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Burkina

Aperto da doxa, 31 Agosto 2016, 17:42:36 PM

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verdeidea

Ho cancellato la battuta sul ghetto, anche perché mi ero dimenticata di aggiungere la faccina per sottolineare che voleva essere solo una battuta, come dire "ma dove vivi"? Spero non ti sia offeso.
Comunque, non per essere pignola, ma negli anni 58, 60 non esisteva ancora il bikini, c'era il normale "due pezzi", molto meno succinto del bikini.

Gibran

Citazione di: verdeidea il 02 Settembre 2016, 18:02:20 PM
Ho cancellato la battuta sul ghetto, anche perché mi ero dimenticata di aggiungere la faccina per sottolineare che voleva essere solo una battuta, come dire "ma dove vivi"? Spero non ti sia offeso.
Comunque, non per essere pignola, ma negli anni 58, 60 non esisteva ancora il bikini, c'era il normale "due pezzi", molto meno succinto del bikini.

Stai tranquilla io non mi offendo per così poco, ma se tu ti rendessi conto di come parli forse le tue posizioni sarebbero lette e valutate con più considerazione. In questo modo stai facendo un cattivo servizio alla tua "causa" perché le persone si fanno un'idea negativa di te. (Beh, a dire il vero se la sono fatta anche di me, quindi siamo in buona compagnia...  ;D )

Comunque a parte il linguaggio quello che non mi torna è la tua linea di ragionamento, per cui mi riservo di non rispondere se mi accorgo che le tue argomentazioni non sono coerenti con l'argomento specifico in esame. Non ho alcuna voglia di convincere te o altri qui di cose come l'evoluzione del costume in Italia, ma mi interessa che la discussione segua un filo logico. Per esempio ciò che tu hai detto nelle tue risposte N° 8 e 9, non porta necessariamente a ciò che dici nel N° 14, che, lasciamelo dire, ha tutto l'aspetto di una risposta emotiva. In realtà se ci ragioni il N°14 sta rispondendo, e in modo superfluo e irrilevante, alla mia risposta N°5, dove dicevo che è un errore vietare il burkini.  E il tuo rifiuto di vedere una cosa così eclatante come l'enorme cambiamento del senso del pudore avvenuto in Italia (tutta) negli ultimi 50 anni è dovuto proprio alla tua posizione accesa e estrema sul burkini.

"È mi dà tremendamente fastidio vedere una  belfagor o una burkina, offendono la mia sensibilità di donna occidentale e la mia dignità di donna."

Questa è una tua reazione soggettiva e anche emotiva. E non riesci a calarti nella sensibilità delle donne che invece lo portano. Inoltre non riesci a concepire che altri italiani (ma per te forse non lo sono) possono avere delle reazioni soggettive diverse dalla tua. Quindi o mettiamo il discorso su un piano più razionale oppure questa discussione non servirà a nulla, né a te né a noi. Io ho già detto che non mi piace – ripeto lo trovo orrendo e ridicolo – ma sono consapevole che questa è solo una reazione soggettiva dovuta all'influenza culturale che ho ricevuto. Non possiamo vietarlo, ed è stato un errore madornale averlo fatto da parte della Francia. Ci sono questioni molto più serie e gravi che riguardano i musulmani che non il modo di vestirsi per fare il bagno, e il prendersela con il burkini è stata solo una infantile ripicca che mostra tutta l'impotenza dei francesi ad affrontare questo enorme problema della convivenza di due culture così diverse.

Poi possiamo anche parlare delle difficoltà a vivere in una società multiculturale e prendere anche in esame, come tu sostieni, la tesi che sia impossibile conciliare le loro usanze con le nostre.

Last but not least:

"Comunque, non per essere pignola, ma negli anni 58, 60 non esisteva ancora il bikini, c'era il normale "due pezzi", molto meno succinto del bikini."

Altroché se sei pignola!  Allora anche qui dobbiamo distinguere due livelli di ragionamento o di discussione: 1) Definizione di bikini. Non sono un esperto di moda e non mi interessa neppure esserlo dato che tale argomentazione non ha nulla a che fare col mio discorso e con quello che sostenevo e cioè che il senso del pudore in Italia (tutta) è radicalmente cambiato ed in passato era simile (ma simile NON vuol dire uguale) a quello che c'è negli attuali stati musulmani.

2) Rilevanza in merito alla nostra discussione. Ignoro quando il due pezzi sia stato chiamato bikini, forse può essere come dici tu, ma l'importanza esemplificativa dell'episodio da me citato non cambia. Anzi se ci rifletti rafforza la mia tesi: la signora indossava un semplice due pezzi ("molto meno succinto del bikini") eppure ha suscitato lo scandalo dei benpensanti. E bada che episodi simili sono successi in varie città d'Italia anche del nord. Per cui tocca a me chiederti in quale mondo vivi?

verdeidea

Ma non hai detto dove caspita vivi, Gibran. Mi rendo benissimo conto di come scrivo, come mi sto rendendo conto che, di fatti, sei presuntuoso e maleducato. Le mie opinioni sono comunque  lette e valutate come ognuno crede opportuno e a seconda della propria cultura, ideologia e, soprattutto, della propria intelligenza. Penso che chi legge si sia fatta un'idea negativa più di te che di me. E, a proposito di linearità nel ragionamento, vedo che stai dando i numeri: n 14, n 15,  Ma come caspita dialoghi? Non ci ho capito niente. Vuoi avere per forza ragione e non accetti le osservazioni degli altri. Brutto segno. Non ho espresso nessuna opinione di pancia. Uso la ragione e difendo la mia sensibilità, e credo che il rispetto non debba mai mancare. Se sono ospite di una persona mi comporto nei suoi confronti con tutto il riguardo possibile e mi adeguo alle regole di casa sua, non mi permetto di girare vestita in un certo modo sapendo che il mio abbigliamento non è conforme al suo modo di vivere, alla sua educazione e alla sua mentalità. Di conseguenza anche la persona che mi ospita gradirà il mio comportamento e userà verso di me altrettanto rispetto. Se così non fosse, avrebbe tutto il diritto di cacciarmi di casa. Il rispetto bisogna guadagnarselo, non lo si guadagna con l'arroganza, specie se ti trovi in un ambiente estraneo.Se poi ci sono degli italiani che queste elementari norme sociali non le capiscono o non ne danno valore e difendono anche l'indifendibile, magari per ideologia,  beh, è un loro problema. Non sono io che devo preoccuparmi della sensibilità della maomettana in Italia, me ne preoccupo io per prima se mi vado in un paese islamico, per educazione e riguardo, ma nel mio Paese è la maomettana (e il suo padrone) che per prima deve sentire il dovere o almeno la delicatezza di rispettare la mia sensibilità. Mai sentito parlare di reciprocità? Se non capite più questi argomenti o non vi interessa che gli altri abbiano rispetto di noi, allora davvero siamo completamente rincretiniti.  Purtroppo io dico le cose in maniera schietta e poco diplomatica, specialmente in questi argomenti perché già c'è troppa bontà, troppo senso di sopportazione, troppa arrendevolezza, remissività e rassegnazione. Non ho nessuna causa da sostenere. La mia discussione è su un piano razionale anche se mi esprimo in maniera colorita, evidentemente sono ancora viva, a differenza di molti altri che pensano di stare già in un cimitero.Finché c'è il coraggio di inquietarsi, c'è libertà.
Per quanto riguarda il bikini, avevo precisato che in quegli anni ancora non si usava, proprio per sottolineare l'assurdità del tuo racconto. Forse vivi in Sicilia? Per fortuna io no. Col due pezzi che si usava allora in Italia (non parliamo delle spiagge famose per i ricchi tipo quelle francesi dove si lanciavano le mode più ardite) molto casto, mi pare impossibile che si sia chiamato addirittura il carabiniere.
Lo dico perché ricordo benissimo i racconti di mia madre, nonna ecc. che all.epoca indossavano un normale costume intero ma vedevano i due pezzi indossati dalle giovanissime (parlo degli anni fine 50 e tutti i 60.Poi il due pezzi negli anni 70  era già diventato il bikini ini ini.  Ma figurati! Se già nel 64 fu lanciata la minigonna!
Ma per favore! Il nostro senso del pudore era simile a quello delle popolazioni maomettano odierne? Spero tu lo stia dicendo per pura diplomazia. Tutto ciò che riguarda il mondo musulmano è un problema molto serio. Anche il belfagor e il burkini in quanto sono il segno esteriore della schiavitù della donna, fatta schiava dall'uomo e fatta schiava di sé stessa. Nel mondo maomettano questo è spudoratamente ed oltraggiosamente ancora molto reale ed evidente.

doxa

Un'altra interessante opinione sul burkini è quella del professor Ernesto Galli della Loggia, pubblicata ieri, 2 settembre, sul "Corriere della Sera. Questo storico fa anche un riflessione nostro passato in Italia quando era in vigore il matrimonio "riparatore" per tutelare la donna "disonorata".  E' un recente passato, come quello riguardante l'evoluzione del costume da bagno nella nostra penisola, oggetto di dibattito negli ultimi post tra Verdeidea e Gibran.

Il predetto editorialista rileva che dopo la decisione del Consiglio di Stato francese ogni donna di fede islamica che voglia indossare il burkini è libera di farlo, in Francia. E si domanda: "ma la donna islamica che invece non volesse ? Potra farlo ? Che ne è della sua volontà ? L'altra metà del problema è per l'appunto questa.

È il problema posto dalla presenza nei Paesi europei di comunità come quelle islamiche caratterizzate in genere da strutture interne, familiari e non, fortemente gerarchizzate che assegnano alle donne un obbligo di sottomissione nonché una libertà di comportamento e di espressione limitato, spesso gravemente limitato (per esempio nel caso dell'abbigliamento e dei costumi sessuali e matrimoniali), rispetto a quello maschile. Si tratta di comunità, in altre parole, che sulla base di precetti religiosi (non m'interessa se fondati o no ) non riconoscono a uomini e donne né eguali diritti e doveri né eguale modalità di presenza nello spazio privato come in quello pubblico. Non solo, ma che, almeno per consuetudine, considerano normale che il maschio eserciti un potere di sanzione nei confronti della donna che non rispetti le regole suddette.

Si pone dunque un problema reale, mi pare: possono le nostre società e i nostri ordinamenti accettare che al proprio interno esistano vaste enclaves dove abitualmente (lo sottolineo: non come una sporadica eccezione, ma come loro abituale modo d'essere) non vigono alcuni basilari principi di eguaglianza? E pure ammesso (e tuttavia concesso con qualche difficoltà, lo ammetto) che nella stragrande maggioranza dei casi le donne accettino senza problemi, anzi addirittura volentieri, lo stato di inferiorità/sottomissione loro assegnato, può ciò bastare a cancellare l'anormalità del quadro complessivo e indurre quindi i poteri pubblici a non intervenire?

Mi viene in mente una fattispecie che presenta più d'una analogia con ciò di cui sto parlando. Fino a qualche decennio fa il codice penale italiano consentiva che il colpevole del reato di stupro vedesse il proprio crimine di fatto cancellato se egli si offriva di sposare la vittima, e se questa a propria volta accettava. Come forse qualcuno ricorda, un tale meccanismo «riparatore» aveva abitualmente corso in molte contrade specie dell'Italia meridionale. Nessuno però si prendeva la briga di indagare a quali e quante pressioni la vittima era stata sottoposta da parte di un ambiente, innanzi tutto familiare, il quale, se lei non avesse accettato di sposare il suo stupratore l'avrebbe considerata per sempre 'disonorata'. Orbene, proprio per rompere questa pressione ambientale spesso fortissima nei riguardi di un soggetto palesemente debole, della cui libera volontà non si poteva mai essere realmente certi, proprio perciò la legge fu cambiata, cancellando la possibilità del matrimonio «riparatore».

È consentito dire che più o meno allo stesso modo non è sufficientemente certo che una donna islamica che indossa il burkini lo faccia realmente di sua spontanea volontà? Insomma: il principio tipicamente liberale che purché non si rechi danno ad altri ognuno può fare ciò che vuole è, sì, un principio sacrosanto della nostra convivenza; ma lo è appunto perché si presume che ciò che si fa è effettivamente ciò che si vuole (non per nulla in vari casi la legge punisce molto severamente la coartazione, in qualunque modo conseguita, della volontà altrui; si pensi al caso del matrimonio). Ma come si capisce, tutto cambia se cambia la premessa".


Galli della Loggia conclude dicendo che per risolvere questo contrasto c'è un solo modo: l'integrazione ! Cominciando dai giovani, con l'imposizione dell'obbligo scolastico, l'istruzione  concepita ed organizzata con l'obbligo di gite, visite a musei, spettacoli teatrali e cinematografici, attività culturali e sportive; diffusione capillare della lingua italiana mediante corsi per adulti."Altrimenti con il tempo andremo di sicuro verso il radicamento nella nostra Penisola di una, due, tre comunità straniere sempre più grandi e numerose, non comunicanti tra loro, alternative e in vari modi concorrenti con la preesistente comunità nazionale. Con l'effetto, alla lunga inevitabile, di far nascere un clima di latente guerra civile".

Gibran

Altamarea,

apprezzo le tue citazioni che arrichiscono questo dibattito con argomenti seri e razionali. L'ultimo articolo è proprio un esempio di come io credo si debba affrontare questo tema.  Come ho accennato a Verdeidea nel confronto con le comunità musulmane ci sono dei punti ben più importanti che non il burkini, e uno di questi è ben delineato nella tua citazione del professor Ernesto Galli della Loggia: il principio di eguaglianza tra donne e uomini al quale non si può e non si deve rinunciare nel nostro paese.

Ma il problema che si pone è: come far sì che i musulmani capiscano la necessità di questa uguaglianza e quindi la necessità di cambiare usanze radicate nella loro tradizione?  Con il divieto del burkini?

Verdeidea, tanto per fare un esempio, nella sua appassionata filippica contro il burkini e le tradizioni islamiche non si pone il problema di far capire questa necessità ma si limita a urlare e ribadire una posizione di principio e quindi pretende semplicemente che i musulmani si adeguino alle nostre leggi e financo ai nostri costumi in fatto di costumi  da bagno. Il principio dell'ospite che deve rispettare le regole dell'ospitando è giusto ma non è urlando questo principio che si cambia la mentalità degli esseri umani.

Un'altro punto interessante dell'articolo del Corriere è il paragone con il matrimonio riparatore in voga. E' un'altro esempio di quello che io sostenevo e cioè che le dinamiche psicologiche sono le stesse in tutte le culture e in tutti i popoli. Come è stata eliminata questa mentalità molto diffusa nel sud Italia? Forse attraverso le leggi? O la politica? Mi sembra che sia invece scomparsa (forse non del  tutto) grazie ad un progresso culturale e morale di questi Italiani. E questa credo sia l'unica strada percorribile anche coi musulmani a meno che non si voglia rimandarli tutti a casa come qualcuno sostiene.

Ovviamente se infrangono le leggi devono essere perseguiti, per esempio quando impongono alle loro figlie le mutilazioni dei genitali (e sarebbe stato molto più opportuno parlare di questo nella stampa che non del burkini come ho potuto constatare accade in Inghilterra dove questo problema è posto all'attenzione del pubblico già da diversi anni), o quando approvano il diritto di vendicarsi di coloro che si macchiano di un presunto crimine di blasfemia, una vera e propria incitazione alla violenza e una palese violazione della libertà fondamentale di pensiero e di espressione.

E veniamo alla donna islamica e alle implicazioni psicologiche insite nella sua accettazione "volenterosa" della sottomissione all'uomo e a regole di comportamento e di abbigliamento arbitrarie e incompatibili con la nostra società moderna. Quando un individuo è stato condizionato a pensare in un certo modo, come avviene nel caso di una religione o anche di un partito politico, sin dalla più tenera età,
non saranno certo gli argomenti portati da Verdeidea a fargli cambiare idea. Verdeidea per esempio dice che il burkina offende la sua dognità di donna. Possiamo essere d'accordo con lei ma il problema è che la donna islamica sente la stessa cosa ma in direzione opposta, sente cioè come una offesa alla sua dignità di donna l'imposizione che "noi" le facciamo di togliersi il velo o il burkina. Quello che è importante qui non è stabilire quale delle due posizioni sia quella giusta (dato che l'affermazione di ciò che è giusto o sbagliato non cambia il condizionamento psicologico subito) ma di capire il dramma di queste donne che sono doppiamente umiliate, dai loro mariti, padri o fratelli e poi da "noi" che vogliamo che si adeguino ai nostri gusti in fatto di costumi da bagno. Ma non vi siete accorti come ultimamente sia in Francia che in italia proprio a causa delle polemiche contro il velo, etc. molte musulmane già integrate (si fa per dire) nella nostra società hanno ripreso ad indossare il velo?  E questo per ribadire la loro identità e quindi la loro dignità. Proprio lo stesso meccanismo psicologico che ha spinto Verdeidea a dire quello che ha detto nella sua risposta N°14. (Per chi non lo sapesse le risposte sono numerate).

Allora, concludendo, come vogliamo affrontare questo problema? Urlando delle posizioni di principio?

verdeidea

#20
Ecco, Galli Della Loggia, Nicola Panebianco, questo è RAGIONARE. Questi sono gli intellettuali, usano cioè l'intelletto basato sulla cultura, tenendo quanto più ampio possibile la capacità oggettiva di considerare e valutare. E questa è la conquista della nostra cultura, della cultura occidentale. L'altra conquista della nostra cultura è la libertà e la sensibilità che, affinché vengano mantenute su un livello di civiltà e non vengano degradate occorre che siano sempre sostenute dall'intelletto, dalla saggezza.
Molti giovani di oggi non ragionano in maniera oggettiva e valida, ma si lasciano trasportare dal pensiero dominante con scarse capacità critiche (vedasi i giovani dei centri sociali).
Ci stiamo talmente abituando a non ragionare più che ci è sfuggito di rilevare che il Burkini sarebbe espressione delle proprie scelte SE le donne maomettane fossero davvero libere da ogni condizionamento e scegliere di conseguenza di indossarlo o indossare il bikini, se indossare il telo o no. Ma se fossero finalmente libere da ogni condizionamento, avrebbero motivo di indossare il burqa o altro abbigliamento simile? Se tutti i maomettani avessero la libertà assoluta di scegliere la propria religione o se essere ateo senza subire alcuna conseguenza negativa, quanti sarebbero i musulmani? (Anche se in realtà stavo per aggiungere al mio precedente post che accetterei il burkini solo nel momento in cui anche nei paesi islamici consentissero la massima libertà non solo alle occidentali ma pure alle stesse donne del luogo di vestirsi come meglio credono, di indossare il bikini).
Ripeto e ribadisco, (e ci sarebbe da aprire un nuovo filone per argomentare su tutti gli aspetti negativi del multiculturalismo.)Il problema principale che crea tutti gli altri problemi è la società multiculturale che non consente l'integrazione ma permette che nuove ingiustizie e inciviltà si radicano in paesi dove inciviltà e ingiustizie erano state se non eliminate del tutto, di certo ridotte al minimo. Questo porta ad un'altra conseguenza negativa, che la società siffatta rimane per troppo tempo bloccata nelle sue contraddizioni e quindi non  consente alle altre culture di emanciparsi facilmente  perché ogni comunità presente sullo stesso territorio a maggior ragione si chiude in sé stessa per difendere la propria identità. Inoltre c'è il problema della inconciliabilità  della loro visione del mondo e della società con le nostre leggi, le nostre sensibilità.
Ecco, Galli Della Loggia parla di integrazione, ma siamo tutti coscienti che questi NON vogliono affatto integrarsi ma, lo hanno anche detto spudoratamente in tv, vogliono "purificarci", cioè vogliono cambiarci, vogliono farci simili, anzi, uguali a loro. Vi piacerebbe essere uguali a loro? A me no, affatto. Ci rendiamo conto allora in quale labirinto ci stiamo infilando? Nel senso che sarà sempre più difficile governare una società così fatta.


Freedom

Io penso che se uno vuole andare al mare vestito da sci può farlo. Ha diritto di farlo. Questo in linea generale.

Col burkini la faccenda si complica perché sappiamo bene che se una donna islamica non se lo vuole mettere il marito, in qualche modo, le rompe le scatole. Sino ad arrivare alla violenza psicologica, e, addirittura, fisica. Una brutalità, una coercizione intollerabile. Una vera e propria offesa alla libertà e, anche, al più banale buon senso.

La questione, però, si fa davvero difficilissima da affrontare quando si considera la conseguenza di un divieto per legge. In buona sostanza che diritto abbiamo di salvaguardare la donna islamica da usi, consuetudini, leggi religiose e quant'altro?

Io sono giunto alla conclusione che è un percorso di liberazione che spetta alla donna islamica.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

Altamarea,
interessante la problematica di diritto e sociale suggerita dall'articolo di E. Galli della Loggia.(che è intelligente, ma spesso provocatoriamente cieco).
Intelligente perchè il problema della donna nella cultura islamica è simile a parecchie problematiche ,laddove le condizioni socio ambientali e direi economiche pongono già in partenza condizioni di disequilibrio.
Cieco, perchè in qualunque Stato Occidentale multicultuale, come U.S.A, Gran Bretagna, Francia, ecc. non adottano codici e costituzioni per ogni comunità.
Sappiamo benissimo che esiste una gerarchia nel diritto.L'uguaglianza e la libertà sono nei primi articoli della costituzione,la legge della parità dei sessi è talmente conclamata e lampante che pure i sassi la conoscono.
Ora ,nel nostro ordinamento esistono due forme di reclamare un diritto leso,: denuncia e querela.
La denuncia è agita da pubblici ufficiali. Ad esempio una donna malmenata da un marito manesco se si presenta da qualsiasi medico, anche quello di base , quest'ultimo deve denunciarlo all'ordine pubblico; infatti presso tutti i pronto soccorso degli ospedali ci sono agenti dell'ordine pubblico.
La querela è invece attivata dalla persona lesa tramite avvocato proprio.
La domanda la rovescio allora,perchè chi subisce vessazioni,( si risarciscono danni morali, non solo fisici) troppo spesso tace?
La strada auspicata da Galli della Loggia è quella in cui fra un paio di generazioni i contatti con l'ambiente preponderante liberale contamina i fondamentalismi anacronistici. Dimentica che spesso si impara il peggio, non il meglio, di una cultura -
Ma il problema è che si è perso di vista se essere parte attiva di un cambiamento o vivere le vessazioni "per quieto vivere", per convenienza indotta da condizioni socio-economiche di debolezza, speso ai limiti della servitù.
Vincerà la logica di Galli della Loggia, l'ho già visto con le emigrazioni interne degli anni Sessanta.
Ma spingerei anche affinchè le persone che hanno un cervello e coraggio nell'Islam(ma non solo), a cominciare dalle donne, abbiano luoghi mediatici per denunciare la propria condizione

doxa

#23
Paul ha scritto:
Citazionespesso si impara il peggio, non il meglio, di una cultura -
Ma il problema è che si è perso di vista se essere parte attiva di un cambiamento o vivere le vessazioni "per quieto vivere", per convenienza indotta da condizioni socio-economiche di debolezza, speso ai limiti della servitù.
Vincerà la logica di Galli della Loggia, l'ho già visto con le emigrazioni interne degli anni Sessanta.
Ma spingerei anche affinchè le persone che hanno un cervello e coraggio nell'Islam(ma non solo), a cominciare dalle donne, abbiano luoghi mediatici per denunciare la propria condizione

Paul sono d'accordo con te.
Il burkini la modista australiana l'ha ideato 11 anni fa. Questo tipo di costume da bagno  si sta diffondendo tra le ragazze islamiche, forse per provocazione verso la cultura occidentale o per motivi culturali e socioambientali. Comunque ora è oggetto di dibattito. Perché cominciato in Francia ? E' stato suscitato dopo i numerosi attentati ? Il burqini è solo un pretesto per rapportarci con altre culture ?

Dal punto di vista relativista nessuna cultura è superiore ad un'altra; non possiamo giudicare una cultura con i nostri parametri occidentali.  Però il valore universale della tolleranza e della libertà vuole uguaglianza per  uomini e donne.  Allora come si può accettare la truce tradizione dell'infibulazione e più in generale delle mutilazioni del corpo femminile, oppure la violenta la tradizione ebraica del taglio del prepuzio ai bambini ? La nostra cultura liberal, egemone in Occidente, impone di combattere queste violente, illecite usanze, che contrastano con i nostri valori e la nostra cultura.  

Cosa s'intende per "donna libera" ? La "libertà" è davvero riservata solo a donne che vivono in modo moderno in Occidente ?  Il concetto di "liberazione" è soggettivo ? Le donne islamiche che sul capo indossano il velo in tutte le stagioni dell'anno sono "libere" ? Per loro quel foulard è segno d'identità, ma ci sono quelle che lo indossano con orgoglio come sfida anti-cristiana, purtroppo. E' una cosa spirituale ma è diventata politica.

Tornando al burkini,  già è stato detto in precedenti post che fino a pochi decenni fa anche da noi uomini e donne andavano al mare indossando i vestiti. Poi fu lanciata la moda del costume lungo per i maschi e per le femmine. Col tempo si è capito che al mare ci si va per fare i bagni ma anche per motivi di salute o estetici, come la leggera abbronzatura. E si è giunti al bikini per le ragazze e gli slip o i calzoncini per i ragazzi e i senior. Invece per le ragazze islamiche  è stato elaborato il burkini, imposto anche da mariti, fratelli, pressioni psicologiche di gruppo.  Vietarlo può aiutarle ad emanciparsi dalle varie tutele, dalla loro cultura, situata in un altro tempo ?

Le conquiste che a molti di noi oggi paiono naturali e irrinunciabili, in quanto condizioni minime di civiltà, sono frutto di un percorso durato secoli.
Pensare che miliardi di persone in pochi anni possano superare differenze formatesi nei secoli è un errore di valutazione.


Può darsi che i modelli occidentali, con le loro promesse di benessere e di libertà, finiscano per imporsi nella maggior parte dei Paesi del mondo, e che sia solo questione di tempo: prima o poi vedremo le donne islamiche in bikini. Ma può anche darsi che, la civiltà libertaria dell'Occidente non attecchisca ovunque.

Aniel

Io penso che non si puo' generalizzare, basarsi sempre sui soliti 'luoghi comuni' e 'pregiudizi di' razza'. 
 Non pensate che sono gli stessi mussulmani a trovarsi schiacciati dalla cultura integralista,mussulmana?
 lo dimostrano le stesse primavere arabe che hanno cercato,invano di affermare una voglia di cambamento che poi e' stata delusa ,perche' sono processi che richiedono tempo.
  Poi oltre a doversi difendere dalle loro politiche dittatoriali devono pure , oggi piu' che mai ,avere a che fare i conti con le smanie di' agemonia ' che  noi occidentali mettiamo in atto con alleanze subdole con i paesi che li governano,aggiungendo caos ai gia' caotici loro sistemi politici vedi i vari confltti in corso. Il tutto in nome di interessi ecoomici.
Insomma e' meglio che impariamo a rispettarci nelle nostre diversita' culturali piuttosto che offenderci a vicenda. Purtoppo il problema del razzismo non sara' mai superato perche' noi esseri umani siamo poco evoluti da sempre, ma proprio adesso che abbiamo l'atomica sotto al 'culo' pensare al burkina mi fa ridere....stilisti, costumi, scarpe con o senza tacchi,bichini,burchini se ne discute tanto, ma incominciamo a discutere di tutta l 'merda' che abbiamo dentro!!!!, di quanto siamo cattivi e crudeli, tanto per cominciare verso gli animali e poi verso i ns. figli con tutta la'spazzatra che gli diamo da mangiare ,sia cibo che sentimenti. 
A me non mi frega niente di come la gente si veste, anzi li trovo molto carini i vestiti e i costumi mussulmani....mia nonna non ha mai indossato vestiti con le maniche corte e sopra il ginocchio, se era contenta cosi' io che diritto ho di giudicare???. Se uno e' nudista, che sia nudista, se una donna indossa il burka che lo indossi, avra' i suoi motivi, guardiamoci dentro tutti siamo schiavizzati da qualcosa..alcuni da un odio verso il prossimo veramente disumano!!! Hanno abolito il burka,giustamente perche' non e' riconoscibile la pesona,ma con la falsita' che c'e' in giro non c'e' bisogno del burka per nascondere a faccia, tutto lo schifo  che abbiamo dentro perche' siamo cosi' 'belli' che nessuno se ne accorge...

paul11

#25
Altamarea,
a me pare che il tuo sia un approccio intelligente di vedere il problema, ti poni, amio modesto paree, delle giuste domande.
E' vero, nessuna cultura ha più dignità di un'altra da potersi imporre, è riconosciuto a livello di diritto internazionale, tant'è che se ad esempio, il popolo "padano"o "meridionale" decidesse di fare un referendum contro l'italia come Stato, e vincesse ,può separarrsi, così come i baschi, Barcellona, Scozia ecc. Intendo dire che l'indipendenza di un popolo , di qualunque popolo sul pianeta Terra, è riconosciuto dal diritto internazionale che la sua volontà è superiore a quello dello Stato vigente.
Ma sappiamo anche che purtroppo la via pacifica di un cambiamento è troppo spesso ostacolata da interessi e poteri spesso secolari,che la impediscono,, per cui altretttanto spesso, la via emancipativa passa per vie di sangue, di violenza.

Implicitamente significa ad esempio che sul territorio giurisdizionale del diritto italiano se avvenisse l'infibulazione, sarebbe un reato grave; ma se questo avviene nei luoghi dove quella cultura lo ha regolato e imposto, si può solo condannare culturalmente e come diritto.
Noi non possiamo imporci sugli altri per diritto, possiamo tentare di aiutare culturalmente un popolo, sue tradizioni anacronistiche o violente che cozzano contro i principi sanciti ad esempio dalla dichiarazione dei diritti e riconosciuta dagli organismi internazionali come l'ONU. Ribadisco che penso che bisogna dare voce ai dissensi, ad esempio a livello artistico, con registi di film che descrivono
i rapporti familiari e sociali.Noi possiamo aiutare chi già in sè compie un primo atto di denuncia, reclamando giustizia e richiamando la libertà e l'uguaglianza, su questo non possiamo sottrarci e fingerne l'inesistenza.
Sempre a mio modesto parere, sono le forme economiche che muteranno le strutture dei rapporti di famiglia, da noi in Occidente è il passaggio dall'agricoltura all'industria che ha messo in crisi i rapporti famigliari e ruoli.
La "primavera" araba è nata nella fascia mediterranea dell'Africa, quella più industrializzata e con contatti economici e commerciali con l'Occidente. la tradizione tende a  implodersi, quando il figlio acquisisce una cultura di "rottura" con la tradizione e la donna esce dal ruolo di supina accettazione servile per richiedere autogoverno della propria esistenza. Di questo ne sono convinto, perchè è storia di tutti i popoli, compresi indigeni a livello tribale negli ultimi decenni, in Sud America e in Asia.
A quel punto il problema sarà simile al nostro:disorientamento, aumento di droghe, alcool, problemi mentali

Ma ritornando al costume da bagno, a noi appare anacronistico e ridicolo, ma alla loro tradizione potrebbe già apparire come "più in là" della loro tradizione. Molte ragazze islamiche devono far convivere la voglia di avere amicizie e compagnie ( se avete visto i filmati quelle ragazze non erano isolate, erano anche insieme a ragazze occidentali) e nello stesso tempo convivere familiarmente la tradizione dei ruoli. Quì sì che è molto difficile aiutare quelle ragazze a maturare un equilibrio ,fra "innovazione" e " tradizione"

Eretiko

Citazione di: Freedom il 03 Settembre 2016, 11:59:50 AM
Io sono giunto alla conclusione che è un percorso di liberazione che spetta alla donna islamica.

Concordo pienamente. Aggiungo che la famosa "esportazione della democrazia" ha provocato molti danni, non vedo proprio il motivo di provocarne altri.

Gibran

Penso possa interessarvi leggere un articolo apparso oggi sul Corriere. Credo sia pertinente al tema in discussione.


«Non potete girare in short»
A Tolone aggredite due donne

Le signore sono state prese a male parole mentre stavano facendo una passeggiata insieme ai figli e ai mariti. Questi ultimi sono intervenuti per difenderle e sono stati picchiati dalla banda di integralisti. A giugno un altro episodio di intolleranza

di Stefano Montefiori

Domenica pomeriggio due coppie con bambini e un amico passeggiano in bicicletta e pattini sulla pista ciclabile di Tolone. Arrivano all'altezza del «quartiere dei garofani», nella periferia est della città. Le donne indossano dei pantaloncini corti. Due ragazzi si avvicinano e le insultano, gridano «sgualdrina», «mettiti nuda già che ci sei». I mariti e l'amico si fermano e rispondono ai due ragazzi.
«A quel punto sono intervenuti una decina di loro compagni — racconta il procuratore di Tolone, Bernard Marchal —, che hanno fatto cadere a terra le donne e colpito con estrema violenza i tre uomini, sotto gli occhi dei figli. Quel che ha scatenato l'aggressione era l'abbigliamento delle signore, che non aveva niente di straordinario. Si è trattato di una provocazione a carattere sessuale per indurre una reazione negli uomini presenti».

I mariti sono stati colpiti a calci e pugni sul volto. Uno, 33 anni, è stato ricoverato in ospedale con una prognosi di 30 giorni, l'altro ha avuto il naso fratturato. I due figli di 14 anni e un altro di 10, che hanno assistito alla scena, sono seguiti dagli psicologi. Le donne hanno immediatamente presentato denuncia e grazie alle videocamere di sorveglianza sono state arrestate due persone, che hanno 17 e 19 anni. La polizia sta cercando gli altri, tutti di età intorno ai vent'anni.

Si tratta del secondo episodio di violenza in pochi mesi che a Tolone colpisce donne aggredite per un abbigliamento giudicato poco casto. A giugno era toccato a una studentessa di liceo di 18 anni, Maud Vallet, che è stata attaccata da una banda di ragazze in un autobus perché, anche lei, portava degli short, dei pantaloncini corti. «Mi insultavano, mi sputavano addosso. Ho chiesto loro perché io non potevo portare degli short quando a Tolone un sacco di uomini vanno in giro a torso nudo, e loro mi hanno risposto "perché tu sei una donna, devi avere rispetto per te stessa, brutta scema"». Maud aveva poi organizzato una marcia «Tutte in short» alla quale hanno partecipato un centinaio di ragazze il 25 giugno.

I fatti di Tolone hanno provocato molte reazioni in Francia, soprattutto a destra. L'inchiesta è ancora in corso, ma secondo alcuni è evidente il legame con le nuove tensioni sull'abbigliamento delle donne e i divieti contro il burkini sulle spiagge. Lydia Guirous dei Républicains (il partito di Sarkozy) parla di «triste avvenire per le donne francesi se non fermiamo la polizia islamista», mentre per Marion Maréchal-Le Pen (Front National) «a Tolone c'è già la sharia: portare degli short vi può mandare all'ospedale». Claude Askolovitch, autore di un fortunato saggio in difesa dei musulmani, dice che «i poliziotti mandati sulle spiagge a cercare le ragazze in burkini sarebbero più utili in città per fermare i teppisti che attaccano le donne in short».

8 settembre 2016 (modifica il 8 settembre 2016 | 22:18)

Gibran

#28
Verdeidea,

rispondo solo a qualche piccola questione che forse merita una precisazione, sorvolando su tante altre che ritengo non meritino affatto.


[Cit.] "Ma non hai detto dove caspita vivi, Gibran"

Se permetti voglio mantenere la mia anonimità geografica. Del resto neppure tu l'hai detto.

[Cit.] "Forse vivi in Sicilia? Per fortuna io no."

Perché "per fortuna"?

La tua contestazione del mio racconto sul due pezzi è basata sui ricordi dei tuoi parenti. Trovo infantile continuare una discussione dove si mette in dubbio la veridicità di una affermazione anch'essa basata su ricordi. E' come dire "il ricordo dei miei parenti vale più di quello dei tuoi", spero colga la sottigliezza. Ho parlato del sud Italia in generale, ma ho anche detto che l'evoluzione del costume (in senso lato) non è stata omogenea. Mi sembra che non abbia capito quest'ultima affermazione.

La storia contemporanea non si studia a scuola, specie quella del senso del pudore e i ricordi di chi è più vecchio di noi valgono solo per l'area geografica in cui vivevano. Se si vuole avere una visione obiettiva di questa storia si deve ricorrere ai quotidiani e alle riviste. Quindi se ne hai voglia c'è una bella ricerca che puoi fare... come ti ho detto io ricordo che episodi analoghi sono accaduti in varie parti d'Italia, un'Italia già spaccata tra chi già aveva acquisito una mentalità più aperta e chi invece rimaneva attaccato a quella bigotta sostenuta dalla chiesa. Gli Italiani non hanno memoria storica e molti oggi non ricordano il clima di pesante condizionamento instaurato dal clero – del tutto simile anche se in tono minore - a quello in voga nei paesi musulmani. Ignorare questa realtà è una lacuna imperdonabile. Oggi che i vescovi hanno l'amante e i preti si drogano viene difficile capire o ricordare come non tanto tempo fa nei portoni delle chiese si pubblicavano le liste dei libri che il buon cattolico NON doveva leggere, e che molti preti mandavano le donne fuori dalla chiesa se si presentavano con abiti giudicati troppo osé. Trovo veramente strano che tu sia del tutto all'oscuro di questa realtà e credo che nessuno sforzo da parte mia o di altri possa farti cambiare idea anche se ne fossimo in grado.

maral

#29
A parte l'assoluta insulsaggine della questione burkini, a cui l'alto commissariato per i diritti umani ha dato l'unica risposta sensata (occidentalmente e laicamente sensata) che si poteva dare, in essa si rivela ancora una volta l'assoluta ipocrisia arrogante che contraddistingue la cultura occidentale che si considera al di sopra di ogni altra, tanto da poter insegnare a tutti cosa è il rispetto. La cosa più penosa della vicenda è ritratta in quella foto che mostra due gendarmi in divisa (e come mai non si sono messi anche loro in costume, magari con il distintivo appeso allo slip?) intenti a multare una donna in burkini intimandoglielo di toglierselo, probabilmente volevano dimostrare come sa ancora essere solerte ed efficiente la polizia francese, nonostante le pessime figure rimediate.
Bene hanno fatto ad accostare l'immagine a quella di una suora, anch'essa ritratta in spiaggia... irrispettosamente vestita da suora. Chissà perché in questo caso nessun gendarme è andato a intimarle di togliersi subito la tonaca e mettersi doverosamente in costume, naturalmente contro l'asservimento delle donne!

PS se proprio vogliamo prendere spunti per il problema dell'asservimento delle donne, perché non si comincia a farlo da un certo tipo di pubblicità, magari quelle che vendono una colla di uso idraulico con la prosperosa immagine di una procace modella mentre si fa la doccia (e naturalmente non certo in burkini!)