Dati e considerazioni reali sull'immigrazione

Aperto da Fharenight, 20 Aprile 2017, 15:07:16 PM

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paul11

Citazione di: InVerno il 22 Luglio 2017, 17:48:17 PM
Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2017, 11:14:37 AMUna comunità, un popolo, una nazione , deve comunque imparare ad autogestirsi in funzione delle risorse economiche e questo lo sanno fare benissimo ancora le comunità tribali incontaminate dalla nostra cultura.
Il problema è che i confini territoriali a qualsiasi livello dai regionali ai nazionali, non hanno la benchè minima connessione con il benchè minimo concetto di sostenibilità e di autogestione (non a caso le autarchie non hanno mai funzionato); da questo punto di vista sono divisioni completamente arbitrarie, frutto di tensioni storiche e militari ed in ultima analisi, semplici derivazioni di ceppi linguistici. Per non parlare delle "nazioni africane" cosi tristemente disegnate con squadra e righello. Ma anche se i confini territoriali fossero stati tracciati con questo in mente dopo la seconda guerra mondiale, oggi le esigenze sarebbero totalmente diverse, bisorrebbe possedere "confini dinamici" esattamente come quelli delle tribù che a seconda delle necessità popolano o spopolano determinate aree di interesse effettivamente muovendo i propri confini. L'alternativa è che i confini "statici" presto non varranno più nulla, o che verranno spostati militarmente.

Bene,  allora spiegami la dinamica secondo cui,queste comunità che si autogestivano le risorse gli usi e costumi sono esistite, o neghi anche questo, esistono e addirittura c'è chi le crea come comunità buddiste, o quant'altro proprio da noi, e tutt'ora esistono fin quando non sono invase dal capitalismo occidentale.

Quindi accetti il capitalismo come paradigma?

maral

#61
Citazione di: acquario69 il 22 Luglio 2017, 06:12:29 AM
cominciamo col dire che se un tale sistema induce da una parte gli autoctoni ad emigrare all'estero e dall'altra ce ne sono altrettanti non autoctoni che entrano...già questo dovrebbe far notare tutta la follia e l'assurdita.
Che ne so facciamo un esempio banale che vuole solo dare l'idea di quanto voglio dire...un giovane cerca lavoro lontano da casa e gli anziani rimangono soli...chi li accudisce? non saranno i loro figli che non ci sono più ma altri che anche loro sono stati costretti a fare altrettanto...non sarebbe questa un palese contraddizione? O vogliamo ridurre tutto come al solito solo a una questione di numeri e calcoli?
a quel punto non era più logico che per fare la stessa cosa ognuno sarebbe rimasto,a casa loro?
E' indubbio che c'è un "meccanismo" che spinge a cercare altrove le risposte alle proprie aspettative e bisogni e che questo meccanismo è un aspetto dei contesti di prassi vigenti nel mondo in cui esistiamo, un mondo che ha superato quello agricolo da cui proviene, fondato sul senso di appartenenza alla terra.
I miei genitori, oggi ultraottantenni, hanno passato la vita ad accudire i loro vecchi (8 parenti anziani tra genitori e zii), perché questo era quanto si attendeva che si facesse nel mondo contadino che li aveva preceduti e delle cui usanze erano ancora culturalmente impregnati, ma già per la mia generazione e quelle successive, nate e vissute nell'epoca dello sviluppo industriale e post industriale, queste usanze sarebbero parse assurde, praticamente nessuno avrebbe stabilito il senso della propria esistenza nell'accudire agli anziani. Gli strumenti che usiamo, le tecnologie che adoperiamo determinano i nostri rapporti sociali e il nostro senso del mondo e non il contrario. Si può rimpiangere con malinconia la civiltà agricola, partendo dalla situazione esistenziale attuale, ma non recuperarla e men che meno imporla, non si può semplicemente tornare indietro, questo sarebbe il vero paradosso.
Non è il sistema di per sé a essere profondamente malato, esso è solo il prodotto di modi di interagire e di fare che sono diventati quelli che dettano il nostro modo di vivere, compreso anche il fatto che siamo qui a parlarci a mezzo di un computer, anziché andare a zappare la terra per mangiare e alla sera incontrarsi all'osteria del paese e il disagio dipende dalla continua repentinità di cambiamento che questo sistema impone facendoci sentire tutto il peso della nostra inadeguatezza e alienazione, per reggere alla quale continuamente occorre spostarsi. Non c'è però un progetto perverso che ha determinato questo, perverse saranno le sue conseguenze, se non troveremo il modo di sentirci a casa nel mondo che siamo destinati a percorrere e di ritrovarci in questo percorrerlo, al passo che le nostre esistenze consentono, aiutandoci gli uni con gli altri, perché oggi siamo inevitabilmente chiamati a essere tutti migranti per tentare di restare ciò che siamo.  

Citazionema allora perché ad esempio fino credo a un centinaio di anni fa non esisteva questo fenomeno nel continente africano e la loro popolazione poteva perciò vivere tranquillamente del suo in sostanziale equilibrio?
Lo stesso credo si potrebbe anche dire di noi...allora cosa e' stato che ha spezzato via un tale equilibrio?
Lo hai detto tu stesso, sono passati cent'anni e le prassi tecnologiche sono radicalmente cambiate e questo ha determinato cambiamenti sociali di portata enorme e in questo cambiamento il mondo occidentale è stato il principale autore e protagonista, raccogliendone i vantaggi senza pagarne il prezzo, noi siamo stati i primi a sradicare dalle campagne e dall'Africa milioni di schiavi in ragione del profitto che consentiva alle nostre metropoli e al nostro benessere di crescere a dismisura. Ora che il conto da pagare si presenta vorremmo erigere muri che ce ne mettano al riparo.
Loro verranno spinti dal loro immane bisogno che noi abbiamo determinato per costruire sulla loro niseria la nostra ricchezza, verranno chiedendoci di saldare il conto e, che lo si voglia o meno, il conto verrà saldato. Dovremo allora lavorare insieme per evitare che il saldo non includa enormi tributi di sangue e di odio da entrambe le parti, in nome di quei fantasmi di un'etnicità che di fatto non sussiste più, né tra noi, né tra loro che già si mischiano migrando, ma che è sempre pronta a tornare con tutta la ferocia dei suoi spettri ancestrali affamati di morte.
Poi le cose cambieranno ancora, stanno già cambiando.

maral

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2017, 11:14:37 AM
Una comunità, un popolo, una nazione , deve comunque imparare ad autogestirsi in funzione delle risorse economiche
e questo lo sanno fare benissimo ancora le comunità tribali incontaminate dalla nostra cultura.
La mia netta impressione è che i migranti sono figli della contraddizione di non essere più comunità, popolo con  una loro tradizione  ed il non essere ancora Paesi sviluppati. Sempre per fare l'esempio della Nigeria ha avuto tassi di sviluppi simili al Sud Africa nel continente.
Non credo che ci si impari ad autogestirsi in funzione delle risorse economiche, ma piuttosto che si realizzi un equilibrio ecologico che non è mai permanente (e la storia delle estinzioni dei popoli e delle culture, anche nel passato lo insegna). L'attaccamento alle tradizioni, ossia alle prassi consolidate, funziona in tempi di stasi, non in tempi di cambiamento dove può risultare anche distruttivo.
Un esempio sta proprio in quella natalità intesa secondo il detto biblico del crescete e moltiplicatevi, citata da Jacopus, che favorisce l'equilibrio ecologico in tempi in cui la mortalità infantile è alta, ma che diventa un fattore profondamente disequilibrante una volta che, a mezzo della tecnica, la mortalità infantile viene abbattuta e a quel punto anche la pianificazione economicamente programmata introduce ulteriori problemi.
Certamente le forme economiche che le tecnologie attualmente realizzano portano alla commistione etnica. Non è in generale rifiutabile la tecnologia in nome della propria tradizione, non lo è in virtù dell'enorme potenza che essa mette a disposizione dell'immaginario umano. Il fatto di aver subito la potenza tecnologica dell'Occidente mette inevitabilmente quei popoli nella posizione di desiderarla e perseguirla appropriandosene. Il problema è che quella tecnologia diventa essa stessa un nuovo fattore a livello di ecologia sociale, da aspetto culturale diventa una sorta di fattore naturale di base a cui le vecchie tradizioni non riescono più a offrire alcuna risposta, anzi, la pretesa di conservarle come sono, peggiora le situazioni di equilibrio locale spingendo ancora le popolazioni a spostarsi.
Il problema è che siamo stati abituati, nel nostro modo analitico di ragionare economicamente, a tenere separati i gli elementi di complessità dei problemi una volta che si presentano senza considerarne le profonde interazioni a ogni livello, sperando così di trovare soluzioni semplici che valgano una volta per tutte e che ci permettano di stabilire, uno per volta, dei progressi ordinativi. Purtroppo non è così, purtroppo così ogni soluzione non fa che riproporre lo stesso problema passando da un piano diverso.
Chissà, magari proprio quella commistione culturale tanto temuta ci aiuterà a trovare un modo migliore e più ecologico di pensare.     



InVerno

#63
Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2017, 23:30:36 PM
Citazione di: InVerno il 22 Luglio 2017, 17:48:17 PM
Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2017, 11:14:37 AMUna comunità, un popolo, una nazione , deve comunque imparare ad autogestirsi in funzione delle risorse economiche e questo lo sanno fare benissimo ancora le comunità tribali incontaminate dalla nostra cultura.
Il problema è che i confini territoriali a qualsiasi livello dai regionali ai nazionali, non hanno la benchè minima connessione con il benchè minimo concetto di sostenibilità e di autogestione (non a caso le autarchie non hanno mai funzionato); da questo punto di vista sono divisioni completamente arbitrarie, frutto di tensioni storiche e militari ed in ultima analisi, semplici derivazioni di ceppi linguistici. Per non parlare delle "nazioni africane" cosi tristemente disegnate con squadra e righello. Ma anche se i confini territoriali fossero stati tracciati con questo in mente dopo la seconda guerra mondiale, oggi le esigenze sarebbero totalmente diverse, bisorrebbe possedere "confini dinamici" esattamente come quelli delle tribù che a seconda delle necessità popolano o spopolano determinate aree di interesse effettivamente muovendo i propri confini. L'alternativa è che i confini "statici" presto non varranno più nulla, o che verranno spostati militarmente.

Bene,  allora spiegami la dinamica secondo cui,queste comunità che si autogestivano le risorse gli usi e costumi sono esistite, o neghi anche questo, esistono e addirittura c'è chi le crea come comunità buddiste, o quant'altro proprio da noi, e tutt'ora esistono fin quando non sono invase dal capitalismo occidentale.

Quindi accetti il capitalismo come paradigma?
Che cosa cambierebbe se lo accettassi o meno? La realtà?
Le tribù (intese come generici gruppi umani prestatali) hanno da gestire generalmente un bilancio di risorse estremamente più semplice di uno stato moderno e i loro confini sono segnalati generalmente da vedette (no stato-> no milizia -> no confini) che se non obbligate da tensioni con altre tribù, si spostano dal giorno alla notte per controllare territori stagionalmente utili intorno al baricentro abitativo. Se, ponessimo per ipotesi, uno stato moderno per dichiarare la propria indipendenza dovesse portare agli altri stati una relazione dove certifica la propria autosufficienza alimentare ed energetica (livello base), compresa di un margine di surplus sufficiente alla crescita, gli stati moderni imploderebbero uno per uno, con eccezion fatta probabilmente dei grandi stati continentali solo e solamente grazie alle fonti di energia rinnovabile e nucleare. Il neocolonialismo pone rimedio a ciò. Se si pensa che la Francia o la Germania abbiano internamente le risorse per partecipare al G8 si pensa al ridicolo.. Il capitale dovrebbe fermarsi all'insensatezza e arbitrarietà dei confini moderni, dovuti solo e solamente al fatto che il continente Europeo ha fatto delle guerra e dello sterminio una SCIENZA e ha conseguentemente disegnato tutti i confini del mondo in base alle tensioni militari europee? Allora non sarebbe il capitale. Il capitale e il mercato sono regolati da meccanismi oliati e studiati per essere "indipendente e autoregolati\autoregolanti" (anche se così non è, il tentativo rimane). Il capitale si muove e agisce in base alla scarsità di risorse e di lavoro, che sia artefatta o naturale, ha una sua sostenibilità interna. Essendo che nella maggior parte degli stati capitalisti avanzati vige una quasi-forma di democrazia, ed essendo che democrazia e capitalismo sono antitetici, vige il "capitalismo di stato" dove lo stato cura gli interessi degli organi più prominenti (banche, multinazionali etc cosidetti "too big to fail") e lascia alla "libera concorrenza" i piccoli avvoltoi, in modo tale da poter consegnare potere extra-territoriale alle organizzazioni che DAVVERO contano nell'equilibrio nazionale ma che da sole non avrebbero la capacità di intervenire su dazi, accordi diplomatici e tutto quel potere "residuale" della politica (inter)nazionale. Ed ecco che arriviamo alla conclamata conclusione della "politica subordinata alle lobby", e che sorpresa, quando parliamo di una politica con un raggio di azione cosi misero come quello nazionale. Finchè ci aspetteremo da capi di governo nazionali la forza politica di controbilanciare la spinta capitalista globale, lasceremo al capitalismo libertà totale di dilaniare il pianeta e di dare sfogo alle peggiori pulsioni umane. E' come cercare di fermare un virus con un cucchiaio. Il capitalismo non è il male, è l'assenza di contropoteri sufficienti a regolarlo a renderlo nocivo, e il nazionalismo è funzionale al capitale .
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

#64
Non sono d'accordo Maral,
1) come fa ad autoregolarsi la vita nel dominio naturale?
Dire autoregolazione in funzione delle risorse e dire ecologia armonica è la stessa cosa, perchè la vita è in funzione anche delle risorse che non sono infinite e sono localizzate  e infatti l'adattabilità è un fattore decisivo.
2) l'uso della tecnica altera o migliora il dominio della natura?
Un formicaio, un termitaio, un alveare sono forse più intelligenti delel organizzazioni umane?
Le territorialità in termini di espansione e di densità di specie in funzione dello spazio è proporzionale alle risorse nutritive.
Un alveare con abbondanza di risorse nutritive tende a sovrappopolarsi e allora la natura "decide" che vi nasca una nuova regina;, quell'alveare si divide e la nuova regina cerca nuovi territori. oppure le sovrappopolazioni tendono ad avere malattie sociali
3)Il metodo del " oggi è così complesso che non è possibile semplificare", è tipico dei demagogisti ( non è il tuo caso e non è riferito a te e a nessuno del forum),cioè di chi espande le variabili e le dinamiche dicendo che il problema è insolubile, così da non trovare mai le dinamiche strutturali e le responsabilità di queste.

Lo stato sociale tribale o comunità sociale umana, a cui non sono "attaccato"ma risultava rispondente alle regole naturali e sociali in quanto costituisce un equilibrio sicuramente superiore a famiglie disgregate a civiltà decadenti e ingestibili come la nostra era ancora a misura d uomo,con tutti i limiti e difetti ,

Ciò che lamento quindi è l'alienazione umana dell'uomo occidentale sia in termini di logica produttiva per un profitto e non per un utile sociale, e per un rapporto fra umani che decade nell'ipocrisia degli status sociali, delle ruolificazioni nelle gerarcofunzioni,, delle ipocrisie nei rapporti ,che portano ad una sostanziale difficoltà comunicativa proprio ne l paradosso della società della comunicazione: siamo inautentici.

Ma ora tornando ai migranti economici.Gli africani, prima che gli occidentali gli dessero "specchietti per allodole" ,,prima che li colonizzassero, vivevano esattamente in equilibrio dinamico ecologico con il loro ambiente, subendo crisi di siccità, alluvioni, ecc come di abbondanze:ma vivevano e non c'era sovrappopolazione. quest'ultimo fenomeno è emerso laddove gli africani si sono "spiantati" dalle loro  radici contaminati dalla cultura coloniale occidentale.
Se la loro scelta è rischiare la vita per diventare occidentalizzati è una loro fesseria . Perchè loro hanno risorse economiche più di noi e non sanno valorizzarle.Loro non sanno governare chi li governa( ma sono in buona compagnia), le loro risorse economiche del sottosuolo e del soprassuolo noi italiani ce le sogniamo.La Nigeria è prima in Africa e 26° nel mondo come PIL. e sottoutilizzano enormi capacità petrolifere.
Se non sanno far girare la loro economia cosa vengono da noi a fare?

Noi europei contraiamo le nascite anche per difendere lo status sociale, e i poveri del mondo  figliano come conigli.
Quando il mondo capitalistico comincia a fare l'ipocrita benevolenza e caritatevolezza, suona una campana stonata, che è quella di chi ha in mano le risorse africane, di chi ha corrotto i loro governanti.


Ognuno impari a gestirsi prima di tutto casa sua rendendosi consapevole e responsabile.
Noi dovremmo mutare il modello economico che altera risorse, generando squilibri e alienando tradizioni; quei popoli del terzo quarto mondo dovrebbero avere la capacità non di copiarci e di riprodurre ancora peggio il nostro il modello, ma di crearne di originali ricordandosi il loro passato, come noi d'altra parte.

InVerno

Citazione di: paul11 il 24 Luglio 2017, 01:19:50 AMOgnuno impari a gestirsi prima di tutto casa sua rendendosi consapevole e responsabile.
Noi dovremmo mutare il modello economico che altera risorse, generando squilibri e alienando tradizioni; quei popoli del terzo quarto mondo dovrebbero avere la capacità non di copiarci e di riprodurre ancora peggio il nostro il modello, ma di crearne di originali ricordandosi il loro passato, come noi d'altra parte.
Mancava un argomento al mio post di prima, ma tu lo completi. L'unico modo per ridare valore alle identità nazionali è il luddismo, o una qualsiasi forma di involuzione tecnologica che demolisca la globalizzazione e ricrei un economia a "misura di stato" (che poi questa sia un "economia più umana" è tutto da dimostrare). Una tesi fantascientifica, in quanto nella storia umana non è mai avvenuta se non per brevissimi periodi di certo non volontari ma dovuti a cataclismi sociali\economici presto superati. Sperare in questa chimera è ancora più funzionale al capitalismo di quanto lo sia il nazionalismo, è un utopia ancora più fumosa e irrealistica che concede ulteriore ossigeno al capitalismo. Se invece di parlare chessò, della demolizione del monopolio della proprietà intellettuale occidentale attraverso "brevetti" (in primis farmaceutici, ma subito dopo legati alle tecniche produttive) ci mettiamo a parlare di ritorno al tribale, la libertà di azione del capitale dorme sogni tranquilli e profondi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

maral

Citazione di: paul11 il 24 Luglio 2017, 01:19:50 AM
1) come fa ad autoregolarsi la vita nel dominio naturale?
Dire autoregolazione in funzione delle risorse e dire ecologia armonica è la stessa cosa, perchè la vita è in funzione anche delle risorse che non sono infinite e sono localizzate  e infatti l'adattabilità è un fattore decisivo.
A mio avviso no, non è la stessa cosa. Giustamente tu dici anche della (quantità di) risorse, ma non solo. E la differenza tra un modo di pensare ecologico e un modo di pensare economico sta proprio qui, poiché altrimenti si riduce l'ecologia a un caso dell'economia e, in conseguenza di questo, la vita stessa (a livello sia individuale che sociale) viene ridotta a una risultante di rapporti economici.
l'uso della tecnica altera o migliora il dominio della natura?
CitazioneUn formicaio, un termitaio, un alveare sono forse più intelligenti delel organizzazioni umane?
Il paragone non è ecologicamente fattibile, non si possono considerare le organizzazioni umane come formicai o termitai o alveari se non in ragione di un pensiero estremamente semplificante. Nelle organizzazioni sociali umane entrano in gioco fattori diversi, la stessa tecnica ad esempio che è fattore di pertinenza della natura umana, non di formiche o termiti, formiche e termiti non hanno bisogno di protesi, l'uomo sì, sempre. E questo crea il problema di un'assunzione della protesi rispetto a se stessi. La tecnica è un continuo tentativo dell'uomo di ridurre la resistenza della natura al suo progetto di esistenza a mezzo della natura, la tecnica non è qualcosa che si trova fuori dalla natura e per questo nell'uso della tecnica il problema di fondo, la contraddizione originaria, si ripresenta sempre a ogni passo della conoscenza umana cosicché nel progredire tecnico l'uomo non fa altro che ripetere la propria dislocazione che è la matrice stessa della sua forma di coscienza. Né un formicaio né un termitaio hanno questo problema: quando si raggiunge un certo livello limite di popolazione, parte delle formiche, delle termiti o delle api partono per stabilire una nuova colonia, potremmo dire che "migrano" per un puro automatismo che può riuscire o fallire, ma in cui la coscienza degli insetti non entra minimamente in gioco, mentre negli esseri umani entra sempre in gioco a interferire senza che si possa toglierla di mezzo.
In tal senso per l'economia non occorre pensare, solo determinare automatismi sulla base di rapporti quantitativi misurabili, mentre l'ecologia richiede continuamente di pensare, apre al dover pensare e ripensare.

Citazione3)Il metodo del " oggi è così complesso che non è possibile semplificare", è tipico dei demagogisti ( non è il tuo caso e non è riferito a te e a nessuno del forum),cioè di chi espande le variabili e le dinamiche dicendo che il problema è insolubile, così da non trovare mai le dinamiche strutturali e le responsabilità di queste.
Non vedo la complessità come un trucco fatto ad arte per giustificare una totale passività, al contrario, è uno stimolo continuo a pensare e agire senza cadere in semplificazioni forzose e forzanti che non risolvono nulla, ma che sempre peggiorano le situazioni. Non è che il problema è insolubile; c'è sempre una soluzione, altrimenti l'essere umano si sarebbe estinto da un pezzo, ma ogni soluzione è temporanea e nel momento in cui la si applica apre a nuove problematiche che chiedono di riconsiderarla. E se nella preistoria umana queste tempistiche erano dell'ordine di centinaia di migliaia di anni, oggi si sono ristrette all'ordine del alcune decine. E' questo che determina quel senso di angoscia e di spaesamento che spesso si risolve in un'alienazione che può trovare conforto in un pensiero magico impositivo (che non è più quello delle origini), o nei rimpianti di passati tanto più tranquilli.

CitazioneMa ora tornando ai migranti economici.Gli africani, prima che gli occidentali gli dessero "specchietti per allodole" ,,prima che li colonizzassero, vivevano esattamente in equilibrio dinamico ecologico con il loro ambiente, subendo crisi di siccità, alluvioni, ecc come di abbondanze:ma vivevano e non c'era sovrappopolazione. quest'ultimo fenomeno è emerso laddove gli africani si sono "spiantati" dalle loro  radici contaminati dalla cultura coloniale occidentale.
E' emerso ovunque sono entrati in contatto con la nostra cultura e, come ho detto, non poteva essere altrimenti, poiché la tecnica occidentale è forza e potenza allo stato puro (con tutte le illusioni e delusioni di funzionamento che da questo derivano), le cui suggestioni sono irresistibili, è forza in primo luogo in quanto capacità di suggestione.
E' dalla tua posizione di occidentale, che ha indirettamente goduto dello sfruttamento che la tecnica occidentale ha consentito, che oggi puoi dire che:
CitazioneSe la loro scelta è rischiare la vita per diventare occidentalizzati è una loro fesseria .
Non loro, perché per loro non è una fesseria, rischiano la vita mille volte per arrivare e non è per nulla una fesseria.
Il fatto che in quei territori ci siano le risorse, non li salva dal saccheggio di chi ha la tecnica per compierlo ed esercitare, sulla base di un ordine mondiale stabilito da quella stessa forza, il diritto allo sfruttamento. Non è semplicemente che "loro non sanno valorizzarle", ma che il disegno economico vigente si basa sul fatto che non devono essere loro a poterle valorizzare, che i profitti dell'uso tecnologico non devono in alcun modo tornare dove sta la risorsa. E' una legge generale che vale ovunque questa.
Su questa posizione la loro lotta (che dovrebbe essere in realtà la lotta di tutta la popolazione mondiale se la smettessimo una buona volta di farci la guerra tra chi è un po' meno povero e chi lo è un po' di più, convinti di tutelare il proprio privilegio residuale di consumatori, che peraltro va sempre più riducendosi) non può restare nell'ambito dei confini di uno stato nazionale, semplicemente perché non c'è nessuno stato nazionale che può oggi efficacemente opporsi a regole che da tempo sono del tutto sovrannazionali.
In primo luogo sicuramente bisognerebbe, come dice Inverno, cancellare i diritti di proprietà intellettuale, almeno nella misura in cui costringono a subire il ricatto dello sfruttamento intere popolazioni, bisognerebbe cessare di procedere alle privatizzazione di risorse come l'acqua, riaffermando l'esistenza di beni pubblici, perché pubblico è l'impatto della loro quantità e qualità e non può essere in alcun modo gestito su basi privatistiche. Non c'è da fare "ipocritamente carità", ma lavorare insieme a loro, unire la nostra forza alla loro e fare della diversità che sa convivere il fattore che ci rende più forti.
Questo significa ricominciare a pensare, questo significa ecologia non riducibile all'economia, questo significa anche ricominciare a fare filosofia in opposizione a un pensiero tecnico che è fondamentalmente incapace di pensare, dove la filosofia si traduce nel vissuto quotidiano, la si vede nella realtà irriducibilmente complessa delle cose e di ogni essere umano, dunque del mondo. 



paul11

Citazione di: InVerno il 24 Luglio 2017, 08:01:53 AM
Citazione di: paul11 il 24 Luglio 2017, 01:19:50 AMOgnuno impari a gestirsi prima di tutto casa sua rendendosi consapevole e responsabile.
Noi dovremmo mutare il modello economico che altera risorse, generando squilibri e alienando tradizioni; quei popoli del terzo quarto mondo dovrebbero avere la capacità non di copiarci e di riprodurre ancora peggio il nostro il modello, ma di crearne di originali ricordandosi il loro passato, come noi d'altra parte.
Mancava un argomento al mio post di prima, ma tu lo completi. L'unico modo per ridare valore alle identità nazionali è il luddismo, o una qualsiasi forma di involuzione tecnologica che demolisca la globalizzazione e ricrei un economia a "misura di stato" (che poi questa sia un "economia più umana" è tutto da dimostrare). Una tesi fantascientifica, in quanto nella storia umana non è mai avvenuta se non per brevissimi periodi di certo non volontari ma dovuti a cataclismi sociali\economici presto superati. Sperare in questa chimera è ancora più funzionale al capitalismo di quanto lo sia il nazionalismo, è un utopia ancora più fumosa e irrealistica che concede ulteriore ossigeno al capitalismo. Se invece di parlare chessò, della demolizione del monopolio della proprietà intellettuale occidentale attraverso "brevetti" (in primis farmaceutici, ma subito dopo legati alle tecniche produttive) ci mettiamo a parlare di ritorno al tribale, la libertà di azione del capitale dorme sogni tranquilli e profondi.
Fai tutto tu Inverno, senza un minimo di analisi, una critica di base  conoscitiva per aver un giudizio, di fatto accetti l'evoluzione globalizzata capitalistica: tanti auguri .
e precisando... dove hai letto che sostengo il luddismo?
a "misura d'uomo" significa che l'individuo controllo socialmente l'organizzazione, e non che la BCE. ONU. USA, Governi creino destini, non controllabili dagli individui. ma mi sembra  tu  sei troppo "dentro" il capitalismo per capire questo e allora avanti tutta verso la transumanza di miliardi di pecore senza pastore.
mai sentito il termine "federalismo" e da dove nasce?

Il capitalismo non ha bisogno di governi e di essere governato, e penso che questo tu l'abbia capito.
Quindi "la mano invisibile" priva di riferimenti e di responsabilità sta determinando  i destini di miliardi di persone e questo lascia indifferenti  o privi di critica e di giudizio sul rapporto uomo/ organizzazioni umane?
E intanto ci "prude" la morale se vediamo migranti morire? questa è pura ipocrisia.

Nel tempo  in cui dio è messo in discussione, il capitalismo non  mettiamolo in discussione; è diventato il moloch insopprimibile ,
il totem del ventunesimo secolo "in fieri".

InVerno

Io non difendo il capitalismo, ma credo che il capitalismo sia come un fluido che prende la forma del proprio contenitore, e siccome "fermare l'acqua con le mani" è comunemente ricosciuto come una forma di stupida cocciutaggine, preferisco prendermela coi contenitori. Al trentacinquesimo topic sul negro e i 40€, manca ancora all'appello un topic su un paradiso fiscale interno all'EU (Irlanda) dove Google e Apple non pagano le tasse, grazie a quello che oggi è il confine nazionale: una gabola per commercialisti e arrampicatori sociali. Con le tasse della sola Google e Apple nelle casse di qualche organizzazione governativa (posto che sia un contenitore grande abbastanza) potremmo parlare allora di "aiutarli a casa loro" e aiutare anche noi stessi, fino ad allora, possiamo continuare a farci la guerra tra poveri mentre il capitale evade le proprie responsabilità sociali con un timbro sul passaporto.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

Fammi capire Maral, a tuo parere l'energia ,se riduciamo ai minimi termini il concetto di ecologia, non è la stessa cosa d risorse, di catene alimentari, di habitat, di ambiente? e com'è che la natura trova un suo ordine , i suoi equilibri energetici e noi no,  o pensiamo che il capitalismo sia un "ordine naturale", perchè è da quì che nascono  i paradigmi ideologici su cui i pensatori capitalisti sostengono la sua funzionalità.

maral scrive:
Il paragone non è ecologicamente fattibile, non si possono considerare le organizzazioni umane come formicai o termitai o alveari se non in ragione di un pensiero estremamente semplificante. Nelle organizzazioni sociali umane entrano in gioco fattori diversi, la stessa tecnica ad esempio che è fattore di pertinenza della natura umana, non di formiche o termiti, formiche e termiti non hanno bisogno di protesi, l'uomo sì, sempre. E questo crea il problema di un'assunzione della protesi rispetto a se stessi. La tecnica è un continuo tentativo dell'uomo di ridurre la resistenza della natura al suo progetto di esistenza a mezzo della natura, la tecnica non è qualcosa che si trova fuori dalla natura e per questo nell'uso della tecnica il problema di fondo, la contraddizione originaria, si ripresenta sempre a ogni passo della conoscenza umana cosicché nel progredire tecnico l'uomo non fa altro che ripetere la propria dislocazione che è la matrice stessa della sua forma di coscienza. Né un formicaio né un termitaio hanno questo problema: quando si raggiunge un certo livello limite di popolazione, parte delle formiche, delle termiti o delle api partono per stabilire una nuova colonia, potremmo dire che "migrano" per un puro automatismo che può riuscire o fallire, ma in cui la coscienza degli insetti non entra minimamente in gioco, mentre negli esseri umani entra sempre in gioco a interferire senza che si possa toglierla di mezzo.
In tal senso per l'economia non occorre pensare, solo determinare automatismi sulla base di rapporti quantitativi misurabili, mentre l'ecologia richiede continuamente di pensare, apre al dover pensare e ripensare.

bene, Maral. adesso dimmi tu con chi sto interloquendo, con il Maral che crede che la cultura filosofica ha costruito una contraddizione con la tecnica , oppure con il Maral di questo forum di attualità che ritene che le contraddizioni siano sanabili dentro la contraddizione culturale stessa? Prova a metterti d'accordo fra teoria e prassi?
Com' è che non solo utilizziamo la tecnica non a fini sociali, ma a fini egoistici creando guerre militari, commerciali, squilibri e sfruttamento, accumulazione da una parte e  dall'altra disperazione, mentre la natura invece senza intelligibilità riesce comunque a governare da sempre il "suo" sistema?

Che cos'ha l'uomo di "tarato"?

la soluzione della complessità non è l'esercizio retorico del politico demagogista che rimanda continuamente le soluzioni, mentre i problemi si incancreniscono.Con me non funziona di sicuro questo modo di argomentare. 
Le circonlocuzioni elucubrative le lascio ai  "perdi tempo": io cerco di essere  diretto e  chiaro 

Maral non hai  ancora capito ,come Inverno cosa intendo per società autoregolata che non è necessariamente attaccamento al passato.
Il vostro errore è di non  avere un vostro giudizio critico sui sistemi sociali organizzativi umani e un vostro modello e di cadere nella contraddizione che l'ultimo modello creato dal pensiero fuoriuscito dal progresso sia sicuramente il migliore nella storia dell'umanità  e giustificata da una tecnica sempre più affinata .
Io reclamo semplicemente una organizzazione umana che sia umana il più possibile non costruita su alienazioni ed egoismi o mistificazioni culturali., dove la tecnica e la tecnologia siano al servizio della società,  e non preda della speculazione economica e monopolizzata da chi detiene i mezzi di produzione.
pensate che l'industria farmaceutica abbia interesse a debellare le malattie?
pensate che l'industria degli armamenti abbia interessi a debellare guerre e conflittualità


.e allora si pensa che questo dis-ordine mondiale, voglia l'emancipazione dell'umantà, delle persone o il rendiconto economico in attivo di pochi sul destino degli altri?

maral scrive:
E' emerso ovunque sono entrati in contatto con la nostra cultura e, come ho detto, non poteva essere altrimenti, poiché la tecnica occidentale è forza e potenza allo stato puro (con tutte le illusioni e delusioni di funzionamento che da questo derivano), le cui suggestioni sono irresistibili, è forza in primo luogo in quanto capacità di suggestione.
E' dalla tua posizione di occidentale, che ha indirettamente goduto dello sfruttamento che la tecnica occidentale ha consentito, che oggi puoi dire che:

Citazione
CitazioneSe la loro scelta è rischiare la vita per diventare occidentalizzati è una loro fesseria .
maral sottolinei quello che ti fa comodo, hai saltato che loro hanno più risorse di noi e non giochiamo alla demagogia del siamo "tutti uguali",  perchè ognuno ha i suoi livelli di consapevolezza e responsabilità, e io rispondo per i miei ,gli altri rispondano a se stessi se sono all'altezza..Io le mie prese di posizione e scelte di vita le ho fatte

Piuttosto cerca tu di raccordare la tua morale  con l'analisi della struttura economica e organizzativa umana se vuoi trovare una linea di coerenza

paul11

Citazione di: InVerno il 24 Luglio 2017, 14:24:46 PM
Io non difendo il capitalismo, ma credo che il capitalismo sia come un fluido che prende la forma del proprio contenitore, e siccome "fermare l'acqua con le mani" è comunemente ricosciuto come una forma di stupida cocciutaggine, preferisco prendermela coi contenitori. Al trentacinquesimo topic sul negro e i 40€, manca ancora all'appello un topic su un paradiso fiscale interno all'EU (Irlanda) dove Google e Apple non pagano le tasse, grazie a quello che oggi è il confine nazionale: una gabola per commercialisti e arrampicatori sociali. Con le tasse della sola Google e Apple nelle casse di qualche organizzazione governativa (posto che sia un contenitore grande abbastanza) potremmo parlare allora di "aiutarli a casa loro" e aiutare anche noi stessi, fino ad allora, possiamo continuare a farci la guerra tra poveri mentre il capitale evade le proprie responsabilità sociali con un timbro sul passaporto.
come dire non approvo ma mi adeguo
Se il capitalismo fosse la forma economica che più rispecchia l'uomo allora non ha senso il problema migranti, perchè non è un problema, è una logica conseguenza.
Se pensi che possa essere corretto il capitalismo da una giustizia politica (vedi Microsoft e tutte le super multe prese per logiche monopolistiche e quant'altro), dovremmo studiarci bene come i potenti commissari europei da boiardi delle multinazionali decidono le normative europee che a cascate scendono nelle costituzioni degli sciagurati Stati aderenti.
Lukacs diceva che il politico è un piccolo borghese al servizio della grande borghesia

Basterebbe cercare di capire come gli istituti del diritto internazionale che ricadono oramai nelle pluralità delle fonti, per cui i giudici chiamati alle sentenze possono scegliersi la fonte a loro più congeniale. vedasi la lex mercatoria  costituita dalle transazioni commerciali internazionali, stia ponendo serie problematiche sulla certezza del diritto, sui diritti fondamentali-
http://www.dirittoequestionipubbliche.org/page/2017_n17-1/index.htm

sgiombo

Citazione di: paul11 il 24 Luglio 2017, 14:45:53 PM

Com' è che non solo utilizziamo la tecnica non a fini sociali, ma a fini egoistici creando guerre militari, commerciali, squilibri e sfruttamento, accumulazione da una parte e  dall'altra disperazione, mentre la natura invece senza intelligibilità riesce comunque a governare da sempre il "suo" sistema?

Che cos'ha l'uomo di "tarato"?

CitazioneL' uomo, di suo peculiare in natura, ha che (a mio parere in conseguenza dell' invenzione da parte sua del linguaggio, consentito dalle enormi capacità cognitive o raziocinative di cui si é trovato naturalmente in possesso) può produrre (=trasformare la natura, agire finalisticamente in natura rispettandone-applicandone le leggi del divenire) e tende oggettivamente a produrre (e a consumare) più di quanto gli è necesario per sopravvivere e riprodursi.
E questa tendenza, nell' ambito naturale limitato sebbene tendenzialmente (ma non illimitatamente bensì "asintoticamente") crescente (fino a un limite oggettivo invalicabile) dal' uomo di fatto agibile, praticabile, è una tendenza oggettivamente crescente (tendenziale "sviluppo delle forze produttive sociali" del materialismo storico).
Tutto ciò, circa a partire dall' epoca neolitica o "poco prima", ha "innestato sulla storia naturale" la storia umana: divisione "tecnica" del lavoro, divisione "sociale" in classi antagonistiche, lotta di casse (i "rapporti di produzione" del materialismo storico), con tutto ciò che, non immediatamente-meccanicamente ma in un complesso rapporto "dialettico" di relativa reciprocità ne è conseguito: per l' appunto la "storia umana innestata sulla storia naturale".
Oggi in questo processo (nella storia; sia detto senza retorica ma con sobrio realismo: con l' iniziale minuscola) siamo giunti a un punto cruciale (del tutto analogo al suo inizio nel neolitico o "giù di lì") per il fatto che la limitatezza del mondo naturale realisticamente (e non fantascientificamente) agibile da parte dell' uomo "si fa sentire": fino a cento – centocinquanta anni fa le risorse naturali realisticamente impiegabili nella produzione e nel consumo umani potevano essere considerate "con buona approssimazione" illimitate (stante l' enorme distanza fra i loro limiti reali, oggettivi e il limitato grado di fatto raggiunto nello sviluppo tendenzialmente crescente delle forze produttive sociali), mentre oggi i loro limiti sono tali che il proseguire nello sviluppo quantitativo delle forze produttive sociali stesse, se accadrà, porterà inevitabilmente alla distruzione irreversibile delle condizioni naturali obiettivamente necessarie alla sopravvivenza della specie umana stessa (oltre che di tantissime altre, che infatti si stanno estinguendo "a rotta di collo").
Nella storia umana, alle contraddizioni sociali (ingiustizie immani, ecc.), che pure tendono ad esasperarsi parossisticamente, oggi si aggiunge (diviene del tutto evidente ed attuale, da "latente" o "meramente potenziale" che era), la contraddizione uomo – natura: o la lotta di classe porterà "per tempo" al superamento della divisione dell' umanità in classi antagonistiche (che nell' attuale fase capitalistica impone oggettivamente il tendenziale aumento continuo e illimitato di produzioni e consumi in quanto condizionati dalla concorrenza fra unità produttive -imprese- alla ricerca dl massimo profitto possibile da parte di ciascuna di esse a tutti costi -fra l' altro umani e ambientali- e a breve termine temprale) e alla socializzazione dei mezzi di produzione, con conseguente possibilità oggettiva di pianificare complessivamente con la necessaria prudenza e limitatezza, e "tenendo presenti" per quanto possibile anche i loro effetti non immediati, e anche quelli dispiegantisi in un futuro esteso fino alla potenziale "sopravvivenza umana naturale" -cioè fino all' inevitabile estinzione "per cause naturali" della nostra specie; pianificazione inesorabilmente implicante anche una decrescita quantitativa per lo meno in moltissime produzioni e consumi, il ridimensionamento di tantissimi "campi" dell' economia e della tecnica- oppure il nostro destino di umanità è sognato, e anche piuttosto "a breve scadenza".
Checché ne pensino Heidegger, Severino e altri filosofi idealisti (secondo la terminologia materialistica storica), non è lo scontro fra una pretesa impersonale "tecnica" (mero insieme di mezzi passivi, passibili di utilizza attivo da parte di soggetti coscienti!) che oggettivamente tenderebbe a dominarci da una parte e "cultura umana" o "filosofia" o altro di simile dall' altra parte, ma invece è la lotta di casse che in ultima analisi deciderà dei destini dell' uomo.
 
Questa è la terribile temperie nella quale tocca di vivere (e forse di morire) alle nostre generazioni attuali.
 

paul11

ciao Sgiombo,
condivido in linea di massima, soprattutto il metodo, perchè è ai paradigmi che volevo arrivare,in quanto a mio parere i migranti "sono in mezzo", nel senso che sono il prodotto di nostre contraddizioni e probabilmente di un altro paradigma che a mio parere è da valutare: se l'impulso egoistico è più "forte" di un'etica,di una morale.
la dimensione naturale umana è diversa da quella degli animali e sembrerebbe, sono miei pareri opinabili e mi piacerebbe avere pareri anche opposti, perchè il capitalismo è "potente" insieme alla tecnica, nella misura in cui il desiderio che è oltre la logica della sopravvienza è pura accumulazione che va oltre la necessità di una crisi per cataclismi naturali.Se può l'uomo va oltre e troppo oltre il fabbisogno di sopravvivenza.
Temo, ed è anche a questo che volevo arrivare, che i migranti economici siano "attirati dal desiderio" stesso tipico della nostra cultura, il voler e potere avere in ricchezza per potere essere(nel senso di ammirazione ,di invidia, di potere, ecc)
Allora ciò convaliderebbe la tesi che le società e tradizioni che sono "colluse" con il mercato capitalistico tendono all'individuaismo come competizione sociale, il tentare  quella mobilità sociale di voler arrivare in "alto".

Sono d'accordo, Sgiombo. Fin quando il limite demografico, territoriale delle risorse fosse  ben oltre le possibilità di una tecnica più povera, per quanto l'uomo mutasse la natura era sostanzialmente dentro il limite:ora non più. Penso che siamo sette miliardi sulla Terra e tutti, prima o poi, con l'idea di volersi arricchire consapevolmente o meno, a spesi dei nostri simili.

Il problema è che il capitalismo non vuole essere condizionato o controllato.Se la politica, nelle forme di potere che sono divenute repubbliche liberl-democratiche con istanze di diritti sociali è in aperta contraddizione con un sistema economico il cui il  principio è illimitato.
Se il potere fu diviso daal tempo delle monarchie a quelle costituzionali fino alle repubbliche e ai suffragi elettorali universali, il capitalismo non ha il limite delll'accumulo societario o individuale, tant'è che venivano chiamate originariamente società anonime.
Adatto che quel desiderio di arrivare e accumulare anche tramite la corruzione, non mi aspetto dai poteri politici il coraggio di prese di posizioni, il politico che ci proverebbe lo "farebbero fuori" fisicamente o politicamente 

Non so Sgiombo, spero che saranno gli eventi a spingere l'umanità a trovare soluzioni quanto meno di "buon senso".
perchè è finita anche la vecchia forma economica del; investimenti=lavoro=reddito.
Perchè è proprio la tecnologia che sta segnando il limite con la natura e il limite dentro la società umana.
Non è possibile occupare e dare reddito di lavoro a tutti con i processi innovativi e migliorativi e questo è un ulteriore paradosso della tipologia capitalistica economica. Siamo al punto in cui basta lavorare poco per avere le stesse produttività di decenni fa. Quindi o si fa superproduzione che l'economia non vuole(alza i costi e abbassa i prezzi) oppure andremo sempre più verso un sistema di pochi straricchi da "far schifo", parecchi si arrabbattano "bene", ma molti sono e saranno nell'esercito dei senza lavoro o di un precariato a vita.
In altri termini il sistema  economico sociale che implica la produzione e la ridistribuzione di ricchezza dentro il criterio di una giustizia sociale, per quanto potesse essere meritocratica sarebbe già dovuto mutare per poter gestire le problematiche.
E' altrettanto vero che la spinta demografica interna dei paesi più avanzati economicamente è verso la stasi se non addirittura a decrementi. Signifca che tendiamo a difendere gli status sociali non prolificando.
Spero ancora in eventi che ci ravvedano come umanità.

maral

#73
Citazione di: paul11 il 24 Luglio 2017, 14:45:53 PM
Fammi capire Maral, a tuo parere l'energia ,se riduciamo ai minimi termini il concetto di ecologia, non è la stessa cosa d risorse, di catene alimentari, di habitat, di ambiente?
E' appunto questa riduzione ai minimi termini che contesto. L'ecologia che coinvolge il fattore umano non è riducibile a un bilancio di energia o di materia, quella è economia e se la riduci così ne fai una questione puramente economica.

Citazionee com'è che la natura trova un suo ordine , i suoi equilibri energetici e noi no,  o pensiamo che il capitalismo sia un "ordine naturale", perchè è da quì che nascono  i paradigmi ideologici su cui i pensatori capitalisti sostengono la sua funzionalità.
La natura trova comunque i suoi equilibri energetici e noi non siamo fuori dalla natura. Il pianeta risolverà comunque la questione umana e troverà un nuovo equilibrio con l'uomo o senza l'uomo (e prima o poi inevitabilmente senza l'uomo, perché l'uomo si estinguerà come tutti i suoi parenti più prossimi). Nemmeno il capitalismo in questo senso è "contro natura" come non è contro natura opporsi ad esso in nome di un modo di vivere pensato più naturale. Non si può essere contro natura. Si può invece essere umani e lavorare contro gli esseri umani, si può essere "contro umani" e la cosa, in quanto esseri umani, ci riguarda profondamente.

Citazionebene, Maral. adesso dimmi tu con chi sto interloquendo, con il Maral che crede che la cultura filosofica ha costruito una contraddizione con la tecnica , oppure con il Maral di questo forum di attualità che ritene che le contraddizioni siano sanabili dentro la contraddizione culturale stessa? Prova a metterti d'accordo fra teoria e prassi?
Quello che ho cercato di rilevare è che nell'essere umano, proprio in virtù del suo essere cosciente, c'è sempre una contraddizione che si ripresenta a ogni tentativo di risolverla, non ci sono soluzioni definitive- L'arte, la religione, la filosofia, la tecnica sono modi a volte contrastanti, altre complementari di ridurre questa contraddizione che gioca tra la conoscenza e l'esistenza (la vita, il bios, chiamala come vuoi). Questo intendo quando dico che l'uomo è un animale continuamente decentrato. L'errore attuale non sta nella tecnica in quanto tale (come sarebbe concepibile un essere umano senza tecnica, anche i riti, anche le forme di linguaggio più primitive sono mezzi tecnici per l'uomo), ma nella dimensione completamente autoreferenziale e onnipervasiva che è venuto ad assumere il pensiero tecnico in cui il pensiero economico è l'aspetto divenuto sempre più dominante e senza alternative. Ma qui andremmo ben oltre al tema in questione.
Aggiungo solo che la natura nel suo complesso non ha fini, i fini esistono solo nella nostra concezione umana, sono sempre e solo nostri i fini, siamo quella parte di natura che si crea dei fini e continuamente progetta. Non possiamo non porceli, poiché questa è la nostra natura, la netura di un essere che gode e patisce del suo essere, per natura, cosciente. E, proprio perché i fini non sono un dato di natura, risulteranno sempre contraddetti, da essi stessi sorge inevitabilmente ciò che li contraddice, come fine ulteriore.

CitazioneChe cos'ha l'uomo di "tarato"?
La scissione tra l'esistenza e la conoscenza dell'esistenza e tra il sé che vive e il sapere del proprio vivere. Ma non è una tara, perché è anche ciò che restituisce all'universo la meraviglia dell'universo. La conoscenza è il tentativo di appropriarsi (sempre parzialmente e quindi sempre andato fallito) di ciò che solo la nostra dislocazione ci mostra.

CitazioneLe circonlocuzioni elucubrative le lascio ai  "perdi tempo": io cerco di essere  diretto e  chiaro
Fai benissimo e cerco di farlo anch'io. Mi pare che le considerazioni che ho espresso sull'immigrazione siano  quanto mai dirette e chiare. E spero risulti chiaro anche il discorso sulla dimensione assunta dalla tecnologia. Il punto è che non si può pensare di costruirsi un piccolo mondo arcadico tra mura ben difese e loro che se ne stiano a casa loro, il più lontano possibile con tutti i doni che madre natura gli ha dato e che noi continuiamo a sottrarre per goderci la nostra vita racchiusa. Penso che sia un discorso completamente assurdo, un discorso cimiteriale. E se vogliamo "aiutarli a casa loro", è semplice, non occorre mandare aiuti o elemosine (che peggiorano la situazione), smettiamo solo di depredarli con ogni meccanismo possibile, proprietà culturale compresa (perché non esiste un diritto di proprietà culturale, la conoscenza non è faccenda privata e privativa). Soprattutto smettiamola di costruire e vendere armi, già questo aiuterebbe a ridurre il numero dei profughi, ben più dei piantonamenti navali, delle frontiere sorvegliate da mercenari e via dicendo.
Poi come consumatori teniamo conto del profilo sociale anche indiretto delle imprese che ci forniscono e pubblicizzano beni e servizi, obbligandole a dichiarare pubblicamente come e dove svolgono la loro attività produttiva. Ogni impresa è pubblica, perché vive di rapporti pubblici e agisce su di essi con la sua stessa esistenza, dunque ne deve dare pubblicamente conto.

CitazioneIl vostro errore è di non  avere un vostro giudizio critico sui sistemi sociali organizzativi umani e un vostro modello e di cadere nella contraddizione che l'ultimo modello creato dal pensiero fuoriuscito dal progresso sia sicuramente il migliore nella storia dell'umanità  e giustificata da una tecnica sempre più affinata .
Mi pare invece di avere enunciato un modello ben chiaro e nessuna idea mi è più estranea di un progresso nella storia dell'umanità, sostenerlo significa fraintendere completamente il mio pensiero.
CitazioneIo reclamo semplicemente una organizzazione umana che sia umana il più possibile non costruita su alienazioni ed egoismi o mistificazioni culturali., dove la tecnica e la tecnologia siano al servizio della società,  e non preda della speculazione economica e monopolizzata da chi detiene i mezzi di produzione.
Perfettamente d'accordo

Citazionemaral sottolinei quello che ti fa comodo, hai saltato che loro hanno più risorse di noi e non giochiamo alla demagogia del siamo "tutti uguali",  perchè ognuno ha i suoi livelli di consapevolezza e responsabilità, e io rispondo per i miei ,gli altri rispondano a se stessi se sono all'altezza..Io le mie prese di posizione e scelte di vita le ho fatte
Non ho saltato per nulla il fatto che loro abbiano più risorse. Ho detto e lo ribadisco, che l'avere più risorse significa per loro solo il poter essere più depredati, perché questo è l'ordine globale vigente e attualmente senza alternative attraverso il quale l'Occidente ha sempre imposto la sua forza e continua a farlo ancora più di prima. Si tratta di crearle queste alternative e conviene pure a noi.

CitazionePiuttosto cerca tu di raccordare la tua morale  con l'analisi della struttura economica e organizzativa umana se vuoi trovare una linea di coerenza
Non ho fatto altro.

maral

#74
CitazioneTemo, ed è anche a questo che volevo arrivare, che i migranti economici siano "attirati dal desiderio" stesso tipico della nostra cultura, il voler e potere avere in ricchezza per potere essere(nel senso di ammirazione ,di invidia, di potere, ecc)
Allora ciò convaliderebbe la tesi che le società e tradizioni che sono "colluse" con il mercato capitalistico tendono all'individuaismo come competizione sociale, il tentare  quella mobilità sociale di voler arrivare in "alto".
Puoi considerarlo sicuro, dato che siamo stati noi europei i primi migranti economici per "poter essere". Resta da chiarire perché a loro dovrebbe venire vietato "il poter essere". In ragione di cosa? In ragione che se desiderano questo il mondo va in malora? Dopo essere stati depredati di tutto, e prima di tutto della loro dignità umana e culturale, devono pure patire i saggi consigli dei rapinatori: statevene buoni a casa vostra, non imitateci, salvate il mondo che noi abbiamo rovinato e continuiamo a rovinare a spese vostre. Se mi metto nei loro panni c'è da rabbrividire a tanta tracotanza.
La soluzione, lo ribadisco ancora, è solo una, mettersi finalmente a lavorare insieme, imparando gli uni dagli altri, dalle proprie diversità, non da sopprimere o tenere separate, ma da comprendere e rendere condivisibili, perché meritano tutta la nostra ammirazione. Non c'è programma più anticapitalistico di questo.

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