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Burkina

Aperto da doxa, 31 Agosto 2016, 17:42:36 PM

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Gibran

Maral,

hai fatto bene a citare la risposta l'alto commissariato per i diritti umani, perché era l'unica risposta possibile e sensata.  Se si ragiona senza le lenti colorate di una ideologia o sotto l'impulso emotivo non si può che concludere che vietare il burkini è stata una mossa sbagliata sotto vari punti di vista e non solo in base ai diritti umani.  Va fatto comunque notare però che il principe giordano Zeid Ra'ad Al Hussein è musulmano e quindi è probabile che questo abbia influenzato la sua risposta. Sarebbe interessante verificare se per esempio ha mai condannato le palesi violazioni di diritti umani che avvengono in Arabia Saudita.

[Cit.] "in essa si rivela ancora una volta l'assoluta ipocrisia arrogante che contraddistingue la cultura occidentale che si considera al di sopra di ogni altra, tanto da poter insegnare a tutti cosa è il rispetto."

Su questo non sono d'accordo per due motivi:

1) l'arroganza non sta nel difendere le proprie posizioni o opinioni su una data questione come il burkini –difesa che è e deve essere sempre lecita-, ma solo nel modo in cui questa difesa viene effettuata. Lo stesso può essere detto di chi invece lo approva. La questione in sé del burkini è ridicola ma in realtà fa parte di una questione molto più vasta e importante che riguarda sia il modo di vestirsi in generale che questioni come la poligamia, etc. e inoltre il problema che Verdeidea ha citato e cioè che "l'ospite ha il dovere e anche dovrebbe avere la buona educazione di rispettare le regole dell'ospitando. A questo si potrebbe obiettare che molti musulmani non si sentono ospiti ma cittadini come gli altri e quindi di fatto padroni di comportarsi come piace a loro. Qui entra in gioco il concetto, ormai eroso, di nazione, di popolo, e la logica conclusione dei relativisti è che "nessuno è straniero".

Bisogna inoltre sottolineare che la Carta dei diritti umani è un prodotto di quella cultura occidentale "che si considera al di sopra di ogni altra".  Come si può leggere in Wikipedia:

"Documento storico molto importante prodotto dagli Alleati sull'onda dell'indignazione per le atrocità commesse nella Seconda guerra mondiale, la Dichiarazione fa parte dei documenti di base delle Nazioni Unite insieme al suo stesso Statuto del 1945."

2) Tutto il polverone del burkini è solo una facciata. La stampa, specie quella italiana, e quindi i lettori, si sono attenuti nei loro giudizi a questa facciata. In realtà leggendo bene gli articoli scritti meglio si può capire facilmente che il divieto del burkini, sancito prima a Cannes poi a Nizza, è avvenuto sull'onda della reazione emotiva a seguito del massacro di Nizza ad opera di un musulmano. Leggevo ieri su un quotidiano che ormai a Nizza per la stragrande maggioranza della popolazione musulmano è sinonimo di terrorista, opinione che non si può condannare con troppa fretta dato che in potenza ogni musulmano può esserlo o diventarlo in ogni momento. E' stata una ripicca, ed è un segno di debolezza e di impotenza di fronte ad un nemico vigliacco e subdolo. Si è voluto prendere il burkini semplicemente come un simbolo islamico e il suo divieto era un chiaro messaggio alla comunità islamica per dire: "Ne abbiamo abbastanza di voi".
Non sono d'accordo su questo divieto perché l'opposizione all'islam, a quello cosiddetto moderato e non solo agli estremisti, può essere fatta tirando in ballo argomenti ben più importanti di un ridicolo costume da bagno. (Argomenti di cui ho portato un esempio nel mio post precedente). Inoltre sempre per rispondere alla accusa di pretesa superiorità della cultura occidentale devo far notare che la balneazione, come ho già detto, è un fenomeno culturale prettamente occidentale. Dobbiamo stare attenti quando si parla di "cultura", che è un altro termine di cui oggi si fa abuso.

Gibran

Faccio seguito al mio intervento precedente in risposta a Maral per continuare il discorso sulla "cultura".

Ho fatto una piccola ricerca:

Enciclopedia Moderna Italiana, Edgardo Baldi – Aldo Cerchiari, Sonzogno Milano 1936

"Cultura, sinonimo di coltivazione e di coltura (anche nel senso di erudizione, istruzione). Civiltà."

Gabrielli, Grande dizionario illustrato della lingua italiana, Mondadori, 1989

"Cultura (raro coltura) 1. Nutrimento, arricchimento delle proprie facoltà intellettuali perseguito attraverso l'acquisizione critica di cognizioni che provengono dallo studio così come dell'esperienza, che diventa elemento costitutivo della personalità di ciascuno. 2 il complesso delle cognizioni e delle esperienze che, assimilate criticamente, contribuiscono a formare questo arricchimento. 3, istruzione, dottrina. 4, il complesso delle cognizioni relative a una determinata disciplina o a un settore di disciplina. Cultura, artistica, scientifica, etc. 5. In senso più generale, il complesso delle acquisizioni delle conoscenze, delle esperienze che costituiscono il tipo e il grado di sviluppo delle qualità intellettuali e morali di un determinato ambiente, di una determinata classe sociale, si un popolo, di un'età.
(lascio da parte due o o tre altre accezioni che non riguardano il caso in questione.)

Dobbiamo notare una cosa: la differenza tra la semplice e concisa definizione del 1936 e quella del dizionario del 1989.Il termine cultura che inizialmente significava erudizione o istruzione si è esteso al "il complesso delle acquisizioni delle conoscenze, delle esperienze che costituiscono il tipo e il grado di sviluppo delle qualità intellettuali e morali di un determinato ambiente, di una determinata classe sociale, si un popolo, di un'età." E' ovviamente una estensione del tutto logica e legittima.

Ma oggigiorno, non sono in grado di dire da quanto tempo ma sicuramente dopo la pubblicazione del Gabrielli, il termine cultura viene usato in una diversa accezione che più che una estensione è una interpretazione. Nel termine cultura, riferito ad un popolo, si fa entrare un complesso di cose che prima veniva semplicemente chiamato "usanze e costumi". Si dice per esempio che tatuarsi il corpo fa parte della "cultura" dei maori, anche se in base alla vecchia definizione, il tatuaggio non può essere considerato una "acquisizione di qualità intellettuali o morali". Si parla anche di cultura culinaria, enologica, etc., insomma tutto è cultura. Questa estensione, credo, è avvenuta in America in ambito antropologico, e si è poi estesa anche da noi. Non discuto sulla legittimità di questa estensione ma credo che bisognerebbe fare dei distinguo quando qualcuno vien a dirmi, come mi è successo, che gli zingari rubano perché fa parte della loro "cultura".

Allora quando Maral dice:

[Cit.] "l'assoluta ipocrisia arrogante che contraddistingue la cultura occidentale che si considera al di sopra di ogni altra".

Farebbe bene a specificare di quale cultura sta parlando: una qualsiasi delle 4 accezioni che ho citato oppure l'interpretazione più moderna?
In questa ultima accezione sembrerebbe (ma non sono d'accordo) che ogni cultura vale quanto le altre (relativismo culturale). Ma vogliamo fermarci solo a questo significato di cultura e ignorare tutti gli altri?

E tutti gli altri includono: la scienza - la fisica con tutte le sue branche, la chimica con le sue innumerevoli diramazioni e applicazioni, la biologia, la medicina, la botanica, l'agricoltura, la scienza delle costruzioni, le scienze economiche, il sistema scolastico, - e innumerevoli aspetti che fanno parte della vita moderna che diamo per scontati e che non notiamo neanche più. Allora questa cultura, che è cultura nel senso originario del termine, a considerarla "superiore" non sono solo alcuni di noi, ma la stragrande maggioranza dei paesi e popoli extraeuropei che l'hanno adottata senza esitazione, e bada bene, anche e soprattutto paesi come la Cina che non sono mai stati colonizzati dall'occidente. Ogni giorno miliardi di esseri umani in tutto il mondo urlano silenziosamente e inconsapevolmente la superiorità della cultura occidentale andando a scuola, andando in ufficio o in fabbrica, prendendo il tram o il treno, andando a farsi curare dal medico o ricoverandosi all'ospedale, o adottando sistemi politici e economici capitalisti o marxisti, entrambi un prodotto della cultura europea. E la superiorità della cultura europea la gridano anche i terroristi del IS che per le loro battaglie usano armi occidentali, veicoli occidentali e computer occidentali (e perfino i dollari della tanto odiata America). Abbiamo obbligato tutta questa gente con la forza ad adottare la nostra cultura arrogante? Se così è come qualche sconvolto nostrano crede allora, che ne facciano volentieri a meno di questa cultura "arrogante" e che tornino a farsi curare dagli stregoni e a fare la guerra con archi e spade. E farebbero bene per coerenza con le loro idee a fare altrettanto i difensori nostrani di queste culture extraeuropee.

maral

@Gibran, il problema sta proprio nella Carta dei diritti dell'uomo prodotta dal mondo occidentale (guarda caso come il burkini, ideato in Australia da una donna nata in Libano ed emigrata lì all'età di due anni: bisognerebbe riflettere anche su questo fatto per capire cos'è questo burkini di cui tanto si è detto), ma che l'Occidente non ha tuttora alcuna difficoltà a tradire nei suoi principi, se conviene (e spesso conviene, magari senza darlo troppo a vedere mentre si ribadisce con grande impeto formale l'esatto contrario). La carta dei diritti dell'uomo non l'hanno scritta i membri della casa reale dell'Arabia Saudita, che meritano certamente ogni disprezzo culturale, non fosse per il petrolio, il flusso di cassa del commercio di armi e l'alleanza con gli USA, e nemmeno gli emiri degli Emirati Arabi (sulle cui spiagge gettonatissime peraltro dal ricco turismo occidentale, non credo sia un problema indossare il bikini, proprio come non credo sarebbe un problema il burkini sulla Costa Azzurra, se a metterselo fossero ricchissime spose e figlie di emiri, per qualsiasi motivo lo mettessero).
Certo, il divieto imposto da alcuni comuni della Costa Azzurra rispondeva a una reazione emotiva, e questa è comprensibile (anche se non giustificabile a un minimo di riflessione), e le reazioni emotive sono sempre cavalcate da chi sa trarne profitto (come la storia del nazismo dovrebbe insegnare, ma si sa che la storia non insegna proprio nulla ed è subito dimenticata).
Forse l'unico aspetto positivo della faccenda è che dovrebbe portarci a riflettere (da Occidentali la cui cultura ha formulato con ben scarsi effetti i diritti umani) che se gli atti terroristici in Francia hanno portato alla caccia al burkini (indumento di ideazione femminile che paradossalmente tenta una sintesi di assorbimento culturale alla nostra cultura della balneazione e del mercato) a cosa porteranno i massacri quotidiani di popolazioni civili in quelle regioni? Forse questa domanda potrebbe aiutarci a capire le ragioni di odi e di speranzose farneticazioni, degli appoggi che queste raggiungono nelle masse: poiché se tutti i musulmani in quanto tali, per ragioni emotive, appaiono cattivi dopo gli attentati a casa nostra, come dovranno apparire a quei musulmani tutti gli Occidentali e i segni dell'Occidente che essi portano , per le stesse ragioni emotive, dopo le nostre bombe a casa loro, per di più accompagnate dalla propaganda della nostra indiscutibile superiorità culturale che ci chiede di ammaestrare il mondo intero volente o nolente? Magari alla fine, si potrebbe capire, come dal punto di vista emotivo, tutti gli esseri umani, al di là dei loro costumi, religioni e più o meno riprovevoli usanze di riferimento, sono in linea di massima emotivamente uguali e culture, religioni ed enunciati non bastano certo a renderli migliori, ma solo a giustificarli del peggio che fanno gli uni agli altri e alla fine tutti contro se stessi.

Gibran

(Non c'è due senza tre  :) )

Vorrei esprimere le mie idee su alcuni concetti che considero importanti ai fini del tema in discussione e in particolare sul "relativismo". E' un discorso in generale (non rivolto cioè a nessuno in particolare qui) che prende spunto dalle idee che si sentono affermate nei media e di cui qualche eco ha raggiunto anche questo forum.

Relativismo come politica conciliatoria

Il relativismo è figlio della politica e dovremmo lasciarlo a chi politica vuole fare. Ma non è compatibile con un dibattito culturale serio. Per dirla in termini semplici e concisi il relativismo dovrebbe servire a evitare i conflitti sociali in paesi multietnici e multiculturali (come sono gran parte dei paesi europei oggigiorno), ma in pratica porta inevitabilmente alla creazione di comunità separate e blindate, apparentemente tolleranti l'una con l'altra ma in realtà politicamente avversarie e pronte a rovesciare i rapporti di forza non appena possibile e quindi la legislazione in vigore. Questo per rispondere a chi crede che il relativismo porti all'integrazione e quindi ad una società migliore.

Confusione tra persona e idee

Il relativismo è una verità parziale, un compromesso che non risolve il problema di fondo. Si estende alle idee il rispetto dovuto all'individuo, il che se ci riflettete è un nonsenso. "Non sono d'accordo con le tue idee ma le rispetto" è una espressione che deriva da questa confusione. Rispettare le idee non significa assolutamente nulla dato che il rispetto è qualcosa che si deve e si può avere per un essere umano. Le idee si possono capire, fraintendere, condividere, assumere, rigettare, prendere con beneficio di inventario, analizzare e quindi reputare logiche, sensate o infondate, ma non rispettare. Chi dice di "rispettare" le idee di qualcuno in realtà vuole solo dire "ti rispetto come persona". E' qualcosa che può ovviamente essere necessaria in un contatto diretto tra individuo e individuo, ma non ha senso in un dibattito culturale. Se volessimo essere sinceri sino in fondo dovremmo dire: "Non sono in grado ora di trarre un giudizio conclusivo sulle tue idee e quindi evito di discuterle".

Il relativismo come mascheramento di una simpatia politica

Sempre in campo politico il relativismo porta ad una contraddizione di fondo perché di fatto favorisce le ideologie totalitarie e assolutiste come l'Islam. L'europeo ha sviluppato una autocritica tanto necessaria quanto distruttiva quando viene applicata tout court anche per garantire la libertà di pratiche pseudo-religiose come il velo, il burka e altre amenità tribali a chi il relativismo neppure lo concepisce. Nell'Islam e nella mente del musulmano non c'è posto per il relativismo: non ci sono due "Divinità" (come tra l'altro si sta cominciando ad affermare proprio da parte dei relativisti -vedi discorso recente del re di Norvegia- che per fare tutti "fessi e contenti" afferma che "siamo tutti norvegesi, sia chi crede in Dio e chi crede in Allah" (sic). E come non ci possono essere due divinità – per i musulmani - non ci possono essere due leggi e quindi due tipi di abbigliamento. La difesa del burkini (come degli altri capi d'abbigliamento) da parte dei musulmani, per quanto comprensibile (ho già detto che è un errore proibirlo) è comunque ambigua e contradditoria perché non scaturisce dal riconoscimento della soggettività (e quindi il relativismo) del modo di vestirsi ma al contrario proprio perché non ne concepiscono uno diverso. Paradossalmente chi oggi difende queste libertà sta di fatto difendendo l'assolutismo.  Quello che sta succedendo in Europa, e che succederà sempre più è che i relativisti verranno spazzati via proprio da coloro che vorrebbero difendere. (Quindi consiglio a Verdeidea di non preoccuparsi: fra poco di relativisti ne rimarranno ben pochi).

Il relativismo è relativo

In realtà il relativismo – quando è applicato indiscriminatamente ad ogni genere di cose, cioè quando diventa legge universale, è un vero e proprio suicidio intellettuale, morale e spirituale, e manifesta la decadenza culturale e psicologica dell'occidente che non sa più distinguere "La pula dal grano". E diventa pericolosissimo quando viene applicato in campo giuridico. Qualcuno ha tirato in ballo il relativismo dei valori, che non sarebbero quindi universali. Ma di che valori stiamo parlando? Una cosa è l'abbigliamento, un'altra cosa sono per esempio la violenza o l'uguaglianza. Ci sono valori (in positivo e in negativo) che sono comuni a tutta l'umanità dato che tutta l'umanità condivide la stessa struttura psicologica e biologica. Dire che non ci sono valori universali è di fatto ammettere che i popoli hanno una diversa biologia o una diversa psicologia, il che è una colossale corbelleria. Qualche anno fa in Inghilterra si sono scoperti molteplici casi di ripetute violenze e stupri contro bambini in diverse e numericamente consistenti comunità islamiche. E ci sono stati dei giudici che hanno sostenuto che bisognava tener conto delle differenze culturali e di come queste pratiche quindi fossero accettate dalla loro cultura. In pratica li stavano scusando. La violenza è sempre violenza e non fa meno male se chi la fa è musulmano o cristiano o ateo . O vogliamo sostenere che siccome è una pratica accettata dalla loro cultura i colpi o lo stupro fanno meno male?

Meno male che ce stata da parte di altri giuristi e di autorevoli opinionisti una presa di posizione netta contro questo relativismo.
Prendiamo un altro esempio: le spose bambine. Un altro valore relativo o universale? O si riconosce che le bambine sono incapaci di prendere una decisione così importante per la loro vita e che sono facilmente plagiabili e manipolabili dagli adulti e vanno quindi tutelate o si deve riconoscere invece che le bambine musulmane hanno capacità di giudizio superiore alle bambine cristiane?
E questo per rispondere a quanto dice Paul:

[Cit.] "Cieco, perchè in qualunque Stato Occidentale multicultuale, come U.S.A, Gran Bretagna, Francia, ecc. non adottano codici e costituzioni per ogni comunità."

Non l'hanno adottata ma ci hanno tentato e se non ci fosse stata una risposta decisa contro il multiculturalismo ci sarebbero riusciti.

Esportazione della democrazia

Qualcuno ha citato i mali della "Esportazione della democrazia". Ovvio che la democrazia non può essere esportata dato che presuppone una capacità di autodeterminazione che proviene dal livello culturale e intellettivo della maggioranza della popolazione (e quindi secondo la loro cultura in accordo alla definizione del dizionario). (Quindi chi riconosce che la democrazia non può essere esportata sta di fatto dicendo che questi popoli non hanno un livello culturale e intellettivo adeguato – oppure sta implicitamente riconoscendo la "bontà" dei regimi totalitari).  Questo modo di porre la questione io proprio non lo capisco e mi sembra che venga dall'accettazione dei valori di facciata e cioè di credere alle affermazioni dei politici e dei capi di stato. Credete che i politici di ogni paese siano membri di una istituzione di beneficenza? La politica, che sia di destra, di sinistra, europea, americana, asiatica o africana è solo un gioco di potere (e questo è un altro valore universale). Quando un politico americano o europeo dice di aver voluto ripristinare la democrazia significa semplicemente che ha tolto dal potere un dittatore che faceva una politica contraria al suo paese e al suo posto ci ha messo un altro che invece gli è amico.

Quindi è inutile sbraitare come fanno i buonisti contro l'intervento americano (visto come satana da molti paesi musulmani e da molti ex-comunisti nostrani) in questa o quella nazione dato che il loro dissenso manifesta semplicemente che hanno un giro di amicizie diverso e contrario. E quando analizzano le conseguenze – spesso mezze verità – di questa "esportazione della democrazia" evitano sempre di parlare delle conseguenze della politica del dittatore deposto. In ogni caso il relativismo è solo una scusa per affermare le proprie idee e simpatie politiche. L'economia, cioè il soldo, è un altro valore universale che troviamo in ogni cultura e paese, quindi a meno che qualcuno mi mostri un paese che sa fare a meno dei soldi e non lotti per procurarseli, è oltremodo ipocrita e distorto il criticare questa o quella potenza che fa una guerra per interessi economici. Il paese che non ha mai fatto una guerra per motivi economici è il paese che non ne ha mai avuto la possibilità e le capacità. Noi europei abbiamo inventato le utopie sociali in cui gli stati non dovrebbero più fare guerre (cioè un ideale e non una realtà fattuale) e quindi ci autoflagelliamo perché i nostri paesi non corrispondono al modello ideale che ci siamo inventati e – cosa ancora più folle e masochista, appoggiamo la politica di paesi o organizzazioni politiche extra-europee con la giustificazione che sono reazioni alla politica "imperialista" europea o americana. Cioè in base ai modelli utopici noi non abbiamo il diritto di essere imperialisti mentre i poveri paesi extra-europei sì. Due pesi e due misure.

Quindi sempre per il principio "che non si può – e non si deve – esportare la democrazia" qualcuno sembra sostenere che non si debba criticare le usanze dei musulmani anche quando vanno contro ogni valore umano universale. Cioè un suicidio intellettuale, morale e spirituale.

Concludo con la citazione di un commento fatto oggi all'articolo sugli shorts:

"Solo la malafede o la cecità non ammette quello che sta accadendo all'Europa laica e libera per mano dell'islam accolto e nutrito da decenni."

P.S.

Il relativismo religioso

Sul Blog di Reppublica del 10 set 2016 leggo:

L'oriente e la coscienza secondo Francesco di Raimondo Bultrini

"Credere o non credere in Dio – era il senso di una delle risposte a Scalfari di Papa Francesco – non porta gli uni in paradiso e gli altri all'inferno. "La questione per chi non crede in Dio – scrisse testualmente - sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza".

Mi chiedo se questa frase fa lo stesso effetto a voi come a me. A me si è accesa una lampadina, ho appreso qualcosa che non sapevo e ho capito ora il perché di certe frasi di Paul nella nostra discussione sul tema "Non chiamatela religione". Devo fare le mie scuse a Paul perché avevo trovato le sue affermazioni incoerenti. Ignoravo che il relativismo era penetrato anche nella chiesa cattolica. Adesso è ancora più chiaro perché io e lui, come avevo affermato, parlavamo due lingue diverse. Io parlavo pensando al cristianesimo e cattolicesimo come l'ho conosciuto, come mi è stato insegnato al catechismo, e come poi ho approfondito per conto mio sempre su testi editi dalla chiesa cattolica. Lui parlava del cattolicesimo odierno, quello che si manifesta nella parole di papa Francesco, e che io ho chiamato (e continuo a chiamare) cristianesimo fai da te. Sono due religioni completamente diverse e non ho idea quando il cambiamento è stato introdotto dato che è da molto che non frequento più la chiesa. Nel cristianesimo che ho conosciuto io chi non credeva andava all'inferno, ed era così da circa 2000 anni. Mi chiedo se tutte quelle anime che, prima della svolta attuale di papa Francesco, sono finite all'inferno perché erano atee possono ora fare ricorso al TAR per essere ammesse in paradiso. E mi chiedo anche se Dio regolerà le sue decisioni e il suo giudizio finale in base alla opinione di Francesco o a quella dei papi che l'hanno preceduto (che ricordiamolo erano altrettanto infallibili in materia religiosa di Francesco) . E se fossi stato Scalfari avrei voluto chiedere a papa Francesco: se credere o non credere in Dio (o nella religione cristiana) è la stessa cosa, dato che l'importante è seguire la propria coscienza, allora perché mandate i vostri missionari in Africa e Asia a convertire la gente? Non sarebbe meglio lasciare che obbediscano alla loro coscienza di indù, musulmani o buddhisti?

In realtà il relativismo religioso porta, se uno è coerente con quello che pensa, alla inutilità di una religione istituzionalizzata, del clero e di una chiesa. Se possiamo credere a quello che vogliamo i papi dovranno cercarsi un altro mestiere. Un altro suicidio.

maral

Gibran, per quanto riguarda il concetto di cultura di cui mi chiedi a quale definizione faccio riferimento quando parlo di arrogante ipocrisia culturale dell'Occidente, non ho difficoltà a riconoscere che intendo per cultura il significato complessivo di una civiltà (ossia di un'unità specifica che accomuna un popolo o più popoli sotto uno stesso segno che ne riflette il significato). Questo significato complessivo è certamente analizzabile e suddivisibile nei suoi ambiti particolari (a loro volta ancora più dettagliatamente suddivisibili) a cui ci si può attenere separatamente. Ma qui parlo di cultura in termini generali e il segno che a mio avviso (dunque relativamente a come io sento la questione) contraddistingue la cultura occidentale moderna (questo non esclude il poterne cercare altri che comunque non sopprimono questo) è quello di un'estrema arroganza ipocrita che ha la sua ragion d'essere nella storia dell'Occidente imprescindibile dalla storia del cristianesimo: la cultura occidentale ha la sua ragione di successo nella sua arroganza di cui l'ipocrisia si è dimostrata utilissimo strumento e l'arroganza ha la sua ragion d'essere nel pensare progressivo che il cristianesimo introduce in seguito nel pensiero laico e ateo dell'Occidente (ma, in questi termini, l'Islam non fa differenza, anche se non è ancora maturato nella stessa direzione. Finirà comunque per farlo, salvo le resistenze che noi, con la nostra arroganza estrema continuamente solleviamo).
Se invece ci vogliamo specificatamente soffermare sulla cultura tecnica che comunque rientra nel gioco culturale complessivo introdotto dal modo di pensare cristiano dell'Occidente, è indubbio che essa ha la capacità di scardinare ogni altra cultura che si riveli tecnicamente inadeguata, è indubbio che non solo i riti sciamanici o le preghiere mostrino ben minore efficacia rispetto agli antibiotici (almeno finché gli antibiotici funzioneranno) e soprattutto che le scimitarre non possono nulla contro bombe e carri armati, per cui, che lo si voglia o meno, saranno bombe e carri armati che finiranno tutti per usare, se non verranno prima sterminati fino all'ultimo, chiunque usa scimitarre e chiunque preghi Dio o Allah. Perché la cultura tecnica, che è cultura di ciò che funziona, non conosce alcun limite e confine, si afferma in Occidente, ma si estende ovunque inevitabilmente e non si riconosce come occidentale, ma è per sua natura globale. Non ha alcun senso ipotizzare di poterla rifiutare, nemmeno da un popolo di eremiti, giacché il suo presupposto è che funziona e deve funzionare per tutti, in assoluto, basta saper come fare.
L'aspetto tecnico della cultura, proprio perché appare come l'assoluto del funzionamento, a sua volta finisce per condizionare a sé ogni altro aspetto, senza che sia possibile opporre alcuna resistenza. Ma è proprio nella differenza che gli altri aspetti mantengono nonostante le loro pretese unificatrici e che invece la tecnica sopprime che può mantenersi l'umano, il significato dell'esistenza umana. E qui rientra il discorso sul relativismo, che certamente è debole e contraddittorio, e per questo alla fine il relativismo aspira a porsi come assoluto e alla fine riconosce l'assoluto proprio nella tecnica, ossia nella capacità di potenza che essa dispiega a chiunque: la democrazia dopotutto non è che una tecnica, l'economia pure, l'etica anche, ogni religione finisce con il diventarlo (e i papi alla fine non potranno che esserne i funzionari), come finiscono per diventarlo gli stessi diritti umani e senza bisogno di convertire nessuno alla loro suprema ragione, se funzionano (ma non fuzionano e continuamente lo dimostrano, anche nei paesi in cui sono stati stabiliti) siamo già tutti convertiti ... La domanda a questo punto è: che fine facciamo noi esseri umani in questa inevitabile prospettiva tecnica? Non come possiamo garantire l'omologazione, ma come possiamo garantire la differenza?  Garantire l'indispensabile altro da me, senza il quale io non posso esistere anche se lo odio, lo detesto, lo trovo incomprensibile e tanto minaccioso? Questo è il punto. 

Gibran

Maral,

[Cit.] "Questo significato complessivo è certamente analizzabile e suddivisibile nei suoi ambiti particolari (a loro volta ancora più dettagliatamente suddivisibili) a cui ci si può attenere separatamente."

Ovvio, ognuno di noi fa una cernita, prende ciò che della cultura in cui vive reputa buono e scarta ciò che gli sembra cattivo. Il problema è che a volte il buono e il cattivo non sono così discernibili e allora dovremo avere una posizione più cauta, più prudente.

Ma il punto centrale del mio discorso – che non so se ho espresso bene – è un altro. Nei media, nei forum sui quotidiani spesso si leggono filippiche accese e distruttive contro la civiltà occidentale in toto come se fosse la causa di ogni male. Sono il primo a muovere critiche verso questa civiltà ma allo stesso tempo dato che mi sono guardato intorno e viaggiando ho approfondito la conoscenza di altre culture, sia sul campo che nei libri,  non ho potuto fare a meno di notare che non c'è alternativa valida alla nostra civiltà e che spesso chi critica l'occidente in realtà simpatizza per culture che hanno gli stessi vizi e difetti della nostra - e magari in misura maggiore - che o ignorano perché non hanno mai conosciuto di prima mano quella cultura o fanno finta di non vedere per motivi ideologici.

Cioè la mia tesi è: è vero che ci sono tante cose storte nella nostra cultura e società, e sarebbe bene cambiarle, ma è pur sempre la migliore tra quelle attualmente disponibili. E ciò che è ancora più importante la cultura islamica non ha nulla da darci o da arricchirci dato che si basa sugli stessi presupposti della nostra – cioè: dal punto di vista religioso si basa sul bastone e sulla carota – stesso meccanismo del cristianesimo – e dal punto di vista politico e sociale si basa sempre sulla acquisizione di potere e sull'accaparramento delle risorse economiche. Come sai, fino a pochi decenni fa, il mondo era spaccato in due, da un lato i capitalisti e dall'altro i comunisti. E il comunismo o meglio il marxismo leninismo sembrava l'unica alternativa al capitalismo (e per questo tanti giovani lo abbracciavano per reazione contro le pecche della società capitalista in cui vivevano  - se solo fossero andati a vivere in una società comunista...).

Ora il comunismo è fuori gioco, dimostratosi totalmente fallimentare, mentre il capitalismo è uscito vincitore e più florido che mai a dispetto della profezia marxista che si sarebbe autodistrutto. Così ora si è venuta a creare una nuova dicotomia o cortina di ferro dove l'Islam appare come l'unica alternativa alla società occidentale (non sono io a dirlo) e ha attirato su di sé le simpatie di chi vede come il fumo negli occhi la civiltà occidentale, tra cui molti ex-comunisti. Questa è una follia e sarebbe come cadere dalla padella nella brace. Ho avuto modo di leggere i proclami dei simpatizzanti del'IS e ho potuto notare che usano gli stessi argomenti degli ex-comunisti. E tanti giovani ci cascano...

Allora caro Maral, io dico: teniamoci cara la nostra tanto odiata (e ipocrita) cultura occidentale, che almeno sino ad adesso e per opera di singoli individui dotati di una visione più chiara degli altri, ci garantisce almeno un minimo di libertà – tanto che permette a persone come te e me di dissentire da essa (mentre in molti paesi musulmani il dissenso non è permesso), perché il giorno in cui – per uno sciocco relativismo o difesa formale delle "altre culture" dovesse collassare allora sì che ci troveremo nei guai seri! 

I mali della nostra società, secondo la mia visione, dipendono non da un indottrinamento ideologico – che pur esiste velatamente, ma dai difetti della natura umana: la società è la diretta emanazione di ciò che siamo interiormente, e se siamo ipocriti o avidi creeremo una società ipocrita e avida e a nulla servirà imporre cambiamenti dall'esterno.

Detto questo devo aggiungere che la situazione italiana è talmente disastrata che tutto ci sembra meglio dello status quo. Ma è un errore madornale credere che le altre culture (e nella fattispecie l'Islam) possano arricchirci e che creando una società multiculturale (cioè leggi e regole diverse a seconda della propria cultura di appartenenza) le cose vadano meglio. La realtà è che né le sinistre né le destre né il centro sanno a chi votarsi e tutti sbraitano contro tutti. E per ora mi fermo qui. Mi riservo in un secondo momento di rispondere al resto del tuo intervento.

doxa

Mi inserisco brevemente per dire che gli Stati Uniti è  nazione di immigrati  e modello di società multiculturale che mira a diffondersi nel mondo, universalizzando il proprio sistema di valori, in particolare in Europa negli ultimi 50 anni. Ma io non credo che i governanti della nazione americana possano salire in cattedra per dare lezioni all'Europa di convivenza multiculturale. Infatti  in quella nazione sono frequenti le tensioni razziali.


Nell'"impero della libertà" (definizione di Thomas Jefferson) dalla schiavitù si passò alla segregazione della popolazione di colore. L'integrazione razziale negli Stati Uniti non venne risolta neppure dalla Guerra Civile E si è giunti all'oggi. Tra le variegate suggestioni lanciate nella campagna elettorale quella che più lega il candidato presidente Trump ai suoi elettori è la reazione di una parte della classe media bianca, impaurita dall'avanzamento demografico e politico dei non bianchi (afroamericani e ispanici). Mi sembra che la stessa reazione ci sia in questo periodo in Europa, con l'avanzamento nelle elezioni amministrative o politiche dei partiti anti-immigrati  economici, in particolare dall'Africa.


Trump è il personaggio che promette di dare agli americani orgoglio, potere, soldi. Egli è il candidato dell'uomo bianco contro le derive multiculturali, che significano apertura delle frontiere e la commistione tra razze e popoli, per dare vita ad un mondo multirazziale e multiculturale. Papa Bergoglio ed i governanti ci invitano all'accoglienza, alla tolleranza nei confronti degli extracomunitari e del loro modo di esprimere le proprie convinzioni. Paradossalmente, però,  molto spesso accade il contrario.

Eretiko

Citazione di: Gibran il 11 Settembre 2016, 11:44:23 AMQualcuno ha citato i mali della "Esportazione della democrazia". Ovvio che la democrazia non può essere esportata dato che presuppone una capacità di autodeterminazione che proviene dal livello culturale e intellettivo della maggioranza della popolazione (e quindi secondo la loro cultura in accordo alla definizione del dizionario). (Quindi chi riconosce che la democrazia non può essere esportata sta di fatto dicendo che questi popoli non hanno un livello culturale e intellettivo adeguato – oppure sta implicitamente riconoscendo la "bontà" dei regimi totalitari).

Dato che la citazione sulla "democrazia esportata" e' mia, mi sento in dovere di replicare, per ribadire che non si possono costringere gli altri (con la forza, con interventi armati, con disposizioni legislative ad hoc, o altri strumenti) ad avere la nostra visione del mondo. Non sto esprimendo pareri "etici", basta osservare i fatti: in Afghanistan siamo andati a combattere i "taleban" (che sono ostacolo all'integralismo islamico duro e puro) ed oggi e' una polveriera; in Iraq abbiamo combattuto la dittatura di Saddam (che era amico dell'occidente), e dopo di lui e' venuto Daesh. In Egitto, quando non ci faceva piu' comodo, abbiamo combattuto Mubarak, plaudito alla primavera araba, e quando quelli, in piena autonomia e autodeterminazione, hanno eletto un presidente "democraticamente eletto" , Morsi, a noi non ci e' piaciuto e abbiamo fatto del tutto per destituirlo. In Libia abbiamo destituito (e ucciso) il dittatore Gheddafi: dopo di lui anche qui e' venuto Daesh. Debbo continuare?

Un'ultima considerazione sul "burkini": avete mai visto la tenuta da "spiaggia" delle donne di religione ebraica? O delle donne "indu'"?

Gibran

Altamarea,

Analizzare la società americana dal di fuori è sempre qualcosa di azzardato e di impreciso, comunque possiamo provarci giusto per amore della discussione, sperando che il nostro scambio di idee sia utile a tutti.

Sì, in linea di massima la tua analisi mi pare abbastanza plausibile, tuttavia non credo che si possa prendere gli Stati Uniti come esempio di società multiculturale nel senso in cui è questo termine è inteso da noi da una certa parte delle sinistre. Io porterei come esempio di fallimento di una società biculturale e bi-confessionale l'Irlanda e il Belgio. In Irlanda protestanti e cattolici non sono riusciti ad integrarsi dopo secoli di convivenza, e lo stesso è accaduto in Belgio tra Fiamminghi e Valloni. E' inutile – credo – analizzare le cause in questa sede – porterebbe via troppo tempo e spazio – ma dobbiamo prendere atto del fallimento pur trattandosi in entrambi i casi di popoli europei e cristiani. Immaginate cosa può succedere con i musulmani...

Ho conosciuto molti americani bianchi, alcuni sono diventati miei amici, e ho vissuto a Boston un mese in una famiglia negli anni 70, abbastanza per cogliere l'ambiente culturale. Era un momento particolare in cui il movimento hippy sembrava portare una speranza di cambiamento che invece non è avvenuta. C'era una grande energia creativa in giro, sia in campo artistico che politico e culturale. Ho sentito una forte differenza con la mia identità di europeo e ho toccato con mano la brutalità della polizia a New York. Sono stato contento di tornare in Europa (ma non in Italia) tuttavia ho dovuto riconoscere e ammirare le grandi potenzialità che l'ambiente culturale americano offriva. Forse avrei fatto fortuna in America... le premesse c'erano, ma avevo altri progetti.

Poi c'è stato il declino. Ora, da quello che leggo nei siti americani, la situazione è nettamente peggiorata. E' difficile stabilire con chiarezza le cause della mancanza di integrazione dei negri coi bianchi. Ovviamente l'inizio schiavista ha pesato parecchio, ma pure i negri hanno avuto l'opportunità di riscatto, almeno al nord (Il sud ha sempre continuato ad essere razzista). C'è stato uno spostamento massiccio dei negri verso le grandi città industriali del nord (Detroit è una di queste) dove inizialmente si trovava lavoro... città dove non c'erano mai stati problemi razziali... ma con l'arrivo di questa enorme ondata di immigrati negri dal sud sono cominciate le tensioni razziali che presto sono sfociate in conflitti tremendi. Saccheggi, case bruciate... i bianchi sono fuggiti in massa, lasciando la città in mano ai negri. Il consiglio comunale di Detroit, sindaco incluso era formato da negri: è stato il primo comune americano ad andare in fallimento. Si sono mangiati i soldi e non ce n'erano più nemmeno per pagare gli impiegati e i poliziotti. Le industrie sono fallite e Detroit è diventa una città fantasma.

Quindi c'è il problema degli "ispanici" eufemismo per indicare i messicani più altri immigrati dall'America centrale e meridionale... sono manodopera a buon mercato e quindi vengono assunti e sfruttati in nero con grande profitto dei datori di lavoro. Trump è un imbecille, lo sanno tutti, almeno chi ha un po' di sale in zucca. Del resto basta sentirlo parlare, tuttavia ha saputo canalizzare le paure dei bianchi che vedono l'America in ginocchio e danno la causa ai negri e agli immigrati... è un paese pieno di contraddizioni, tuttavia è uno dei pochi paesi dove le cose vengono tentate e portate avanti. Sbagliano spesso, ma chi non fa non falla, e sbagliando si impara, e credo che gli americani sappiano imparare dai loro errori. A mio avviso solo un paese può essergli superiore: La Cina. Credo sarà la potenza egemone di un prossimo futuro.

La situazione italiana è molto diversa. Siamo un paese sovrappopolato e senza futuro – almeno per i nostri giovani – e siamo un paese dove cronicamente non sappiamo organizzarci. Un tipico esempio è come abbiamo gestito l'arrivo degli immigrati clandestini: alla carlona, con superficialità e menefreghismo e con una gran dose di falsità da parte di governanti di ogni tendenza politica. E non possiamo neppure fidarci di quello che la stampa ci dice... E ora che gli arrivi sono incontrollabili, provate ad immaginare cosa succederà... credete che ne saremo all'altezza? Credete che il buonismo metterà le cose a posto?

Gibran

Eretico,


hai letto tutta la mia analisi succinta sull'esportazione della democrazia?


Ho detto che il termine è solo una copertura per operazioni di egemonia politica, economica e militare. Ed è quindi implicito che non si debba credere a questa espressione. Queste operazioni che tu citi molto dettagliatamente non sono solo appannaggio degli stati europei o americani ma è la prassi comune di tutte le nazioni che raggiungono un certo grado di sviluppo economico e quindi possono permettersi eserciti che interferiscono con la politica di altri paesi. Ho detto che quello che accade realmente è che un dittatore viene deposto nel momento in cui non fa i "nostri" interessi, e quindi sostituito con un altro a noi più amico o favorevole. Questo lo fanno tutti, tutti quelli che contano ovviamente, la nostra Italietta non può farlo (poveretta!), tanto per fare un esempio, la Russia, La Turchia, l'Arabia Saudita (vedi guerra con lo Yemen), la Cina (che ha forti interessi commerciali in molti stati africani e che ne controlla la politica), l'Iran e forse anche altri che ora non ricordo. Quindi perché ti scandalizzi tanto? Come ho detto credi che i politici, i generali, etc. sono istituzioni di beneficenza? O credi magari che esistano stati che non hanno ingerenze nella politica di stati più deboli? Io non scuso nessuno ma prendo le distanze da tutti, perché non ce n'è uno che si comporti meglio degli altri. Se tu ne conosci uno, dimmelo.

Gibran

Maral,

[Cit.] "il segno che a mio avviso (dunque relativamente a come io sento la questione) contraddistingue la cultura occidentale moderna (questo non esclude il poterne cercare altri che comunque non sopprimono questo) è quello di un'estrema arroganza ipocrita che ha la sua ragion d'essere nella storia dell'Occidente imprescindibile dalla storia del cristianesimo: la cultura occidentale ha la sua ragione di successo nella sua arroganza di cui l'ipocrisia si è dimostrata utilissimo strumento"

Potresti spiegarti meglio cosa intendi con queste affermazioni?


Non mi sembra che l'arroganza e l'ipocrisia siano responsabili del successo in campo mondiale della cultura occidentale. Come tu hai detto era semplicemente la più efficiente ed è stata adottata. Intendi dire forse che il successo politico dell'occidente è dovuto alla sua arroganza o ipocrisia?


Certamente le religioni istituzionalizzate – tutte – nessuna esclusa – portano all'ipocrisia dato che si cerca il bene non per il bene in sé ma perché in questo modo guadagnamo il paradiso ed è quindi in realtà una azione egoistica, un'azione interessata che mascheriamo con una finta bontà. Ma non vedo il legame di questa ipocrisia con il successo di cui tu parli.

donquixote

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maral

In qualità di moderatore ho cancellato gli ultimi tre interventi per  gli insulti e le degenerazioni ad personam. Invito formalmente gli autori e in particolar modo verdeidea a moderarsi nelle espressioni.

verdeidea

#43
No, scusate, i pregiudizi o i giudizi affrettati mi hanno sempre fatto girare le balle e non riesco a non parlare schiettamente.
Santo cielo, donquiqote, l'altra volta, in un altro filone, educatamente e senza replicare sul post all'insulto, vi ho segnalato più volte la cosa in privato a te e ad altri moderatori ma nessuno si è degnato neppure di una risposta, mi sono rivolta allora all'Amministratore che, ritenendo in effetti che fosse una grave offesa ciò che era scritto l'ha cancellato subito. All'insulto di Gibran, visto che nessun moderatore si era premurato di far cancellare l'ultima frase, gli ho risposto per le rime, ma qualcuno di voi ha ritenuto di dover cancella soltanto l'intero mio post. Mi rendo conto di quanto possa essere difficile moderare un forum, però non capire o far finta di non capire le offese è grave. Le mie espressioni possono essere colorite Maral, ma non vado mai sul personale come fanno altri. Hai giusto cancellato la risposta all'insulto di Gibran ma non hai fatto cancellare la frase offensiva rivolta a me da Gibran? Comunque mi sono rivolta nuovamente all'amministratore, attendo una sua risposta in merito e gli ho chiesto di cancellare la frase offensiva di Gibran perché è rivolta a me, Maral, vorrei veder se fosse stata rivolta a tua madre.
Detto ciò se alla moderazione sono antipatica, se non sono gradita, ditelo prima e me ne vado, mi cancello subito. Però chiedo all'Amministratore di cancellare quella frase ingiuriosa.
Grazie

verdeidea

#44
Vergognatevi.
Si parla tanto di pregiudizi discriminatori verso le donne ed i primi ad essere misogini e discriminatori siete voi. Ci sarà un motivo se non interviene quasi mai una donna in questo forum.
Io, unica donna del forum che partecipa attivamente, sono discriminata in maniera rivoltante. Un moderatore in privato mi ha invitato a cancellare la parte dove rispondo a dovere a Gibran invece di riprendere innanzitutto lui e cancellare prima l'espressione poco civile di questi nei miei confronti! Da questo si evince come siamo tutto intellettualismo e scarsa morale. E questa è la seconda volta che ricevo discriminazioni da parte della moderazione. Donquixote, secondo te la battuta sulla signora Longari di Gibran va bene? Non pensi che sia stato quantomeno maleducato? Inoltre è a lui che devi dire che certe cose si chiariscono in privato, non alla persona offesa. E prima proponi a lui di cancellare l'ultima frase nel suo post e poi lo dici am e. Roba da matti!