Dati e considerazioni reali sull'immigrazione

Aperto da Fharenight, 20 Aprile 2017, 15:07:16 PM

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InVerno

Io credo che il nodo gordiano della questione stia nello spingere i movimenti di destra dal puro slogan e urlo di battaglia alla creazione di proposte concrete.
Qui sta alla cultura di destra svilupparsi in modo tale da richiedere ai propri beniamini proposte coerenti, attuabili, e condivisibili, qui sta alla destra non solo italiana ma mondiale distanziarsi dal populismo e da una visione egocentrica e infantile del mondo, simbolizzata in maniera fin troppo esasperata dall "enfant terrible" Trump.
"Essere di sinistra" non basta, se la destra del tuo paese sta deviando in Trumpismo, bisogna dedicarsi seriamente alle problematiche culturali casalinghe ben prima di preoccuparsi dei vacanzieri su scialuppa, un paese con una destra fuori controllo è un paese fuori controllo chiunque sia al governo e debba interloquire parlamentarmente.
"Aiutamoli a casa loro" va portato all'estrema conseguenza di rendersi conto di cosa SIGNIFICA e che misure sono necessarie prendere, di quale respiro e intensità, fino a trovare ipotesi di lavoro condivise come la tassazione sullo sfruttamento dei terreni neocoloniali e l'ipotesi di un reddito di dignità universale, accordarsi sul semplice fatto che il capitale deve pagare le sperequazioni che produce non solo a livello nazionale, ma globale.
Il nazionalismo scalcia per l'ultima volta, l'occidente e la sinistra devono mettere a disposizione d'esso un materasso dove lasciarlo sfogare anzichè aspettare che distrugga l'intera casa per l'ultima volta, non dobbiamo imparare questa lezione scottandoci come nel secolo scorso. Il nazionalismo è antistorico e antireale, abbiamo scoperto che le molecole di monossido di carbonio non hanno passaporto, che il capitale non ha passaporto, che le persone se possono il passaporto lo buttano a mare prima di partire, che la capacità di azione delle politiche nazionali è totalmente inadeguata ai problemi di questo mondo, che agire unicamente per l'interesse nazionale è come pisciare controvento. Prima se ne rendono tutti conto in un paese o regione, meglio sarà per tutti.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

buongiorno a tutti. Continuo a ragionare a voce alta e prendo spunto da quanto scritto da Inverno. Un'argomentazione valida: il nazionalismo assomiglia a voler catturare la balena bianca (il capitalismo) con tante piccole fiocine sparse. Con in più la possibilità che la balena bianca possa aizzare le fiocine l'una contro l'altra anzichè contro se stessa. Si è creato così il paradosso che il capitalismo fondato sul principio della libera concorrenza, a livello paradigmatico, non ha più concorrenti, se non l'ambiguo fenomeno dell'integralismo islamico (che propone una forma di capitalismo più arcaica e forse per questo più umana), La sinistra al potere è ormai integrata, come i sindacati istituzionali. Le voci fuori dal coro provengono da un certo radicalismo cristiano e dal magmatico mondo del populismo e del neofascismo.
Per affrontare ad armi pari la Balena Bianca servirebbe un capitano Acab globale anch'esso, un'ipotetico stato mondiale che ponga le stesse regole e norme a tutti gli individui.
E qui i nodi (gordiani) vengono al pettine. La scienza, la tecnica, il denaro sono principi neutri, procedure oggettive, così come una certa vulgata vuole far crederci rispetto alla politica: si vota e si contano i voti, vince chi ne prende di più. Ma se voglio costruire uno stato globale devo in qualche modo condividere una piattaforma di credenze, riti, abitudini, ideali, con i miei connazionali. Posso provare una sincera compassione per il povero nigeriano che chiede la carità ma se gli canto "waiting for my man" di Lou Reed cosa capisce? Credo che la globalizzazione umanistica abbia un'anima nera e perversa perchè tende a renderci tutti uguali e intercambiabili e potrebbe essere il trionfo finale del neocapitalismo piuttosto che il suo argine.
Le varie forme politiche, le diverse forme di pensiero sono in qualche modo assimilabili ad un mondo ecologico equilibrato. Se nel XX secolo vi fossero stati solo governi comunisti o fascisti, vivremmo in un mondo completamente diverso. Ora è come se  vivessimo in un mondo totalitario dal punto di vista economico, con la politica e il mondo degli umani che annaspa dietro di esso.
Ma uno stato globale rischierebbe di ripresentare lo stesso totalitarismo.
Più concretamente  bisognerebbe spingere la politica  verso decisioni eque, paradossalmente nell'interesse del capitalismo stesso. Infatti il capitalismo in senso astratto, assume sempre più i connotati della personalità antisociale, ovvero dello psicopatico, che cambia registro comportamentale solo quando viene assoggettato da una potenza superiore (la polizia), ma affinchè lo lasciano fare, tenderà sempre a fare più danni possibili per soddisfare il suo egoismo, scaricando sugli altri le sue responsabilità.
In fondo viviamo in un luogo del mondo privilegiato, dove il benessere, seppure in diminuzione, ancora esiste. Dobbiamo difendere le conquiste del passato, non illuderci che la destra esaudirà i bisogni della classe media o dei poveri. Dovremmo mantenere come riferimento le socialdemocrazie del nord-europa che sanno conciliare la presenza della libera proprietà con un diffuso senso civico e altrettanto diffuso benessere. Dovremmo anche, tornando all'argomento, far sentire la nostra voce di popolo italiano anche agli altri europei. Perchè non organizzare una grande manifestazione per chiedere agli altri stati europei di accogliere parte dei migranti che si trovano in Italia. Che grande ipocrisia c'è in uno stato come la Francia che ha come motto "libertà, uguaglianza, fraternità" e poi ricaccia indietro come bestie minorenni e donne incinte? Voglio dire, prima di pensare ad uno stato globale perchè non pensiamo ad agire come cittadini responsabili piuttosto che come sudditi sempre in bilico fra sottomissione e inutile rivolta?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

#47
Permettetemi ,per quanto possa condividere i vostri pensieri di fondo, di argomentare sull'impossibilità di soluzioni organiche e serie con questa attuale "cultura" occidentale. La politica come la filosofia si è relativizzata e si fa trasportare dalla corrente del fiume ,al più raccontando ciò che vede e pensando che anche questo sia in fondo vita e storia.

Significa avere totalmente perso punti di riferimento fondanti sulla identità, sì, utilizzo ancora il termine di identità, cosa significa essere e destra sociale e cosa significhi essere sinistra sociale.
Ci sono popoli, come i rom, come i pellerosse americani, come direi gli ebrei e come antiche tradizioni orientali che sono millenarie, sono popoli- nazione che non hanno un loro territori o definito giuridicamente come Stato con un ordinamento, perchè sono i loro usi e costumi a definre le loro identità e sono più "forti" degli ordinamenti che tenderebbero a inquadrarli culturalmente.
La stessa cosa vale per il DNA della politica.
Adatto che sono materie di cui parecchio mi sono occupato decenni fa, studiando anche la storia dei partiti e sindacati, c'è stato un salto netto, una profonda discontinuità, in primo luogo dettata dalla struttura economica capitalistica che ha avuto ovvie ricadute sociologiche sulla popolazione.

Bisogna sapere che se la politica non è direttamente correlata con  la cultura, (ditemi chi è l'ideologo della Lega, del PD, dei centristi, dei 5 Stelle, ecc, domanda retorica = risposta "nessuno") significa che ogni partito insegue la convenienza perchè il voto non è più identificativo sul partito, ma perchè in quel solo momento ritengo più idoneo a i miei interessi e pensieri.
Questo ha spinto ovunque a rincorrere i partiti verso il centralismo democratico, oggi si dice centro-sinistra e centro-destra per tranquillizzare la massa silente che vota che è  CONFORMISTA da sempre.
Quarant'anni fa nessuno dichiarava di essere democristiano e lo votavano dodici milioni di italiani.

Inverno nessuno dell'attuale destra mondiale si scomoderebbe a darti loro identificazioni sui contenuti che presupporrebbero una coerente linea politica e una continuità temporale che le identifichi. i partiti populistici hanno una caratteristica: o vincono subito o spariscono proprio per mancanza di coerenze, devono raccogliere la "pancia" della gente sul momento.

Più di qualche pensatore, e direi di condividerne le tesi, ritiene che la democrazia si accompagna benissimo alla forma economica capitalistica, perchè la democrazia è "adattativa" alle configurazioni strutturali economiche, perchè la politica prima subisce i contraccolpi poi legifera "adeguandosi"alla nuova configurazione. Ed  è quello che la politica fa da decenni.

Vuol dire che la politica non  è in grado, non vuole nemmeno anticipare i tempi e ragionare da "statisti" sul tempo generazionale.
Fanno  troppo spesso leggi che sono obsolete dopo pochissimo.

Quale organizzazione può sovraintendere gli Stati ,attualmente? L'ONU?
La configurazione delle superpotenze uscita dal patto di Yalta del dopoguerra è definitivamente fuori dalla storia e gli USA dichiarano guerre senza passare dall'ONU. Intendo dire che non vi sarà un "patto" globale da parte delle potenze occidentali per salvaguardare gli interessi di Asia e Africa, ognuno è troppo preoccupato per gli interessi di casa sua.

La globalizzazione ha creato il contraccolpo paradossale di spingere sulla difensiva tutti gli Stati mondiali.
Nel momento in cui i problemi e le responsabilità dovrebbero essere globali, le dinamiche economiche basate sui cicli  ,sulle depressioni e ineguaglianze,spinge all'"ognuno per sè e dio per tutti" ed è proprio da quì che in questo tempo nascono i populismi di destra. Ma non vinceranno, perchè la pancia" del popolo o la raccogli praticamente subito e la scagli contro le istituzioni mutandole, oppure ...........si adeguano. E il popolo è conformista per natura.

InVerno

Uno stato globale non dovrebbe assomigliare ad una grande nazione, la globalizzazione può essere sostituita dalla glocalizzazione, il rispetto delle culture territoriali non deve inficiare sulla nostra capacità decisionale, uno stato globale non è una grande Italia dove al posto del campanilismo c'è il nazionalismo. E non ci sono canzoni di Lou Reed da imparare, ma la fratellanza dei popoli, idea tanto antica quanto poco frequentata che risiede tuttavia ancora al centro di gran parte delle culture umane ben prima che sovvenisse in maniera cosi imperitura il rischio dell'estinzione della vita sulla terra.
Cominciamo a scremare alcune ipotesi balzane, tra le quali a) che il libero movimento delle persone sia una sorta di deviazione del capitalismo, è anzitutto il contrario, il capitalismo è fertile dove il capitale può muoversi liberamente e le persone no (Adam Smith) b) (se fosse necessario) che non si tratta di un idea  balzana capitata in testa a qualche gruppo di "superuomini" chiusi in uno stanzino e c) che non si tratta di una sfida intellettuale che la sinistra ha deciso di autoimporsi per inseguire ideali umanisti di bassa lega (tesi "buonista").
Trasformarsi in una civiltà planetaria è l'unico modo per assorbire e gestire la responsabilità intrinseca alla tecnica e alla potenza che oggi essa ha raggiunto e le conseguenze che si prospettano in caso avessimo ancora voglia di fare i giocolieri con le granate. Se dobbiamo aspettare di scottarci per capire, se serve un conflitto termonucleare o l'inabissamento della Florida e della val Padana, per me non è un problema, abito lontano da questi posti, ma dovrebbe essere un problema per il nostro orgoglio di esseri umani e per noi occidentali in primis. Il rischio è che la democrazia non sia un sistema sufficientemente efficace per attraversare una serie di istituzioni concentriche, che le elezioni non riescano ad oltrepassare una certa soglia di località e lo stato globale si trasformi in un leviatano. Se cosi fosse dovremmo essere in grado di rimettere in discussione TUTTO, pur di trovare un sistema che funzioni a livello globale. Egualmente alla filosofia la civiltà si è ubriacata dei propri termini, li vede come monoliti inarrivabili e inattacabili, mi sono rotto le palle di sentire che non ci sono soldi per i senzatetto quando a fianco un articolo celebra il budget del nuovo StarWars, che da solo potrebbe risollevare le sorti di un intera regione. Noi decidiamo il valore del denaro, come esso si muove, cosa lo attrae e cosa lo respinge, il fatto stesso che esiste, il vero leviatano. Il conservatorismo spacciato per realismo è il peggior ingrediente di una società, ammanta di ragioni assurde la semplice codardia a difesa dello status quo. L'arrendevolezza che leggo in alcuni post davanti alle "regole del denaro" mette seriamente in discussione la nostra natura di esseri empatici e sociali, la nostra capacità di essere virtuosi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

maral

#49
Citazione di: paul11 il 19 Luglio 2017, 00:18:18 AM
ciao maral,
cerchiamo di essere realisti...
Paul, proprio per tentare di mantenerci realisti ho in precedenza postato i numeri dell'immigrazione in Italia. Non c'è alcun riversamento biblico dell'Africa in Italia, non c'è alcuna emergenza di numeri. Tra nascite e morti, immigrazione ed emigrazione nel nostro paese c'è un sostanziale equilibrio e questo sulla base dell'arrivo ipotizzato di 300000 persone/anno. Finora ne sono sempre arrivate meno, meno delle aspettative, quindi non c'è un problema numerico, anzi, l'immigrazione è il fenomeno che più contrasta quello tragico dell'invecchiamento della popolazione locale.
Non siamo invasi, questo è il punto (semmai lo sono molto più di noi alcuni dei paesi vicini). Ma ci sentiamo invasi e questo rende ancora più tremendamente difficile il problema della reciproca integrazione (reciproca, sì, perché è evidente che l'integrazione, se ci sarà, non potrà che essere inevitabilmente reciproca, o è reciproca, o nasce da un desiderio di comprendersi gli uni con gli altri, o non c'è integrazione, solo alienazione che attende violenza per risolversi).
Se il problema non è numerico, allora dovremmo chiederci perché ci sentiamo invasi e scopriremmo magari che ci sono problemi culturali di fondo che i numeri non mostrano, e che sono questi aspetti culturali che andrebbero analizzati, confrontati, storicamente capiti per vedere come aggirarli, non lasciati come arnesi di scardinamento sociale agli imprenditori della paura.
C'è sicuramente il rischio che questi che arrivano, soprattutto se costretti alla clandestinità come la legislazione demenziale vigente esige, finiscano nelle mani della malavita organizzata e dello sfruttamento, non c'è dubbio che essi rischino di rendere indifendibili le conquiste sociali di un secolo di lotte delle classi lavoratrici (peraltro già da tempo affossate dal capitalismo globale che va a produrre nel quarto mondo, che tanto quelli sono lontani, chi se ne frega, mica li vediamo). Ma è proprio su questo aspetto che dovrebbe intervenire la sinistra anziché scimmiottare quelle destre nazionaliste preoccupate solo di chiudere le frontiere. Quali frontiere dovremmo andare a chiudere? Dove andiamo a chiuderle? Chiudiamo anche noi il Brennero? Miniamo le coste delle isole?
E' evidente che le problematiche che genera l'economia e la tecnologia globale possono essere affrontate solo a livello globale e pubblico. E' evidente che l'Europa in merito opera in modo ben meschino. E ancora è qui che si dovrebbe esercitare il massimo della pressione, non in Nigeria, ma a Bruxelles e purtroppo la democrazia non basta, non basta la decisione a maggioranza per decidere di queste questioni. Se una minoranza etnica viene vessata come può sperare che la maggioranza che la vessa la tuteli? Occorre che il principio democratico maggioritario sia subordinato al diritto umanitario universale e che questo diritto umanitario sia reso cogente per tutti e il diritto umanitario per tutti non può che comprendere il diritto per chiunque di poter vivere dignitosamente. E anche qui una sinistra potrebbe avere molto da dire, anziché blaterare di crescita e di consumo interno, anziché offrire garanzie ai banchieri privati.
Poi se una ridistribuzione della ricchezza è sempre più necessaria è altrettanto evidente che dovremo rassegnarci prima o poi a perdere il ruolo di consumatori privilegiati, inseguiti da una pubblicità martellante e continua, che continuamente ricatta nel modo di sentirsi in funzione del prodotto/rifiuto (senza stacco tra prodotto e rifiuto). Dovremo acquisire abitudini di vita diverse e vedere la ricchezza in termini diversi, in ragione di una sostenibilità di cui dovremo farci carico quanto prima possibile, tenendo conto di chi è gran lunga ben al di sotto di ogni sostenibilità. Cosa aspetta la sinistra a ragionare in questi termini? Anziché continuare a raccontare la favola nociva della produttività interna?
Bisognerà pur cominciare prima o poi a ragionare in termini diversi, anche a (e per) mantenersi realistici, no?
Infine dovremo ricordarci che questo nostro paese ha avuto nella prima metà del secolo scorso, nel bene e nel male, più di dieci milioni di migranti economici (e pochissimi, rispetto ai partiti, sono poi tornati), che negli anni del boom economico ci fu dal Sud verso il Nord una migrazione di parecchi milioni di persone che cambiò il volto di città come Milano, Torino e certo non mancarono i problemi a comprendersi, a detestarsi per costumi e linguaggi enormemente diversi. Non dovremo mai dimenticarci che abbiamo tutti almeno un migrante in famiglia che migrava spinto dal bisogno e dalla fame e non per turismo sfaccendato e da lì possiamo cominciare a tentare di capire.

acquario69

maral..un paio di appunti su quanto da te detto sopra:

..Per quale motivo dovrebbe ritenersi normale il fatto che se da una parte ci sono gli italiani che emigrano poi va bene lo stesso perche questi sarebbero comunque rimpiazzati da altri migranti non autoctoni?
come principio non sarebbe più sensato,piu sano,piu giusto fare in modo che gli italiani (giovani) rimanessero nel loro paese nativo e altrettanto facessero gli altri (altrettanto giovani)? 
per quale (secondo me assurdo) motivo deve esistere questa "schizofrenia" ?


Dici che non ce' invasione,ma una media di 200000 persone ogni anno, non sono mica bruscolini!
A quanto pare poi la tendenza sembrerebbe sensibilmente crescere di anno in anno, sapendo pure che la popolazione africana e' in continua crescita e conta ad oggi 1,2 miliardi (!) - con un trend di crescita che lo darebbero al raddoppio nel secolo in corso- ovvio non sto dicendo che poi si sposterebbe tutta l'africa ma la differenza di proporzioni e' davvero notevole e non credo non possa non avere comunque i suoi effetti in tal senso

Non si può secondo me mettere in relazione l'immigrazione di cento anni fa con quella attuale.
Il mondo nel frattempo e' cambiato all'inverosimile, oggi siamo 7,5 miliardi di persone, cento anni fa...(appena nel 1950 era solo 2,5!)
cosi come le risorse eccetera..

Per quanto riguarda in particolare l'immigrazione interna italiana e' stata incentivata in maniera coatta, in primo luogo perche si e' inculcato alle masse che vivevano in campagna, che in citta avrebbero trovato migliori condizioni di vita eccetera, ma questo se e' vero solo in parte (e possiamo constatare oggi che avrebbe "funzionato" solo nell'arco di alcuni brevissimi decenni) ma il vero motivo era quello di trasferire forza operaia di cui necessitavano le industrie e del capitalismo in generale...lo stesso di cui saremmo finiti per diventarne succubi e vittime. (!)
Ce infatti anche da sottolineare che corrisponde pure all'inizio del consumismo..quindi non solo operai (all'epoca) ma sopratutto consumatori

la migrazione attuale (che non centra niente con le migrazioni antiche) rispecchia lo stesso modello e lo stesso filone da cui sarebbe partito tutto quanto (globalizzazione-consumismo eccetera)

paul11

ciao Maral,
chiarisco.
E' vero ,stando ai dati, che il numero di immigrati (ma non bisogna considerare solo i provenienti dall'Africa sui "barconi", ma il totale) è
rispetto ad altri Stati non solo europei non ancora alto. ma quì il rapporto è fra numero popolazione italiana, nel nostro caso e numero di persone che si sono stanziate come cittadinanza italiana e coloro che "non si sa ancora".
E' altrettanto vero che sta crescendo il fenomeno immigrazione.
D'altra parte è cosciente di questo il governo italiano è ha fatto pressioni in Europa con gli altri Stati.

Ora, i dati assoluti in termini numerici e di rapporti, si scontrano con la percezione dell'italiano che non ha molto speranza nè sull'oggi ,nè sul futuro, per la sua esistenza.la percezione dell'italiano è ancora rimandare spese grosse, perchè non vede ancora crescita economica.
DI questo hanno contribuito a sua volta i mass media soprattutto televisivi.
E' per questo che scrivevo, bisogna a questo punto che qualcuno tracci un limite numerico.

Maral in politica ,giusto   o sbagliato, cavalcano la "percezione"  più che i dati reali.
Quindi se i mass media amplificano che ,ma è un dato reale, la nuova generazione di dottorati e ingegneri deve cercare all'estero la propria fortuna e carriera e dall'altra arrivano immigrati che comunque pesano, perchè costano alla collettività,
Quella "percezione" e "relativa" sensazione che noi non stiamo molto bene e si percepisce un decadimento anche in termini reali (perchè è vero che non stiamo molto bene economicamente) di ricchezza, la politica ci "gioca" in  tutto questo.

Quando si corrono dietro alle "emotività" sociali il rischio è il populismo: ma ci hanno contribuito tutti.
Così se prima andavano a benedire spiagge e costruire statue all'immigrante, perchè c'erano soldi a pioggia elargite dall'Europa,
quella fase non solo ha toccato l'ascesa, ma sta discendo nel verso opposto.

Il governante oggi dovrebbe razionalizzare quell'emotività, ma i giochi elettoralistici, e ci sono già, vanno verso la convenieneza elettorale e non verso soluzioni razionali.

ciao

maral

#52
Citazione di: acquario69 il 20 Luglio 2017, 08:27:19 AM
maral..un paio di appunti su quanto da te detto sopra:

..Per quale motivo dovrebbe ritenersi normale il fatto che se da una parte ci sono gli italiani che emigrano poi va bene lo stesso perche questi sarebbero comunque rimpiazzati da altri migranti non autoctoni?
come principio non sarebbe più sensato,piu sano,piu giusto fare in modo che gli italiani (giovani) rimanessero nel loro paese nativo e altrettanto facessero gli altri (altrettanto giovani)?
per quale (secondo me assurdo) motivo deve esistere questa "schizofrenia" ?
Credo che il discorso non sia semplificabile in questi termini, in realtà  bisognerebbe anche interrogarsi sui diversi bisogni e le diverse aspettative che guidano l'immigrazione, E' indubbio ad esempio (e lo so per esperienza diretta) che in Italia è molto difficile trovare giovani italiani disponibili a fare certi tipi di lavori. E' altrettanto indubbio che ci sono molti migranti che vedono l'Italia solo come un paese di passaggio, ma preferirebbero dirigersi altrove, dove hanno già conoscenti o parenti. Inoltre da questo paese vi è una emigrazione piuttosto consistente di persone con un elevato livello di istruzione che aspira a farsi una posizione all'estero da cui poi assai difficilmente ritorna.
Peraltro non è detto che gli spostamenti all'estero non siano una cosa positiva per fare esperienze. Nel campo della tecnologia e della ricerca possono essere addirittura necessari. In un centro di ricerca nessuno si sognerebbe di assumere in base alla nazionalità, ma solo in ragione delle competenze, e sono questi luoghi ove la mescolanza etnica si verifica sempre in grado elevato. Si potrebbe dire che le migrazioni interessano sia i lavori di alto o altissimo profilo che quelli di basso profilo, mentre quelli di medio profilo diventano sempre meno.
Per quanto mi riguarda credo che nessuno dovrebbe trovarsi costretto a emigrare (e certamente occorre lavorare per questo), in fondo più o meno tutti siamo legati alla terra natia, ma è altrettanto necessario garantire che chiunque lo vuole fare possa farlo.
 

CitazioneDici che non ce' invasione,ma una media di 200000 persone ogni anno, non sono mica bruscolini!
A quanto pare poi la tendenza sembrerebbe sensibilmente crescere di anno in anno, sapendo pure che la popolazione africana e' in continua crescita e conta ad oggi 1,2 miliardi (!) - con un trend di crescita che lo darebbero al raddoppio nel secolo in corso- ovvio non sto dicendo che poi si sposterebbe tutta l'africa ma la differenza di proporzioni e' davvero notevole e non credo non possa non avere comunque i suoi effetti in tal senso
Ripeto, le proiezioni numeriche secondo le quali la popolazione sarebbe rimasta stabile in questo paese, con un incremento molto lieve, peraltro necessario per garantire il welfare attuali, si basavano su previsioni di arrivo non di 200000, ma di 300000 unità all'anno. Finora gli arrivi sono sempre stati inferiori ed è da un paio di decenni che la popolazione, soprattutto quella attiva, diminuisce. Non è un problema di numeri. Inoltre, se possono e le condizioni lo permettono, i migranti tendono a stabilirsi ovviamente nei paesi limitrofi. Purtroppo la politica economica globale ha sempre più destabilizzato sempre più vaste parti dell'Africa e del medio oriente. Ai tempi della guerra in Iraq la Siria ad esempio era uno dei maggiori ricettori di profughi, ora ne è il maggiore fautore. Vedremo quanto reggerà la situazione in Turchia o in Marocco che attualmente bloccano le vie di migrazione a est e a ovest del Mediterraneo, risparmiando Grecia e Spagna.
CitazioneNon si può secondo me mettere in relazione l'immigrazione di cento anni fa con quella attuale.
Il mondo nel frattempo e' cambiato all'inverosimile, oggi siamo 7,5 miliardi di persone, cento anni fa...(appena nel 1950 era solo 2,5!)
cosi come le risorse eccetera..
Sicuramente il fenomeno è diverso, ma il problema dell'aumento di popolazione mondiale e di sfruttamento delle risorse sussiste enorme anche senza migrazione. Semmai le migrazioni sono un effetto che non vale a nulla tamponare se non si affrontano in primo luogo le cause, per quanto sia tutt'altro che facile farlo.
Per quanto riguarda l'emigrazione italiana è sempre stata molto forte verso l'estero nella prima metà del secolo scorso ed è stata fortissima quella interna dal dopoguerra fino alla fine degli anni sessanta. Certamente è stata conseguenza dell'industrializzazione del Nord, ma quelle masse sarebbero migrate comunque e la cosa non è stata solo negativa dal punto di vista della formazione di una nazione. Con tutti i limiti che ha ancora la nostra nazione. L'appellativo "marocchino" ai migranti del Meridione in Nord Italia (con i cartelli "non si affitta ai meridionali") non è poi così lontano nel tempo, a testimoniare delle profondissime divisioni che si sentivano in questo paese. In ogni caso i fenomeni di contesto e le tecnologie determinano inevitabilmente dei sommovimenti sociali profondi e irreversibili, dei cambiamenti di prospettiva nelle vite dei singoli che diventano di per se stessi coercitivi. La migrazione verso le metropoli nei paesi del terzo e quarto mondo ad esempio è sicuramente tragica, ma è anch'essa un fenomeno complesso, inscritto nel tipo di mondo in cui viviamo, nelle condizioni che si producono nelle campagne, a partire dalla loro desertificazione.
Ce infatti anche da sottolineare che corrisponde pure all'inizio del consumismo..quindi non solo operai (all'epoca) ma sopratutto consumatori

Citazionela migrazione attuale (che non centra niente con le migrazioni antiche) rispecchia lo stesso modello e lo stesso filone da cui sarebbe partito tutto quanto (globalizzazione-consumismo eccetera)
Ma purtroppo ci siamo dentro alla globalizzazione, pure nel nostro modo di sentirci contro di essa, anzi, siamo contro di essa proprio in quanto ci siamo dentro, il rimpianto del mondo arcadico è possibile solo in un mondo industrializzato, tra cittadini del mondo industrializzato. Gli altri, nella stragrande maggioranza, sperano solo di industrializzarsi.
Le migrazioni attuali sono diverse, d'accordo, ma c'è sempre un fattore di base comune che collega tutte le migrazioni, lo stesso fondamentale bisogno e desiderio, fin dai primordi, fin da quando i primi Sapiens e anche prima cominciarono a popolare la terra, partendo sempre dall'Africa (e il punto di partenza principale è tornato a essere lo stesso). Certo, allora il mondo era quasi spopolato di esseri umani, ma non è che la cosa non abbia creato anche allora problemi agli altri esseri viventi. E noi comunque discendiamo da quei migranti e solo l'agricoltura ci ha reso sempre più stanziali a partire da alcune regioni del mondo (proprio in quel Medio Oriente), attaccandoci alla terra che avevamo imparato a coltivare e alle prime città che divennero sinonimi di civiltà. Ma anche questa trasformazione agricola comportò degli impatti enormi sugli ecosistemi e sulle società umane. Finita la civiltà agricola con i suoi usi, le sue credenze e il suo legame alla terra madre inevitabilmente si prospetta un nuovo modo di stare al mondo con tutte le angosce che questo genera.

maral

Citazione di: paul11 il 20 Luglio 2017, 11:16:33 AM
Maral in politica ,giusto   o sbagliato, cavalcano la "percezione"  più che i dati reali.
Paul, questo è perché non c'è più una politica ove per politica si intenda tentare di il bene di una comunità (che poi è mantenere lo spirito connettivo senza lasciarlo disintegrare), anziché cercare in tutti i modi possibili di illudere mentendo per ottenere il consenso a breve termine. Non 'è più una politica perché nell'epoca attuale, che vive solo in ragione dell'economia sociale e non dell'ecologia sociale, il termine "politica" ha perso ogni senso.
CitazioneQuella "percezione" e "relativa" sensazione che noi non stiamo molto bene e si percepisce un decadimento anche in termini reali (perchè è vero che non stiamo molto bene economicamente) di ricchezza, la politica ci "gioca" in  tutto questo.
Ma è a questo punto che credo sia più che mai necessario riflettere sul vero motivo per cui non stiamo molto bene. Siamo sicuri che la causa siano le migrazioni? Siamo sicuri che la questione dipenda dai migranti, tanti o pochi che siano e anche se le loro richieste ci pesano e ci infastidiscono, già con tutti gli altri pesi e fastidi che andiamo a sopportare? O non è che se ci si riflette si scopre che le migrazioni e il nostro non stare molto bene hanno lo stesso motivo di fondo e che è questo motivo che andrebbe affrontato non solo per sentirci un po' meglio, ma anche per ridurre la sensazione di una migrazione che con terrore ci si immagina (e ci si fa immaginare) stia riversando tutta l'Africa in casa nostra?

CitazioneIl governante oggi dovrebbe razionalizzare quell'emotività, ma i giochi elettoralistici, e ci sono già, vanno verso la convenieneza elettorale e non verso soluzioni razionali.
Eppure credo ancora che ci sia rimasto qualche politico, qualcuno anche in parlamento ancora capace di pensare in termini di bene comune. Ma purtroppo non fa immagine, purtroppo è sempre più condannato a rimanere in secondo piano.
Credo comunque che dovremmo cominciare a lavorare su noi stessi, a stimolare il nostro senso critico, del tutto indipendentemente dall'area politica di riferimento, se ancora ha un senso che vada oltre il nostalgico parlare di aree politiche di riferimento.




acquario69

Citazione di: maral il 20 Luglio 2017, 22:20:53 PM
Citazione di: acquario69 il 20 Luglio 2017, 08:27:19 AM
maral..un paio di appunti su quanto da te detto sopra:

..Per quale motivo dovrebbe ritenersi normale il fatto che se da una parte ci sono gli italiani che emigrano poi va bene lo stesso perche questi sarebbero comunque rimpiazzati da altri migranti non autoctoni?
come principio non sarebbe più sensato,piu sano,piu giusto fare in modo che gli italiani (giovani) rimanessero nel loro paese nativo e altrettanto facessero gli altri (altrettanto giovani)?
per quale (secondo me assurdo) motivo deve esistere questa "schizofrenia" ?
Credo che il discorso non sia semplificabile in questi termini, in realtà  bisognerebbe anche interrogarsi sui diversi bisogni e le diverse aspettative che guidano l'immigrazione, E' indubbio ad esempio (e lo so per esperienza diretta) che in Italia è molto difficile trovare giovani italiani disponibili a fare certi tipi di lavori. E' altrettanto indubbio che ci sono molti migranti che vedono l'Italia solo come un paese di passaggio, ma preferirebbero dirigersi altrove, dove hanno già conoscenti o parenti. Inoltre da questo paese vi è una emigrazione piuttosto consistente di persone con un elevato livello di istruzione che aspira a farsi una posizione all'estero da cui poi assai difficilmente ritorna.
Peraltro non è detto che gli spostamenti all'estero non siano una cosa positiva per fare esperienze. Nel campo della tecnologia e della ricerca possono essere addirittura necessari. In un centro di ricerca nessuno si sognerebbe di assumere in base alla nazionalità, ma solo in ragione delle competenze, e sono questi luoghi ove la mescolanza etnica si verifica sempre in grado elevato. Si potrebbe dire che le migrazioni interessano sia i lavori di alto o altissimo profilo che quelli di basso profilo, mentre quelli di medio profilo diventano sempre meno.
Per quanto mi riguarda credo che nessuno dovrebbe trovarsi costretto a emigrare (e certamente occorre lavorare per questo), in fondo più o meno tutti siamo legati alla terra natia, ma è altrettanto necessario garantire che chiunque lo vuole fare possa farlo.
 

CitazioneDici che non ce' invasione,ma una media di 200000 persone ogni anno, non sono mica bruscolini!
A quanto pare poi la tendenza sembrerebbe sensibilmente crescere di anno in anno, sapendo pure che la popolazione africana e' in continua crescita e conta ad oggi 1,2 miliardi (!) - con un trend di crescita che lo darebbero al raddoppio nel secolo in corso- ovvio non sto dicendo che poi si sposterebbe tutta l'africa ma la differenza di proporzioni e' davvero notevole e non credo non possa non avere comunque i suoi effetti in tal senso
Ripeto, le proiezioni numeriche secondo le quali la popolazione sarebbe rimasta stabile in questo paese, con un incremento molto lieve, peraltro necessario per garantire il welfare attuali, si basavano su previsioni di arrivo non di 200000, ma di 300000 unità all'anno. Finora gli arrivi sono sempre stati inferiori ed è da un paio di decenni che la popolazione, soprattutto quella attiva, diminuisce. Non è un problema di numeri. Inoltre, se possono e le condizioni lo permettono, i migranti tendono a stabilirsi ovviamente nei paesi limitrofi. Purtroppo la politica economica globale ha sempre più destabilizzato sempre più vaste parti dell'Africa e del medio oriente. Ai tempi della guerra in Iraq la Siria ad esempio era uno dei maggiori ricettori di profughi, ora ne è il maggiore fautore. Vedremo quanto reggerà la situazione in Turchia o in Marocco che attualmente bloccano le vie di migrazione a est e a ovest del Mediterraneo, risparmiando Grecia e Spagna.
CitazioneNon si può secondo me mettere in relazione l'immigrazione di cento anni fa con quella attuale.
Il mondo nel frattempo e' cambiato all'inverosimile, oggi siamo 7,5 miliardi di persone, cento anni fa...(appena nel 1950 era solo 2,5!)
cosi come le risorse eccetera..
Sicuramente il fenomeno è diverso, ma il problema dell'aumento di popolazione mondiale e di sfruttamento delle risorse sussiste enorme anche senza migrazione. Semmai le migrazioni sono un effetto che non vale a nulla tamponare se non si affrontano in primo luogo le cause, per quanto sia tutt'altro che facile farlo.
Per quanto riguarda l'emigrazione italiana è sempre stata molto forte verso l'estero nella prima metà del secolo scorso ed è stata fortissima quella interna dal dopoguerra fino alla fine degli anni sessanta. Certamente è stata conseguenza dell'industrializzazione del Nord, ma quelle masse sarebbero migrate comunque e la cosa non è stata solo negativa dal punto di vista della formazione di una nazione. Con tutti i limiti che ha ancora la nostra nazione. L'appellativo "marocchino" ai migranti del Meridione in Nord Italia (con i cartelli "non si affitta ai meridionali") non è poi così lontano nel tempo, a testimoniare delle profondissime divisioni che si sentivano in questo paese. In ogni caso i fenomeni di contesto e le tecnologie determinano inevitabilmente dei sommovimenti sociali profondi e irreversibili, dei cambiamenti di prospettiva nelle vite dei singoli che diventano di per se stessi coercitivi. La migrazione verso le metropoli nei paesi del terzo e quarto mondo ad esempio è sicuramente tragica, ma è anch'essa un fenomeno complesso, inscritto nel tipo di mondo in cui viviamo, nelle condizioni che si producono nelle campagne, a partire dalla loro desertificazione.
Ce infatti anche da sottolineare che corrisponde pure all'inizio del consumismo..quindi non solo operai (all'epoca) ma sopratutto consumatori

Citazionela migrazione attuale (che non centra niente con le migrazioni antiche) rispecchia lo stesso modello e lo stesso filone da cui sarebbe partito tutto quanto (globalizzazione-consumismo eccetera)
Ma purtroppo ci siamo dentro alla globalizzazione, pure nel nostro modo di sentirci contro di essa, anzi, siamo contro di essa proprio in quanto ci siamo dentro, il rimpianto del mondo arcadico è possibile solo in un mondo industrializzato, tra cittadini del mondo industrializzato. Gli altri, nella stragrande maggioranza, sperano solo di industrializzarsi.
Le migrazioni attuali sono diverse, d'accordo, ma c'è sempre un fattore di base comune che collega tutte le migrazioni, lo stesso fondamentale bisogno e desiderio, fin dai primordi, fin da quando i primi Sapiens e anche prima cominciarono a popolare la terra, partendo sempre dall'Africa (e il punto di partenza principale è tornato a essere lo stesso). Certo, allora il mondo era quasi spopolato di esseri umani, ma non è che la cosa non abbia creato anche allora problemi agli altri esseri viventi. E noi comunque discendiamo da quei migranti e solo l'agricoltura ci ha reso sempre più stanziali a partire da alcune regioni del mondo (proprio in quel Medio Oriente), attaccandoci alla terra che avevamo imparato a coltivare e alle prime città che divennero sinonimi di civiltà. Ma anche questa trasformazione agricola comportò degli impatti enormi sugli ecosistemi e sulle società umane. Finita la civiltà agricola con i suoi usi, le sue credenze e il suo legame alla terra madre inevitabilmente si prospetta un nuovo modo di stare al mondo con tutte le angosce che questo genera.

maral, secondo me hai risposto a tutto e di più.. (ma per nulla alle questioni che avrei sollevato io) 
mischiando molte cose - come si farebbe con un mazzo di carte - e che al limite queste riguarderebbero tutt'al più solo gli aspetti secondari e marginali dell'intera questione finendo per farne solo un gran minestrone 

maral

Bene, allora vedo di riassumerti i punti fondamentali, sperando di essere più chiaro:

1- in merito alla questione della doppia emigrazione attuale ho sostenuto: A) che le due cose non sono collegate tra loro da un rapporto di causa effetto (non è a causa dell'immigrazione che i giovani italiani non trovano lavori confacenti ed emigrano per cercarli all'estero), semmai da una serie complessa di concause politiche ed economiche; B) che sarebbe auspicabile che nessuno fosse costretto a emigrare per sopravvivere, ma sarebbe altrettanto auspicabile che chiunque potesse farlo in ragione delle sue scelte e progetti.

2- in merito al numero di immigrati mi sono già fin troppo dilungato e ripetuto. Aggiungo, dato il titolo della discussione, alcuni altri dati dell'inps (presentati da Boeri ieri alla Camera): il saldo netto dell'attuale contributo degli immigrati regolarizzati è oggi di 5 miliardi di euro (8 di contributi versati meno 3 per prestazioni sociali ricevute). Attualmente il deficit dell'inps è di 6,1 miliardi, chiudendo le frontiere salirebbe nei prossimi 22 anni di 38 miliardi di euro se le condizioni attuali di bassa crescita e bassa natalità persistono nel nostro paese. Inoltre, per quanto riguarda le pensioni va detto che gli immigrati tendono a rientrare nel proprio paese prima di aver raggiunto l'età per maturare la pensione e questo comporta un ulteriore introito per le casse dell'inps di 300 milioni di euro l'anno (grazie a questi contributi a fondo perduto fino a oggi si sono risparmiati 17 miliardi, circa un punto di pil). Il problema non è il numero di migranti, ma il numero di clandestini, sfruttati e costretti a lavori irregolari. Purtroppo l'attuale legislazione sull'immigrazione favorisce enormemente la clandestinità.  

3- In merito alle emigrazioni nostre del secolo scorso ci sono dei punti di divergenza (sicuramente la situazione mondiale), ma anche dei punti di affinità, ad esempio la miseria e la fame da un lato e la speranza di costruirsi altrove una vita migliore dall'altro e nonostante tutte le enormi difficoltà a cui si va incontro per farlo. Speranza che nasce dalla disperazione.

Se questi poi secondo te sono solo punti secondari e marginali (peraltro da te introdotti e a cui ho tentato di rispondere dal mio punto di vista) dimmi quale consideri invece il punto fondamentale.

acquario69

Citazione di: maral il 21 Luglio 2017, 21:21:47 PM
Bene, allora vedo di riassumerti i punti fondamentali, sperando di essere più chiaro:

1- in merito alla questione della doppia emigrazione attuale ho sostenuto: A) che le due cose non sono collegate tra loro da un rapporto di causa effetto (non è a causa dell'immigrazione che i giovani italiani non trovano lavori confacenti ed emigrano per cercarli all'estero), semmai da una serie complessa di concause politiche ed economiche; B) che sarebbe auspicabile che nessuno fosse costretto a emigrare per sopravvivere, ma sarebbe altrettanto auspicabile che chiunque potesse farlo in ragione delle sue scelte e progetti.

2- in merito al numero di immigrati mi sono già fin troppo dilungato e ripetuto. Aggiungo, dato il titolo della discussione, alcuni altri dati dell'inps (presentati da Boeri ieri alla Camera): il saldo netto dell'attuale contributo degli immigrati regolarizzati è oggi di 5 miliardi di euro (8 di contributi versati meno 3 per prestazioni sociali ricevute). Attualmente il deficit dell'inps è di 6,1 miliardi, chiudendo le frontiere salirebbe nei prossimi 22 anni di 38 miliardi di euro se le condizioni attuali di bassa crescita e bassa natalità persistono nel nostro paese. Inoltre, per quanto riguarda le pensioni va detto che gli immigrati tendono a rientrare nel proprio paese prima di aver raggiunto l'età per maturare la pensione e questo comporta un ulteriore introito per le casse dell'inps di 300 milioni di euro l'anno (grazie a questi contributi a fondo perduto fino a oggi si sono risparmiati 17 miliardi, circa un punto di pil). Il problema non è il numero di migranti, ma il numero di clandestini, sfruttati e costretti a lavori irregolari. Purtroppo l'attuale legislazione sull'immigrazione favorisce enormemente la clandestinità.  

3- In merito alle emigrazioni nostre del secolo scorso ci sono dei punti di divergenza (sicuramente la situazione mondiale), ma anche dei punti di affinità, ad esempio la miseria e la fame da un lato e la speranza di costruirsi altrove una vita migliore dall'altro e nonostante tutte le enormi difficoltà a cui si va incontro per farlo. Speranza che nasce dalla disperazione.

Se questi poi secondo te sono solo punti secondari e marginali (peraltro da te introdotti e a cui ho tentato di rispondere dal mio punto di vista) dimmi quale consideri invece il punto fondamentale.

Io parto da un presupposto se vuoi anche molto semplice ma che riguarda il principio o se vuoi l'ottica su cui secondo me bisognerebbe partire per tutte le altre considerazioni che verrebbero da fare in seguito.
cominciamo col dire che se un tale sistema induce da una parte gli autoctoni ad emigrare all'estero e dall'altra ce ne sono altrettanti non autoctoni che entrano...già questo dovrebbe far notare tutta la follia e l'assurdita.
Che ne so facciamo un esempio banale che vuole solo dare l'idea di quanto voglio dire...un giovane cerca lavoro lontano da casa e gli anziani rimangono soli...chi li accudisce? non saranno i loro figli che non ci sono più ma altri che anche loro sono stati costretti a fare altrettanto...non sarebbe questa un palese contraddizione? O vogliamo ridurre tutto come al solito solo a una questione di numeri e calcoli? 
a quel punto non era più logico che per fare la stessa cosa ognuno sarebbe rimasto,a casa loro?

Se ritieni come me che stiamo assistendo di fatto e concretamente alla realizzazione di questa generale follia,(sopra la descrizione di questa follia e' semplificata al massimo ma cio che volevo far evidenziare e' che ce',esiste) allora bisognerebbe ammettere che e' il sistema che alla base e' profondamente malato ed e' su questo che bisognerebbe innanzitutto interrogarsi per provare poi a trovarne i rimedi..anche perché se un qualsiasi problema non lo capisco prima di tutto alla radice diventa poi al quanto inutile intervenire solo nei suoi effetti evitando di affrontare e vedere le cause che lo hanno generato e che continueranno lo stesso a riprodurlo.

perche si emigra?..per la fame,la miseria, la speranza eccetera.
ma allora perché ad esempio fino credo a un centinaio di anni fa non esisteva questo fenomeno nel continente africano e la loro popolazione poteva perciò vivere tranquillamente del suo in sostanziale equilibrio?
Lo stesso credo si potrebbe anche dire di noi...allora cosa e' stato che ha spezzato via un tale equilibrio?
Cosa va fatto ma sopratutto compreso per tornare ad avercelo?...le nostre scelte, il nostro modello di vita, la nostra visione del mondo punta verso questa direzione, questa presa di coscienza  o invece - come a me sembra - continua esattamente e tranquillamente al contrario?

Jacopus

#57
Ciao aquario. Il disequilibrio credo abbia due motivi. Il primo e' l'esplosione demografica. La grande migrazione dal sud italia e' nata da questo. Mio padre, meridionale, mi raccontava che da piccolo vedeva spesso i funerali di bambini e neonati. La fine della mortalita' infantile e il proseguimento culturale del generare tanti figli per paura della loro morte ha creato il disequilibrio. Situazione che si sta normalizzando in Sud America e in Asia dove si tende a crescere due figli a coppia. L'unico problema resta l Africa subsahriana la cui crescita e' fuori controllo. Vi e' poi una moltiplicazione delle possibilita' per cui non e' piu' obbligatorio ripetere il mestiere del padre e questo determina inevitabilmente piu  mobilita'.
Rispetto alla cura dei genitori credo che dovrebbero essere le leggi e le istituzioni a intervenire attraverso servizi dedicati e facilitazioni di trasferimento, centri diurni, ecc. Poiche' scaricare sui familiari e' comodo ma quando hai un malato di halzheimeir di 90 anni in casa qualche aiuto extrafamiliare lo devi avere. E' il solito discorso. Si proclama la sacralita' della famiglia. Bisogna fare piu' figli, curare gli anziani, ma andare in pensione piu' tardi, produrre di piu'. Proclami sterili se non sono seguiti da politiche e fatti. Stessa cosa accaduta con la chiusura dei manicomi per fare un altro esempio. Questo e' il paese delle grida manzoniane e del "chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, e scordammoce o passato".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

Una comunità, un popolo, una nazione , deve comunque imparare ad autogestirsi in funzione delle risorse economiche
e questo lo sanno fare benissimo ancora le comunità tribali incontaminate dalla nostra cultura.
La mia netta impressione è che i migranti sono figli della contraddizione di non essere più comunità, popolo con  una loro tradizione  ed il non essere ancora Paesi sviluppati. Sempre per fare l'esempio della Nigeria ha avuto tassi di sviluppi simili al Sud Africa nel continente.
Allora significa che non avendo ancora assimilato gli ordinamenti dei Paesi "avanzati", ma avendo accettato o subito le forme economiche occidentali, non sono più  nè il prima(tradizione tribale) e nè il poi:sono "spiantati",privi di identità.
Ed è chiaro che l'eterogeneità sociale, di chi vive bene nelle grandi città ed è dentro i tempi che impone il commercio occidentale, e la gran parte che viene dalle periferie tribali e si urbanizza  e questo sta avvenendo ovunque, con costruzioni di megacittà, vedasi Cina, o questa fase è gestita, o crea tensioni interne o spinge parte della popolazione altrove.

InVerno

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2017, 11:14:37 AM
Una comunità, un popolo, una nazione , deve comunque imparare ad autogestirsi in funzione delle risorse economiche
e questo lo sanno fare benissimo ancora le comunità tribali incontaminate dalla nostra cultura.
Il problema è che i confini territoriali a qualsiasi livello dai regionali ai nazionali, non hanno la benchè minima connessione con il benchè minimo concetto di sostenibilità e di autogestione (non a caso le autarchie non hanno mai funzionato); da questo punto di vista sono divisioni completamente arbitrarie, frutto di tensioni storiche e militari ed in ultima analisi, semplici derivazioni di ceppi linguistici. Per non parlare delle "nazioni africane" cosi tristemente disegnate con squadra e righello. Ma anche se i confini territoriali fossero stati tracciati con questo in mente dopo la seconda guerra mondiale, oggi le esigenze sarebbero totalmente diverse, bisorrebbe possedere "confini dinamici" esattamente come quelli delle tribù che a seconda delle necessità popolano o spopolano determinate aree di interesse effettivamente muovendo i propri confini. L'alternativa è che i confini "statici" presto non varranno più nulla, o che verranno spostati militarmente.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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