale l'uomo e' sempre lo stesso avido, arraffatore, corrotto di sempre e il partito marcusiano che vede nell'uomo occidentale ogni male e sventura. Vorrei promuovere un terzo partito: il partito adorniano che ritiene l'uomo occidentale fautore di meccanismi di pensiero nello stesso tempo positivi e negativi. Lo sviluppo tecnologico ha permesso un livello di vita mai raggiunto prima. Sto ora scrivendo davanti ad uno smarphone a proposito di questioni che duemila anni fa erano riservate ad una ristretta elite. Cio' che ha funzionato per me, pero' non funziona per la maggioranza del mondo. L'uomo occidentale ha fallito il suo obiettivo universalistico, da raggiungere sulla terra, sia nella versione liberale che in quella marxista. Resta l'opzione religiosa che infatti mostra segni di rafforzamento. La scommessa allora potrebbe essere quella di riattivare quella vena sotterranea del pensiero occidentale che pure esiste, che antepone gli interessi collettivi agli interessi individuali. Sono attualmente in Francia, una Francia rurale ma comunque altamente occidentalizzata. Le differenze di relazione fra gli individui si notano, cosi' come la differente ripartizione fra luoghi pubblici e privati. Paragone tutto a favore della Francia ovviamente. Come al solito il modello manicheista "tutto egoismo/tutta generosità" non e' reale. Le societa' sono un po' egoiste ed un po' generose e tendono a decadere quando la parte egoista tende a sopprimere la parte generosa. La pericolosita' della situazione attuale e' la globalizzazione e la mancanza di modelli alternativi al capitale. Anzi un modello pseudo-alternativo c'e' e si chiama radicalismo religioso ma si cadrebbe dalla padella alla brace.
Citazione di: Phil il 17 Luglio 2016, 23:51:44 PMA scanso di equivoci: per ora ho parlato solo di vizi e "difetti di fabbrica" dell'uomo, perchè il discorso è partito da una critica all'uomo moderno, e volevo ricordare come tali pecche fossero tipiche dell'uomo tout court; ma non per questo ritengo che l'uomo sia solo un ricettacolo di impulsi negativi, iniqui o sconsiderati, ci sono indubbiamente anche potenzialità positive (disperse nella massa), e non solo quelle che hanno alimentato lo sviluppo tecnologico...

Non ci sono affatto due partiti. o almeno io (e credo anche acquario69) non appartengo né al partito plautiano nè a quello marcusiano. Il discorso è molto più semplice ma siccome  è forse noioso rileggere e comprendere quel che si è scritto provo a riassumere schematizzando:

- l'uomo ha in sé sia qualità positive che negative (senza star qui ad elencarle) e questo lo si sa da migliaia di anni
- fra le qualità negative vi è l'egoismo, la corruzione e la volontà di sopraffazione (come raccontato anche nella Bibbia nel capitolo dedicato al peccato originale)
- queste caratteristiche non sono presenti nella medesima percentuale in tutte le etnie umane e nemmeno negli uomini della medesima etnia considerati in epoche diverse
- vi sono comunità umane che valorizzano le qualità positive e limitano quelle negative, facendo prevalere gli interessi comunitari a scapito di quelli individuali
- vi sono altre "culture" che invece ritengono positivo l'egoismo e la sopraffazione ed esaltano gli interessi individuali negando nel contempo quelli collettivi, organizzando la propria società sulla base di questi "valori".
- Vi sono comunità umane che ritengono l'equilibrio e l'armonia della comunità e quello più complessivo del mondo un valore imprescindibile da salvaguardare.
- Vi sono altre "culture" che negano e rifiutano questo equilibrio per perseguire un "progresso" indefinito, senza nemmeno peraltro affermare dove questo "progresso" dovrà mai portare, e sfruttano tutte le risorse possibili per alimentarlo ignorando totalmente le conseguenze a cui questo potrà portare.

Sono entrambe uguali e intercambiabili, o con differenze trascurabili, oppure non sono, queste due organizzazioni sociali, una l'opposto dell'altra? E se le regole delle società le fanno gli uomini è così sbagliato affermare che gli uomini che hanno dato vita ad un certo tipo di comunità sono sostanzialmente (e non superficialmente) diversi da quegli altri?

Poi se volete discutiamo altrove della tecnologia che avrà anche introdotto alcune comodità ma nel contempo ha rincretinito l'uomo e l'ha reso sempre più ignorante e dipendente dalle macchine. Come si faccia a definire "positivo" il fatto che un tempo l'uomo bastava a se stesso per tutto quello di cui aveva bisogno e ora dipende in maniera totale da apparecchi che egli stesso ha inventato e che dunque gli sono "inferiori"? Come si fa a definire intelligente uno che si fida più di una macchina (che fra l'altro nel 99% dei casi non solo non saprebbe costruirla, ma non sa nemmeno come funziona) che di un proprio simile? Ma questa è un'altra questione.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Phil

Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AME se le regole delle società le fanno gli uomini è così sbagliato affermare che gli uomini che hanno dato vita ad un certo tipo di comunità sono sostanzialmente (e non superficialmente) diversi da quegli altri? 
Capisco la tua prospettiva, ma ricorderei che le regole vengono fatte anche in base ai fabbisogni: le esigenze strutturali orientano le regole tanto quanto le qualità degli uomini che le decidono... 
Secondo me, la differenza fra i due approcci culturali ha una base quantitativa (prima che qualitativa): le culture-comunità che
Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AMritengono l'equilibrio e l'armonia della comunità e quello più complessivo del mondo un valore imprescindibile da salvaguardare. 
solitamente, come ricordavo, non hanno popolazioni particolarmente numerose e strutture economiche particolarmente complesse, mentre le culture-comunità che
Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AM negano e rifiutano questo equilibrio per perseguire un "progresso" indefinito, senza nemmeno peraltro affermare dove questo "progresso" dovrà mai portare, e sfruttano tutte le risorse possibili per alimentarlo ignorando totalmente le conseguenze
comprendono, ma posso sbagliarmi, gran parte di tutti i paesi più industrializzati e popolosi, e non solo nel famigerato occidente... che sia una mera coincidenza storica? Oppure c'è del "sintomatico"?

Considerando ciò mi è nato il sospetto (ma non la certezza) che ci sia un legame fra difetti sociali (chiamiamoli così) e quantità della popolazione e complessità economica... per cui rimproverare al grande di non avere i pregi del piccolo, o lodare il piccolo perché non ha i difetti del grande, rischia di sottovalutare la differenza fra "grande" e "piccolo" (sociologicamente, antropologicamente, economicamente, etc.).
Se poi dovesse nascere una superpotenza economica con un miliardo di abitanti che rispetta l'ambiente, tutela i deboli più dei forti ed è un esempio di virtù ("parolaccia" comunque opinabile), ne sarei ben lieto  :)

acquario69

voglio riportare qui una mia esperienza personale che forse può contribuire a dare un esempio e che credo rimane nel tema complessivo della discussione;

non vivo più in italia da 13 anni,e quando mi sono trasferito qui dove sono ora (Australia) ho ovviamente verificato tante cose diverse e non da semplice turista.

quando ho preso la patente qui e ho cominciato a guidare mi ha fatto un effetto stranissimo poiché non ci ero abituato,cioè mi sembrava come se invece di un automobile guidasse un treno!
si perché il treno non può uscire dai binari!...a Roma per me era normale a volte fare zig zag e superare un altro veicolo,come del resto fanno tutti,(ma anche perché se stai su una corsia la devi prendere dall'inizio e dopo risulta più difficile cambiarla),qui infatti non succede mai,tutti rimangono rispettosi in fila sia pure se ce uno lentissimo davanti,così che all'inizio mi capitava di fare dei sorpassi e spesso sentivo dei colpi di clacson e mi domandavo perché lo facessero...poi ho capito ed ora mi sembra anche giusto e non lo farei più.

un altro esempio e' il casco in bicicletta.
all'inizio non lo mettevo mai e mi meravigliavo come tutti,ma proprio tutti ce l'avessero in testa pure a 40 gradi...un paio di volte mi sono sentito richiamare facendo segno con la mano che dovevo indossarlo,ed anche qui rimasi meravigliato per tanto zelo.
ora mi sentirei in forte imbarazzo a non avere il casco e non mi sentirei nemmeno in pace mentre giro con la bicicletta.

all'inverso quando ora mi capita di tornare in italia mi sembra strano e anche controproducente che noi non abbiamo quel senso di coesione che a noi manca..a parte la nazionale di calcio :)

donquixote

Citazione di: Phil il 18 Luglio 2016, 16:00:47 PMCapisco la tua prospettiva, ma ricorderei che le regole vengono fatte anche in base ai fabbisogni: le esigenze strutturali orientano le regole tanto quanto le qualità degli uomini che le decidono...

Chi decide quali sono le "esigenze strutturali" e i "fabbisogni" se non le persone? E in base a cosa qualcosa viene definito "fabbisogno" se non in base ad un intimo desiderio umano?

Citazione di: Phil il 18 Luglio 2016, 16:00:47 PMSecondo me, la differenza fra i due approcci culturali ha una base quantitativa (prima che qualitativa): le culture-comunità che
Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AMritengono l'equilibrio e l'armonia della comunità e quello più complessivo del mondo un valore imprescindibile da salvaguardare.
solitamente, come ricordavo, non hanno popolazioni particolarmente numerose e strutture economiche particolarmente complesse, mentre le culture-comunità che
Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AMnegano e rifiutano questo equilibrio per perseguire un "progresso" indefinito, senza nemmeno peraltro affermare dove questo "progresso" dovrà mai portare, e sfruttano tutte le risorse possibili per alimentarlo ignorando totalmente le conseguenze
comprendono, ma posso sbagliarmi, gran parte di tutti i paesi più industrializzati e popolosi, e non solo nel famigerato occidente... che sia una mera coincidenza storica? Oppure c'è del "sintomatico"? Considerando ciò mi è nato il sospetto (ma non la certezza) che ci sia un legame fra difetti sociali (chiamiamoli così) e quantità della popolazione e complessità economica... per cui rimproverare al grande di non avere i pregi del piccolo, o lodare il piccolo perché non ha i difetti del grande, rischia di sottovalutare la differenza fra "grande" e "piccolo" (sociologicamente, antropologicamente, economicamente, etc.). Se poi dovesse nascere una superpotenza economica con un miliardo di abitanti che rispetta l'ambiente, tutela i deboli più dei forti ed è un esempio di virtù ("parolaccia" comunque opinabile), ne sarei ben lieto :)


La Cina e L'India hanno una popolazione complessiva di circa due miliardi e ottocento milioni di persone, attualmente, mentre lo stato europeo più popoloso ne ha poco più di 80 milioni, però l'India e la Cina fino al 1989 erano considerati praticamente paesi del "terzo mondo", ovvero economicamente e tecnologicamente sottosviluppati. Si può ragionevolmente supporre che la proporzione fra il numero di abitanti di India e Cina e quello dei paesi europei fosse più o meno la stessa anche qualche secolo fa, quando l'Europa si era già completamente mercantilizzata e quasi completamente industrializzata, mentre India e Cina mantenevano un certo equilibrio che durava da tempo immemore e hanno incominciato a "corrompersi" in maniera evidente con l'invasione britannica l'una e le guerre dell'oppio l'altra; quindi il numero c'entra molto relativamente. Certo nel "piccolo" è più semplice mantenere un equilibrio (e sia l'India che la Cina erano formati da tanti "piccoli" che condividevano una comune visione del mondo e poi ognuno si organizzava come meglio riteneva opportuno), ma la decisione (perchè è una decisione) di farsi "grande" è già sintomo di cambiamento e corruzione, quindi di sopravvenuto squilibrio nella visione del mondo. Finchè è la natura a dettare i ritmi e l'uomo vive in campagna in comunità ristrette è più facile mantenere l'equilibrio, ma se l'industrializzazione porta a costruire megalopoli intorno alle fabbriche che diventeranno sempre più numerose e grandi allora ogni equilibrio andrà perduto, e decidere in un senso o nell'altro è sempre opera umana, non di qualche alieno venuto da chissà dove.
Non può esistere una "superpotenza economica" con un miliardo di abitanti che rispetta l'ambiente, perchè questo è un evidente ossimoro: possono esistere un miliardo di persone che rispettano l'ambiente, ma non saranno mai superpotenza economica. E la tutela "dei deboli più dei forti" è un ideale anch'esso del tutto moderno e occidentale (per quanto disatteso) che non trova alcun riscontro nelle culture a cui io mi riferisco e non è affatto sinonimo di virtù.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Phil

Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AMChi decide quali sono le "esigenze strutturali" e i "fabbisogni" se non le persone? E in base a cosa qualcosa viene definito "fabbisogno" se non in base ad un intimo desiderio umano? 
Per "esigenze strutturali"-"fabbisogni" intendo proprio le necessità che si impongono a prescindere dalla volontà e dalla decisione umana; è ancora una questione di numeri: se siamo una dozzina e c'è un problema da risolvere, possiamo sederci intorno ad un tavolo e fare un'assemblea; se siamo un milione di persone, il tavolo non basta più e sorge, non certo per scelta o desiderio, l'esigenza inaggirabile di strutturare un procedura per gestire quel milione di persone, ed è a questo punto che nasce il fabbisogno di regole applicabili per una "base" nell'ordine del milione e non delle decine. 
Per cui oltre all'orientamento politico o etico o culturale, quelle regole saranno decise "a priori" anche dalla finalità dell'applicazione su una popolazione vasta (ad esempio verrà di certo esclusa la strada del "facciamo un'assemblea a cui partecipano tutti i cittadini ed ognuno prende la parola per proporre una soluzione ai problemi della comunità..." che invece può essere ragionevole e percorribile per un gruppetto di trenta persone). 
Ci sarebbero anche altri esempi di "esigenze strutturali" che sono dovute ad un numero elevato di membri della comunità, ma che, nel piccolo, possono anche non sussistere (basti pensare alla burocrazia, al controllo strutturato, alla divisione gerarchica dei poteri, etc.).

Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AMmentre India e Cina mantenevano un certo equilibrio che durava da tempo immemore e hanno incominciato a "corrompersi" in maniera evidente con l'invasione britannica l'una e le guerre dell'oppio l'altra; quindi il numero c'entra molto relativamente 
Non credo che in India e in Cina non ci fossero persone avide o moralmente corrotte (in tutti i sensi già citati in precedenza) e che la loro cultura non avesse i medesimi tarli, mutatis mutandis, dell'uomo attuale, pur al netto di un'economia ben differente... se invece non parli di "equilibrio etico-culturale"(lo chiamiamo così?), ma alludi all'"equilibrio ecologico", direi che in India e in Cina quella non è stata un'autentica scelta: ogni scelta presuppone infatti almeno due possibilità e non credo che nessuna di quelle due culture, per quanto eterogenee, abbia rifiutato fermamente e consapevolmente un cambiamento contro-natura per mantenere l'armonia... ed infatti, appena si è davvero posta la possibilità di scelta, è stata presa 
Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AMla decisione (perchè è una decisione) di farsi "grande" è già sintomo di cambiamento e corruzione, quindi di sopravvenuto squilibrio nella visione del mondo. 
Questa decisione conferma di fatto che non è solo l'uomo occidentale o contemporaneo ad essere allettato da certe tentazioni, ed è proprio quello che cercavo di non far cadere fuori dal discorso...

Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AM  Finchè è la natura a dettare i ritmi e l'uomo vive in campagna in comunità ristrette è più facile mantenere l'equilibrio, ma se l'industrializzazione porta a costruire megalopoli intorno alle fabbriche che diventeranno sempre più numerose e grandi allora ogni equilibrio andrà perduto, e decidere in un senso o nell'altro è sempre opera umana, non di qualche alieno venuto da chissà dove. 
Esatto, concordo anche qui: è proprio l'uomo in quanto tale ad essere incline a certe "direzioni", e a scegliere di conseguenza... Ovviamente, le megalopoli non potevano nascere in epoca pre-industriale o nel cuore della foresta amazzonica: la direzione storica dell'uomo, ha costantemente e gradualmente coniugato l'"essenza umana" (piuttosto invariata direi) secondo la realtà tipica di ciascuna epoca, sino all'epoca attuale che amplifica tale "essenza", sia per quantità (la terra non è mai stata così popolata), sia per tecnologia (che fa da megafono cacofonico anche di ciò che prima era magari un "rumore di fondo"...), ma direi che sotto il cielo, per quanto riguarda l'agire umano, i suoi vizi e le sue virtù, non c'è nulla di essenzialmente nuovo, semmai solo "formalmente" (opinione mia...).


Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AM Non può esistere una "superpotenza economica" con un miliardo di abitanti che rispetta l'ambiente, perchè questo è un evidente ossimoro: possono esistere un miliardo di persone che rispettano l'ambiente, ma non saranno mai superpotenza economica. E la tutela "dei deboli più dei forti" è un ideale anch'esso del tutto moderno e occidentale (per quanto disatteso) che non trova alcun riscontro nelle culture a cui io mi riferisco e non è affatto sinonimo di virtù.
Chiaramente era un esempio parossistico, per scagionarmi dall'eventuale "imputazione di pessimismo cosmico" (che era forse comparso fra le righe agli occhi di Jacopus...); anche se, in linea puramente teorica, non credo sia assolutamente impossibile, per quanto davvero molto improbabile...
Sull'essere o non essere virtù del tutelare i deboli più dei forti, come già detto, per me, "virtù" è solo una "parolaccia opinabile"(auto-cit.)  ;)