Chi è l'autore dell'ultimo clamoroso "femminicidio" d'autunno?

Aperto da Eutidemo, 01 Dicembre 2021, 13:41:27 PM

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Eutidemo

Il corpo senza vita di Natalia Chinni è stato rinvenuto il 30 ottobre 2021 nella sua casa di campagna di Gaggio Montano, in provincia di Bologna ; sembra che sia stata uccisa da "munizioni spezzate", sparate da un fucile ad "anima liscia" (cioè, con i "pallini" di una cartuccia per fucile da caccia).
Però la donna era sola, e, quindi, ancora non si sa chi sia l'assassino; nè si sa se sia stata uccisa in casa, ovvero subito fuori casa, e che poi, ferita, si sia trascinata dentro a morire.

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I primi sospetti sull'omicidio sono  ricaduti su un suo cugino, vicino di casa; con il quale era in lite per una questione di confini dei loro terreni (pare che, tra di loro, fosse in corso un'"actio fìnium regundorum" ex art. 950 c.c.).
Il cugino è un ex cacciatore, incensurato e con una licenza di detenzione di armi scaduta da tempo;  e in effetti, da una perquisizione in casa sua, è risultato che non era più in possesso nè del suo fucile da caccia, nè di altre armi di sorta.
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Tuttavia:
- perquisendo altre quattro abitazioni dell'indagato fra Gaggio, Casalecchio di Reno e Rimini, la polizia ha trovato alcuni bossoli, il fodero di un fucile e una trappola per attività di bracconaggio;
- nel fiume Reno, nei pressi di un ponte lungo la Porrettana, ad alcuni chilometri dalla casa dove la donna è stata trovata morta, sono state trovate alcune munizioni che potrebbero risultare compatibili con quelle usate per uccidere la vittima.
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Le verifiche nel fiume sono partite dall'ipotesi che il cugino e vicino di casa, indagato per l'omicidio, nella mattina di venerdì possa essersi fermato con la macchina in quella zona; per cui, nei prossimi giorni, verranno fatte le comparazioni balistiche fra le cartucce trovate nel Reno e i bossoli in possesso del cugino della vittima.
Inoltre è anche atteso l'esito della prova dello "STUB", l'esame che è stato fatto per rilevare eventuali residui di polvere da sparo sulle mani dell'indagato.

                                                  MIE CONSIDERAZIONI
Premesso che quanto dico potrebbe presto essere confermato o smentito dalle indagini in corso, stando alle informazioni di cui sono venuto a conoscenza, osservo quanto segue:

1) Che fine ha fatto il fucile da caccia dell'indagato?
Una mia prima considerazione riguarda il doveroso riscontro delle modalità di "detenzione" e di "dismissione" dell'arma da caccia dell'indagato; la quale, a suo tempo, era stata regolarmente denunciata e che adesso, invece, a quanto pare, in casa sua non c'è più.
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Ed infatti, penso proprio che, quando l'indagato ha dichiarato di non essere più in possesso di tale fucile, la prima richiesta  che avrebbero "potuto" e "dovuto" fargli gli organi inquirenti, sarebbe dovuta essere:
"Per cortesia, ci mostri:
- la "scrittura privata" di cessione della sua arma a terzi, e la copia della "comunicazione obbligatoria" che lei era tenuto a farne alla polizia;
- ovvero, in caso di furto o smarrimento, la "denuncia" che lei era tenuto a farne alla polizia;
- ovvero ancora, in alternativa, il certificato di "rottamazione" dell'arma (cfr. Circolare 557/PAS/U/006144/10100 del 20/04/2017)".
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Mi auguro vivamente che gli organi inquirenti abbiano fatto tale "ovvia" richiesta all'indagato; ma, se così è, mi stupisco di non trovare alcun riferimento alla cosa sui "media", nè della risposta fornita dall'indagato stesso (salvo che la cosa mi sia sfuggita).
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Ed infatti, qualora quest'ultimo possa dimostrare "documentalmente":
- di aver venduto a terzi il suo fucile, e di aver avvisato la polizia di tale trasferimento;
- di averne doverosamente denunciato, a suo tempo, l'eventuale furto o lo smarrimento;
- di averlo, da tempo, eventualmente "rottamato";
mi sembrerebbe estremamente improbabile, salvo altri indizi, che l'assassinio possa essere imputabile a lui.
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E' vero che potrebbe averlo commesso con un altro fucile, posseduto di frodo, (che, poi, sempre di frodo, avrebbe fatto sparire); ma la cosa diventerebbe alquanto più improbabile.
Tra l'altro, se veramente non aveva più il suo fucile da cacciatore, essendo intenzionato a far fuori la cugina, penso proprio che al "mercato nero" si sarebbe comprato una pistola, e non certo un fucile per la caccia alle quaglie!
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Se, invece, il fucile non ce l'ha più, ma non può in alcun modo giustificarne la "dismissione", secondo me la sua colpevolezza diventa estremamente probabile; ed infatti per quale motivo mai se ne sarebbe disfatto, se non per evitare che la polizia potesse fare il confronto di compatibilità tra l'arma di sua proprietà e le munizioni che hanno ucciso la vittima?
Diversamente, se fosse stato innocente, il suo fucile se lo sarebbe tenuto ben stretto; ed infatti, in tal caso, dal  confronto di compatibilità tra l'arma di sua proprietà e le munizioni che hanno ucciso la vittima, la sua innocenza sarebbe risultata evidente!
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Come ho detto, sui media non ho trovato alcuna notizia circa tale "FONDAMENTALE" dettaglio; però potrebbe essermi sfuggito!
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2) Il "coefficiente psichico della condotta" dell'indagato, nell'ipotesi in cui sia stato effettivamente lui a sparare.
Il "coefficiente psichico della condotta" dell'indagato, nell'ipotesi in cui sia stato effettivamente lui a sparare, secondo me si può desumere da due elementi indiziari, che, secondo me, risulterebbero alquanto "collimanti".

a) Il "movente".
Visto che tra i due era in corso soltanto una stupidissima lite per una mera questione di confini, salvo che l'indagato non sia un soggetto davvero molto "border line", mi sembra davvero improbabile che questo  potesse costituire un "movente" sufficiente per voler addirittura "uccidere" la cugina; quindi, nell'ipotesi che le abbia davvero sparato, secondo me non intendeva affatto ucciderla, bensì soltanto spaventarla e/o intimidirla sparandole davanti ai piedi (o, al massimo, ferirla con i "pallini per quaglie").

b) Il "mezzo".
A differenza di quanto normalmente si crede (e si vede nei film"), i "pallini da caccia" non si aprono subito in un'mpia "rosata", bensì lo fanno non prima di vari metri di traiettoria; a breve distanza, invece, i "pallini" colpiscono il bersaglio "raggrumati", quasi come se si trattasse di un singolo proiettile.
In generale, infatti, considerando un valore medio per i pallini di circa 2, 5 mm, se a 5 metri il raggio del circolo contenente il 50% dei pallini è di circa 3,5 cm, a 60 metri il raggio di tale circolo sarà di 22 volte più grande e quindi di circa 77 cm; si tenga però presente che, per i per pallini di minor diametro la rosata è un po' più ampia, mentre, per quella dei pallini più grossi, un poco più ristretta.
Pertanto, considerato che, almeno a quanto riferiscono i "media", "sul corpo della vittima risultano "piccole ferite alle gambe e al basso ventre", presumo che lo sparo sia avvenuto a una distanza  alquanto "rilevante"; il che potrebbe anche significare che chi ha sparato non intendeva ucciderla, bensì soltanto spaventarla sparandole davanti ai piedi, ovvero colpire soltanto questi ultimi.
Non escluderei affatto, quindi, che il colpo possa essere arrivato più in alto di quanto voluto dal tiratore, a causa del "rilevamento" dell'arma; i cui effetti sono tanto più rilevanti, quanto più è distante il bersaglio.
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Tuttavia le mie sono ipotesi di natura meramente congetturale, in quanto, per esprimere un giudizio veramente circostanziato, occorrerebbe effettuare un "esame comparato":
- "balistico"
- "anatomopatologico".
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                                            LA "STATEMENT ANALYSIS"
La "Statement Analysis" è una tecnica investigativa e criminologica di analisi del linguaggio che consente di ricostruire (presuntivamente) i fatti relativi ad un caso giudiziario attraverso lo studio di ogni parola presente nelle dichiarazioni di sospettati, indagati e testimoni; si basa sul principio che le dichiarazioni veritiere differiscono da quelle false in alcune parti del linguaggio, in base al presupposto che chi parla sia innocente "de facto" e che parli per essere compreso.
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Ciò premesso, nel caso dell'indagato dell'omicidio della Chinni, secondo tale tecnica ci si aspetterebbe  che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero e che possegga la protezione del cosiddetto "muro della verità", che è un'impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.
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Secondo tale tecnica investigativa, si presume che una negazione sia credibile, quando è spontanea, se è composta da soli tre componenti:
- il pronome personale "io"
- l'avverbio di negazione "non" e il verbo al passato "ho", "non ho"
- l'accusa, ad esempio "ucciso Natalia Chinni".
Punto!
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Personalmente condivido abbastanza tale "tecnica"; sebbene, secondo me, sarebbe più corretto chiamarla "teoria".
Ed infatti, a mio avviso, è un "sistema ermeneutico" che non è esente da alcune possibili critiche; a cominciare da quella che, se uno è al corrente del fatto che chi lo interroga segue tale metodo, diventa estremamente facile ingannarlo.
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Ad ogni modo, poichè, secondo me, se presa "con le molle" tale tecnica non è del tutto priva di validità ed efficacia concreta (visti anche i risultati conseguiti in varie indagini), ritengo che sia interessante vedere cosa risulta da essa applicandola a quanto dichiarato dall'indagato in questione.
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Ed infatti, l'indagato del "delitto Chinni", ha rilasciato ai giornalisti la seguente dichiarazione spontanea:
"Mi dispiace tanto per quello che è successo, sono sconvolto e non mi sento bene. L'altra sera, mi scuso con la collega, perché ho dei dolori fisici. Io non c'entro niente con queste cose e ho detto ai carabinieri tutto quello che so. Cercate di capirmi".
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Si notino "Mi dispiace tanto" e "mi scuso", in quanto, nella "Statement Analysis" si fa molto caso a frasi di questo tipo a prescindere dal contesto in cui vengono pronunciate;  ed infatti possono rappresentare la classica forma di "leakage" (*),  essendo spesso pronunciate dagli autori dei reati durante interviste e interrogatori.
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Inoltre l'indagato, invece di limitarsi a negare in modo credibile (e, possibilmente "argomentativo") di aver ucciso sua cugina, si è esibito in una tirata oratoria di chiaro "intento manipolatorio", chiedendo   di "essere capito" dopo essersi rappresentato come un uomo malato ("non mi sento bene", "ho dei dolori fisici" ecc. ecc.).
Si tratta di un chiaro tentativo di "captatio benevolentiae"; ed infatti a che scopo l'indagato ha riferito di non sentirsi bene e di avere dei dolori fisici?
Lo ha fatto per muovere a compassione i suoi interlocutori e per indurli a smettere di fargli delle domande o per convincerli che non può aver commesso l'omicidio in quanto è un uomo malato?
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Inoltre, visto che gli inquirenti sospettano che l'indagato si sia liberato del fucile e delle munizioni nel fiume Reno, in quanto, secondo i loro calcoli, avrebbe impiegato più del previsto a percorrere un certo tratto di strada, l'indagato ha detto testualmente ai giornalisti: "Penso di essermi  fermato due minuti per far pipì".
Dichiarazione, questa, secondo me, è doppiamente sospetta.
Ed infatti:
a)
Forse sarebbe stato più credibile se avesse detto che si era fermato "due minuti per far la cacca"; in quanto, a meno che non si fosse bevuto un intero barile di birra, "due minuti per far pipì" mi sembrano davvero un po' troppi (e, comunque, non tali da giustificare il ritardo calcolato dalla polizia che era superiore a due minuti).
b)
Inoltre, solitamente, uno se lo ricorda benissimo se si è "fermato per fare pipì", mentre  l'indagato ha "indebolito" la sua affermazione premettendo "penso" e soffermandosi a pensare a cosa dire dopo "essermi".

                                                            CONCLUSIONI
Ribadendo ancora una volta che le mie sono mere illazioni di tipo congetturale, relative a un'indagine ancora in corso, e della quale conosco solo pochi elementi, sarei tuttavia propenso a credere, sia pure con cauto "beneficio d'inventario" che il colpevole sia proprio il cugino.
Penso, però, che, se il colpevole è davvero lui, il suo sia stato:
- un omicidio meramente "colposo", se intendeva soltanto spaventare la cugina sparandole davanti ai piedi (come, una volta, moltissimo tempo fa, un "deficiente" fece anche con me);
- un omicidio "preterintenzionale", se intendeva soltanto ferirla ai piedi con i pallini.
In entrambi i casi, secondo me, è stato "tradito" dal "rilevamento" verso l'alto dell'arma.
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NOTE
(*)
Per "leakage" si intende il rilascio involontario di informazioni che "stazionano" nella mente di chi parla e che naturalmente in questo caso sono relative ad uno stato d'animo.


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