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Spunti di Riflessione
di Marco Biagioli
Tennis: psicologia
di Marco Biagioli e Paolo Catanzaro
La maggioranza dei tennisti ha una buona concentrazione e si arrabbia durante la partita, nomina la parola grinta per definire l’emozione che vive di più.
Ciò conferma che il tennis favorisce l’emergere di alcuni lati della personalità e consente di palesare a se stessi ed agli altri vari stati d’animo.
Il tennista avverte la tensione già nelle ore che precedono una partita o nel giorno precedente. Invece di scacciare le ansie, la cui insistenza è direttamente proporzionale allo sforzo che si fa per rimuoverle, l’over 40 ha la maturità necessaria ad accoglierle, esplorarle e quindi contenerle. Se l’avversario lo impensierisce per il suo servizio affronta questa immagine pensando alle contromisure: può tornare alla mente che si tratta di un servizio forte, ma quasi sempre angolato sul dritto. Oppure che sarebbe più conveniente stare un po’ più arretrati al momento della risposta in modo da avere più tempo per indirizzare la palla che per effettuare una risposta piena. In questo modo l’ansietà scompare per lasciare il posto alla preparazione tattica del match. È più facile per l’over 40 non rimuovere le ansie ma anzi dare loro continuità servendosi del pensiero e del ricordo per dirigerle ed effettuare delle “simulate” che poi si rivelano utili durante la partita. In questi soggetti in definitiva l’elaborazione della paura aiuta a battere il primo avversario vale a dire sé stessi con i propri fantasmi.
Parlare fra sé e sé nel tennis, soprattutto nei momenti di difficoltà, sembra che dipenda da una specie di scissione dell’io. Da una parte vi è l’Io esecutore-tennista che impugna la racchetta, dall’altra l’Io osservatore-trainer, una sorta di allenatore interno, vale a dire una specie di super Io freudiano. Questa scissione è un modo che ci inventiamo per non sentirci soli. Il conseguente dialogo Io - super Io è più sviluppato nel tennista over 40, gli è utile per trovare nuove soluzioni di gioco nel campo da tennis. Ciò è frutto della più vasta esperienza di vissuti dove si sono affrontate le difficoltà insorte in tanti “singolari” della giornata.
Un’altra fonte di tensione si ha nella fase in cui si è in vantaggio che non significa aver già vinto. Vi è in questi casi l’impulso ad evitare il dolore, la fatica. Ciò porta ad illudersi che il più sia già fatto, che l’avversario sia battuto, mentre può darsi che questi abbia una reazione e che cambi tattica.
Cambiare campo è utile per spezzare certi automatismi con i quali scivola la partita. Anche nella vita occorre spezzare la routine, essere più critici e pensare più profondamente alle azioni che si fanno ed ai comportamenti che si assumono. Questa riflessione, senz’altro più frequente nei soggetti esaminati, può aiutare a rivedere la vita/partita in maniera più critica. Ciò favorisce un cambiamento di prospettiva ed aiuta a progettare una strategia che la renda più soddisfacente.
Il rovescio può essere rappresentativo di come i tennisti si rapportano con il proprio “opposto” con la parte “meno dritta” cioè con la parte debole quella che non ci piace mostrare.
Se ritenessimo le difficoltà nel rovescio come un sintomo potremmo chiederci se il difetto sia quello di considerare la debolezza un sentimento da iper controllare, negare o nascondere. Paura, vergogna, debolezza, invidia, delusione potrebbero diventare sentimenti accettabili e, perche no, condivisibili.
Negli ultimi venti anni sono notevolmente aumentati i tennisti che usano il rovescio a due mani. L’apporto della parte sinistra ha portato ad una maggiore sicurezza nell’esecuzione del colpo. Ma cosa è questa parte sinistra? Dalla neurofisiologia sappiamo che la parte sinistra del corpo è regolata dalla parte destra del cervello. L’area somato-sensoriale dell’emisfero destro, per esempio, è responsabile delle coloriture emotive del linguaggio, soprattutto quelle a carattere negativo.
Non sarà allora che accanto alle ragioni di natura biofisica, il rovescio a due mani diventi un colpo più sicuro per l’apporto della sinistra intesa come parte non razionale, istintiva, più in sintonia con il rovescio della personalità?
Giocare da fondo campo, aspettare gli eventi, può sembrare meno creativo dello scendere a rete. Il giocatore che usa la smorzata contrasta l’avversario attraverso la debolezza:tramite un colpo flebile che a malapena supera la rete. Così come nel campo da tennis, certi risultati nel campo della vita e delle relazioni umane, si ottengono più manifestando le proprie debolezze che facendo i forti o impostando bracci di ferro. Certamente un abuso di questo colpo perde l’effetto sorpresa. L’esperienza insegna che occorre puntare su un giusto equilibrio tra “palle di attacco”, “palle di rimessa”e smorzate. L’incontro tennistico, mutuato anche dalle esperienze della vita, diventa allora come uno spartito musicale, dove accanto a toni forti, ad un allegro vivace, si trova un adagio e qualche smorzatura. Così tra discese a rete, scambi interminabili, smorzate, servizi vincenti e anticipi gli over 40 spesso creano una vera e propria opera d’arte, che a fine gara dona rilassamento e stati d’animo positivi.
Nel tennis come nella quotidianità capita raramente di avere vita facile. Di solito si fatica e non è detto, poi, che le cose si mettano a nostro favore anche il match vinto con un punteggio rotondo spesso è il risultato di games combattuti: momenti di ansietà e paura per essersi trovati sotto 30/40, con una seconda palla di servizio da tenere dentro e lo spettro del doppio fallo nella mente, il recupero dell’avversario dopo che ci si era trovati 40/15, la voleè sopra la rete sbagliata clamorosamente che ci riporta in parità ecc.
La grinta, un buon allenamento alle spalle, il non perdersi d’animo sono strumenti essenziali per portare a buon fine le partite di tennis. È importante quindi non lasciarsi impressionare da chi fa la voce grossa. A volte basta essere veloci di gambe, rispondere a tono e tenere il polso duro e la pallina torna di là abbastanza lunga e scomoda da rimettere in equilibrio lo scambio; nei rapporti umani è molto simile se ci si abitua a giocare punto su punto, si è più portati a vivere i momenti della vita cercando di essere più presenti, senza sperare nell’errore altrui né di fare tiri troppo rischiosi e che riescono una volta su mille. Le persone esaminate nel campione dimostrano di accettare la fatica fisica e psicologica quindi, per loro, la vittoria sarà più gustosa e la sconfitta non sarà una vergogna.
Chi gioca il doppio ha l’opportunità di sfruttare il cosiddetto apprendimento a specchio dove un’osservazione fatta non direttamente ad un compagno viene recepita in modo fruttuoso da altri componenti. È questa una strategia applicata nella psicoterapia di gruppo in cui è possibile apprendere dalle esperienze altrui.
I giocatori oggetto del nostro studio applicano involontariamente una altra tecnica psicologica che va sotto il nome di problem solving e che implica la ricerca di più soluzioni allo stesso problema semplicemente stimolando la propria capacità di ragionamento, trovando da soli la soluzione alle difficoltà che si incontrano confutando i ragionamenti illogici e sostenendo quelli più funzionali.
Si crea così quel serbatoio creativo personale che consente di trovare soluzioni nuove ed efficaci: si attiva così quel maestro interno che fa funzionare il dialogo interiore. L’over 40 mentre gioca non perde la concentrazione cercando altrove (familiari, ecc) quanto può trovare dentro di sé.
L’over 40 è più consapevole del rapporto con la racchetta la impugna così come prende la vita:nelle sue mani. Se la costruisce, apportando le variazioni che si rendono necessarie, non avendo paura di far vibrare le corde e sfoderare i colpi più efficaci.
Giocare a tennis è un po’ come giocare a scacchi, significa saper pensare e non affidarsi solo all’impulso del tirare, magari anche bene, ma un po’ come viene. Saper pensare quindi a gestire le emozioni che si succedono vorticosamente durante il match: ogni tiro è il frutto di una scelta che ha fatto i conti con emozioni e tattica (anche tirare come viene è come scegliere di non scegliere).
Il tennis abitua a giocare punto su punto ed a trasferire nella vita questo valore; possiamo dire che anche le esperienze maturate nel corso della vita ci indirizzano verso questo approccio. È vero infatti che occorre essere presenti e vivere ogni momento puntando sulle proprie forze senza sperare negli errori dell’avversario né fare tiri troppo rischiosi.
In altre parole si impara ad accettare la fatica dovuta all’incertezza.
Marco Biagioli e Paolo Catanzaro - Giugno 2012
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