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Le nuove vittime sacrificali del daimon economico
di Antoine Fratini
Aprile 2016
Come interpretare fenomeni diffusi e apparentemente disparati come, per esempio, le cosiddette startup di cui tanto si parla ultimamente e che sembrano godere dei migliori pronostici di politici ed economisti, dei piccoli azionisti «truffati» dalle banche e del gioco d'azzardo patologico che porta alla rovina in tutta legalità migliaia di famiglie ogni anno?
Chiediamoci anzitutto perché mai questi cittadini, anziché approfittare dei risparmi faticosamente ottenuti in decine d'anni di lavoro e/o di investirli in progetti costruttivi di vita, preferiscono acquistare titoli borsistici di cui non conoscono quasi nulla, rischiare al gioco o buttarsi corpo e anima in progetti imprenditoriali poco probabili? Queste nuove figure della società moderna appaiono, dal punto di vista psicoanimistico, come le nuove vittime sacrificali di un daimon economico le cui esigenze sono planetarie ed insaziabili e la cui legge gode di religioso rispetto. Gli esempi appena citati sono solo tre, ma ne esistono innumerevoli altri altrettanto evidenti benché meno legati all'attualità(1).
In un certo senso, l'uomo moderno è vittima inconsapevole di un sistema dominato dall'idea del profitto. Tale sistema si fonda su di un errore fondamentale : quello di avere scambiato il mezzo del danaro per un fine. E tale fine è diventato oggigiorno assoluto. Esso predomina su tutti gli altri fini e valori. Tuttavia, come ho sostenuto in precedenti pubblicazioni(2), tale errore di fondo s'innesca sul predominio di un fattore archetipico : quello dell'Eroe Tragico. L'instaurazione del suo regno o, per dirla in gergo junghiano, di questa dominante, ha una sua lunga storia che si articola in un insieme di singolarità culturali di cui le principali sono l'introduzione del danaro nell'Antichità, l'espansione del commercio e la nascita delle banche nel IV/V secolo, la finanziarizzazione dell'economia e infine la nascita dell'economia virtuale nella modernità(3). Questi passaggi hanno sempre più marcato la psicologia umana assoggettandola al calcolo, a quel che si può contare, quantificare, a quel che il Jung del Libro Rosso già intuì quando fece dire al saggio Philemon:
« Questi morti diedero nomi a tutti gli esseri (…) Pesarono e contarono tutte le cose (…) dissero : questo è adatto a tale scopo, questo a tal'altro. Che cosa fecero del venerabile albero ? Che cosa accadde al sacro ranocchio ? (…) Fecero penitenza per i sacri minerali che scavarono nelle viscere della Terra ? No, essi affibiarono nomi, pesarono, contarono e ripartirono senza risparmiare alcunché (…) Proprio in quel modo però diedero potere alle cose, senza accorgersene. Ma è arrivato il momento in cui le cose parlano. Il pezzo di carne dice : quanti uomini ? (…) Il carbone dice : quanti uomini ? (…) E le cose si ribellano e contano e pesano e suddividono e divorano milioni di umani. La vostra mano s'impossessò delle Terra, le strappò via la sacra parvenza – sfilata via, gettata su di un mucchio e ammassata – delle singole cose morte e viventi (…) Questi morti ridono della mia stoltezza. Ma avrebbero alzato la mano assassina contro i propri fratelli se avessero espiato il bue dagli occhi di velluto ? Se avessero fatto penitenza per il minerale lucente ? Se avessero venerato il sacro albero ? Se avessero riconciliato l'anima del ranocchio dagli occhi dorati ? (…) E quando ebbe terminato tali parole Philemon si chinò verso la Terra, la baciò e disse : « Madre, possa tuo figlio essere forte ». Poi si alzò, volse lo sguardo al cielo e disse : « Come è buio il tuo luogo della luce nuova ! Dopodiché scomparve »(4).
Trattasi di un passo che avrebbe potuto tranquillamente essere pronunciato da un membro tribale. Esso in effetti richiama fortemente l'etica dei popoli animisti così legata al mondo e ai valori della Natura e alla percezione/concezione della presenza di un anima in tutte le cose. Un altro passo del genere, che potrebbe quasi confondersi con una antica preghiera amerindia, si trova sempre nel Libro rosso, opera visionaria che non finisce mai di stupire : “O madre pietra, io ti amo, mi stringo al tuo caldo corpo, io che sono il tuo bambino tardivo. Che tu sia benedetta, o antichissima madre. Tuo è il mio cuore e tue sono ogni gloria e potere. Amen”.
Ora, quali implicazioni ha avuto quell'atteggiamento eroico legato al freddo dominio delle cose, che delle pietre sa solo fare cemento e che dissacra la Natura con l'unico scopo di sfruttare le sue risorse ? Esso ha allontanato l'uomo dall'Anima che è invece percezione, immaginazione e che resta intimamente legata alla Natura. L'uomo moderno pensa e calcola laddove il tribale « vede » e sente. Ne risulta uno stato di possessione economica che fa dell'uomo moderno un eroe compulsivo preda di un destino infausto. Per questo, secondo l'analisi proposta da Jung, quell'atteggiamento deve morire e lasciare posto ad un Io diverso, più maturo, collegato al Sé. Nella mitologia classica l'Eroe pecca immancabilmente di hybris, disobbedisce o addirittura tenta di sopraffare gli dei. Per questo egli riceve la nemesis, il castigo divino che trova nel fatto di essere eterno, cioè privo di soluzione di continuità, la sua caratteristica più significativa(5).
Gli eroi classici onorati da una fine gloriosa sono in effetti molto pochi. A parte qualche rara eccezione, le porte dell'Olimpo restano chiuse per loro. Al contrario, l'Eroe Solare, storicamente antecedente all'Eroe Tragico, ricalca il tragitto del Sole che ogni notte sprofonda nel mare e la mattina ne esce rinnovato. Egli passa quindi attraverso una esperienza di morte e rinascita ispirato ai cicli della Natura. Nella concezione junghiana l'Eroe Tragico corrisponde ad un ego inflazionato che si concepisce slegato dal Tutto e si ritiene unico artefice del proprio destino. Possiamo facilmente accostarlo all'Io dell'uomo moderno così pieno di sé e al contempo così solo e vuoto di valori trascendentali. L'Eroe Solare, al contrario, corrisponde ad un Io rispettoso del progetto vitale che porta dentro e che lo spinge a trascendere i propri limiti e ad unirsi creativamente, in maniera personale, al Tutto.
Egli è, tipicamente, portatore di nuova linfa per la collettività. Ci si potrebbe tuttavia chiedere perché mai rispolverare antichi schemi immaginari anziché puntare su rimedi prettamente razionali. Il fatto è che la psiche umana non funziona mai in maniera del tutto razionale. D'altro canto, sarebbe un errore confondere l'originario con il vecchio. Gli archetipi, in quanto fattori originari, non possono invecchiare. Essi costituiscono quel mare ove tutto si dissolve e si riforma e la loro efficacia positiva cresce proporzionalmente al grado di consapevolezza che ne abbiamo. Pertanto, appare sensato e ragionevole ritenere che è tornando a percepire e ad ascoltare l'inconscio che nella Natura si manifesta, è lasciandosi ispirare da questo schema represso dalla nostra cultura benché dimostratosi funzionale per decine di migliaia di anni, che l'uomo moderno potrà emanciparsi dal suo stato di possessione e dal triste destino che ne consegue : quello di vittima sacrificale del daimon economico.
In effetti, il corso della Natura non saprebbe essere forzato, può solo essere rispettato, al massimo perfezionato dall'uomo. La Natura rappresenta, sia simbolicamente che fisicamente, quel Tutto al quale ogni singolo essere deve la vita ed è collegato per via sia conscia che inconscia(6), al di là delle distinzioni tra popoli, specie e regni. Essa è, in altre parole, la Grande Madre Terra venerata sotto ad innumerevoli nomi e forme da tutti i popoli animisti antichi e contemporanei, e il cui rispetto è considerato dalla prospettiva psicoanimista come condizione sine qua non per una individuazione autentica. Tale visione si scontra chiaramente con il pregiudizio di una certa psicologia e antropologia che tendono invece a considerare il legame dell'uomo con la Natura e i vincoli che ne derivano come frutti di un complesso materno o di una inferiorità sociale. E' in effetti risaputo che certi autori sono tuttora ancorati ad una visione desueta del membro tribale cui è proibita ogni distinzione in nome della coesione del gruppo. In realtà, come l'antropologia contemporanea ha ampiamente sottolineato, le civiltà tribali coltivano si le differenze, ma al contempo rifuggono dai loro eccessi. Mentre nel mondo moderno quel che troppo spesso contraddistingue le persone sono aspetti nevrotici o superficiali legati all'avere e all'apparire, presso le società tribali sono espressioni di vocazioni e qualità autentiche messe al servizio della collettività. Non vi è contrapposizione tra gruppo e individuo e l'appartenenza al primo non esclude, ma anzi permette e favorisce la realizzazione del secondo. Così come l'appartenenza alla Natura in quanto ricettacolo dell'inconscio non esclude ma favorisce l'individuazione. Jung scrisse appunto che « l'individuazione non si compie sull'Everest (dove alpinisti spacciati per amanti della Natura vanno a « conquistare » le vette seminando le loro immondizie), ma in seno alla società ». Inoltre, riprendendo l'adagio degli antichi alchimisti, egli non si autodefinì forse « l'antichissimo figlio delle Madre(7) »? E non siamo forse tutti noi destinati a riscoprirci, prima o poi, figli antichissimi della Madre... semmai ci riprenderemo dal nostro stato di possessione ad opera del daimon economico?
Antoine Fratini
Antoine Fratini lavora da oltre quindici anni come psicoanalista, è Vice Presidente dell'Associazione Psicoanalisti Europei e membro attivo dell’Accademia Europea Interdisciplinare delle Scienze. Egli ha scritto nel 1991 il saggio Vivere di fumo (Book Editore, Bologna) sul rapporto tra adolescenza e uso di stupefacenti leggeri, nel 1999 il saggio Parola e Psiche (Armando, Roma) sul collegamento tra gli indirizzi linguistico e archetipico in psicodinamica e decine di articoli su riviste e siti italiani e stranieri. Poeta e artista, egli ha fondato assieme all’Associazione Culturale C.G. Jung di Fidenza il Movimento per l’Arte Naturale, corrente artistica basata sul pensiero junghiano, e le sue poesie compaiono sui maggiori siti del settore. La sua ultima pubblicazione: Psiche e Natura, fondamenti dell'approccio psicoanimistico, Zephyro Edizioni, 2012.
NOTE
1) Altri esempi si possono trovare nel mio La religione del dio Economia, CSA Editrice, Crotone 2009.
2) Idem.
3) Per una analisi approfondita di questo percorso vedi A.M. Llamazares, Del reloj a la flor de loto, Del nuevo extremo, Buenos Aires 2013.
4) C.G. Jung, Libro rosso, Prove p. 352.
5) Si pensi per esempio ai supplizzi inflitti ai vari Tantalo, Prometeo, Sisifo, Issione...
6) Vedi lo schema 1) inserito nel mio La religione del dio Economia, Op. Cit. p.59.
7) «A Bollingen mi trovo nella più vera natura, in ciò che esprime profondamente me stesso. Sono per così dire 'l'antichissimo figlio della madre'». C.G. Jung, Sogni, ricordi e riflessioni, Rizzoli, Milano 1978.
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